Ne avevo combinata un’altra, proprio non riuscivo a stare lontana dai guai! Il terrore invase la mia mente e il pensiero dell’ennesima punizione di mio padre mi raggelò il sangue. Eppure avrei dovuto riportare alla preside la nota firmata e quindi non c’erano vie d’uscita. Per fortuna quello era l’ultimo maledetto anno di superiori! Verso le 18 lo aspettai sulla porta e gliela diedi subito senza troppi preamboli. Lui la lesse e con un’aria sconsolata entrò in casa e si dedicò alle solite cose, ignorandomi completamente. All’ora di cena, mentre eravamo seduti a tavola iniziò a parlare:”Da questo momento ti proibisco di andare di corpo. Nulla uscirà più dai tuoi intestini fino a quando non te lo dirò io. Ci siamo capiti? Conto sulla tua onestà, altrimenti sarò costretto ad applicarti un tappo e ti assicuro che non sarebbe una cosa piacevole”Quella sentenza così strana mi confuse parecchio, ma certamente non avrei mai osato contraddirlo o chiedergli spiegazioni. Non avrei nemmeno mai osato contravvenire al comando, andando in bagno di nascosto… sicuramente, non so come e non so quando… lui l’avrebbe scoperto e allora sì che sarebbero stati guai. Così per i tre giorni successivi tutto filò liscio, anche il quarto non fu male, tanto l’ora di liberarsi sarebbe arrivata presto. E invece tardava… al quinto giorno ero gonfia e appesantita, avevo mal di testa e continui crampi. Inoltre lo stimolo si faceva sempre più insistente e non era facile trattenermi. Dovevo stringere i muscoli anali fino allo spasmo. La sera del sesto giorno capii dall’espressione di mio padre che la punizione iniziava a prendere corpo. Infatti, dopo cena, m’intimò di spogliarmi completamente e di mettermi nella solita posizione sul tavolo della cucina. Odiavo stare lì sopra a pancia in su con le ginocchia strette al petto e tutti i miei orifizi oscenamente aperti. Lui questo lo sapeva e faceva di tutto per prolungare quell’attesa. Finalmente si avvicinò a me e vidi che aveva in mano una supposta artigianale. Ne faceva spesso e le infarciva sempre di peperoncino per punirmi con maggior cattiveria. Erano più lunghe e grosse delle normali. La tolse dalla pellicola trasparente, ne strofinò la punta per scaldarla e renderla più scivolosa poi l’appoggiò al mio orifizio e ve la spinse dentro. Non c’era cattiveria in quel gesto, solo un freddo distacco. Dato che non mi disse di scendere, mantenni la posizione e attesi. Lui nel frattempo si era allontanato e sentivo che armeggiava con una sedia. Dopo poco, vista la postura e la glicerina della supposta, arrivarono in primi crampi e le prime spinte per evacuare. Cercai di trattenere il più possibile e ciò mi provocò parecchio dolore e fastidio. Avevo i muscoli rettali contratti e indolenziti. Ecco che stava tornando.”Puoi scendere e sederti qui”Che strano… ciò che mi indicava era una sedia, ma le mancava la seduta di paglia e c’era solo il telaio. Probabilmente l’aveva rimosso, ma non capii il motivo. Ubbidii e mi appoggiai con cautela, finendo con il posteriore proprio dentro il buco. Sotto di me c’era un grosso catino blu, di quelli per lavare i panni.”Bene, ora puoi anche liberarti”Cosa?! No non avevo capito bene! Non poteva pensare che avrei evacuato lì sotto i suoi occhi e in quella posizione. “Ma papi non credo che sia il caso… è sporco… ” Un sonoro ceffone mi colpì la faccia. Avevo osato rispondergli e questo non era concesso. Se pensava che avrei ceduto si sbagliava di grosso. Non poteva costringermi. Senza fiatare rimasi lì impalata mentre lui si sedeva comodamente davanti a me. Dato che non succedeva nulla prese il giornale e iniziò a leggere. Pensai di poter resistere e invece tutto non faceva che peggiorare la situazione. Non andavo in bagno da sei giorni, la supposta era lassativa, la posizione mi dilatava giocoforza lo sfintere… fra poco avrei ceduto. Che vergogna… che imbarazzo… no dovevo stringere… ah che male i crampi di nuovo… non potevo umiliarmi in quel modo… Senza volerlo allentai per un attimo i muscoli e dal mio retto uscì velocemente un primo peto seguito da una sonora scorreggia. Grosse lacrime mi rigavano il volto, mentre mio padre aveva abbandonato il giornale e mi guardava defecare. Nel catino se ne posarono tre, grossi e puzzolenti senza che io potessi fare altrimenti se non piangere e chiudere gli occhi per l’imbarazzo.”Ho finito” dissi timidamente sperando di essere lasciata in pace”Direi proprio di no. Hai ancora la pancia piena perciò spingi e liberati completamente”Era vero, lui lo sapeva già, quello non poteva certo essere tutto. Avevo cercato di bluffare ma inutilmente. Quindi ora non solo dovevo espellere ma anche spingere e dilatare lo sfintere. Iniziai a singhiozzare per la vergogna ma ugualmente mi liberai di altri peti puzzolenti. Oramai ero vuota, lo sentivo.”Bene, ora puoi pulirti e tornare sulla tavola. Stessa posizione”Ma perché? Non capivo… avevo fatto tutto ciò che voleva cos’altro mi aspettava? Mi alzai dalla scomoda posizione con le gambe tutte indolenzite e i muscoli addominali che tiravano e mi stesi sul tavolo. Mio padre mi si avvicinò con in mano una peretta di gomma da mezzo litro.”Ora ti pulisco bene l’intestino. Cerca di non perdere nemmeno una goccia”Così dicendo avvicinò la cannula al mio buchetto ancora un po’ sporco e la inserì fino in fondo. Essere sodomizzata in quel modo non mi provocava dolore fisico ma solo morale. Sentii il liquido inondarmi le budella, poi la cannula ritirarsi e tutto era già finito. Rimasi lì per un quarto d’ora buono, ma dato che ero sgombra, ciò non mi provocò grossi crampi. “Ora scendi e torna nella sedia. Liberati pure in tranquillità senza pensare a dove sporchi… tanto dopo pulirai tu”Era davvero il colmo. Anche ora, così carica di liquido, voleva che evacuassi in salotto, su quello strano scranno! Che vergogna! Sentivo che mi soggiogava completamente, ero nelle sue mani. Impotente obbedii, asciugandomi con il dorso delle mani le lacrime. Non ci fu bisogno di spingere perché l’acqua spruzzò fuori velocemente e ancora non del tutto limpida. “Bene. Pulisciti e torna sul tavolo”No ancora, non ce la facevo più, non avevo nemmeno più il coraggio di alzare la testa o lo sguardo da terra, puzzavo, sudavo, ero sporca… basta! Scoraggiata tentennai ma lui aspettava pazientemente vicino al tavolo e allora lo raggiunsi. Presi posizione e attesi il seguito della punizione. Non osavo guardare cosa mi aspettava. Con gli occhi chiusi sentii appoggiarmi all’orifizio pulsante e dolorante per le troppe contrazioni, un’altra cannula, più grossa… molto più grossa. Mio padre, che non voleva certo farmi del male, tentava di introdurre il beccuccio di una grossa siringa di plastica piena di un liquido giallo, forse camomilla. L’estremità dell’attrezzo era di diametro superiore ai soliti e quindi l’introduzione fu lenta e accurata. Sentivo che tutte le pieghette del mio retto si dilatavano, provavo dolore, fastidio, ma anche un certo e insano piacere. Era la prima volta che venivo propriamente sodomizzata. Fin’ora il mio culetto era vergine..mio padre lo stava violando… Mi faceva male, mi lacerava la tenera carne… Quando l’operazione terminò, sentii che mi svuotava nell’intestino tutto il contenuto. Non era molto e quindi avrebbe fatto presto. Quando lo stantuffo fu al termine della lunghezza però, mio padre non estrasse l’attrezzo, bensì, prese a tirarlo indietro in modo da risucchiare tutto. Oddio che strana sensazione… sentivo tutte le budella che venivano risucchiate fuori. Non usciva solo il liquido ma anche tutto il mio intestino! Ero stata sverginata e ora mi sottoponeva a quel trattamento pazzesco… dove sarebbe arrivato!”Ah mi stai facendo male… ah ti prego fai piano… ” Sentivo davvero un dolore forte, ma lui non smetteva. Ecco che lo stantuffo era arrivato al capolinea, ma anche adesso non si fermava e rigurgitava tutto nuovamente dentro le mie budella. Quel trattamento andò avanti credo quattro o cinque volte. Dopo la seconda avevo preso a contorcermi tutta e mio padre fu costretto a schiaffeggiarmi e ad intimarmi di rimanere immobile per non provocare danni. Piangevo e soffrivo, mentre lui mi ripuliva l’intestino. Finalmente sentii che il beccuccio si stava muovendo, forse aveva finito e mi lasciava libera… magari! Sempre lentamente lo estrasse dal mio retto paonazzo e appena violato appoggiando la siringa piena di tutto il liquido che però ora non era più giallo bensì marrone. Terrorizzata non abbandonai la posizione anche se oramai non mi sentivo più le gambe e le braccia e il fondoschiena.”Ora puoi alzarti. Ripulisci tutta la stanza e vai a letto”
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