Avevo scoperto quella caletta per puro caso. Era così nascosta che non si vedeva dalla strada che era in alto, quasi irraggiungibile, e per questo poco frequentata. Anche perché era difficile arrivarci, se non si aveva una barca. E alle sette di sera poi, era praticamente deserta. Oltre me, solo un ragazzo biondo, alto e dal fisico ben scolpito, era rimasto fino a quell’ora. Sdraiato sul mio asciugamano, guardavo il mare, quando, con la coda dell’occhio, vidi il mio sconosciuto compagno di spiaggia levarsi il costume e rimanere completamente nudo. Ero quasi imbarazzato, ma feci finta di continuare a guardare il mare, mentre lui si avvicinava all’acqua camminando a passo lento. Potevo vedere il suo sedere dai glutei muscolosi che non facevano altro che confermare l’idea che quel ragazzo aveva ben sfruttato ore e ore di palestra. Si tuffò ed iniziò a nuotare, mentre io, facendo finta di niente, lo osservavo mentre faceva le sue evoluzioni nell’acqua. Dopo alcuni muniti uscì, col corpo bagnato che brillava alla luce del sole del tardo pomeriggio, ed i miei occhi furono attratti dal suo membro che faceva bella mostra di sé in mezzo alle sue cosce tornite. “Che abbia fatto palestra anche lì?” mi ritrovai a pensare quasi scherzosamente fra me e me, con gli occhi fissi sul pene del ragazzo che, seppur moscio, appariva davvero essere un bell’attrezzo di godimento. Mentre, ormai eccitato, dentro di me già immaginavo di poter usare il suo bel giocattolo di carne, mi resi conto che lui si era accorto che io gli stavo fissando l’uccello e mi stava guardando mentre camminava. Chissà da quanto se ne era accorto! Imbarazzatissimo, mi misi giù a prendere l’ultimo sole, chiusi gli occhi e sperai che il mio comportamento fosse in realtà passato inosservato. Dopo pochi secondi però un’ombra oscurò il sole: aprii gli occhi e vidi stagliarsi contro il sole a un metro da me la sagoma del ragazzo. Abituatomi a quella luce, mi resi conto che un’altra sagoma ora si vedeva distintamente: era quella del suo uccello, che ora era duro, lungo e grosso, bagnato e reso lucido dall’acqua del mare. Era un arnese di ben più di venti centimetri (avrei voluto poterlo misurare!) con due grossi testicoli ricoperti da una rada peluria bionda ed il glande dalla pelle di seta tesa dall’arrapamento. “Ho visto che lo guardavi con tanto interesse, e così te l’ho portato!” disse il ragazzo con voce da cui traspariva tanta voglia di sesso. “Guardalo più da vicino, non avere paura…” mi disse poi. Io mi misi in ginocchio davanti a lui, ritrovandomi a pochi centimetri dal viso il suo grosso uccello duro, sentendone l’odore misto a quello dell’acqua salata. Misi le mie mani sulle sue cosce, accarezzandole timidamente e salendo pian piano fino a saggiare la consistenza dei suoi glutei di marmo. “Toccalo, accarezzalo, non avere paura!” disse ancora il ragazzo “Non morde mica! Anzi, se lo tratterai bene ti darà dell’ottima crema solare!”. Le mie mani allora gli accarezzarono i fianchi e lentamente scivolarono sulla carne prelibata del suo uccello: con la mano sinistra iniziai ad accarezzargli lo scroto sentendo sotto le mie dita i suoi grossi testicoli, mentre con la destra gli strinsi forte l’asta nella mano. Iniziai a massaggiarlo, favorito in questo dall’acqua del mare che faceva scivolare agevolmente le mie dita sul suo splendido cazzo, e pian piano avvicinavo il viso alla grossa cappella che emanava un meraviglioso ed arrapantissimo odore. Mentre continuavo ad accarezzarlo, posai le labbra sulla pelle di seta del glande, baciandolo ripetutamente. “Bravo, baciami il cazzo! Leccamelo per bene!” mi disse sempre più arrapato. Sempre continuando ad accarezzargli i coglioni, cominciai a leccargli la cappella gustandone il sapore misto a quello dell’acqua salata, per poi dedicare slinguate sempre più intense a tutto il cazzo. Lo baciai ancora sulla cappella, poi sul tronco e, mentre con una mano lo tenevo sollevato, via via ricoprii l’intera asta di baci fino ad arrivare allo scroto. Lo titillai con la lingua e lo leccai avidamente, sentendo i testicoli sobbalzare alle profonde slinguate che gli davo. Poi risalii lungo il cazzo con la lingua fin sulla punta del glande, lo baciai ancora e finalmente lo presi in bocca. Sentii che il corpo del ragazzo fu percorso da un brivido, mentre io davo una prima, profonda succhiata al suo splendido uccello, gustando finalmente a pieno il sapore di maschio in calore nella mia gola! . Gli diedi due o tre energiche succhiate assaporandolo voluttuosamente e, mentre lo accarezzavo ebbi finalmente il coraggio di alzare gli occhi per guardarlo in viso: “Mmmmm che delizia! E’ davvero fantastico!” mugolai mentre mi strofinavo l’uccello sulle guance. “Ti piace il mio cazzo, vero? Allora succhialo, fammi godere, troia!” disse lui. Eccitatissimo gli ripresi il cazzo fra le labbra ed iniziai un vigoroso su e giù con la testa, mentre le mie mani erano praticamente incollate alle sue chiappe e le stringevano forte, forzando il suo bacino a muoversi avanti e indietro per rendere ancora più avido il mio pompino, dimostrandogli così che aveva ragione, che ero davvero una troia affamata di cazzo, del suo cazzo. Sentivo la sua pelle di seta scorrermi fra le labbra e sulla lingua, che lo accarezzava ogni volta che affondava nella mia gola, mentre ritmicamente lo succhiavo accompagnandone il moto a stantuffo. Ogni tanto interrompevo l’andirivieni del suo cazzo nella mia gola afferrandolo con una mano e strofinandomelo avidamente e voluttuosamente sulle guance, baciandolo e slinguandolo con foga, strofinando il viso sul suo cazzo, sui coglioni e sul pube, per poi riprenderlo ancora in bocca ricominciando un accanito su e giù con la testa. Lui mi aveva posato una mano sulla testa e mi incitava come fossi stato la sua donna: “Così, succhiamelo, succhiamelo tutto! Brava puttanella, sei fantastica!”. Lo spompinai con foga senza nemmeno rendermi conto che ormai era prossimo all’orgasmo. Gli ciucciavo il cazzo pensando solo all’eccitamento che mi dava il suo sapore nella bocca, all’arrapamento che mi dava l’essere trattato da lui come una magnifica pompinara. Il suo orgasmo mi colse quindi quasi di sorpresa: rantolò al culmine del piacere, mi levò dalla bocca l’uccello quasi strappandomelo dalle labbra ed iniziò a menarselo a gran velocità. Un istante dopo dalla cappella lucida iniziarono a schizzare caldi fiotti di sperma che mi colpirono il viso e le guance, ed io a bocca aperta cercavo di raccogliere al volo lo sperma e di passare la lingua sul glande che eruttava sborra a fiumi, tentando di berne il più possibile. La sborrata fu abbondantissima, e anche se la maggior parte degli schizzi si erano riversati su di me come una vera e propria doccia di nettare caldo e profumato, riuscii a bere almeno un po’ di quella densa spremuta di coglioni. Poi lui mi strofinò l’uccello sul viso, carezzandomi le guance e le labbra con la seta della sua grossa cappella, spalmandomi sulla pelle lo sperma: appena smise glielo afferrai ed iniziai una lenta, accurata ma vorace pulizia con la lingua e le labbra. Gli leccai ogni centimetro del cazzo, assaporando a fondo il sapore di ogni stilla di sperma che raccoglievo con la lingua, mentre sentivo sul mio viso e sul collo colare lentamente le gocce di liquido che lui mi aveva appena schizzato addosso. Mentre continuavo a leccare quello splendido cazzo, sentii che continuava a rimanere duro come il marmo, caldo e pulsante come quando avevo cominciato a spompinarlo. Pensai allora che c’era solo una cosa da fare, per non perdere l’occasione e soddisfare a pieno la mia sfrenata voglia di quel grosso cazzone: smisi di leccarlo e rapidamente mi sfilai il costume e mi misi a pecora sull’asciugamano, spingendo all’indietro il culo per mostrargli la strada. Girai la testa verso di lui mentre con una mano mi accarezzavo il culo e la passavo nel solco fra le chiappe. “Mettimelo nel culo, ti prego! Ho tanta voglia di cazzo! Inculami, voglio essere la tua troia!” lo supplicai. Lui non aspettava altro e si inginocchiò dietro di me. “Va bene, puttanella!” disse. “Ora ti accontento! Te lo metterò nel culo con vero piacere!”. Sentii che mi appoggiava la cappella sul buco del culo ed iniziava a spingere. Il grosso cazzo iniziò farsi strada lentamente nel mio culetto, lubrificato dall’abbondante saliva di cui l’avevo ricoperto, e sentii l’ano dilatarsi al massimo per permettergli di penetrarmi. Mi sentivo sfondare lentamente il culo da quei centimetri di cazzo che sembravano non finire mai, lunghi centimetri di uno splendido uccello che desideravo tutto dentro, tutto nel culo a rendermi una vera troia. Il ragazzo mi infilò nel retto più a fondo che potè il suo cetriolone di carne, mi afferrò forte per i fianchi ed iniziò lentamente a stantuffarmelo nel culo. “Eccotelo, troia! Prendi tutto il mio cazzo, prendilo tutto!” ansimò mentre cominciava ad accelerare pian piano il ritmo. Io sentivo il suo enorme uccello trapanarmi il culo con sempre maggiore facilità, colpo dopo colpo, sempre un po’ più veloce e sempre un po’ più forte, facendomene desiderare ancora, ancora e ancora. Volevo il suo splendido cazzo, lo volevo tutto nel culo, lo volevo ancora e più forte, lo incitavo a sbattermi come una troia, come la sua troia, mugolavo che aveva un cazzone fantastico e ! che lo desideravo tutto dentro fino ai coglioni. Dopo alcuni minuti il ritmo dell’inculata era ormai frenetico: quello splendido stallone di razza mi montava con foga, tenendomi forte per i fianchi ed affondando i colpi nel mio culo con movimenti del bacino ampi e profondi. Ad ogni colpo il mio corpo sobbalzava per la forte spinta, e sentivo il retto ormai rilassato accogliere docilmente il meraviglioso cazzone del ragazzo, e mugolavo come una cagna stringendo e mordendo l’asciugamano. “Hai un culo stupendo troia! Godi, goditi tutto il mio cazzo!” rantolava lui mentre mi trapanava il culo, facendomi sentire ancora di più una femmina in calore, una vera troia. E godendo come una troia io gli rispondevo: “E’ tutto per te stallone! Sono la tua troia! Rompimi il culo col tuo cazzone, dai, sbattimi!”. E più lo incitavo, e più lui metteva foga nei colpi, sfondandomi il culo e facendomi godere come non mai e facendomi quasi gridare di piacere. Finché, dopo alcuni rapidi colpi, mi sentii improvvisamente svuotato: il mio culo era vuoto e prima che potessi realizzare sentii uno schizzo di sborra rovente colpirmi la schiena, seguito da altri, lunghi, violenti, schizzi, che mi colpirono il buco del culo e le chiappe, colandomi lentamente sulle gambe. Mi girai ed iniziai a spalmarmi sul culo la sborra, mentre osservavo il ragazzo che si masturbava furiosamente l’uccello, dalla cui cappella purpurea continuavano a sgorgare sempre più rari fiotti di sperma. Dopo l’eiaculazione, il ragazzo rimase in ginocchio con gli occhi chiusi per riprendere fiato. Io mi girai, ed iniziai a succhiargli dolcemente il cazzo ancora pulsante per la sborrata, e lui, carezzandomi la testa, mi disse: “Sei stato fantastico… una vera troia!”. Ero orgoglioso del mio… lavoro! Smisi di spompinarlo e gli risposi sorridendo: “Con uno stupendo cazzo come questo è facile sentirsi una troia!”. E poi aggiunsi: “Ora vado a darmi una ripulita.”. Mi alzai e mi tuffai in mare per darmi un pulita veloce: non potevo certo tornare in albergo coperto di sperma! Quando tornai a riva… il ragazzo non c’era più. Che avessi solo sognato? Beh, a giudicare dal mio culetto… direi proprio di no! La sera dopo sarei sicuramente tornato in quella spiaggia!!
Aggiungi ai Preferiti