Anche quell’anno io e altri tre miei amici fummo convocati dal parroco del nostro paese per iniziare la costruzione del presepe. In quell’anno mi ero laureato in Architettura ed il parroco ha voluto, prima che iniziassimo, il progetto per rendersi conto, finalmente, prima di come sarebbe venuto il presepe. Verso la metà di novembre iniziammo a lavorare per la costruzione del presepe. Ce la prendevamo comoda visto che ancora per la notte di Natale mancava più di un mese. Di solito lavoravamo la sera, iniziando subito dopo la messa e spesso trovavamo in chiesa le suore del paese. Tra queste c’era una veramente carina “Suor Caterina”. Una donna sui trentotto anni, bruna, almeno per quel poco che si potevano vedere i capelli lasciati scoperti dal velo. Nella mia fantasia la vedevo con un bel seno grosso e una fica nera e pelosa. Spesso la sera, quando rientravo a casa, mi facevo delle gran seghe pensando a Suor Caterina e aspettavo il momento opportuno per poter parlare con lei da soli e cercare di capire se ci stava. Finalmente l’occasione si presentò. Una sera mentre eravamo in chiesa venne Suor Caterina, mi chiamò e mi disse se andavo da loro che dovevano sostituire delle lampadine e avevano una presa che della corrente che non funzionava. Acconsentì subito e ci avviammo verso l’abitazione delle suore. Era una casa un po’ vecchiotta con dei tetti alti e gli dissi che per sostituire le lampadine occorreva una scala che noi avevamo in chiesa. Ritornai in chiesa, la distanza tra la loro casa e la chiesa è minima, presi la scala e ritornai dalle suore. Suor Caterina mi accompagnò nella stanza per sostituire la lampadina. Eravamo soli e lei si offrì di cambiarla lei dicendomi che non sempre c’ero io disponibile a farlo. Salì sulla scala ed io di sotto gliela tenevo. Alzai lo sguardo in su e sotto il vestito nero apparve ai miei occhi uno spettacolo indimenticabile. Suor Caterina era senza mutande, un paio di cosce bianche e una gran fica pelosa e nera. Mossi la scala per attirare la sua attenzione. – Mi vuoi far cadere – mi disse guardandomi. – Vi accoglierei volentieri nelle mie braccia – risposi. – Guarda che sono pesante. – Per me siete sempre come una piuma. Finito di sostituire la lampadina incominciò a scendere e quando mancava uno scalino per poggiare i piedi a terra fece finta di cadere e si buttò addosso. Io la strinsi forse, sentendo il suo seno contro il mio petto e mettendogli una mano sul culo con la scusa di tenerla. – Ti ho fatto male? – mi disse. – No – risposi – è stato un piacere. – Lo vedo – e guardò verso la patta dei pantaloni che era ben gonfia. – Colpa tua – passai subito al tu – questa sera non dormirò. – Ma va, aspetta un attimo – ed andò verso la porta e la socchiuse, si avvicinò di nuovo a me e mi accarezzo la patta – dai fammelo toccare, ma una cosa veloce, non vorrei che entrasse qualcuno. Ci avvicinammo alla porta per poter vedere se arrivava qualcuno mentre toglievo il cazzo dai pantaloni. Lei si avventò, lo prese in mano e cominciò a segarmi. La sega non durò molto e quando si accorse che stavo per venire si inginocchiò, lo prese in bocca e non perse neanche una goccia di tutta la sborra che gli mollai in gola. – Questa sera è stata una cosa veloce – mi disse – ma appena avrò un po’ di tempo voglio assaporarlo tutto e come si deve. – Aspetto solo te – risposi io. Passò poco più di una settimana e noi sempre a lavorare sul presepe. Una sera arrivò Suor Caterina e mi disse che l’indomani saremmo dovuti andare in montagna per raccogliere muschio e nello stesso tempo individuare il posto per la raccolta del muschio che serviva per il presepe. Nessuno fu più felice di me. Pensai che finalmente era arrivata l’ora di poter scopare Suor Caterina con calma. L’indomani alle otto ero puntuale davanti all’abitazione delle suore. Suor Caterina uscì ed aveva un mano una coperta. Salì in macchina e ci avviammo verso la montagna. La incominciai ad accarezzare e lei fece altrettanto. Mi accorsi che aveva una bel paio di tette. Secondo me era una quarta. I capezzoli erano molto duri, mi accorsi da fuori la veste. In macchina ci limitammo solo al palpeggio. Scesi dalla macchina ci addentrammo nel bosco alla ricerca del muschio, ma a tutto si pensava meno che al muschio. Arrivati in un posto dove i rami degli alberi formavano una specie di grotta, Suor Caterina stese la coperta per terra e ci sedemmo sopra. Si tolse lentamente il velo e mi apparsero i sui capelli neri e lucidi tagliati corti. L’accarezzai e lei iniziò a fare le fusa come una gatta. Le tolsi il vestito nero e sotto mi apparvero le sue carni bianche e sode coperte da un reggiseno e dagli slip che non riuscivano a contenere i peli nerissimi e lunghi della fica. Incominciai con l’accarezzarle la schiena scendendo fino alle sue natiche piene e sode, quindi le avevo sfiorato il seno, mi ero inebriato del suo profumo. Lei invece con una mano strofinava i miei pantaloni di lui dove il pene tendeva la stoffa. Per alcuni minuti eravamo andati avanti così, esplorandoci le bocche, poi dopo esserci quasi strappati di dosso i vestiti come se fossero in fiamme ci eravamo gettati sulla coperta. Mi ero fermato un attimo, seduto sulla coperta e con gli occhi percorrevo il suo corpo nudo dalla testa ai piedi, riempiendomi la vista. Mi ero soffermato su ciò che fino a giorni prima avevo solo potuto indovinare attraverso i vestiti e per tanto tempo avevo immaginato. Il corpo di Suor Caterina mi appariva in tutto il suo splendore, in tutta la pienezza di donna, la pelle bianca liscia e soda, il seno abbondante con i capezzoli leggermente scuri e già eccitati, e più giù un triangolo scuro di peli lunghi e neri, che faceva da cornice alle labbra della vulva, già lucide di umori. E poi ancora le gambe che avevo percorso fino ai piedi piccoli e ben fatti. La sua pelle vellutata era un invito a toccarla. Dopo essermi saziato a lungo nel guardarla, cercando di imprimere nella memoria chiaramente il suo corpo, con le mani avevo cercato il contatto con la sua pelle. Come una scarica elettrica mi aveva attraversato quando le sue dita avevano sfiorato il mio braccio nudo, l’ondata di desiderio si era propagata in tutto il corpo fino ad arrivare al cazzo che sussultava per l’eccitazione L’atmosfera si era surriscaldata, c’era una palpabile eccitazione che provocava in noi due scariche di adrenalina. Una mano prima, poi due erano partite dalle caviglie di Suor Caterina accarezzandole le gambe, poi su ancora fino al seno. Avevo tralasciato volutamente il sesso, volevo farla eccitare ancora di più prima di passare a quella fonte di piacere. Il respiro di lei era affannoso e il seno si muoveva su e giù seguendo il suo ritmo. Le avevo afferrato i capezzoli tra le dita, solleticandoli leggermente, avevo paura di farle male. Mentre esploravo il suo corpo, la mia bocca non si era staccata da quella di lei, in un bacio ancora più sensuale e profondo. Poi con le labbra ero sceso al seno, e dopo averlo baciato tutto mi sono soffermato a lungo sui capezzoli, facendo diventare il respiro di lei ancora più affannoso. Avevo abbandonato la morbida pienezza del seno e mi ero spinto più giù, fino ad arrivare al sesso. Le allargai le gambe, e poi aperte le labbra della vulva ero rimasto ad ammirare quel colore rosa delicato. Mi era inebriato di quell’aroma intenso di muschio, di sesso. Vi immersi la lingua, e eccitato dal sapore dei suoi umori avevo stretto delicatamente tra le labbra il clitoride già indurito dall’eccitazione. Lei mi aveva preso la testa tra le mani per evitare di farmi staccare.Con la lingua sempre più immersa in lei mi stavo dissetando dei suoi umori che copiosamente sgorgavano dal sesso. Poi fattala girare a pancia in giù, con le mani avevo circondato il suo splendido sedere, infilando il viso nel solco che nascondeva il tesoro più segreto. Dopo averle divaricato le natiche con la lingua raggiunsi il buchetto palpitante e lo leccai a lungo, sentendolo fremere. Quindi con un dito forzai quell’orifizio fino ad allora inviolato. Lo sentii cedere, e lentamente lo avevo spinto dentro tutto. Con l’altra mano accarezzai il clitoride e quando lei mi aveva detto basta che non ce la faceva più mi sono fermato un attimo a guardarla. I capelli arruffati, il viso trasformato dall’eccitazione la rendevano ancora più sexy e in me avevo sentito crescere l’eccitazione, il pene era indolenzito per quanto era duro, ma non era ancora venuto il momento di godere. Si era messa a sedere di nuovo e dopo avermi fatto sdraiare a mia volta, con la lingua mi percorse il corpo, fino a giungere sul cazzo che aveva accolto nella sua bocca. Il calore intenso e la lingua di lei che roteava sul glande mi avevano fatto salire la pressione a livelli incontrollabili. Sentivo l’eiaculazione che si approssimava e se non fosse stato per la mia notevole resistenza mi sarei sciolto nella sua bocca. Lei percorreva l’asta in tutta la sua lunghezza, per poi rimetterla nella bocca e continuare a succhiare. Se continuava ancora per molto non sarei riuscito a controllarmi, ma io volevo dare piacere a lei per prima.Per un attimo lasciò il pene per cercare le labbra per un altro bacio appassionato. Mentre mi stavo godendo il contatto con le labbra e quel morbido corpo avevo sentito un dito di lei che cercava di insinuarsi tra le mie natiche. Istintivamente avevo piegato ed allargato le gambe per facilitarla e avevo sentito il dito infilarsi nello sfintere facendomi gemere. Suor Caterina si fermò forse preoccupata di avermi fatto male, ma l’espressione di godimento che avevo in volto era rassicurante e l’aveva fatta andare oltre iniziando a muovere quel dito dentro di me, mentre con la bocca aveva di nuovo cercato il cazzo ed aveva iniziato a leccarlo. Questo doppio piacere mi aveva portato di nuovo alla soglia dell’eiaculazione, ma volevo aspettare ancora.Delicatamente avevo staccato la bocca di lei dal mio pene, che preoccupata mi chiese se per caso non mi piacesse quello che stava facendo, ma io le risposi che mi piaceva troppo. Mi immersi di nuovo con la lingua nella sua vulva, leccandola in profondità, fin dentro la vagina. Ma anche lei era ormai prossima all’orgasmo e mi implorò di penetrarla. Si era sdraiò sulla schiena, allargando le gambe. Mi ero inginocchiato in mezzo e tenendo con una mano il cazzo avevo appoggiato il glande tra le labbra della fica. Malgrado l’abbondante lubrificazione la sua vagina era stretta, e vi entrai molto lentamente. Ero scivolato in lei sentendomi il cazzo avvolto da un calore rovente, mi ero poggiato su quel corpo morbido e sodo allo stesso tempo, avevo cercato le sue labbra. Mi muovevo lentamente, volevo far durare il piacere all’infinito, non volevo più uscire da lei. I minuti trascorrevano senza che ci accorgessimo, per noi il tempo si era fermato. Ad un certo punto Suor Caterina mi mise le gambe ai fianchi, cercando di trattenermi in lei. Poi si era come irrigidita, il suo respiro diventò una specie di rantolo e si sciolse in un orgasmo che la lasciò senza fiato per qualche istante. Io mi ero fermato dentro di lei, il pene sempre più duro che adesso reclamava i suoi diritti a godere. Mi sussurrò di aspettare e dopo averlo fatto uscire si girò mettendosi carponi e aprendosi le natiche con le mani. Intuito ciò che avrebbe voluto fare cercai di dissuaderla, temendo di farla soffrire troppo nel penetrarla in quello stretto sfintere, ma lei insistette. Vista l’insistenza allora la feci girare gli alzai le gambe e le appoggiai sulle mie spalla, mi piaceva farlo in quella posizione perché potevo vederle il volto, potevo baciarla mentre ero in lei. Dopo averle lubrificato per bene lo sfintere cerando con un dito di prepararmi la strada le appoggiai il glande al forellino palpitante, poi lo avevo strofinato su e giù per farla eccitare ancora di più, anche se non ce n’era bisogno. Iniziai a spingere lentamente, delicatamente, cercando di farle meno male possibile. Ma quando il pene aveva iniziato ad entrare lei si lamentò per il dolore, ma non voleva smettere. Allora mentre spingevo il cazzo dentro il suo culo con una mano le accarezzavo il clitoride, così da non farle sentire troppo il dolore che le stavo procurando. Pian piano ero riuscito ad entrare completamente in lei e mi era abbandonato ad un movimento all’inizio lento, perché lo stretto buco del culo di lei con le contrazioni che aveva sembrava volesse sputarlo fuori, poi poco alla volta ero cresciuto nel ritmo sollecitato anche dai suoi incitamenti, ora che il dolore si era attenuato e sembrava prenderci piacere. I miei movimenti erano durati parecchi minuti, poi alla fine avevo sentito approssimarsi l’eiaculazione, e questa volta non dovevo più controllarmi, e mi sono abbandonato ad un orgasmo lungo, intenso e squassante. Lo sperma usciva a fiotti andando a riempire l’intestino di lei che l’aveva accolto con un secondo orgasmo, dato dai miei movimenti nell’intestino e dalla mano che accarezzava il clitoride. Ero rimasto a lungo dentro di lei, baciandola appassionatamente e accarezzandole il viso e siamo restati sdraiati vicini, in silenzio. Scopai ancora parecchie volte e Suor Caterina e non solo lei. C’era anche Suor Cesira che era una vera maiala, ma questa storia ve la racconto al prossimo racconto.
Aggiungi ai Preferiti