Prima di allora, Marcello era stato sempre eccessivamente geloso della sua ragazza e più di una volta si era rovinato le serate per i suoi scatti d’ira spropositati. Bastava che lei rispondesse con un sorriso ad un ragazzo, anche se amico, o che questi le facesse un complimento per la sua bellezza, se pur senza malizia, che lui – ad andar bene – metteva il muso. Oppure incominciava a dare di testa, aprendo bocca a sproposito ed urlando. Eppure quella sera aveva mantenuto un modo di fare rilassato col Dott. Biscani, uno dei dirigenti dell’azienda dove lavorava la sua Cettina. Probabilmente, la sua idea iniziale era stata quella di evitare che quell’uomo potesse pensare male di lui, deridendo, poi, la sua fidanzata. Tutto era iniziato alle sei di quel pomeriggio. Come ogni giorno, era andato a prenderla con la sua motocicletta per fare il “solito giro”, solo che lei non era scesa. “Amore, sali un attimo. Non ho ancora finito.” gli aveva spiegato per citofono, e lui si era avviato per le scale, un po’ irritato per l’imprevisto. Avrebbe potuto telefonargli – aveva pensato – Ne avrebbe approfittato per incontrare Gianni, invece di rigirarsi le dita in sala d’aspetto in attesa che lei si sbrigasse. Ma le sorprese dovevano incominciare subito. Ad attenderlo dinanzi la porta dell’ufficio, già aperta, era un uomo sui quaranta, quarantacinque anni, non troppo alto, un po’ robusto, capelli brizzolati, ben vestito. Nel suo insieme, un uomo distinto. “Lei deve essere Marcello, non è così? Sono Luciano Biscani, piacere.”, ed aveva allungato il braccio per stringergli la mano. Ancora uniti, avevano varcato la soglia. “Mi spiace doverla costringere a questa perdita di tempo, ma saremo veloci, stia tranquillo.” Intanto, percorrevano un lungo corridoio illuminato a giorno, su cui davano diverse stanze, tutte buie. Solo in fondo si intravedeva un chiarore. Entrarono in quello che Marcello capì essere l’ufficio del Biscani. Un salone con una scrivania proprio di fronte la porta di accesso, una libreria sulla destra, quadri, lumi e tappeti ovunque, e un divano alla loro sinistra. Vide Cettina alzarsi per venirgli incontro, “Ciao tesoro.” Gli sembrò più bella che mai, forse perché era la prima volta che la vedeva nel suo ambiente di lavoro. Indossava un abito blu, corto, sopra delle calze nere e scarpe dello stesso colore. Col suo splendore – pensò Marcello – Cetty, una ventiduenne mora e slanciata, completava l’eleganza di quella stanza. Ancora tutti in piedi, ebbe modo di sapere che il Dott. Biscani era giunto dalla sede di Livorno solo da venti giorni e che, conosciute le capacità della sua fidanzata, l’aveva voluta come segretaria personale. Ci mise qualche secondo in più per capire che quell’uomo era il nuovo direttore della filiale cittadina e che la sua ragazza era più che gratificata per l’incarico ricevuto. Solo, non comprese perché non gliene avesse parlato in quei giorni, visto che ne era così contenta. “Ma sediamoci, su! Non voglio che facciate tardi per me.” Le parole del Biscani (che, intanto – gli indicava il divano) lo risvegliarono. Marcello prese posto sul lato sinistro del sommier, il più vicino a dove si trovava in quel momento. Cetty gli si sedette accanto, ma talmente vicina che sentì il calore della sua gamba attraversargli il tessuto dei pantaloni. Ma che cazzo!! C’era tanto di quel posto alla sua sinistra!! Si sentì arrossire le guance per l’imbarazzo. Fortunatamente, il Biscani dava loro le spalle, diretto, com’era, verso la sua scrivania. “Gioia, spostati un po’” le aveva bisbigliato, ma le parole erano rimaste nell’aria. Aveva visto l’uomo prendere dei fogli da sopra la scrivania, girarsi, sorridergli, e tornare sui suoi passi. Un attimo dopo anche lui aveva preso posto sul divano, alla sinistra della sua ragazza. “Bene, Cettina. Riprendiamo pure.” Le aveva passato un po’ di quei fogli e, per dieci minuti abbondanti, non avevano fatto altro che confrontare numeri e dati vari. Per un po’ Marcello aveva tentato di seguirli. Poi, la testa lo aveva lasciato e quasi gli si chiudevano gli occhi per la noia. La cosa, però, non passò inosservata dal Biscani. “Marcello!! Che fa, dorme??” Il ragazzo balzò sul cuscino. Stava farfugliando qualcosa, ma l’uomo proseguì. “Ha ragione! Questo lavoro è una noia.” E fece seguire le parole col far volare in terra tutti i fogli che teneva in mano. “Mi dia anche quelli, Cetty.” Marcello vide le mani dell’uomo scivolare sulle gambe della sua ragazza, prendere gli altri documenti e farli finire sul pavimento. “Bene! Ora rilassiamoci. No?” Così dicendo iniziò a coinvolgerlo. Presero a parlare della città, di come si potessero passare le serate, di sport, un po’ di donne. Era talmente piacevole parlare con quell’uomo che non trovò nulla di strano quando costui allungò un braccio sulla spalliera, abbracciando la sua Cetty. Un atteggiamento affettuoso, nulla più, pensò. L’uomo gli sorrideva e lui ricambiava. Anche Cetty, del resto, non aveva mostrato alcun fastidio per quel braccio. Intanto, il Biscani aveva proseguito in quel che stava dicendo. “…Si certo! Voi due non avete gli stessi problemi che posso avere io qui in città. Scapolo e solo. Mica posso andare tutte le sere al cinema! Voi, se non trovate di meglio.. potete sempre..” Era stata proprio Cettina a cadere nella rete. “Scusi, dottore. Ma problemi di che? Non capisco.” Cinque minuti dopo, senza sapere come erano arrivati a quel punto, se non per le capacità persuasive del Biscani, i due fidanzati si stavano scambiando un piccolo bacio sulle labbra. Quasi per non volere dispiacere il direttore. Dieci minuti dopo la situazione era peggiorata. L’istinto passionale dei due – spinti da quell’uomo ad osare sempre di più – lì aveva portati ad una strada il cui ritorno si faceva sempre più improponibile. Al Biscani non sembrava vero! Quando, quel giorno, aveva visto la sua segretaria vestita in quel modo, gli era salita la pressione a mille, ma non poteva mai immaginare che le cose avrebbero preso quella piega. Poi c’erano stati, prima, l’esigenza effettiva di fermarsi più a lungo e, poco dopo, l’arrivo (peraltro preannunciatogli da Cettina), di quel ragazzone. Nemmeno lui sapeva come avesse potuto pronunciare tutte quelle parole, né come avesse fatto breccia nei due giovani. Sapeva solo che, a quel punto, aveva accanto a sé la ragazza, ormai lasciva, con le mani strette intorno al collo del proprio ragazzo, alle prese con un bacio appassionato, mentre una mano di Marcello, su suo consiglio, le si era posata sul seno. Lo sguardo era sceso alle gambe, lasciate scoperte dal vestito corto sino a metà coscia. Il cervello gli aveva detto di no, ma i muscoli erano andati per conto loro. Sentì il contatto con quella pelle, che gli sembrò vellutata. Non ci fu reazione da parte di nessuno dei due. Forse, erano talmente presi dal loro aggrovigliarsi che nemmeno avevano fatto caso alla sua mossa. Senza spostarsi di un centimetro, riprese a parlare. “Cerca un capezzolo, Marcello. Le piacerà.” ! Vide le dita del ragazzo cercare un varco nell’abito, trovarlo, e sparire sotto. Un attimo dopo il tessuto si deformava all’altezza della mammella destra. Contemporaneamente, la sua mano conquistò dieci centimetri abbondanti, raggiungendo l’orlo del vestito. Ma era da pazzi quello che stava attuando?? Un uomo rispettabile come lui. Con la sua posizione sociale?? Come poteva chiedere quella cosa alla sua segretaria? Come?? Le bisbigliò in un orecchio, condannandosi mentre le parole gli uscivano tra le labbra strette, “Cetty, non lo fare patire ancora. Gli starà facendo male stretto nei jeans. Vai, Cettina, Vai!” La ragazza non capiva più nulla. Ma com’era possibile che stesse baciando il suo Marcello proprio davanti al suo direttore. Effettivamente era più che un bacio, stavano amoreggiando! Ed era proprio il Biscani a incitarli perché non si fermassero. Lei avrebbe voluto smettere. Il suo cervello le diceva di smettere, ma la lingua di Marcello le aveva fatto perdere la ragione. E a quel punto c’erano anche le sue mani. Cosa le aveva detto Biscani?? Jeans?!! Gli fa male?? Cosa?? Stava ancora elaborando quella frase quando percepì la mano di qualcuno che le stava abbassando la cerniera del vestito. Non poteva essere Marcello!! E non era il suo ragazzo, difatti. Il direttore le aveva guardato la schiena, modellata sotto il tessuto leggero del vestito. Poi, gli occhi si erano soffermati sulla zip della cerniera e, come un automa, vi aveva poggiato le dita sopra. Abbassarla era stata questione di un attimo. Subito dopo aveva tirato la mano indietro, come se avesse appena toccato un ferro rovente. Si aspettava che uno dei due ragazzi urlasse, protestasse. Invece, ciò che accadde fu vedere la mano di Marcello muoversi freneticamente finché non riuscì a spostare l’abito sino a portare a nudo il seno della ragazza. Un attimo dopo la sua bocca era scesa a stringere un capezzolo. Cazzo!! Questo, proprio, non se lo aspettava!! Non resistette più. Aveva davanti a sé quella delizia e non poteva restare immobile ancora a lungo. E poi, esisteva pur sempre la possibilità che uno dei due giovani si risvegliasse da quell’ebbrezza e interrompesse tutto. Si chinò ed appoggiò le labbra sul seno lasciato libero dal giovane. Nessuno gli disse di smetterla! Istintivamente, fece risalire la mano che era rimasta ferma sulla coscia di Cettina. Percepì l’orlo delle mutandine sotto i polpastrelli. Vi scivolò sotto e accarezzò, per la prima volta, le intimità della ragazza. Un gemito seguì il suo movimento, ma non gli chiesero di togliere la mano! Marcello si risvegliò dall’offuscamento in cui era caduto solo dopo essersi rialzato dal seno di Cetty per baciarla. A quel punto focalizzò i movimenti dell’uomo che stava seduto dall’altro lato della sua ragazza . Movimenti che, sino a quel momento, aveva appena percepito. Lo vide proprio mentre allontanava la mano da sotto il vestito della sua ragazza, intanto che si inginocchiava e iniziava a baciarle le ginocchia. Avrebbe dovuto urlare!! Sentiva l’esigenza di fermare quel degenerato, ma la scena gli causò solo un aumento della sua eccitazione. Senza sapersi spiegare il suo comportamento permissivo, prese fra le mani quelle di Cetty e se le appoggio sul cavallo dei pantaloni. Passarono venti minuti abbondanti, durante i quali Marcello vide la sua ragazza fremere sotto le dita ed i baci del suo direttore. Vide l’uomo scivolare, con la lingua, sulle gambe della sua donna, sino a giungere lì, al centro. Poi, lei esplose il suo piacere. Era estasiato invece che incazzato, come avrebbe dovuto essere. Sentiva solo l’esigenza di potere sfogarsi liberamente anche lui. Allontanò le mani di Cetty da sopra i suoi pantaloni e si abbassò la cerniera. Biscani stava rialzandosi, dopo avere bevuto il succo della sua segretaria, quando vide prorompere a pochi centimetri dal suo viso il pene del giovane, gonfio e lucido di umori. Impulsivamente, sentì il bisogno di partecipare a quel che, da lì a poco, sarebbe comunque accaduto. Prese la mano della ragazza e l’accompagnò verso quel cilindro di carne. La lasciò solo quando fu sicuro che non si sarebbe più spostata da lì. A quel punto, si rialzò completamente da terra, spostandosi verso la propria scrivania e, da lì, rimase ad osservarli in silenzio. Vedeva Cetty stringere nel pugno il membro eretto del suo ragazzo, masturbandolo come fosse in trance. Tentò di sbirciare nuovamente sotto il vestito della ragazza, cercando con lo sguardo quelle parti che sino a pochi minuti prima erano stati alla portata delle sue dita e della sua lingua. Avrebbe voluto tornare lì, vicino ai ragazzi, e riportare a nudo tutto; ma non si mosse. La coppia andò avanti nell’atto sessuale, così semplice e intenso nello stesso tempo per lui che li divorava con gli occhi. Marcello si era aggrappato ad una mammella della ragazza. e Biscani stabilì che non era stato tanto il desiderio di accarezzare la donna, quanto l’esigenza di trovare un appiglio per scaricare la tensione dovuta a quella masturbazione liberatoria. Avrebbe voluto che la ragazza smettesse di lavorare con le sole mani e che, magari, scendesse li giù con la bocca. Pensò solo per un attimo di avvicinarsi per partecipare a quel gioco amoroso ma qualcosa di inspiegabile lo trattenne dal farlo. “Guardali. Guardali e basta” si sentì dire a se stesso, sottovoce. Poi, i movimenti bruschi di Marcello preannunciarono il suo orgasmo e, solo un attimo dopo, fiotti di sperma schizzarono dall’uccello del ragazzo, imbrattando un po’ ovunque. Cettina fermò la sua mano solo quando fu sicura che non c’era più nulla da spillare e, solo allora, si risvegliò dall’ipnosi. Fu come se vedesse in quel momento, per la prima volta, il suo direttore a pochi metri da lei e dal suo ragazzo e si sentì nuda davanti a quell’uomo per il solo fatto di avvertire la mano appiccicosa e sporcata dal seme del suo uomo. Ma come aveva potuto? Che le era successo?? E Marcello, poi?? Come aveva potuto consentire che accadesse?? E…. ma era stato il suo direttore a fermarsi tra le sue gambe?? Si! Ma… Iniziò a barbugliare parole sconclusionate. Si alzò bruscamente dal divano. Voleva scappare via. Marcello non capì nulla. Almeno, non subito; si doveva ancora riprendere da quel godimento così intenso, anche se si era trattato solo di un pugnetta da ragazzini, e non riusciva a seguire la sua ragazza. Fu il Biscani ha riprendere il polso della situazione. Comprese quel che stava accadendo alla giovane e trovò subito le parole adatte perché si calmasse. Continuò a dire che non era successo nulla, che era stato un pazzo e chiedeva scusa senza sosta. Attese che il ragazzo si ricomponesse e, piano, quasi senza che loro se ne capacitassero, li accompagnò sino all’ingresso dell’ufficio, accomiatandoli. “Cettina, buonasera e mi scusi ancora. Ci vediamo domani”, e frappose la porta fra loro.
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