Fu una trasmissione in TV di carattere gay ed una conseguente discussione con i miei figli a riportarmi alla mente un episodio accadutomi nel lontano 1979, anno in cui prestavo servizio militare di leva in marina, in una nota località della Calabria. Premetto che mai avevo avuto divergenze o dubbi sui miei appetiti sessuali, anzi ricordo che pur non essendo un bellissimo ho ricevuto, trovandoci in tempi militari, le mie medaglie al valore. Ero imbarcato in qualità di direttore di macchina col grado di sergente su una motovedetta, quindi tra esercitazioni e rotture di palle ai pescatori meno furbi, trascorrevano quei giorni di naja che ancora oggi rimpiango tanto. La mia fortuna era che il comandante soffriva il mal di mare, strano a dirsi ma vero pertanto le uscite erano strettamente limitate a chiamate di soccorso o vigilanza e a dir il vero quell’estate fu tranquillissima, perciò la maggior parte del tempo, noi militari la trascorrevamo a giocare a carte o a tirare calci ad un pallone in banchina; fu proprio dopo una partitina tra commilitoni che notammo una fiat 500 rossa in sosta nell’area militare ad una cinquantina di metri da noi, non ci allarmammo però un mio collega si avvicinò al conducente della macchina per spiegargli che lì era zona militare quindi la sosta era vietata, ne scaturì una discussione animata perché quelli della macchina, erano in due, non volevano assolutamente andarsene, la discussione ci allarmò quindi corremmo tutti, eravamo una dozzina, non ci volle molto a capire che erano due gay quindi finì a tarallucci e vino nel senso che i due marpioni avevano architettato tutto per attirare la nostra attenzione, il classico specchietto per le allodole, comunque avvertii quasi subito che l’atmosfera era tra lo scherzo e il canzonatorio pertanto preferii correre alle docce prima di tutti gli altri, neanche feci caso alle facce che avessero i due.Quando ritornai fuori i due invasori erano spariti, mentre i miei amici ridevano a crepapelle non esitai a farmi raccontare gli eventi e mi sganasciai dalle risate.Poi calò la sera e se durante le ore diurne eravamo sempre tutti presenti, a parte qualcuno in licenza, di notte rimanevamo in due, uno per motovedetta, poiché la maggior parte dei militari era del posto e appena imbruniva se la squagliavano a casa senza se e senza ma, non di rado gli assenti venivano pescati dai comandanti o intravisti dai militari di ronda, pertanto rimanevano consegnati a bordo per qualche giorno, però poi tutto finiva in una bolla di sapone e la storia si ripeteva. A pensarci bene eravamo degli incoscienti, perché in caso di chiamata di soccorso avremmo dovuto fare i salti mortali per rintracciare i fuggiaschi; la questione per me era diversa poichè in qualità di direttore di macchina potevo solo usufruire delle licenze che mi spettavano, inoltre tali licenze dovevano pervenire direttamente dal ministero che oltre alla mia licenza designava anche un militare che avesse la mia stessa abilitazione di conduttore di macchina, anch’io diverse volte avevo rischiato ma ero sempre coperto dal comandante che sapeva tutti i miei spostamenti.Dall’episodio della 500 rossa era trascorsa qualche settimana, chi ci pensava più? Ma il ragno aveva tessuto la sua tela e… Ricordo che era una domenica pomeriggio, ero appena uscito dalla plancia della motovedetta e stavo incamminandomi verso la passerella che dall’imbarcazione faceva ponte con la banchina e proprio di fianco alla passerella c’era un uomo seduto con i piedi penzoloni verso il mare che mi salutò cordialmente, risposi al saluto invitando lo sconosciuto ad andarsene perché era in zona militare, tra una parola e l’altra mi assicurò che mi conosceva e dovevo cercare di indovinare chi fosse lui… un matto pensai, non avevo la minima idea di chi si trattasse e neanche m’interessava ma lui insisteva che mi conosceva, infine mi arresi e pretesi di sapere quando e in quale circostanza c’eravamo conosciuti, ecco che rispuntò il caso della 500 rossa, costui non era altro che uno degli invasori, mi scusai e non so il perché, forse il fatto di trovarmi a cospetto di una persona adulta, poteva avere 40 o 45 anni, incuteva un minimo rispetto o forse il gioco era già fatto poiché familiarizzammo di lì a poco. Antonio, questo era il suo nome, mi chiese se potevo fargli visitare la plancia, non ci trovai nulla di strano poiché molte volte venivano persone che chiedevano di visitare l’imbarcazione e il più delle volte lo permettevo, ero pur sempre un sottufficiale nonché il direttore di macchina, ci accomodammo in plancia discutendo del più e del meno mi raccontò, di essere sposato e che era nato in quei posti ma da molti anni risiedeva a Genova, i minuti passavano e discutere con Antonio era piacevole, non era invadente ogni tanto mi chiedeva spiegazioni relative ai vari apparecchi di bordo ed io rispondevo con aria professionale di chi sa il fatto suo. Dal canto suo, Antonio sapeva stare con i giovani e lo invidiavo perché a me che ero giovane ciò non riusciva, comunque il discorso passò sul sesso e qui tra un ammiccamento e uno sguardo mi trovai con la patta gonfia “il pollo era cotto” e il marpione non esitò a toccarmi dicendomi che non resisteva più il mio cazzo gonfio lo infrenesiva, non so perché glielo permisi e provai un enorme piacere nel sentire la sua presa sul cazzo e le carezze per tutta la lunghezza della patta gonfia; feci la parte dell’indifferente ma ormai ero partito non desideravo altro che metterglielo in mano per una bella e lunga sega quindi, con la scusa di visitare le cuccette, scendemmo nel locale dei due posti letto, non c’era tanto spazio ma quattro persone sedute, due per letto ci stavano comode, come comodi ci trovammo seduti sul mio letto, sapevo che Antonio sarebbe ritornato alla carica e non aspettavo altro, ricordo che mi chiese se volevo e se avessi mai avuto esperienze con altri uomini quindi senza aspettare la risposta aveva già tirato giù la lampo dei pantaloni giocherellando con la capocchia del mio cazzo ormai impazzito. Mi abbassai i pantaloni fino a mezza coscia, lui continuava a segarmi lentamente con lunghi movimenti verticali dalla cappella fino alle palle, quando avvertiva che potevo schizzare si fermava tenendomi il cazzo scappellato in mano fissandolo voglioso, durante questo martirio mi chiese se qualcuno me lo avesse mai succhiato, in questo caso riuscii a dire di no ma per Antonio fu il via libera, infatti, mi imboccò e iniziò un pompino da favola, lo leccava tutto, mi succhiava le palle, ogni tanto si fermava facendo mulinello con la lingua sulla cappella, ripeto che anche se avevo conquistato le mie medaglie con le ragazze, quel pompino fu e sarà indimenticabile, non ricordo quanto durò, forse pochi minuti non saprei, so che quando sborrai sentii lo sperma fuoriuscire allo stato solido cioè a pezzi tanto mi faceva male, Antonio ingoiò i primi spruzzi il resto lo fece depositare su stomaco e addome poi piano piano mi ripulì con l’avida lingua, da bravo bocchinaro; per quanto indolenzito il cazzo rimase duro, a vent’anni e con alcuni mesi di seghe sulle spalle, non basta una singola sborrata quindi il mio amico non smise di sbocchinarmi stavolta però con meno ingordigia nel senso che badò molto di più alla porcaggine che alla voglia d’ingoiare in fretta, mi succhiava piano e poi con vigore, faceva in modo che vedessi come, con la svelta lingua, mi lisciava la cappella nei minimi particolari, la ingoiava fino a sprofondare il naso nei peli del pube, ci giocherellava come il gatto e il topo e non smetteva di segarmi lentamente, sborrai di nuovo anche se in quantità minore, lo sperma lo inebriò, ingoiò lentamente mostrandomi la lingua piena del mio sapore prima di mandarla giù, senza perderne una lacrima, continuando a succhiarmi fino a che il cazzo gli divenne molle tra lingua e palato. Non nascondo che una volta ricompostomi ero molto imbarazzato ma Antonio sapeva sdrammatizzare come pochi sanno fare, poi mi chiese se mi era piaciuto, mentii spudoratamente rispondendo che era stato ne più ne meno come una sega a doppietta ma il marpione sapeva bene che ero pronto anche per il terzo round, se non fosse stato che la moglie lo aspettava per cena. Prima di andare mi confidò che quella sera avrebbe baciato in bocca e leccato la figa della moglie pensando al mio cazzo duro e al sapore del mio sperma, e a come era stato porco con me, era molto arrapato e mi fece vedere la sagoma del suo grosso cazzo attraverso il tessuto dei jans… poi ci salutammo come due vecchi amici, con la promessa che ci saremmo rivisti…Quella notte dormii a singhiozzo, intorno alle cinque ero completamente sveglio e con il cazzo che mi pulsava a cento all’ora, iniziai una sega velocissima ma non volevo godere, quando sentivo le palle gonfiarsi mi fermavo per poi riprendere a segarmi mentre con l’altra mano mi soppesavo le palle, era una dolce tortura, era come se volessi allenarmi per controllare la goduta, nella mia mente erano nitide le fasi del doppio bocchino di poche ore prima, stavo per schizzare ma continuavo a fermarmi infine mi tolse dai guai una chiamata dal centro operativo della Capitaneria il quale mi chiedeva per le ore otto equipaggio a rapporto, causa probabile visita da parte del comandante del porto. Passarono alcuni giorni e Antonio non s’era visto, a pensarci bene non sapevo nulla di lui solo che era sposato, che era in vacanza presso i parenti e che era un eccellente succhiacazzi… ma chissenefrega!!! Magari il porco s’era tolto il classico sfizio, come fanno tanti uomini maturi che, ad un certo punto della loro vita, desiderano succhiare un cazzo duro, non per frociaggine intrinseca ma per frociaggine tangenziale ad ogni singolo individuo maschio che antepone il pompino al rapporto sessuale vero e proprio, solo per capire a sentir loro, cosa si prova a farlo.Trascorsero altri giorni, una settimana all’incirca e un tardi pomeriggio me lo ritrovai addosso, era disperato, mi chiedeva scusa cercando di spiegarmi il perché di tanto silenzio, lì per lì feci un po’ il sostenuto ma ero contento di rivederlo, risposi che non mi doveva nessuna spiegazione e che quello che era successo tra noi solo il Santo Protettore dei Ricchioni lo sapeva, mi chiese chi fosse costui, non so cosa gli risposi ma ricordo che ridemmo a crepapelle. Era voglioso e smanioso, parlava tenendomi una mano tra le gambe gioiendo nel sentire il pacco che aumentava di volume, eravamo in piedi in plancia, mi arrapavano quei gesti furtivi come se ci fosse qualcuno che ci potesse scoprire, il troione mi abbassò la lampo e con aria circospetta mi tirò fuori il cazzo in fiamme, sempre in piedi iniziò una lenta sega chiedendomi se mi piacesse, che avevo un bel cazzo, che aveva voglia di ingoiarlo, quando mi reputò all’eccesso dell’arrapamento iniziò a menarmelo velocemente fino a procurarmi dolore nelle palle tanto che me le faceva sobbalzare, ero in trance, mi chiese se mi sarebbe piaciuto metterglielo in culo, non risposi ma immaginarlo a pecorina mi fece schizzare nella sua mano che leccò avidamente poi riprese subito a menarmi, lentamente però, per non provocarmi eccessi di solletico, era rosso in volto ed eccitato con l’altra mano si accarezzava attraverso i pantaloni guardandomi supplichevole ma fui irremovibile, penso che se pochi attimi prima che venissi si fosse messo a pecora lo avrei inculato di brutto, ma nonostante il cazzo ancora semiduro non ero psicologicamente pronto. Non la smetteva di segarmi, mi piaceva la sua tattica segaiola, mi proposi però di farlo dannare, non gli avrei concesso di più quel pomeriggio, non disse nulla e la sua rabbia era palpabile ma fece buon viso a cattivo gioco, non accettava la resa e con uno scatto fulmineo si piegò afferrandomi la cappella tra le labbra, facendomi intendere che mi avrebbe morso se lo avessi tiravo via, ma giunsero delle voci molto vicine dalla banchina e nostro malgrado dovemmo ricomporci perché una di quelle voci era di un mio commilitone che mi avvisava che era l’ora della pappa e che mi avrebbe dato uno strappo con la macchina. Ad essere sincero dispiacque anche a me, quella bocca era diventata la mia dannazione, quand’ero solo e a tutte le ore, mi sparavo dei lunghi segoni col pensiero rivolto alla bocca di Antonio piena di sperma. Dal canto suo Antonio mi assicurò che mi avrebbe aspettato, era un mastino napoletano non mollava, gli risposi che quella sera non sarei stato solo perché il mio commilitone era consegnato e non poteva allontanarsi da bordo…quindi alla prossima…La sera dopo Antonio era lì da me, aspettava sempre che andassero via tutti per piombarmi addosso e prendersi la sua razione di sperma, lo soprannominai “l’ingordo” ma mi eccitava, sempre quella sera tornò alla carica col fatto di volerlo nel culo, mi giurò che non lo aveva mai fatto con un cazzo vero e che non sapeva più cosa ficcarci, aveva provato di tutto, dai manici di scopa a tutti i tipi di ortaggi di forma fallica ma era sicuro che un cazzo vero sarebbe stato il massimo della libidine. Mi spiegò le varie tattiche e le tante pose che aveva sperimentato, anche un enorme fallo finto faceva parte della sua collezione; a tutto questo gli chiesi di sua moglie ero eccitato ma prevalse la curiosità di sapere come Antonio vivesse le due vite, si rabbuiò un po’ ma si riprese subito spiegandomi che fino a qualche anno prima riusciva a scoparsi la moglie incessantemente e poi magari trovare qualcuno che gli facesse succhiare un capocchia dura, da un po’ di tempo però, desiderava si scoparsi la moglie ma mentre qualcuno gli trapassasse il culo, questo pensiero mi eccitò, volevo sapere fino a che punto si sarebbe spinto; allora gli domandai se la moglie sapeva del suo vizietto e di questi ultimi problemi, mi confessò che il pallino del cazzo nel culo era proprio colpa della moglie poiché le piaceva fargli il pompino mentre gli ficcava due dita nel retto e dai e dai all’amico gli era venuta la voglia del capocchione dietro. Ora la mia curiosità era tutta rivolta al tipo di donna che poteva essere la moglie, ma durò poco perché Antonio mi mostrò una loro foto al mare, il viso di Maria, così si chiamava, non era bello, forse un po’ troppo mascolino ma in compenso aveva un corpo stupendo ed era molto alta, più di Antonio, quelle gambe poi, erano due colonne, a tutto questo la mano del mio amico non smetteva di martoriarmi piacevolmente il cazzo, ricordo che ebbi una fantasia, in altre parole mi sarebbe piaciuto trascorrere una notte di sesso con entrambi e godetti pensando alle loro lingue sulla mia cappella, non lo confessai però. Tra lunghi pompini e seghe le ferie finirono, quindi Antonio e moglie tornarono a Genova, ricordo che ci salutammo commossi e gli dissi che non lo avrei mai dimenticato, mi lasciò il suo numero di telefono e l’indirizzo, prestandosi di aiutarmi poiché a Genova aveva molte amicizie nell’ambito di Società di navigazione, dato che dopo il congedo, quello sarebbe stato il mio lavoro in quanto diplomato come allievo ufficiale di macchina sulle navi. Era la metà di agosto, Antonio era partito da un bel po’, come erano partiti molti dei commilitoni per fine servizio di leva, io avrei dovuto aspettare la fine di marzo del 1980, quelli che arrivarono in seguito erano tutti pesci lavati e poi non avevo voglia di instaurare nuove amicizie, poi sopraggiunse l’inverno, nuovi arrivi, nuove facce impaurite e spaesate, anche il mio amico di barca fu congedato e al suo posto arrivò un ragazzo molto simpatico che riusciva a tenermi su col morale e come me non era calabrese quindi costretto a dormire a bordo, perciò addio pacchia, non ero più solo di notte con le mie riviste pornografiche, sigarette ed estenuanti segoni al peperoncino, avrei trovato sollievo solo sulla tazza del water e in poco più di mezzo metro quadrato di alloggio…
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