Ad un tratto, nel buio che la circondava, riconobbe l’inconfondibile breve ronzio di una chiusura lampo. L’ennesimo brivido caldo di emozione la fece vibrare, e si materializzò in un concitato sospiro. Sonia era bendata, le mani ammanettate dietro la schiena, in ginocchio sul pavimento freddo, davanti all’uomo che stava scorrendo la zip dei pantaloni, in piedi a poche decine di centimetri da lei. Una situazione già più che sufficiente a farla bagnare. Indossava il completo intimo più sexy che era riuscita a trovare: un reggiseno velato di pizzo nero, e micromutandine a perizoma, altrettanto nere. Nere erano anche le calze autoreggenti, ma quelle, come al solito, non le aveva portate da casa. Troppo rischioso. Era invece lui a comperarle ogni volta, e a fargliele indossare, appena tolti i jeans e le scarpe da ginnastica. Quasi un rito che simboleggiava la sua trasformazione da tranquilla irreprensibile studentessa, in… in… non sapeva bene nemmeno lei cosa. C’erano alcune parole forti che lui usava spesso con lei, e la eccitavano. Ma non erano sufficienti a rendere completamente l’idea. Doveva essere uno spettacolo decisamente interessante per l’uomo che la guardava dall’alto, pensò. I lunghi capelli neri le sfioravano le spalle; il busto era esile, quasi acerbo, ma stupendamente adornato da due seni rigogliosi, a malapena contenuti da quel reggiseno trasparente, pensato più per mostrare che per nascondere. I lineamenti regolari del suo giovane viso, al di sotto della benda nera, esprimevano eccitazione e un pizzico d’ansia, soprattutto nella bocca morbidamente schiusa che lasciava sfuggire piccoli respiri irregolari. Un bocconcino di ragazza a sua completa disposizione, docile, sottomessa e felice di esserlo. Si chiese che prospettiva avesse lui, dall’alto, del suo culetto tondo e ben fatto, che ora poggiava sui talloni. E, in particolare, se lui riuscisse a vedere le tracce lasciate dalla lunga serie di sculacciate che egli stesso le aveva appena impartito. Se ci fosse stata una diretta corrispondenza tra la sensazione bruciante che avvertiva ed il colore assunto dall’epidermide, avrebbe giurato che le sue natiche in quel momento erano di un bel color porpora. Sonia sperò che fosse così. Lui ne sarebbe stato eccitato. Anche lei. Le piaceva pensare che fossero visibili i segni della sua totale obbedienza. Erano passate solo poche decine di secondi da quando lui l’aveva sollevata dalla posizione in ginocchio sul letto, con la testa sul lenzuolo e il culetto offerto e indifeso, in cui aveva subito il supplizio. L’aveva fatta alzare in piedi, un po’ tremante per il dolore e l’eccitazione, e l’aveva dolcemente baciata. Una goccia di miele, dopo la durezza delle sue mani sul suo corpo. Poi, prima di farla inginocchiare di fronte a lui, aveva tirato su le mutandine, che durante la sculacciata erano rimaste sospese a metà coscia. Quel minuscolo lembo di stoffa tra le sue cosce era ormai bagnato come uno straccio. Era crudele farglielo tenere ancora. Una pungente sensazione olfattiva la scosse. Odore forte di sesso maschile, vicinissimo al suo naso. Soffriva per non poterlo vedere, ma allo stesso tempo era felice di essere prossima al contatto con quel cazzo. Lo desiderava così intensamente durante gli insopportabili intervalli tra un incontro ed un altro. Desiderò sentirlo subito in bocca. La volta precedente lui l’aveva fatta aspettare. Aveva passato il cazzo duro su tutto il suo viso, sulle guance, sul mento, sulla fronte appena sopra la benda, tra il naso e le labbra, lasciando ovunque la scia del suo calore e tracce appiccicose della sua punta umida. Poi ancora sul collo, sui lobi delle orecchie. Sensazioni tattili sottili e sconvolgenti, amplificate dalla striscia di stoffa nera che, occludendo la vista, esaltava la ricettività di tutti gli altri sensi. Pur smaniando per un contatto più coinvolgente con quel cazzo, Sonia era stata eccitata pazzamente da quel trattamento. Avrebbe fatto lo stesso stavolta? Non poteva saperlo. I loro incontri tendevano a seguire un certo schema, ma non erano mai l’uno uguale all’altro. C’era sempre qualche imprevisto, qualche sorpresa che lui le aveva preparato, o che veniva improvvisata lì per lì sull’onda della passione e della libidine del momento. L’uomo parlò. “Sonia, ora te lo metto in bocca.” Non era una sorpresa particolare, ma quella frase, forse proprio per la sua inutilità e la sua durezza, la mise in agitazione. Istintivamente aprì un po’ le labbra per accoglierlo e fece per chinare la testa in avanti come per cercarlo nel buio. Ma l’uomo non si mosse. “Voglio che tu sia preparata, mentalmente, per godertelo al meglio.” Cosa stava dicendo? Non capiva. Lui continuò. “Concentrati. Devi concentrarti sulla tua bocca. Trascura il resto del tuo corpo e focalizza tutta la tua attenzione sulla bocca, sulla lingua, le labbra, i denti, il palato… devi diventare tutta bocca.” Lei lo fece. Fu sorpresa di scoprire quante diverse piccole sensazioni provenivano dalla sua cavità orale. La lingua, per esempio, si stava movendo piano da sola, d’istinto. Nelle sue brevi oscillazioni, sfiorava di volta in volta il duro dei denti, il morbido calore delle gengive, la curva ruvida del palato. Da qualche parte c’erano ancora le tracce dell’aroma di menta della gomma da masticare di cui si era liberata prima di entrare in quella stanza. Ma soprattutto c’era molta saliva in giro. Più del normale. Ne inghiottì un po’ e respirò. Sulle labbra aperte l’aria scivolava fresca e leggera. Erano un po’ secche. Bagnò la lingua all’interno e la passò tutta intorno, sapendo benissimo che quel gesto avrebbe avuto un certo effetto anche su di lui. Ecco. Ora era completamente focalizzata sulla bocca, come lui le aveva chiesto. Senza gli stimoli visivi che distraggono non era nemmeno così difficile. “Bene” disse lui, quasi leggendole il pensiero. “Ora devi immaginare che in quella tua bocca presto ci sarà il mio cazzo. Pensaci.” Lei ci pensò e sospirò. “So che ti piace, e so che ne hai voglia. Ora sentirai questa voglia crescere, crescere… fino a diventare dolorosa.” Incredibilmente, fu proprio quello che Sonia sentì. Sembrava che la lingua, le labbra, il palato, tutte le cellule della sua bocca gridassero impazzite la loro voglia di avvolgere quel cazzo. Le piaceva, le era sempre piaciuto, ma non aveva mai sentito un desiderio così prepotente. Era suggestione? La stava ipnotizzando? Questo pensiero la eccitò ancora di più. “Stai desiderando il mio cazzo in bocca con tutta te stessa… Sei tutta bocca… Sei tutta bocca e vuoi il mio cazzo… Il desiderio aumenta… sempre di più… sempre di più…” Quanto sarebbe durato ancora questo supplizio? Biascicò sottovoce un “… ti prego…”, ma lui la fece aspettare ancora. “Sentirai delle sensazioni molto intense nella bocca, Sonia. Il mio sapore… la forma del cazzo, la cappella liscia, la pelle sull’asta più ruvida, i rilievi, le venature… Mi sentirai scivolare sulla lingua, forzare contro il palato, affondare fino in fondo. Dalla tua bocca partiranno sensazioni, a ondate, che ti faranno vibrare il cervello… sentirai vampate di calore scendere giù per la gola, richiamare sangue verso la punta dei tuoi capezzoli, sentirai un vulcano di lava nel basso ventre, gli umori tra le gambe che colano… ti scoperò la bocca, ma ti sentirai scopata in tutto il corpo…” Sonia emise un lamento; continuava ad aspettare impaziente, a bocca aperta. “Eccomi…” sussurrò lui. La prese con la mano destra per la nuca. Con la sinistra si manteneva correttamente indirizzato. Il cazzo entrò trionfante in quella bocca. Sonia sospirò di gioia. Abbassò la testa per farlo entrare fino a sfiorarle la gola, e si fermò a contemplare la sensazione. Era bellissimo sentirselo dentro. Non le era mai piaciuto così tanto. Le sembrava la prima volta che lo prendeva in bocca. Di sicuro era la prima volta che lo sentiva così. Era piena, soddisfatta. Cercò le sensazioni che lui le aveva anticipato. Vibrazioni che si propagavano dalla gola al cervello, i capezzoli indurirti che spingevano contro il pizzo del reggiseno, la fica che continuava ad alluvionare di umori quelle povere minuscole mutandine. Lui le prese la testa tra le mani e cominciò a muoverla avanti e indietro, con delicatezza e insieme con decisione. Sonia si sorprese ad emettere un lungo mugolio di godimento. Ogni volta che quel cazzo si ritirava, i vuoti e i risucchi che creava provocavano delle sensazioni in bocca molto piacevoli, ma ancora più bello era sentirlo tornare ad occupare tutta la bocca fino all’ultimo millimetro. Sonia, legata, bendata, in ginocchio, con le natiche che bruciavano per le percosse, era in estasi. “Ti sto scopando la bocca…” stava sussurrando lui, con la voce rotta dal piacere. “Ti sto scopando la faccia… ti sto scopando la testa… il cervello… Ti sto scopando tutta… Sei tutta bocca, tutta bocca…” Sonia sentiva il piacere crescere in tutto il corpo. Si sentiva davvero scopata “tutta”. L’istinto la portò ad accelerare il ritmo, come faceva quando lo cavalcava da sopra, all’avvicinarsi dell’orgasmo. “All’avvicinarsi dell’orgasmo”. Un pensiero curioso la sfiorò. Fece di nuovo un rapido inventario delle sue percezioni. Stava godendo, ed era una sensazione sia mentale che fisica. Il su-e-giù di quel cazzo in bocca era stupendo. Sarebbe bastato per portarla al climax? Strinse forte le cosce, e una sferzata di piacere salì dalla fichetta. Questo può aiutare, pensò. Ma non basta. Tornò a concentrarsi su quel cazzo e sulle scosse che le donava. La mente formulava frasi oscene e sconvenienti. “Sono una porca… sto godendo per un cazzo in bocca… mi piace troppo… è un cazzo meraviglioso… mi sta scopando tutta… passando per la bocca… la mia bocca è come una fica… la sta scopando come una fica aperta…” Lui fece un profondo respiro, per tenere lontano il proprio orgasmo, e riprese in mano la situazione. “Rilassati, Sonia… puoi farcela… puoi riuscire a venire di bocca, ma devi rilassarti… vedrai, sarà una sensazione stranissima, eccezionale… ma devi rilassarti… concentrati sulle sensazioni… lascia fare a me…”. Ad un tratto, nel buio che la circondava, Sonia sentì all’improvviso una strana sensazione di calore e di luce, che localizzò vagamente all’altezza della nuca. Qualcosa che stava per esplodere. Strinse di nuovo forte le cosce, e mugolò forte. Poi tutto esplose, dentro di lei. “Aaaaahhhh”, cercò di gridare, intorno al cazzo che continuava a martellarla in bocca. Il ventre prese a contrarsi, il cervello a girare. Quella maledetta benda sugli occhi sembrava mantenere tutto all’interno del suo corpo, quelle maledette manette non le permettevano di sfogarsi nel movimento, tutto il piacere rimbalzava e risuonava dentro di lei dalla pelle del cuoio capelluto alle unghie sulla punta degli alluci. Crollò esausta chinandosi in avanti. Sempre inginocchiata, ma col viso a terra, avvertendo l’odore di cuoio delle scarpe dell’uomo ancora completamente vestito, tranne il cazzo fuori che probabilmente, pensò, era ora pulsante e paonazzo. Lui la lasciò qualche minuto in quella posizione prima di farla alzare con dolcezza. La baciò piano sulle labbra, tenendola per la vita, indugiando su quel contatto delicato. La girò di schiena, le tolse le manette, sciolse la benda. Lei girò su se stessa. Si abbracciarono. L’antipastino piccante era finito. Avevano di fronte ancora molte ore di sesso, tutte per loro.
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