CAPITOLO PRIMOLa mia storia inizia all’età di diciotto anni, epoca in cui scoppiò quello che io chiamai “uragano ormonale”. Non avevo alcuna conoscenza sul sesso e ciò che tenevo tra le gambe oltre al suo naturale servizio fisiologico non sapevo a cos’altro servisse e non mi spiegavo perchè spesso diventasse così duro. Figlio unico di genitori lavoratori, avevo a mia disposizione parecchio tempo dopo lo studio e m’incuriosiva moltissimo il sesso, ma non avevo a chi rivolgermi. E’ risaputo che ad istruire i giovani sono sempre i più grandi e quindi io rivolsi il mio interesse ad un signore che abitava nel sottoscala del mio stesso palazzo, il quale era single, aveva il doppio della mia età, mi aveva visto crescere, mi aveva insegnato ad andare in bici e ripensandoci, col senno di poi, aveva “approfittato” per toccarmi le natiche con gesto “affettivo” ed alcune volte sulle scale si era “strusciato” sul mio sedere con la scusa che non erano sufficientemente larghe. Fino allora l’avevo frequentato poco, poiché prima dei dodici anni, ero stato affidato ad altri parenti che abitavano in un’altra parte della città, pertanto incontravo questo coinquilino talvolta nelle giornate di vacanza e soprattutto in estate. Proprio in questa stagione l’andavo a trovare nella sua unica stanza con annessi piccoli servizi che si trovava nel sottoscala del palazzo e prendeva luce da una gran finestra che dava sul cortile interno. I mobili, pochissimi ed essenziali, consistevano in un armadio con grande specchio posto di fronte il letto ed una grande e comoda poltrona, oltre ad un piccolo tavolo ed alcune sedie. Non faceva un determinato lavoro, sapeva riparare un po’ di tutto quindi si portava del lavoro a casa oppure si recava da chi avesse bisogno del suo intervento. Superati i diciotto anni ero spesso solo in casa, ritenendomi ormai responsabile ed affidabile, pertanto avevo molto tempo libero e nacque in me il desiderio di trovare compagnia presso questo signore ed esaudire al contempo, le mie curiosità sessuali. M’incuriosiva il suo lavoro ma in quel periodo” tempestoso” desideravo ardentemente conoscere il suo sesso, scoprire com’era fatto “il suo coso”, ecco la ragione per cui cominciai a frequentarlo con assiduità. Quando andavo a trovarlo, mi chiedeva spesso di andargli a comprare le sigarette ed una volta la settimana un settimanale che leggeva in quella grande e comoda poltrona. Conoscevo molto bene il quartiere dove abitavo costituito da tutta una serie di palazzoni alti, ero ormai pratico e sicuro della zona, inoltre andavo e tornavo ormai da solo da scuola. Era un piccolo servizio che svolgevo con piacere per lui, forse perché ero attratto dal suo sesso, anche se fino a quel momento non avevo mai avuto attrazione per nessuno sia maschio che femmina; evidentemente il mio “uragano ormonale” mi stava indirizzando verso la giusta direzione per evidenziare la mia vera indole. Devo affermare che ero ben fatto, magro, alto, giusto per l’età, glabro, con due bei “meloni” per sedere ed un pisellino non eccessivamente sviluppato e che non riusciva ancora a godere ma diventava sempre duro. Il mio “amico” era anche lui giusto d’altezza, molto magro, piuttosto trasandato nel vestire, poco curato nella persona, sembrava più rustico di quello che effettivamente era e forse per questo mi attraeva. Giunse finalmente l’estate e le vacanze, si andava a mare solo nel mese d’agosto, periodo di ferie dei miei, ma fino al giorno della partenza dovevo rimanere in casa. Conoscevo altri ragazzi del quartiere, alcuni frequentavano la stessa mia scuola, ma non mi trovavo bene con loro, desideravo frequentare “lui” e lo feci assiduamente durante le vacanze. A causa del suo lavoro sempre saltuario rimaneva spesso in casa sia di mattino sia nel pomeriggio ed abitando sotto casa mia avevo modo di costatarne la presenza, inoltre i miei mi “affidarono” a lui poiché rimanevo solo e ciò per me fu una gioia immensa anche se non lo diedi a capire. Fu proprio in una delle calde mattine di luglio che ritornando dall’edicola con il nuovo settimanale m’invitò a rimanere a casa sua per sfogliarlo insieme. Dopo avermi fatto chiudere la porta si sedette sulla gran poltrona invitandomi a sedere sulle sue gambe per sfogliare insieme il giornale. Io accettai di buon grado e com’era logico poggiai il mio sedere sul suo baricentro e poco dopo cominciai a sentire “qualcosa” che cominciava a prendere forma e consistenza, ma feci finta di nulla perché era ciò che desideravo e così pure lui, anche se i desideri di entrambi non erano palesi. La posizione cominciò ad essere scomoda e mi fece spostare su una sua gamba, mentre lui con indifferenza si sistemava in mezzo al pube e guardandomi con malizia mi disse: ”Tutto ciò che fai e vedi in casa mia non dovrai mai riferirlo ad anima viva, se accetti questo patto vedrai che ci divertiremo entrambi”. Al mio assenso aggiunse: ”Hai mai visto un cazzo? Sai com’è fatto il cazzo di un uomo? Sai come godono gli uomini? A me piacerebbe tanto farti conoscere il mio ed istruirti sul sesso”. Io accettai la sua proposta con un assenso del capo e lui prese la mia mano destra e la poggiò sulla sua patta dove notai una certa consistenza: ”Stringi la mano e senti quant’è duro, è da tanto che aspetto questo momento”. Io non mi feci pregare, strinsi la mano e sentii qualcosa di tanto duro e grosso da sembrarmi un tubo di ferro. Non contento di ciò m’ invitò ad estrarlo dai pantaloni, ed io con goffi ed insicuri movimenti intrufolai la mano dentro e potei finalmente sentire “quel coso” ovvero l’oggetto dei miei sogni e dei miei desideri. Com’era liscia e calda la pelle e la mia curiosità aumentò ancora di più facendo anche salire al massimo la mia eccitazione; desideravo ardentemente stringerlo nella mia mano e guardare com’era fatto perché al tatto m’era sembrato enorme. Lo estrassi fuori e …. meraviglia …. vidi per la prima volta un lungo e grosso cazzo in tutta la sua potenza e maestosità. “Vedi quant’è lungo il mio cazzo, è esattamente venticinque centimetri” e per confermare la lunghezza si alzò e vi stese sopra il palmo aperto dall’indice che poggiò alla base del cazzo, al pollice che andò a poggiare sulla cappella, facendomi notare che il palmo della sua mano non era sufficiente per coprirne l’intera lunghezza dalla radice alla punta. Dopo strinse il pollice e l’indice intorno al suo cazzo facendomi vedere che le due dita non si toccavano, tanto era grosso; infine tirò indietro la pelle mettendo ben in mostra un glande maestosamente grosso, rosso e scolpito a regola d’arte. M’invitò a stringere quel magnifico cazzo con le mie mani e m’insegnò a fargli una sega. Prima umettò con della saliva la rossa e turgida cappella, com’egli chiamava il glande, nome che a me piacque e continuai sempre a chiamarlo così, poi impose un ritmo d’andirivieni su tutto il cazzo; di tanto in tanto aggiungeva altra saliva per fare scivolare meglio la mia mano su quella magnifica e superba asta. Io eseguii con sommo piacere quanto lui mi diceva di fare, e mentre svolgevo tale mansione lui si dilettava a palparmi le natiche e scivolando nel solco, si soffermava con un dito nel mio buchetto che cercava di trapanare nonostante i pantaloni ed io acconsentivo perché mi piaceva ciò che io facevo a lui e ciò che lui faceva a me. Passati alcuni minuti lo sentii irrigidirsi e parlò con una voce strana, affaticata come se avesse fatto uno sforzo: “Sto per venire, sono sul punto di godere, adesso vedrai schizzare la mia sborra e conoscerai come gode l’uomo”. Infatti, passarono pochi secondi che dal forellino della cappella uscì un violento schizzo di un liquido biancastro seguito da altri che andarono a sparpagliarsi sul pavimento; subito dopo lui si riprese il suo cazzo cui impresse dei violenti movimenti seguiti subito dopo da altre gocce di sborra, poi pulitosi che ebbe la cappella ancora umida, si sedette soddisfatto sulla poltrona. Io ero soddisfatto di tutto ciò e lui m’illustrò tutto sul cazzo, sull’erezione e sulla sborrata, mi disse anche che oltre la sega si potevano fare dei pompini succhiando il cazzo con la bocca e che lo stesso quando era ben duro ed eretto si poteva infilare nel sedere con sommo godimento di entrambi. Io lì per lì compresi ben poco di tutti questi discorsi, ma quando ritornai a casa mia a meditare, pensavo ad un cazzo in bocca da succhiare e ad un cazzo infilato nel culo: “Chissà come sarà?”. Tutti questi quesiti aumentarono ancora di più la mia fantasia ed il mio desiderio che unito al mio eccitamento non facevano altro che aumentare il desiderio di incontrarlo per poter finalmente esaudire tutti i miei sogni che a poco a poco divennero realtà. CAPITOLO DUE Prima di partire per il mare lo andavo a trovare quasi tutti i giorni e quando i miei non erano in casa. Entravo in casa sua, chiudevo la porta, stringevo il suo cazzo attraverso i pantaloni, dopo lo mettevo fuori ancora molle, lo scalpellavo mettendo in mostra quella meravigliosa cappella, lo umettavo con la mia saliva cui lui aggiungeva la sua e cominciavo una lenta e lunga sega intramezzata dai suoi palpeggiamenti alle mie natiche. Ricordo, una volta che ero in pantaloncini corti, infilò il suo duro cazzo sotto la stoffa indirizzandolo verso il buchetto, non soddisfatto di ciò abbasso i pantaloncini, mi fece curvare in avanti con la schiena mettendomi “culo a ponte” e cominciò a strofinare il suo cazzo sul mio culo puntando e spingendo la cappella contro il mio buchetto, cercando di profanarlo. Ogni volta che l’andavo a trovare facevamo di solito le stesse cose: io gli facevo una lunga e lenta sega mentre lui ricambiava strofinandomi il suo duro cazzo contro il mio culo e cercando di mettermelo dentro, ma evidentemente non era ancora il momento, lui sapeva controllarsi e faceva le cose con calma sicuro che alla fine avrebbe raggiunto il suo obiettivo. Prima di partire per il mare era diventato un bravissimo segaiolo ed avevo aggiunto un’altra raffinatezza: farmi sborrare sul palmo della mano. Era un mio desiderio ed anche una sua richiesta e fu così che quando lui stava per venire mi avvisava, io abbandonavo il cazzo, lui continuava a farsi la sega come un forsennato, mentre io mettevo il palmo della mia mano a coppa e ricevevo quella meravigliosa e calda sborra. Liquido biancastro e vischioso che non sapevo che sapore potesse avere, ma, esaudii questa mia curiosità al ritorno dal mare. Al mare osservavo tutti i maschi in parte giovani, indirizzavo il mio sguardo sui costumi cercando di individuare la grossezza e la lunghezza del loro cazzo, un po’ per curiosità, un po’ per fare un confronto, un po’ forse per interesse; ma non trovai nulla d’interessante, tutti erano lì per divertirsi e nessuno badava a me che tra l’altro ero sempre con i miei e non avevo possibilità alcuna di allontanarmi; pertanto misi l’animo in pace e col pensiero andavo a rivedermi tutte le seghe che avevo fatto al mio amico, volando così con la fantasia ed aspettando che le vacanze finissero presto. Il tempo passò e la stessa sera del rientro, mentre i miei scaricavano i bagagli e sistemavano la roba in casa, io approfittai per andare a salutare il mio amico. Non era ancora tardi, lo trovai alzato intento a leggere sdraiato in poltrona, chiusa la porta mi strinsi a lui cercando di sentire quel cazzo che ormai conoscevo così bene contro la mia pancia, lui mi assecondò stringendo le palme aperte delle sue mani sulle mie natiche e toccandomi il buco del culo col dito medio. Poiché non avevo molto tempo a disposizione, tirai fuori il cazzo divenuto semimolle, lo scalpellai, posi la mia e la sua saliva sulla cappella e cominciai a fargli una furiosa sega e ben presto lo vidi sborrare con enorme godimento. Soddisfatto, ritornai a casa con la mano ancora bagnata di sborra, corsi in camera mia e dopo aver chiuso a chiave la porta mi misi a leccarla. La sborra era diventata fredda, aveva un sapore tra il dolciastro e l’amarognolo, dalla consistenza liquida e vischiosa. L’assaporai, rigirandomi quelle poche gocce in bocca, mi ritenni soddisfatto per aver esaudito la mia curiosità, mi promisi di assaporare quel “nettare” direttamente alla fonte. CAPITOLO TRE Per esaudire il mio desiderio trascorsero però alcuni mesi, perché ricominciò la scuola, sorsero altri problemi anche in famiglia perciò ebbi poco tempo da dedicare al mio amico e quando l’andavo a trovare gli facevo una veloce sega senza rimanere a lungo a casa sua. Ciò tolse ad entrambi un po’ d’entusiasmo, desideravamo entrambi avere più tempo a disposizione perché le “sveltine” non accontentavano nessuno dei due. Per fortuna durante le vacanze natalizie tutto ritornò nella norma e potei realizzare il sogno a lungo accarezzato in altre parole quello di succhiare la sborra direttamente dal cazzo. Mi ricordo che era una mattina fredda e piovosa, a cavallo tra le due feste, affacciandomi dalle scale vidi che era in casa poiché la porta era aperta. Scesi, chiusi la porta alle mie spalle e come al solito l’abbracciai, mi strinsi a lui con desiderio e trasporto facendogli intendere che avevo tempo a disposizione e potevamo dilettarci a nostro piacimento. Lui come al solito mi palpò le natiche con desiderio e come sempre cercò di intrufolare il suo dito medio nel buco, io lasciai fare. Aperta la patta, estrassi “l’oggetto” dei miei desideri ancora molle, lo scalpellai poiché mi piaceva un mondo vedere la” cappella”, cominciai lentamente a fargli una sega. Lui mi girò, mi fece curvare e abbassatomi i pantaloni cominciò a strofinarmi il cazzo, che cominciava a prendere consistenza, sul culo; provò come al solito ad insalivare il buco e la cappella del suo cazzo ormai divenuto duro, cercò di entrare nel mio buchetto, ma vuoi perché era ancora stretto, vuoi perché la cappella del cazzo era molto grossa, vuoi perché la saliva si asciugava in fretta, questo meraviglioso e duro cazzo assomigliava molto ad un’anguilla che scivolava un po’ sotto, un po’ sopra, un po’ di lato, ma non centrava mai il buco. Dopo diversi minuti di vani tentativi, anche lui si stancò e m’ invitò a riprendermelo tra le mani. Io che ero stato curvo per tutto quel tempo mi sedetti sulla poltrona. Con le mani sul cazzo lo tirai verso di me per continuare la sega. L’avevo impugnato con tutte e due le mani e mi accingevo a fargli un magnifico segone, come al solito e come del resto anche lui m’aveva insegnato, mi avvicinai con la bocca verso la grossa e turgida cappella del cazzo per insalivarla e poiché ero seduto, mi ritrovai con la cappella vicinissima alle mie labbra. Vedendo ciò mi disse: ”Dai, …. bacia questa meravigliosa cappella, dai, …. mettitela in bocca, ….. dai, succhiami il cazzo, ….. lo so che ti piace, ….. dai, ……fammi un magnifico pompino, dai, …… diventa un bravo succhiacazzi, dai, ….. leccami tutto il cazzo, ….. lo so che ti piace un mondo farlo….. dai, ……. Non ti fermare più, dai, …. impara a fare i pompini e vedrai che goduria”. Non so se furono le sue parole d’incitamento oppure il mio naturale istinto, poggiai le mie labbra su quella stupenda cappella e potei sentire quant’era liscia, morbida, avevo la sensazione di stringere tra le labbra una grossa e morbida prugna. Presi coraggio estrassi la lingua e cominciai a leccare tutta la cappella; prima leccai il forellino al centro, poi passai la lingua su tutto il bordo che era più sporgente e più grosso del cazzo, poi andai alla parte inferiore dov’era il frenulo e leccai tutto l’incavo e tutt’intorno. Leccai con piacere tutta la cappella che diventava sempre più dura e più rossa, poi passai a leccare tutte le pareti laterali, superiori ed inferiori di quel superbo, magnifico e grossissimo cazzo. Giunsi perfino a leccare lo scroto contenente due grossi coglioni ed egli sentendo che leccavo m’incitò a succhiare ed a mettere in bocca anche i coglioni. Poiché lo scroto era pendulo, i coglioni apparivano netti e separati, per questo motivo fu facile succhiarli e metterli in bocca ad uno ad uno. Ebbi la sensazione di avere in bocca un uovo di piccione e mi trastullai succhiandoli come si fa per una grossa caramella e m’accorsi che il mio amico ne traeva un gran godimento. Non era sufficiente la saliva per umidificarlo tutto, tanto era lungo e grosso, ma il mio amico accettò di buon grado il mio trattamento al suo cazzo. “Adesso infilatelo in bocca e succhia, vedrai come ti piacerà, sono sicuro che mi farai sborrare presto”. Io ritornai sul glande, aprii la bocca e cominciai a farlo entrare dentro. Ebbi qualche difficoltà a farlo entrare tutto perché era troppo grosso ed una volta tutto dentro la mia bocca non potei più muovere la lingua ed ebbi la sensazione che mi mancasse il respiro, quindi lo rimisi fuori e piano piano lo feci scivolare di nuovo dentro adattando la mia bocca a quel meraviglioso, duro e grosso ospite Provavo una strana sensazione a sentire quella grossa cappella tutta dentro la mia bocca, riuscivo solo a succhiare anche se con qualche difficoltà. Poi cominciai un ritmico andirivieni facilitato dalla saliva che si accumulava nella bocca. Talvolta lo uscivo totalmente per insalivare il cazzo e continuare la sega con le mani; insomma leccavo, succhiavo e “scopavo” con la bocca. Dopo un po’ di quest’esercizio, nuovo per me, lo sentii irrigidirsi, segno inequivocabile che stava per venire. “Sto per sborrare” – mi disse, infatti, – se non vuoi che goda dentro la tua bocca preparati ad uscire il cazzo, diversamente fai come meglio ti piace”. Io che non desideravo altro da parecchio tempo, tenni quasi tutta cappella del cazzo dentro la mia bocca, strinsi le labbra sul bordo esterno e mi preparai a ricevere la sborra mentre continuavo a succhiare. Sentii uno schizzo violento e caldo che colpì il fondo della mia gola e mi precipitai ad ingoiare subito, ma ne seguirono subito molti altri che mi riempirono la bocca di quel caldo e meraviglioso nettare. Lo trattenni un po’, poi facendo uscire un po’ di glande, passai con la lingua sul palato e gustai a lungo prima di ingoiarlo. Com’era buono, ….caldo, leggermente acidulo e vischioso, mi lasciò in bocca una dolce sensazione di viscido, ma quale sapore meraviglioso era stato, così come l’avevo immaginato, dolce, caldo nettare da assaporare direttamente alla fonte. “Sei stato bravissimo – mi disse – non avrei mai pensato che uno come te che fa per la prima volta un pompino, riesca a farlo così bene ed addirittura con l’ingoio che è il massimo del godimento, da ora in poi, oltre che essere un bravissimo segaiolo, sarai ottimo succhiacazzi perché hai realizzato un meraviglioso pompino con l’ingoio, da oggi in poi potrai bere tutta la sborra direttamente dal mio cazzo”. Poi strinse il pollice e l’indice intorno all’asta che cominciava a diventare molle e fece uscire altre gocce ritardatarie che si fermarono sul forellino al centro della cappella, io estrassi la lingua, le leccai, le ingoiai e poi rimisi in bocca la cappella e continuai a succhiare con piacere bagnandola della mia saliva ed impregnandola del sapore della sborra. Quel giorno ci sentimmo entrambi soddisfatti, lui perché aveva ricevuto un pompino completo ed io perché avevo concretato il mio sogno di succhiare un cazzo e di bere la sborra, non c’era più bisogno di fantasticare, il sogno era finalmente divenuto realtà, un altro obiettivo era stato raggiunto. CAPITOLO QUARTO Da quel giorno in poi, non c’e bisogno di dirlo, tutto era fatto per il sommo diletto e godimento di entrambi. Ogni qualvolta l’andavo a trovare facevamo di solito le stesse cose: io mi stringevo a lui con passione, gli toccavo il cazzo molle attraverso i pantaloni, lui mi girava e mi strofinava il cazzo sul culo anche se eravamo ancora vestiti, poi mi rigiravo, tiravo fuori il cazzo semimolle, lo scalpellavo, cominciavo una lenta sega, poi m’inginocchiavo, lo infilavo in bocca, succhiavo, lo cacciavo fuori, leccavo tutta la lunghezza del cazzo, lo umettavo con la saliva, infilavo il glande in bocca, succhiavo, imprimevo al cazzo un ritmico andirivieni, fino a che non mi sentivo riempire la bocca di calda sborra; dopo inghiottivo, aspettavo che il cazzo si rammollisse, nel frattempo continuavo a leccare e a succhiare, finché lui non ritirava il cazzo dalla mia bocca con sua somma soddisfazione e se lo riponeva a posto richiudendo la patta dei pantaloni. Tutto ciò era divenuto normale, lo facevamo quand’era possibile, giacché diminuirono i rientri pomeridiani dei miei e a ciò si aggiunga che tre volte la settimana dovevo prendere delle lezioni private poiché a scuola non davo ottimi risultati ed era talaltro anche l’ultimo anno delle superiori, ma che ci potevo fare se il mio chiodo fisso era solo ed esclusivamente quel maestoso cazzo del mio amico? Che cosa potevo farci se durante le lezioni ricordavo solo l’ultimo pompino, l’ultima sborrata, l’ultima sega e cercavo di fare confronti su cosa mi era meglio riuscita ed aveva fatto godere tanto il mio amico? Non potevo concentrarmi sulle lezioni, vedevo solo il maestoso cazzo e se avessi dovuto parlarne sarei stato sicuramente il più bravo, il più esperto, il più approfondito. I nostri incontri furono soltanto uno per settimana e talvolta anche meno, ma quando lo incontravo il piacere era sommo per entrambi e ce la mettavamo tutta per trarne il massimo godimento. Nei nostri incontri, quando c’era tempo a sufficienza, fu apportata una variante: dopo tutti i preliminari da me effettuati sul cazzo, quando questo diventava duro come il ferro, il mio amico mi denudava il culo, mi umidificava il buco del culo, s’insalivava la turgida cappella e poggiava il suo poderoso cazzo sul mio buchetto cercando di metterlo dentro. “Ormai – diceva – non mi rimane altro che puntare sull’ultimo obiettivo, in altre parole quello di mettere questo meraviglioso cazzo nel tuo culo, desidero farti mio, voglio entrare col mio cazzo dentro di te, voglio sfondarti il culo, voglio farti sentire i miei coglioni che sbattono contro il tuo culo, in una parola…. voglio incularti e desidero che godiamo come non abbiamo mai goduto. Ormai sei bravissimo a farmi le seghe ed i pompini con l’ingoio, ma l’unico desiderio rimane quello di sfondarti il culo”. Io immaginavo tutto ciò nelle mie fantasie, ma sembrava impossibile che potesse realizzarsi date le dimensioni ragguardevoli di quella superba e magnifica asta. Ogni volta i tentativi di metterlo dentro andavano a vuoto e finivano come sempre o con una sega o con un pompino con l’ingoio perché il cazzo sgusciava come un’anguilla e non entrava di un millimetro. “E’ troppo grosso – dicevo – non può entrare, mi fa male, lo desidero anch’io ciò che vorresti fare tu, ma il cazzo dovrebbe essere totalmente umido per poter entrare, in queste condizioni mi fa un male tremendo e mi passa il desiderio di sentirmelo dentro”. Passarono i mesi senza raggiungere l’obiettivo, il mio amico sapeva essere paziente ed era anche responsabile, sapeva che ci sarebbe voluto tempo e quindi attese accontentandosi di ciò che facevamo. Giunse finalmente giugno con la fine degli esami e subito dopo ebbero inizio finalmente le tante desiderate vacanze. Una mattina mi svegliai particolarmente euforico, forse perché avevo superato gli esami, forse perché erano iniziate le vacanze, forse perché…. non so neppure io. Accertatomi dalle scale che fosse in casa, scesi, chiusi la porta e mi avvinghiai a lui iniziando tutta quella serie di preliminari che lo portavano ad avere il cazzo duro come il ferro. Quella mattina m’invitò ad inginocchiarmi ai piedi del letto di fronte allo specchio dell’armadio, pose vicino a sé una tazzina contenente dell’olio ed intinto il suo dito indice cominciò ad oliarmi le pareti intorno al buchetto, poi lo infilò dentro e rifece l’operazione fino a che il dito entrava ed usciva liberamente. Dopo si oliò il rosso e duro glande ed altri centimetri della sua superba asta. “Adesso tieni aperte le natiche, non muoverti, cerca di collaborare mentre io spingo il mio cazzo dentro al tuo culo”. Io avevo paura del dolore, ma al contempo desideravo sentire dentro di me quell’enorme arnese, quindi non mi mossi ma collaborai alla riuscita dell’impresa. Il mio amico teneva aperto il mio buco con l’indice ed il pollice della sua mano sinistra, mentre con la destra impugnava il suo poderoso cazzo e lo spingeva verso il mio culo. Sentii le pareti dello sfintere allargarsi e cedere il passo a quel maestoso e liscio glande che entrava inesorabilmente dentro di me, ma ahimè, …. che dolore. Non urlai per paura di farmi sentire da qualcuno del palazzo, ma lo implorai di fermarsi perché il dolore era insopportabile. Lui si fermò ma non uscì, si trattenne per far sì che i muscoli del “ buco” si adattassero ed accettassero la penetrazione, dopo un po’ riprese a spingere finché sentii entrare tutta la cappella, ma il dolore era troppo forte e lo pregai di fermarsi. Lui si fermò per paura che potessi farmi troppo male ma non uscì ciò che era inesorabilmente entrato. Si trattenne, rimase fermo, poi pian piano riprese una lenta e regolare penetrazione. Io non capii più nulla poiché sentivo solo dolore ed accusavo un totale allargamento del “buco”, avevo la sensazione che fosse entrato in me un tubo di ferro incandescente poiché sentivo bruciarmi le pareti laterali. Vidi, guardando lo specchio, che era entrato un po’ di cazzo, ma sembrava di più di ciò che era veramente dentro, sperai che venisse in fretta perchè non riuscivo a sopportare oltre a quella che era diventata ormai una sofferenza. Il mio desiderio fu subito esaudito perché mi sentii inondare dalla calda sborra e subito sentii il cazzo fuoriuscire, come se fosse stato respinto, come ospite poco gradito. Io non seppi dire nulla, ero sconvolto, m’infilai i pantaloncini e corsi come un fulmine a casa. Mi lavai per togliere l’olio e per lenire il dolore che non accennava a diminuire, misi anche del ghiaccio che aumentò la sensazione di bruciore, mi misi a piangere, avevo paura che dal buco del culo mi uscissero gli intestini, tanto lo sentivo largo, pensavo che tutti potessero vedere il buco del mio culo così sfondato da poter ospitare anche il cazzo di un asino. Cercai di calmarmi e cercai qualcosa per lenire l’infiammazione, mi ricordai di una crema che tenevo nel cassetto del mio comodino, ne strofinai abbondantemente sul culo infiammato e mi misi a letto e quando rientrarono i miei addussi un tremendo mal di testa. Non mi feci vedere per tre giorni, ed anche se il dolore e la sofferenza erano scomparsi, avevo paura di rifarmi male. Ma, si sa che non c’è piacere senza dolore, ed essendo ormai le sofferenze dimenticate, cominciai a desiderare il mio amico per continuare l’opera che era stata iniziata. Il mio desiderio si avverrò di mattino del terzo giorno; i miei erano da poco usciti quando sentii suonare alla porta, andai ad aprire e trovai …. lui; lo feci entrare e mi affermò che era preoccupato perché non mi aveva visto e nello stesso tempo desiderava riprendere l’opera iniziata e non completata. Io non desideravo altro, appena dentro mi strinsi a lui, poi lo portai in camera mia e qui, dopo essermi totalmente denudato mi dedicai prima al suo cazzo che resi duro come il ferro e poi gli dissi che desideravo farmi penetrare da quella meravigliosa mazza, ma che facesse piano perché avevo paura del dolore. Andai in cucina, portai in camera un po’ d’olio in un bicchiere e gli dissi di rifare lo stesso trattamento al mio “buco” ed alla sua mazza. Quando lui ebbe finito il trattamento al mio buco, mi disse di riprenderlo in bocca per farglielo diventare duro e di imparare a sopportare il dolore perché desiderava penetrarmi completamente col suo cazzo e rompere così l’ultimo ostacolo al totale godimento. Io lo succhiai con piacere e poco dopo divenne duro raggiungendo quella gagliarda maestosità. Stavolta però oliò tutta l’asta fino alla radice, poi fattomi mettere in posizione “pecorina” mi fece allargare le natiche con le mie mani, lui tenne aperto il buchetto con le sue dita, mentre la destra teneva e dirigeva il cazzo verso il mio buchetto. Sentii la liscia cappella entrare lentamente ed aprirsi il passaggio, subito la sentii tutta dentro, ma, a differenza della volta precedente non ci fu troppo dolore, era più che altro un fastidio. Anch’io desideravo che mi sfondasse, che entrasse tutto dentro di me, perciò assecondai i movimenti andando incontro a quel grossissimo arnese che penetrava in me allargando inesorabilmente il mio “buco”. Sentii il grosso e lungo cazzo scivolare lentamente dentro di me, sembrava non finisse mai, di tanto in tanto il mio amico si fermava per far sì che i muscoli si adattassero al membro e fare in modo che il dolore fosse sopportabile. Quando la lunghezza del cazzo ebbe superato la metà il mio amico per l’eccessiva eccitazione, non riuscì trattenersi e sborrò copiosamente, ciò a me dispiacque perché riuscivo a sopportare quella lenta e lunga penetrazione. Ci riposammo dalle fatiche e ci ripromettemmo di vederci l’indomani per completare definitivamente l’opera, ma non fu così. Il giorno dopo, a mia insaputa, come premio per gli esami, i miei genitori mi portarono in montagna per trascorrere il fine settimana. La montagna non mi ha mai attirato, ma dovetti fare buon viso a cattiva sorte, perciò anche se di malumore, senza darlo a vedere, fui costretto a partire senza poter avvisare il mio amico, che, avrebbe ricevuto anche lui una grossa delusione perché per la seconda volta non era riuscito a portare l’opera iniziata a compimento. Rimasi tre giorni in montagna tra il verde ed il fresco ma con il pensiero a casa e a ciò che m’ero perduto, non pensavo ad altro anche perché stavolta il dolore e l’irritazione erano stati facilmente e felicemente superati e stava subentrando il piacere. Passarono i tre giorni e ritornammo a casa, io speravo in cuor mio di giungere presto per andare a trovare con una scusa il mio amico, ma così non fu poiché giungemmo tardi a causa di una serie di contrattempi. L’indomani ebbi la sgradita sorpresa di svegliarmi con la febbre, a causa di una forte tonsillite che costrinse mia madre a rimanere in casa con me per tre giorni. La febbre non fece altro che aumentare la mia eccitazione; avrei desiderato avere nel letto il mio amico per farlo godere e trarne io stesso il massimo godimento. Superata la febbre al quarto giorno mia madre riprese il lavoro ma mi proibì di uscire da casa per evitare complicazioni. Io rispettai gli ordini ricevuti, rimasto solo, mi affacciai dalle scale e mi accorsi che il mio amico era appoggiato allo stipite della porta come se fosse nell’attesa di qualcuno, gli feci cenno e chiusa la porta di casa sua salì per entrare in quella mia. Inutile affermare che fui felicissimo di stringermi a lui e sentirmi in suo possesso, avevo anch’io fretta che realizzassimo totalmente il nostro desiderio; andai in cucina, preparai un po’ d’olio per lubrificare sia il mio “buco” sia la sua “mazza”, poi entrati in camera mia, dopo essermi denudato gli offrii il mio culo per lubrificarlo. Finita questa prima parte, estrassi l’oggetto del mio desiderio e lo succhiai con un accanimento da meravigliare il mio amico che da ciò capì che ero pronto per essere totalmente sfondato. Quando il cazzo fu maestosamente eretto e duro come il ferro badò a lubrificarlo e renderlo liscio e scivoloso, quindi badai a dispormi sul folto tappeto e lui postosi dietro di me, mentre io collaboravo tenendomi le chiappe aperte con entrambe le mani, lui dispose la cappella contro l’orifizio e spinse decisamente. Forse era troppo il desiderio di entrambi che subito lo sentii scivolare dentro e con un’altra spinta n’entro oltre la metà, il cazzo ben oliato entrava come una lama di coltello nel burro. Io quasi non sentii più dolore, pertanto lo incitavo a continuare, a spingerlo pian piano sempre di più e fino in fondo. Desideravo sentire dentro tutto il cazzo, desideravo sentire i coglioni sbattermi contro il perineo, volevo sentire i peli pubici del mio amico strofinarsi sulle mie natiche. Ad esaudire i miei desideri fu la voce del mio amico che mi disse: “Adesso tieniti il culo con entrambe le mani, mancano pochissimi centimetri perché te lo sfondi completamente con questo mio cazzo, vedo che stai godendo, che ti piace, quindi infiliamolo dentro fino alla radice”. Così avvenne, con pochi e decisi movimenti il cazzo entrò fino in fondo allargando totalmente i muscoli dell’ano, sentii sbattere i grossi coglioni del mio amico e sentii strofinare i peli contro il solco del mio culo. La soddisfazione di entrambi era al massimo, l’amico si trattenne un po’ per godere di quel totale sfondamento, per la prima volta nella sua vita era riuscito ad infilare la sua imponente “mazza” dentro un culo, per giunta di un ragazzino vergine e di sfondarlo, entrando il suo poderoso cazzo fino all’elsa. Anch’io mi sentivo soddisfatto e rimanendo fermi entrambi, cominciai ad abituarmi a ricevere quel poderoso ospite e ad accettarlo di buon grado. Il mio amico non era ancora “arrivato” quindi tiratolo indietro per oltre metà con un deciso colpo di reni lo rimise dentro tutto. Giacché io avevo superato la fase del dolore per entrare in quella del piacere, strinse le sue braccia intorno al mio petto imprimendo al suo poderoso cazzo un regolare e ritmico movimento d’andirivieni, insomma si mise decisamente a chiavare entrando ed uscendo il cazzo che ormai scivolava tranquillamente dentro al buco del culo ed arrecando piacere e godimento ad entrambi. Io non so le volte che avevo goduto, in seguito alla violenta scopata, anche il mio amico “venne”, riempiendomi il culo della sua calda sborra. Appagati entrambi, scivolammo sul tappeto, io sotto e lui sopra di me con il cazzo ancora dentro il culo. Restammo in questa posizione per qualche tempo, poi tirò fuori il cazzo ormai molle e mi disse: ”Mi hai dato il più gran piacere della mia vita, ora sei un vero rottoinculo, te lo metterò dentro tutte le volte che vuoi, sarai anche tu felice di farti sfondare il culo dal mio cazzo che tanto ami, desidero incularti senza olio, al massimo con un po’ di saliva e voglio renderti il buco del culo così largo che appena ci appoggi la cappella, il cazzo deve entrare e scivolare dentro senza alcuna difficoltà, quindi dobbiamo scopare tutti i giorni così potremo continuare a godere insieme”. Andai a trovarlo molto spesso tenendo conto dei suoi impegni di lavoro e della mia discrezionalità a non far trasparire nulla. Evitavo di andarlo a trovare quando i miei erano in casa per non destare sospetti, quindi gli incontri dovevano avvenire in tutta tranquillità. Ormai eravamo diventati amanti, io lo accontentavo in tutti i suoi desideri, i nostri incontri avevano come scopo l’inculata profonda preceduta da tutti i preliminari. Mi fu difficile fargli una sega o fargli un pompino con l’ingoio, appena il cazzo diventava duro mi faceva assumere la posizione che desiderava e inculava fino al godimento. Il mio amico aveva una fervida fantasia erotica ed ogni volta mi faceva assumere posizioni diverse anche se prediligeva la posizione a “pecorina”. Per tutto il periodo estivo, prima e dopo le mie ferie, fu un periodo d’oro perché le scopate erano quasi giornaliere ed io ormai godevo nel sentirmi dentro quel cazzo enorme che sembrava non finisse mai tanto era lungo e piacevolmente grosso. Lo desiderai tanto, nelle tre settimane che trascorsi al mare, non vidi l’ora di rientrare e di riprendere a farmi inculare con sommo diletto di entrambi. Tutto questo cambiò quando raggiunsi i diciannove anni, fino a quella data, rimasi un fedele amante, non conobbi altri cazzi ed altri uomini, solo il mio amico poteva fare di me ciò che voleva e solo lui sapeva farmi veramente godere, merito soprattutto di quella maestosa “mazza”. CAPITOLO QUINTO Il rapporto, tra me ed il mio amico, durò intensamente ben due anni; infatti, era iniziata quando n’avevo diciotto e fino al compimento del mio ventesimo compleanno, io non conobbi mai altri uomini, fui soltanto suo, d’altronde mi soddisfaceva totalmente ed inoltre era difficile trovare in un altro uomo un “articolo” come il suo. A scuola non avevo mai guardato con interesse i miei compagni, andando in giro con gli amici non mi ero mai interessato ad altri uomini, mi era del tutto indifferente la donna, il mio comportamento non aveva mai fatto trasparire le mie reali tendenze. Allorquando si parlava di sesso e di rapporti sessuali con le donne, non intervenivo e se interpellato sostenevo che preferivo non parlare di certi argomenti particolarmente personali ed intimi. Stranamente erano le ragazze ad interessarsi a me, affermavano che ero veramente un maschio, cercavano di coinvolgermi e di avvicinarmi al loro mondo per far sì da cadere tra le loro braccia, ma io pur non rifiutando il loro interesse nei miei confronti non mi dedicai mai ad alcuna di loro in particolare affermando che le donne mi piacevano tutte e che quindi non ero ancora in grado di fare una scelta, una selezione, per averne una sola per me. Insomma, sapevo districarmi bene e non facevo intuire a nessuno la mia natura; infatti, gli incontri con il mio amico avvenivano quando le circostanze lo permettevano: genitori fuori, poca gente in giro per le scale del palazzo, porta ben chiusa, gemiti di goduria controllati. Questi incontri tipo “clandestini” non furono, per fortuna, mai scoperti da altri, essendo io molto attento a non farmi scoprire. Non fu la crisi del secondo anno, come si suole dire, ma una serie di circostanze che pian piano allontanò il mio primo uomo per fare spazio ad altri e da qui iniziarono tutta una serie d’esperienze: alcune giuste, altre delle tutte negative e da dimenticare totalmente. Premesso che i rapporti col mio amico avvenivano almeno uno per settimana, per il resto dei giorni godevo solamente con la fantasia; quando riuscivo ad incontrarlo, ciò che ne scaturiva fuori era talmente soddisfacente che non ero interessato ad altro. Il giorno del mio ventesimo compleanno ebbi la fortuna di avere un incontro con il mio amico per le circostanze del tutto fortuite che si vennero a creare: i miei erano al lavoro ed io ero rimasto in casa. Accertatomi che era in casa, lo invitai a salire e festeggiammo a modo nostro il mio compleanno. Mi strinsi voluttuosamente a lui, lo abbracciai in modo intenso, desideravo sentire tutto il suo corpo contro il mio, infatti, denudatoci completamente ci rotolammo sul letto desiderandoci come non mai. Glielo presi tra le mani, lo leccai ardentemente, lo misi in bocca e lo succhiai voracemente, quando sentii che quello stupendo cazzo era diventato duro come l’acciaio, dissi al mio amico di stare sdraiato e presomi il cazzo in mano, me lo infilai in culo a “spegnicandela”, facendolo godere intensamente e riempiendomi il buco di una calda ed abbondante sborrata. Quella, se ben ricordo, fu l’ultima intensa scopata che feci con lui, poiché subito dopo, lo “tradii”, non perché lo desiderassi, ma perché in un certo qual modo ne fui costretto. Il mio amico, contrasse una malattia virale che lo costrinse a letto per diversi giorni, poiché s’indebolì, il medico che l’aveva visitato, gli consigliò il ricovero in ospedale per fare tutta una serie d’analisi e ricerche. Per farla breve, scoprirono che aveva contratto un’infezione allo stomaco che lo debilitava ed aveva bisogno di riposo e cure. Poiché viveva da solo e non c’era nessuno che potesse badare a lui, la convalescenza, suo malgrado e con mio sommo mio dispiacere, fu costretto a trascorrerla presso una delle sorelle che abitava in un’altra provincia distante da me circa duecento chilometri. Rimasto solo, dovetti come sì suol dire, arrangiarmi ed adattarmi alla nuova situazione che si era venuta a creare. Cominciai a frequentare in modo più assiduo i miei amici e con loro presi confidenza delle sale cinematografiche e dei bar. Avevo preso da un anno la patente, uscivo anche da solo, ma preferivo usare in città i mezzi pubblici; talvolta cercavo di sentire dietro di me “qualcosa”, approfittando della confusione, ma non riuscivo a sentire nulla. Una sera mi recai da solo in un cinema dove proiettavano un film erotico, sedutomi nell’ultima fila rimasi buono ed interessato alle immagini cinematografiche che in tutta onestà facevano risvegliare i sensi e mettevano in corpo una certa carica erotica. Finito il primo tempo, mi guardai in giro, non vidi nulla d’interessante, uomini seduti nelle varie file delle poltrone, parecchi soli, altri in compagnia di qualche amico. Ripresa la proiezione, poco dopo, un uomo molto giovane, alto, magro, venne a sedersi al mio fianco; ciò mi fece piacere anche se non conoscevo le arti della seduzione e della conquista d’uomini sconosciuti, mancavo d’esperienza su questo fronte. Come se m’avesse letto nel pensiero, fu lui invece a venirmi incontro e ad aiutarmi. Io ero particolarmente arrapato, vuoi perché era trascorso più di un mese dall’ultima inculata, vuoi perché le scene del film mi eccitavano, vuoi perché quest’uomo non mi era dispiaciuto, insomma tutte le circostanze sembravano convergere verso un unico obiettivo. Avevo il braccio destro appoggiato sul bracciolo della poltrona, mentre la mano giocava con il pomolo; mi sentii sfiorare la gamba destra dalla sinistra del vicino, prima in modo quasi involontario, ma visto che non ebbi alcuna reazione, provò in maniera volontaria. Il messaggio era chiaro: desiderava, il mio vicino, instaurare un rapporto e sondava attraverso questo sfregamento di gambe. Assicuratosi del mio assenso, poggiò definitivamente la sua gamba contro la mia e con il suo gomito sinistro spinse il mio braccio destro verso di lui, quindi indirizzò la mia mano verso il centro del suo corpo. Io rimasi fermo ed aspettai lo sviluppo della situazione; non sapevo come comportarmi ed inoltre avevo paura di sbagliare e compromettere tutto. Il mio vicino spinse delicatamente la mia mano verso la patta dei suoi pantaloni, e benché io ne fossi desideroso, aspettai che fosse lui ad aprire la cerniera e mettere fuori il suo “coso”. Sentii strofinarmi il dorso della mano da un qualcosa che riconobbi subito essere un cazzo in posizione ancora dormiente, stavolta non esitai, lo strinsi vogliosamente fra le mie dita iniziando una legger
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