Mi chiamo Claudio, sono un ragazzo di Taranto maggiorenne. Da settembre ho una relazione con una mia coetanea di Torino. Con Alessandra, questo è il suo nome, ci sentivamo ogni giorno al telefono o con le e-mail, ci eravamo pure scambiati molte foto. Lei era una ragazza bellissima: mora, alta più o meno 1.75, magra con degli occhi da favola. Già dall’inizio della nostra relazione si lamentava di non avere un seno particolarmente prosperoso come di solito piace ai ragazzi, ma io le ho sempre detto che per me non era una cosa fondamentale in un rapporto. Quando mi arrivarono le sue prime foto in costume da bagno notai subito le sue gambe lunghe e il suo bel sedere. I mesi passavano lenti e senza nessuna emozione, sino a quando non mi venne l’idea di incontrarci qui a Taranto. Lei mi aveva detto che aveva dei parenti che abitavano qui e senza farselo ripetere due volte convinse i genitori a farla venire con la scusa appunto dei suoi nonni. Dopo circa una settimana ! partì. Il giorno del suo arrivo mi alzai prestissimo, mi preparai e andai con un pullman alla stazione. Lì ad attenderla c’erano ovviamente anche i suoi nonni che riconobbi grazie ad una foto che Alessandra mi mandò. Rimasi lontano dai vagoni in modo che i due anziani non si accorgessero della mia presenza. Appena scesa dal treno salutò subito i suoi parenti e dopo non molto si accorse della mia presenza. Subito si disimpegnò dalla presenza dei nonni impegnati nel mettere in macchina i suoi bagagli e venne nella mia direzione. Indossava una minigonna in pelle e una magliettina bianca. Notò che avevo in mano un bigliettino di carta. Appena arrivò a me mi abbracciò e mi baciò, anche se con molta fretta. Le diedi subito il bigliettino e lei se ne andò. Lì c’era scritto il nome di un bel bar in periferia e un orario: le 17.00. Tornai a casa in fretta e furia, mi rinfrescai e mi cambiai. Il tempo passava lentamente ma finalmente alle 16. 30 decisi di scendere di casa e recarmi all’appuntamento. Prima di scendere infilai un preservativo nel portafoglio, convinto di non usarlo. Il bar era poco lontano da casa mia quindi lo raggiunsi in meno di 5 minuti camminando. Mi sedetti a un tavolino fuori dal bar e iniziai ad aspettare la mia carissima amica. Arrivò in perfetto orario. Indossava un aderentissimo jeans alla “pescatora”, scarpe da tennis e una maglietta, anch’essa aderente che le lasciava scoperte le spalle. Dal vivo ci si rendeva conto che al contrario di quello che diceva aveva un bel seno. Ordinammo due Coca-Cola e iniziammo a chiacchierare. Era una giornata più o meno ventilata e dopo non molto mi accorsi che i suoi capezzoli si erano inturgiditi. Volevo che lei si accorgesse del fatto che le fissavo il seno e infatti dopo qualche secondo la vidi arrossire (ancora oggi non capisco perchè non si sia messa la giacca). Non resistetti e feci una risatina tra i denti, lei capì che io ridevo dei suoi capezzoli e per sdrammatizzare anche lei mi sorrise. Sentivo il mio cazzo battere contro la patta dei pantaloni e questo mi infastidiva. Immediatamente dopo sentii il suo piede che toccava il mio in maniera molto sensuale sino ad arrivare all’altezza dell’inguine. Feci volontariamente cadere il mio mazzo di chiavi per terra, per approfittare della situazione molto favorevole. (al bar ovviamente gli unici clienti a quell’ora eravamo noi due). Quando mi piegai mi accorsi che era leggermente bagnata tra le cosce. C’è da dire che nel momento stesso in cui mi piegai Alessandra aprì un po’ di più le sue gambe, forse proprio per farmi notare quella macchia. Mi alzai di scatto, la presi per mano e me la portai nella toilette del bar che strano a dirsi era particolarmente pulita. E’ come se Alessandra fosse in trans, faceva tutto quello che volevo io. Le feci sedere sul gabinetto, le sfilai le scarpe e le calze di spugna. Anche se con un poco di difficoltà riuscii a sbottonarle il pantalone, vidi che aveva delle bellissime mutandine nere in pizzo che lasciavano ampiamente intravedere le folta peluria del pube. Probabilmente non sono mai stato così arrapato. Mentre mi abbassavo il pantalone lei si tolse la maglietta, non resistetti alla tentazione di succhiarle i capezzoli ormai durissimi, quindi con le mani le tolsi le mutandine e l’alzai in modo che lei potesse stringere le sue gambe intorno alla mia vita. Le infilai il dito indice nel sedere e con i palmi della mani chiusi i suoi formosi glutei. Quando ebbi a portata di tiro la sua fica cominciai a penetrarla, dalla sua bocca uscivano gemiti che mi portavano in paradiso. Stavo sudando. Dopo una ventina di penetrazioni sentii la necessità di cambiare posizione poichè le mie braccia non ce la facevano più.. La feci sedere con le ginocchia sulla tavoletta del water con la faccia diretta verso il muro. Già dall’inizio del rapporto avevo iniziato a sborrare ma l’idea di sodomizzarla mi fece partire uno schizzo di sperma dal cazzo che la bagnò la schiena. Gliela infilai nel sedere una decina di volte, ! una più forte dell’altra e dato che c’ero le misi il dito medio nella fica ormai bagnatissima e le feci annusare e leccare i suoi stessi “umori”. Quando ebbi finito, la feci sedere per terra e le appoggiai la testa sulla tavoletta del water come una sorta di cuscino. Con la mano destra le schiacciavo la nuca sul gabinetto mentre con la sinistra indirizzavo il mio cazzo verso la sua bocca. La vidi ingoiare avidamente il mio seme 6 o 7 volte dopo di che anch’io mi inginocchiai con le gambe ai lati del suo corpo , capì subito cosa volevo da lei e immediatamente mi prese il cazzo in mano e se lo mise tra i seni cominciando un massaggio che a momenti mi faceva svenire…. Quando finì ci rivestimmo in fretta e furia e uscimmo dal bar sotto lo sguardo indignato del gestore. Le diedi il numero del mio nuovo cellulare e ci salutammo. Me ne andai nella speranza che mi richiamasse. Non si fece sentire per due giorni quando finalmente decisi di andarla a trovare a casa dei nonni quali mi dissero che era ripartita la sera stessa. Provai a chiamarla ma rifiutava sistematicamente le mie chiamate. Capii che era finito un amore.
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