Roberta è una bella ragazza di ventidue anni, con i capelli scuri a caschetto, un corpo sinuoso ma non prorompente che si erge su un metro e settanta di altezza, è sposata da quasi un anno con Amedeo, suo coetaneo con il quale ha fatto tutte le superiori, anche lui è un bel ragazzo biondo, dal fisico asciutto, alto un metro ed ottanta: dopo essersi diplomati lei ha trovato subito lavoro in banca e suo marito un impiego come informatico, essendo particolarmente portato in quel settore. Quel pomeriggio in banca erano state decise due ore di sciopero all’improvviso e Roberta aveva fatto ritorno a casa in anticipo, si meravigliò nel vedere l’auto del marito nel parcheggio condominiale, era salita di corsa aveva voglia di chiamarlo ad alta voce ma si trattenne, scivolò silenziosa di stanza in stanza rimanendo con il fiato sospeso davanti alla cameretta degli ospiti che il marito usava come studiolo: i bisbigli che fendevano il silenzio di quell’assolato pomeriggio di inizio estate le parvero inequivocabili. Si piegò in avanti per frenare l’ira che le stava attanagliando lo stomaco, il primo istinto di spalancare la porta e buttarsi all’interno della stanza per sorprenderlo con qualche smorfiosa, venne accantonato in un attimo di lucidità intercalatosi alla rabbia che le offuscava la vista, con gli occhi umidi tentò di calmarsi mentre i pensieri ripercossero in un baleno il cammino della loro unione: fin dalla prima superiore erano sempre stati assieme, scoprendo gradatamente uno con l’altro la fragranza dei loro corpi acerbi, avevano iniziato pomiciando lasciando poi posto alla bocca per donarsi i primi reciproci piaceri furtivi, le poche volte che potevano appartarsi. Si erano amati e si amavano ancora con molta passione, in perenne ricerca di nuovi stimoli sessuali più cerebrali ed appaganti, lei si era donata completamente rinunciando giorno dopo giorno a quei tabù atavici che le erano stati inculcati in una ferrea educazione all’antica, da cui si stava man mano affrancando pur se gli aveva sempre rifiutato il culo, le insistenze del marito per violarglielo si facevano ogni volta più pressanti, era certa che avrebbe ceduto in un giorno nemmeno troppo lontano, rinunciando anche a quell’ultima barriera psicologica, ma non si sentiva ancora pronta a quello che lei riteneva un salto nel buio. I pensieri si dissolsero di colpo quando avvertì distintamente non più bisbigli ma una frase compiuta oltrepassare la porta: non vi era una donna assieme al marito, distingueva bene la voce flebile di Carletto, un ragazzo di diciotto anni che abita al secondo piano dello stesso palazzo, magro ed emaciato, con i capelli lunghi ed un fisico allampanato e diafano che lo fa sembrare più giovane della sua età; da quando si erano stabiliti lì il ragazzo, saputo che Amedeo è un mago del computer, lo tallonava stretto per farsi spiegare i segreti del web. Con gli occhi umidi Roberta si disse che la gelosia stava per fargli fare una brutta figura, era rinfrancata e stava per aprire la porta avvertendo del suo rientro anticipato, quando nuovamente l’istinto femminile la bloccò, come mai si erano dati appuntamento a quell’ora in cui Amedeo, come lei, doveva essere al lavoro, si chiese titubante, incollò un lobo alla porta chiusa ma il tono delle loro voci era tornato tenue, riusciva ad ascoltare solo qualche parola che non dava il senso di quello che si stavano dicendo. Roberta si era tolta le scarpe temendo che fosse avvertita la sua presenza, osservare di nascosto le era sempre piaciuto sin da bambina, quel senso di proibito si riaffacciò entro di lei, si fece coraggio e con il cuore in gola socchiuse appena la porta, senza fare il minimo rumore: erano seduti uno accanto all’altro davanti al monitor ed Amedeo gli stava insegnando a navigare nei siti a luci rosse, avrebbe potuto anche spalancarla tanto erano attratti dalle immagini che scorrevano nel video, ma si limitò ad osservarli da una fessura, finalmente percependo bene i lori discorsi sottovoce.Dalle loro parole intuì che non erano lì da molto, il tono delle voci restava sommesso, evidenziando un clima di maliziosa complicità in quello che stavano facendo: sei contento adesso sporcaccione, sussurrò Amedeo con uno strano timbro che lo faceva sembrare quasi afono, prova a fare le ricerche da solo con il mouse; successe tutto in un momento, Amedeo posò una mano sui pantaloni del ragazzo esclamando: senti, senti come ti si è gonfiato! Seppure i due le dessero le spalle i movimenti del marito non lasciavano dubbi interpretativi, Carletto fingeva a parole di essere sorpreso da quell’azione, in realtà invece la sua passività dava la chiara impressione che apprezzasse il palpeggiamento: dai Amedeo mi vergogno a fare queste cose con te, perché me lo tiri fuori, alitò appena, nemmeno troppo convinto. Sai anch’io mi eccito quando guardo questi siti, ci sono anche tanti ragazzi che lo prendono in bocca, tu l’hai mai fatto con qualcuno, mormorò Amedeo con la voce ormai rotta dall’emozione: Roberta era stravolta, conoscendo il marito capiva che si era fatto prendere dalla frenesia di farsi fare un pompino, voleva urlare ma il grido si sciolse in gola come neve al sole, l’uomo che amava più di ogni altra cosa al mondo, stava circuendo quel ragazzo come un pederasta incallito! La sega che il marito continuava a fare a Carletto gli stava ingrossando il pisello, che restava pur sempre di insignificante consistenza: non sapevo che eri così sporcaccione Amedeo, sussurrò il ragazzo che sentiva avvicinarsi l’orgasmo, oh sì, sì, continua a menarmelo, mi piace tanto, dopo te lo prendo in bocca, adesso fammi sborrare, oh sì così, vengo, vengo! Uno spruzzo di sperma finì sul tavolo mentre una parte del seme imbrattò i pantaloni del ragazzo e le dita di Amedeo, che non perse nemmeno tempo a pulirsi per la fretta che aveva di sfoderare il suo cazzo svettante; Carletto dopo l’eiaculazione aveva un sorriso ebete dipinto nel volto, ma era tutt’altro che scemo, anzi, stava tenendo sulle spine Amedeo che moriva dalla voglia di farselo succhiare, glielo impugnò scappellandolo lentamente, mentre l’altro sbavava in preda ad una febbrile eccitazione: su da bravo, dai prendilo in bocca, non resisto più! Pur con quella faccia da santarellino Carletto era un porcone navigato, si vedeva che non era certo alle prime armi, si era spostato con il busto verso Amedeo utilizzando entrambe le mani, con una stringeva forte il glande ormai diventato violaceo, e con l’altra gli massaggiava i coglioni: senti che belli gonfi, sono pieni di sperma, non vedi l’ora di sborrarmi in bocca vero, non ti bastano più le labbra della tua mogliettina, ora vuoi anche quelle di Carletto, sono bravo sai, sussurrò chinandosi a dare un paio di colpi di lingua alla cappella. Il corpo di Amedeo sussultava sulla sedia, mentre i muscoli si tendevano spasmodici, intanto Carletto poneva le sue condizioni: io ti faccio un pompino e se ti piace qualche volta ti lascerò anche mettermelo nel culo, ma tu dovrai farmi spiare tua moglie nell’intimità, deve avere una bella bernarda piena di pelo, mi piace tanto masturbarmi di nascosto mentre guardo scene erotiche; sì, sì, lo farò, lo farò, sbottò Amedeo sentendo ormai vicinissimo l’orgasmo, che lo avvolse straripante dopo poche calde suzioni della bocca del ragazzino, avviluppatasi sull’asta pulsante che trattenne all’interno del suo forno fintanto che sentì la gola riempirsi di sperma. Roberta non resistette oltre, uscì di casa stravolta, scese in fretta le scale senza prendere l’ascensore, in strada si mise a correre come non faceva da tempo per scaricare la rabbia che le rodeva lo stomaco, i suoi pensieri erano tutti rivolti al marito, sentiva di odiarlo, dopo quanto avvenuto con Carletto sarebbe stato capace di mettere in pratica anche la promessa che gli aveva fatto, il mondo le stava crollando addosso, tutti i valori su cui aveva costruito i suoi ventidue anni di esistenza si erano dissolti in pochi minuti. Si addentrò nel piccolo parco cittadino per attraversarlo, continuava a correre ansimando come se stesse scappando da qualcosa di incombente, era diretta verso lo studio di zio Luigi, Gigi per gli amici, il fratello minore di sua madre, un trentottenne alto ed aitante, avvocato in carriera e scapolone d’oro, in casa tutti sussurravano che era un vero e proprio tombeur de femme, molto corteggiato ma mai disponibile a metter su famiglia, si diceva che le donne le usava e le gettava, era l’unica persona con cui Roberta aveva una vera confidenza. La segretaria la fece accomodare in una piccola sala riunioni essendo l’avvocato in quel momento impegnato con dei clienti, quando si liberò e fece il suo ingresso nella stanza con un sorriso radioso, Roberta aveva gli occhi lucidi e tremava visibilmente, gli buttò le braccia al collo abbarbicandosi addosso: mio Dio piccola ma cosa è successo per ridurti in questo stato, le sussurrò baciandola sui capelli corvini mentre sentiva quel corpo fragile vibrare avvinghiato al suo. La tenne stretta in piedi per diversi attimi consolandola: adesso mi racconti tutto, ci penserà lo zio a sistemare ogni cosa, continuò a mormorare Gigi mentre assaporava il calore dei seni, i cui capezzoli tesi ed induriti gli solleticavano il petto da sopra la camicia, e quello ancor più cocente del ventre, che aderiva al suo cazzo, il quale seppur non sollecitato cerebralmente, si stava rimestando pericolosamente entro la patta. Ebbe la sensazione che Roberta si strusciasse roteando debolmente il sedere, gli fu facile pensare a quanto successo una decina d’anni prima con Giovanna, la sua sorella maggiore, madre della ragazza che teneva in quel momento tra le braccia, fece accomodare Roberta nella sua stanza, sedendosi accanto a lei nel divanetto d’angolo ed invitandola a vuotare il sacco, mentre lui continuava a stringerla al petto con una mano oltre la spalla, carezzandole dolcemente il volto. Mentre Roberta, emozionata e con una punta di vergogna a cui non sapeva sottrarsi nell’affrontare certi argomenti, cominciò a raccontare la scena a cui aveva assistito poco prima, Gigi pur ascoltandola si soffermò ad osservare, con occhi diversi dal solito, il corpo fremente della nipote immaginando i contorni scuri dei capezzoli, le cosce tornite e la fica pelosa, il culo alto e ben modellato, comparando quelle visioni che gli scorrevano in dissolvenza, con il corpo della madre, che lui ben conosceva nei minimi particolari. Un pomeriggio di dieci anni prima Giovanna era arrivata incupita, lui l’aveva fatta accomodare nello stesso divano ove adesso sedeva la figlia, a quel tempo era un avvocato alle prime armi ed aveva più tempo libero da dedicare, sua sorella era arrabbiata con il marito convinta che la tradisse, di certo da qualche tempo la trascurava: io gli ho sempre dato tutta me stessa e lui mi ricambia spassandosela con qualche troietta, non ho le prove ma ne sono quasi certa, sibilò adirata. Quando si arrabbiava Giovanna era più affascinante del solito, le narici aperte, le labbra sensuali che si socchiudevano dopo un respiro profondo, i seni ritti e duri con i capezzoli che ricamavano la camicetta; dai calmati adesso sorellona, ci sono qua io a risolvere i tuoi problemi, le alitò con le labbra vicine al suo viso, proseguendo: sei davvero sicura di aver dato proprio tutto a tuo marito, sai i rapporti sessuali hanno bisogno di rinnovarsi, di trovare nuova linfa specie dopo alcuni anni di matrimonio, si deve dare tutto e di più, tu te lo fai mettere anche nel culo? Sapeva che quel tasto era insidioso per Giovanna, che rossa in volto sobbalzò come morsa da un serpente a sonagli, rispose sottovoce con tono risentito: Gigi, ma come ti permetti, non puoi farmi certe domande! Sì che posso devi dirmi tutto quello che nascondi nel tuo intimo, riprese Gigi allungando la lingua e facendola scorrere sulle labbra di Giovanna; ma sei impazzito sussultò ancora lei ma con tono più arrendevole, cosa fai sono tua sorella, cosa ti passa per la testa. In questo momento non sei più mia sorella, sei una donna che ha voglia di fare all’amore, lasciati andare, ti farò valicare vette irraggiungibili, le alitò addosso continuando a leccarle le labbra ed il volto, mentre le mani stavano già aprendole e sfilandole la camicetta dalla gonna; Giovanna reclinò la testa all’indietro annunciando la resa, sebbene a parole tentasse di fermare l’azione del fratello, con un tono tutt’altro che convinto: no, no, non puoi, vorresti possedere tua sorella, l’incesto è un peccato mortale! Non voglio solo possederti, voglio anche baciare e succhiare ogni centimetro del tuo corpo, sussurrò ancora abbassandole le coppe del reggiseno, scendendo con la bocca a mordicchiare un capezzolo, mentre le mani proseguivano a svestirla, aprendo la cerniera della gonna, che finì a terra; Gigi si soffermò solo qualche istante a bearsi della visione della sorella, sembrava una dea seminuda, gli occhi socchiusi, le braccia cadenti lungo il corpo fremente, il reggiseno leggermente abbassato, le gambe aperte ed avvolte da calze testa di moro, trattenute in vita da giarrettiere, ed in mezzo le minuscole mutandine bianche, in pizzo trasparente, già inumidite sul davanti. Cadde in ginocchio ai suoi piedi, le mani si avvinghiarono sulle calze lacerandole, per liberare quanta più soffice carne al piacere della suzione, la bocca si muoveva inesorabile verso la fica, lasciando tracce di saliva all’interno delle cosce, che Giovanna aveva spalancato oscenamente; Gigi conosceva bene le sue remore ed i suoi tentennamenti in tema di sesso, erano stati argomenti, seppur solo accennati, in varie occasioni anche con il di lei marito, voleva riuscire a strapparle di dosso le sue ansie ed inibizioni, stirò verso l’alto le mutandine che si raggrinzirono entro la fessura, dischiudendo le grandi labbra rosate, oltre le quali si diramava intricata la foresta di pelo nero che le adornava il pube. Troia, sei una troia in calore, borbottava Gigi aspirando l’afrore che emanava la sua ficona colma di umori, voglio sentirti urlare che muori dalla voglia di fartela divorare, dimmelo che sei una bagasciona! Sì, sì, è vero, sono una puttana, mangiamela, scopami fai di me quello che vuoi, mormorò Giovanna con tono libidinoso ma ancora titubante per via delle remore ancestrali, che le erano state inculcate fin da ragazzina, nella famiglia patriarcale ove il maschio aveva un ruolo dominante e privilegiato, rispetto al gentil sesso. La bocca e le dita di Gigi si destreggiarono entro la vulva, soffermandosi sui punti più sensibili, che ebbero un effetto dirompente nella sorella, dalle cui labbra cominciarono ad uscire un profluvio di gemiti carichi di libidine, che le devastavano il ventre e la facevano rimbalzare sul divano come un pupazzo inanimato; intanto il fratello con una mano teneva anche stretta la striscia di stoffa sul davanti delle mutandine, usandola come seghetto per rasparle la fica, interessando nell’azione anche il solco delle natiche. Affondò in lei sollevandole appena il bacino, così com’era con le mutandine ancora indossate e scostate sul davanti, per lasciar spazio all’enorme cazzo di cui era dotato, la tramortì con un paio di bordate assordanti facendola singhiozzare dal piacere, poi continuò a pomparla restando pressoché interamente al suo interno, per farle meglio apprezzare la consistenza del randello che le gonfiava la vagina spappolandole l’utero, Giovanna ebbe un ultimo sconvolgente orgasmo e solo in quel momento il fratello si ritrasse poggiandole il glande lucido sulle labbra. La bocca avida della sorella incamerò l’asta svettante, che le deformava il volto ad ogni passaggio rimbalzando contro le tonsille, temeva di rimanere soffocata, non aveva mai fatto un pompino così travolgente, i primi spruzzi le innaffiarono la gola, poi il viso e le tette, ella era sfinita e mormorava con il volto sfigurato: porco, porco, sei tremendo, ti odio per quello che mi hai fatto fare, perché ho la certezza che tornerò a cercarti e non saprò sottrarmi alle tue lusinghe! Roberta aveva finito il suo racconto e lo zio che pur l’aveva ascoltata senza perdere alcun particolare, si risvegliò dal torpore che lo aveva accompagnato nel ricordo del primo incontro con Giovanna, si accorse che la sua mano dal viso era scesa su una coscia della nipote, carezzandola in modo affettuoso da sopra il vestito; gliela faremo pagare a quella checca di tuo marito, mormorò Gigi con voce malferma non essendo riuscito a controllare un’erezione, che gli gonfiava la patta dei pantaloni in gabardine leggero, ci penserò io ad incastrarlo quello sporcaccione, tu devi solo seguire le mie istruzioni e comportarti il più normalmente possibile, la vendetta è un piatto che va servito freddo, senza farsi coinvolgere dall’ira. Adesso rilassati Robertina, ci penserà lo zio a rimarginare la tua ferita, spostò una mano dalla spalla alla nuca e cominciò a massaggiarla, non pensarci più piccola, dimentica quelle immagini che ti hanno turbato e corri con il pensiero verso una scena bucolica, queste tecniche mi sono state insegnate nei miei viaggi in estremo oriente, devi vederti distesa su un prato verde all’ombra di una quercia, il tuo principe azzurro ti carezza la pelle mettendoti i brividi, ti abbandoni, ti piace sentire le sue mani che solcano la tua carne alla ricerca dei tuoi preziosi tesori. Oh sì, sì Gigi, sei sempre così eccezionale ed imprevedibile, sussurrava impercettibilmente Roberta, ci sto arrivando è un posto meraviglioso, la mano dello zio si era insinuata sotto il vestito e scorreva leggera la morbida pelle circostante le mutandine, che egli di tanto in tanto sfiorava sul davanti, solcando appena la fessura, solo per saggiarne la crescente eccitazione, che ne inumidiva il minuscolo triangolo a difesa del folto vello scuro. Lo vedi adesso il tuo principe azzurro, dimmi chi è! Sei tu, sei tu, ziaccio sporcaccione, mugolò affannata Roberta che adesso sentiva le dita di Gigi entro la vagina, che le stavano facendo un ditalino; ti piace farti toccare vero, su cosa aspetti tiramelo fuori, sei riuscita a farmelo diventare grosso come un cetriolo: con entrambe le mani Roberta si affrettò ad aprire i pantaloni estraendo dai boxer il cazzo gigantesco dello zio, che si chinò a baciare gorgogliando in preda ad un scarica di adrenalina. Il tempo di sfilare solo da una gamba le mutandine e di abbassare le spalline del vestito in uno con il reggiseno, fu sufficiente per far sì che Roberta, inginocchiata sopra lo zio, potesse impalarsi con il suo randello, che credette la stesse sverginando per la seconda volta, tanto era l’impeto con cui stavano consumando quel devastante amplesso, nel quale Gigi ritmava gli affondo con le mani ancorate sui glutei e la bocca incollata ad un seno: l’ebbrezza dell’orgasmo li colse quasi simultaneamente, nel sentire gli spruzzi di sperma che si propagavano all’interno della sua vagina, Roberta cominciò a dimenarsi come una forsennata, soffiando sul volto dello zio tutta la sua gioia. Restarono incatenati con il cazzo che esalava gli ultimi spasmi nel ventre di Roberta, la quale slinguava estasiata le labbra dello zio: ne vorresti ancora vero nipotina, sussurrò Gigi facendo avvampare le sue gote già accaldate, evidenziando il turbamento che sempre l’afferrava ogni qual volta doveva affrontare esplicitamente argomenti sessuali, in momenti estranei al rapporto carnale o come adesso, in cui la libido stava scemando. Non devi vergognarti ad ammettere certe cose, anzi devi sforzarti di pensarle e pronunciarle, a volte è anche per questo che gli uomini si mettono alla ricerca di nuove emozioni, non voglio giustificare il comportamento di tuo marito, ma potrebbe esserci una componente di disagio o insoddisfazione nei tuoi confronti; oh no, no, non puoi dirmi certe cose, balbettò Roberta che colpita nel segno era diventata rossa come un peperone, Gigi aveva ripreso a massaggiarle il clitoride lasciando il cazzo affondato nella vulva: dopo alcuni momenti di rilassamento l’uccello stava già dando segni di risveglio. Sei un mostro Gigi mi stai facendo eccitare di nuovo borbottava lei, i cui occhi si erano riaccesi, brillando come due fari nella notte, sì, sì, è vero le alitò addosso lui riprendendo a succhiarle le labbra, nella mia vita ho provato tutto e ti posso assicurare che non c’è molta differenza tra la bocca di una donna e quella di un ragazzo, dipende da come la sanno usare, direi anche che il culo asciutto e smilzo di certi giovani è preferibile a quello smodato di alcune donne attempate, tu hai un sedere delizioso, come tua madre, e voglio essere io a violare questo tuo ultimo baluardo, come ho fatto con lei, soggiunse spostando il dito umido in mezzo alle chiappe e raggiungendo il pertugio che lei aveva contratto istintivamente. Un senso di angoscia attanagliò Roberta nel sentire le parole dello zio ed il dito che affondava nel suo retto, facendosi strada nello stretto canale, no, no, non voglio, sei un demonio, frignò lei per qualche istante, indecisa se abbandonarsi completamente ai piaceri sublimi della carne o troncare quel rapporto incestuoso: la lussuria prese il sopravvento ed in pochi attimi i loro corpi, liberati dagli ultimi indumenti, si scambiarono da nudi quel calore reciproco che preludeva ad un nuovo appassionato amplesso. Accucciata sul divano Roberta suggeva con esasperata lentezza l’asta vibrante dello zio, che le dilatava lo sfintere con un paio di dita pieni di vasellina, lubrificando il canale che di lì a poco avrebbe violato, mentre con voce rotta dal piacere raccontava alla nipote dei suoi incontri con la mamma, in particolare quando la seconda volta le aveva rotto il culo, malgrado lei avesse tentato fino all’ultimo di opporsi. Dopo l’incontro con il fratello, Giovanna pur appagata dall’intenso rapporto consumato nel suo studio, si era fatta assalire dal rimorso, sebbene la tentazione di ripetere quell’esperienza proibita covava latente, come un fuoco non ancora spento, sapeva che Gigi amava riposare dopo pranzo e lo raggiunse inaspettata nel suo splendido attico ai Parioli. Restò qualche attimo titubante davanti all’ingresso, ma poi pigiò forte il dito sul campanello, ormai presa da una frenetica voglia di sesso; il fratello ne aveva visto la figura attraverso il videocitofono, le aprì nudo com’era fissandola negli occhi mentre il cazzo si ergeva maestoso: decise in quell’istante che l’avrebbe costretta a concedersi senza alcun limite inibitorio. Ne hai messo di tempo prima di ritornare a trovare l’oggetto del tuo desiderio, le sussurrò Gigi mordendole le labbra e sfilandole il foulard che portava al collo, su prendilo in mano e fammi una sega puttanona, muoviti! Un lungo brivido si propagò lungo la spina dorsale di Giovanna nel prenderglielo in mano, lì in piedi in ingresso, il volto le si era dipinto di rosso ed aveva chinato lo sguardo, vergognandosi come una ragazzina alle prime armi, mentre Gigi insisteva: impugnalo bene e scappellalo dolcemente, brava così, oggi ti voglio troia e spudorata! Sì, sì, porco, porco, sospirò lei, andiamo di là in camera, farò tutto quello che vuoi! Calma, calma, sorellina, qui gli ordini li do solo io, tu devi limitarti ad ubbidire, ti voglio schiava, alla mercè del tuo Padrone, ti immobilizzerò per usare il tuo corpo come meglio mi aggrada! No, non puoi farmi questo, sospirò appena, ma quando in camera lui la bendò con un foulard, ella rimase ansante e passiva, con le braccia penzoloni, lasciando che le mani del fratello le sfilassero il vestito facendolo scivolare a terra, poi toccò al reggiseno ed infine alle mutandine che Gigi si limitò ad abbassare da dietro, scoprendo i glutei e lasciandole arrotolate a ridosso delle calze autoreggenti nere, che quel giorno indossava. Qualche attimo dopo le legò saldamente i polsi dietro la schiena, non lasciandole nemmeno il tempo di borbottare affannata: ti prego Gigi, mi fai paura…..; una robusta pacca sul culo le arrossò una natica facendola quasi cadere in avanti, lui la trattenne per un braccio inginocchiandola sul tappeto: adesso succhialo, disse con voce arrochita, voglio sentire solo la tua saliva scorrere morbida, se non mi soddisferai a puntino dovrò punirti severamente, schiava! Il timore di non essere all’altezza assalì Giovanna, sentiva il sangue pulsare nelle tempie e si sforzò di immedesimarsi in quel nuovo status di schiava, avvertì farsi strada in mezzo alle gambe, tra la folta peluria, una colata lavica: appoggiò le labbra sul glande e le lasciò scorrere voluttuose per donare al fratello Padrone quelle scariche lubriche che cercava, mentre lui osservava dall’alto i movimenti di quell’esasperato andirivieni che gli stava gonfiando l’uccello allo spasimo. Prima di eiaculare le bloccò la testa con le mani, raspandole la gola con veementi affondo che la stavano soffocando e che anticiparono un profluvio di sperma: questa volta devi ingoiare tutto il mio nettare, sbuffò Gigi scaricandosi e lasciando che l’uccello si librasse in bocca libero da condizionamenti, esalando sul palato gli ultimi palpiti; Giovanna cercò di esaudire quel desiderio ma in tal senso non era molto esperta, l’affanno ne bloccò il deflusso ed un colpo di tosse ne scosse il petto costringendola ad espellere l’amato randello ed a sputare i residui di sborra che ancora le occludevano la respirazione. Scusami, scusami, perdonami, non ce l’ho fatta, balbettò affranta sentendosi sollevare come una piuma dalle mani robuste del fratello che la scaraventò a letto in malo modo: rimase contratta e con il fiato sospeso, appoggiata scompostamente su di un fianco, avvertendo che Gigi si era spostato e stava rovistando in cerca di qualcosa in un cassetto; un sibilo anticipò di qualche frazione di secondo una nerbata che il fratello le appioppò sulle chiappe, rigando la pelle delicata: no, no, ti supplico Gigi, mi fa un male terribile, mi resteranno i segni sulla pelle! Calde lacrime le solcarono il volto scendendo da sotto il foulard, mentre lei si dibatteva convulsamente, frignando atterrita ed esasperata per tutta la durata dei cinque colpi mirati che Gigi le stampò sulla pelle, l’ultimo dei quali entro le cosce a contatto con la fica dischiusa; le mani del fratello solcarono la carne martoriata facendola ansimare ormai spaventatissima: lo sai cosa voglio da te oggi vero schiava, l’altro giorno nel mio studio non mi hai risposto, sussurrò con falso tono suadente, infilando due dita intinte di un unguento emolliente all’interno delle chiappe, per forzarle lo sfintere. Giovanna si era contratta ma poi un calore inaspettato le dilatò il buco del culo, ammorbidendo il canale rettale seppure le dita ruvide del fratello, che la stavano scavando sempre più in profondità, le davano un senso di oppressione: no, no, didietro no, ti scongiuro, non l’ho mai fatto, è contronatura! Non hai scelta sorella sentenziò Gigi, che intanto la stava sistemando inginocchiata sul letto, con la fronte appoggiata al cuscino, il culo esposto alla bisogna e le gambe leggermente divaricate: se vuoi che ti risparmi il sedere, completerò la punizione con altre venti vergate, non credo ti piacerà poi guardarti allo specchio, rilassati e lascia che l’unguento faccia il suo effetto, vedrai che non è poi così male prenderlo nel culo! La forzò con abili affondo mentre Giovanna si dimenava alzando il tono dei suoi lamenti, i tessuti seppur lubrificati, si laceravano lasciando spazio ai centimetri che egli guadagnava ad ogni spinta: la conquista finale fece singhiozzare la schiava impalata da tergo, Gigi ristette dentro il suo intestino consentendole di rifiatare, allungò una mano per strizzare il clitoride gonfio e cominciò a pomparla, riuscendo a far trovare anche a lei un barlume di piacere durante quella devastante sodomizzazione. Roberta subì quel giorno sorte analoga della madre, pur se non in stato di costrizione, quando scese in strada fece fatica a reggersi in piedi per le fitte che ancora dolorose si propagavano dal fondo schiena, malgrado avesse sofferto le pene dell’inferno nell’offrire il dono verginale allo zio, si sentiva appagata e certa che sarebbe diventata una delle sue amanti, l’aveva lasciata andare dopo averla baciata appassionatamente ed ella già assaporava il piacere di un nuovo incontro, pregustando anche il sapore della vendetta, che Gigi aveva in parte pianificato e che l’aiutava a ritornare verso casa per rincontrare il marito, come se nulla fosse accaduto, anche se quel pomeriggio aveva ormai definitivamente cambiato la sua esistenza.
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