Era di nuovo pomeriggio e la primavera vibrava già nell’aria.Il sole si tuffava nella stanza attraverso i vetri socchiusi della finestra da cui provenivano anche le grida e gli schiamazzi dei bambini che, nel cortile sottostante, giocavano a palla.Me ne stavo languidamente abbandonata sul letto, sbadigliando e stirandomi come una gatta, leggermente intontita dal caldo e dall’abbondante pranzo appena consumato. Uno sbadiglio mi deformò la bocca, proprio mentre Paul entrava nella stanza con la consueta aria sorniona e un mezzo sorriso che non lasciava presagire nulla di buono. Si fermò a pochi centimetri dal letto e in piedi, a gambe larghe si lasciò osservare in tutta tranquillità, ostentando quell’aria spavalda e quella sicurezza che, in nessun altro uomo, ho mai riscontrato.Galleggiai qualche istante nei suoi profondissimi occhi grigi con l’allarmante sensazione di potervi annegare.Poi feci scivolare lo sguardo sui suoi riccioli scuri e arruffati, sulle spalle massicce e sui bicipiti tesi che intuivo facilmente sotto la giacca dal taglio impeccabile.Avrei voluto indugiare ancora su quel corpo saldo che ben conoscevo, sul ventre piatto, sulle lunghe gambe muscolose e su quel che facilmente immaginavo essere l’involto virile che gli tendeva i pantaloni scuri e aderenti ma, come sempre, qualcosa di caldo e denso aveva cominciato a colarmi lungo le cosce serrate.Chiusi gli occhi e, inarcando la schiena, mi protesi a offrirgli le labbra e qualunque altra parte di me avesse desiderato prendersi. In risposta, però, ebbi solo una risatina beffarda, che mi fece girare su me stessa, affondando la faccia nel cuscino, per la vergogna di essermi dimostrata, ancora una volta, la solita femmina vogliosa e impaziente. Si distese sulla mia schiena lentamente e senza dire una parola cominciò a baciarmi la nuca e il collo, ad infilarmi la lingua nell’orecchio, per poi afferrarmi i polsi bruscamente e stringermeli contro le sbarre di ottone del letto.Cercai di oppormi, di divincolarmi, se non altro per una questione di orgoglio, ma l’asta d’acciaio che aveva in mezzo alle gambe mi premeva con troppa forza nel solco delle natiche perchè potessi tener fede a ciò che, razionalmente, la ragione mi suggeriva di fare. Borbottai qualcosa tra la minaccia e l’insulto più volgare, ma in cambio ne ebbi solo una ulteriore stoccata contro le reni.Mi divincolai rabbiosamente vergognandomi delle incontrollabili reazioni del mio corpo che mi stava tradendo così spudoratamente. Non volevo cedergli, nonostante lo desiderassi con tutte le mie forze; non volevo assolutamente che lui, per l’ennesima volta, riuscisse a piegarmi al suo volere.Tentai di artigliargli le mani con le unghie lunghe e appuntite, ma lui era veloce nel districarsi, e allora mi voltai di scatto e gli addentai l’avanbraccio con tutte le mie forze, morsicandolo a sangue malgrado la giacca. Lo sentii sussultare, ma non liberarmi.* Piccola vipera! — ringhiò rabbiosamente.Poi con un unico gesto, mi fece girare e appena fui supina mi venne sopra e si gettò letteralmente sulle mie labbra imbrattate del suo sangue. Tenni duro per qualche secondo, ma come prese a leccarmi la bocca e tutta la faccia, cedetti incondizionatamente.Le barriere di odio e rabbia che avevo eretto con tanta ostinata caparbietà, andarono frantumandosi una dietro l’altra, così all’improvviso da lasciarmi sbigottita e completamente indifesa. Aprii la bocca per insultarlo ma appena ebbi la sua lingua tra le labbra qualcosa mi esplose nel cervello, mandando in frantumi anche quel misero barlume di razionalità che ancora mi restava.Sorrise vittorioso, estasiato dall’idea di avermi dominata una volta di più.* Sbava, porca! — andava ora ripetendo con voce roca e un lampo diabolico in fondo agli occhi, mentre io lo leccavo famelicamente.-Voglio vederti sbavare come una cagnetta infoiata! –E io non chiedevo di meglio che ubbire.Gli umettai, leccandolo, tutto il volto finchè non lo ricoprii di una patina umida che ci teneva come incollati insieme, e poi spalancai le cosce sotto di lui, le strinsi attorno ai suoi fianchi e lo spronai ad affondare nella fica che sentivo ormai ribollente di densi umori.* Fottimi! — urlavo al limite della sopportazione.-Ti prego fammi tutto quello che vuoi ma prendimi, scopami, scopamii! –E lui, crudele, insisteva fino all’esasperazione.* Urla porca, voglio sentirti urlare! — mugolava.Quando finalmente capì che a forza di gridare non riuscivo più neppure a respirare e ci mancava poco mi venisse una crisi isterica, si sollevò bruscamente dal letto, mi intimò di non muovermi assolutamente da dove mi trovavo e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.All’inizio non capii bene il senso di quelle parole e rimasi come inebetita ad osservare la porta dietro la quale era appena sparito, domandandomi cosa fosse successo. Poi, calmandomi, mi resi conto che non era successo proprio niente di strano, ma anzi quel modo di comportarsi non era affatto estraneo al suo carattere volubile e collerico.Sapevo bene che quello non era il momento migliore per disubbidirgli e del resto neppure io ci tenevo ad andarmene, proprio a quel punto poi che, nonostante schiumassi dalla rabbia, i crampi di desiderio inappagato mi facevano quasi piegare in due dal dolore.I rumori all’esterno parevano essersi dileguati e, nell’immobile calura di quel pomeriggio di mezza stagione, mi accorsi improvvisamente che le finestre erano spalancate, comprese quelle che danno sulla terrazza che s’affacciava sul cortile e che sono in comune con altre quattro famiglie.Mi domandai se tutti avessero sentito le mie urla piene di oscena libidine. Che assurdità: era chiaro che avevano ascoltato. In fondo non era la prima volta che capitava qualcosa di simile e ormai avevo fatto l’abitudine agli sguardi lucidi degli uomini del vicinato che, quando m’incontravano, mormoravano uno strascicato “Buongiorno signorina” seguito da un inequivocabile sorrisetto malizioso.Ma in fondo che colpa ne avevo io se quel demonio di Paul mi portava a tali livelli d’eccitazione da farmi urlare come un’ossessa?Fissai un punto preciso del soffitto, dove le ombre delle cose parevano ondeggiare impercettibilmente e caddi in una specie di torpore ipnotico.L’attesa andava riempiendo dolcemente tutto il mio essere, impedendomi di muovere anche un solo muscolo, tanta era la concentrazione. C’era qualcosa di eccessivo in tutto ciò, lo capivo bene; qualcosa di esagerato e quindi dannoso, ma non me ne importava. Sapevo bene che gli stavo attribuendo doti e poteri che sicuramente non aveva, ma allo stesso tempo, mi era impossibile frenarmi.Intuivo che quella nostra ricerca del piacere era esasperata e distruttiva e, alla fine, sarebbe stata anche letale, forse, ma non avevo la forza di oppormici…Avevo conosciuto Paul a una festa in casa di amici comuni alcuni mesi prima.La prima impressione che mi fece non fu certo delle migliori: lo avevo subito classificato come un arrogante e presuntuoso play-boy, troppo sicuro di se stesso per i miei gusti. Inoltre capii subito che non era tipo di molte parole. Per questo, quando a metà serata mi chiese di accompagnarlo sul terrazzo perchè voleva parlarmi, ne rimasi molto stupita. Che cosa poteva avere da dirmi se ci eravamo conosciuti solo due ore prima? Lo seguii incuriosita e, quando fummo l’uno di fronte all’altra, lui mi guardò negli occhi, sospirò con un’aria un po’ annoiata e poi disse:* Senti, se ne hai voglia puoi anche dirlo, non ci sono problemi! –* Ma voglia di che cosa scusi? — chiesi.Lui sospirò pazientemente, come se avesse avuto a che fare con una bambina un po’ stupida.* Voglia di farti scopare, — rispose in tutta tranquillità, — non certo di guardare le stelle insieme! –Non parlai subito, perchè stavo tentando di stabilire se fosse solo un emerito sbruffone o piuttosto un mitomane, un maniaco: in ventisette anni non mi era mai capitato di ascoltare parole così sfrontate e volgari. Decisi di buttarla sul ridere, come avesse detto una battuta di spirito e che non era il caso di offendersi per la stupida smargiassata di un ragazzotto cresciuto.* Lei è molto gentile e premuroso, ma penso che la cosa non mi interessi! — dissi col mio sorriso più amabile, ma visto che lui non rideva affatto, tagliai corto e mi avviai verso la portafinestra. Non avevo fatto che due passi quando me lo ritrovai di nuovo di fronte.* Scappi? — domandò con un’aria sprezzante che mi mandò proprio su tutte le furie. Lo assalii con un ceffone in piena faccia e con una lunga serie di invettive stile scaricatore di porto, lo insultai, lo ingiuriai, sottolineando il fatto che non ero una di quelle donnette ingenue e frustrate che si lasciano affascinare dal primo mandrillo con l’aria mondana che le abbordi con tante cerimonie. Gli dissi anche che la mia vita sessuale era piena e soddisfacente e che, per fortuna, non avevo bisogno delle sue prestazioni da play-boy di quarta categoria.Sorrise, proprio nel momento in cui mi aspettavo si sarebbe ritirato con la coda fra le gambe.* La signorina ha le mani e la lingua lunghe! — esclamò sarcasticamente.-Vediamo se sa usarla anche per fare un bel pompino! — E senza darmi neppure il tempo di rispondergli mi scareventò contro il muro.Lottammo corpo a corpo.Tentò anche di baciarmi.E’ chiaro che ne ebbe in cambio solo un morso e un violento calcio negli stinchi, ma presto mi trovai così imbrigliata dalle sue braccia e dalle sue gambe da non poter più muovere un solo muscolo.* Lasciami o grido.-sibilai col respiro corto, ma proprio in quell’istante ebbi la sensazione di qualcosa di caldo e duro contro il ventre. Ne rimasi disorientata, confusa, e la frazione di secondo in cui esitai, fu sicuramente la mia rovina. Mi trovai col vestito da sera completamente strappato sul davanti e un cazzo fremente che mi stuzzicava le labbra della fica coperte dalle mutandine.Era tardi per gridare, come avrei potuto giustificarmi? Sarebbe stata credibile la versione della violenza carnale? E poi volevo veramente che accorresse gente a interromperlo proprio quando mi aveva già sollevato le gambe attorno ai suoi fianchi e, scostate le mutandine, si apriva un varco tra le mie tenere carni? Mi aggrappai a lui per non scivolare indietro e questo mi mise definitivamente in una posizione di svantaggio. Ora potevo solo permettergli di chiavarmi a suo piacere e di baciarmi, di mordermi le labbra finchè non le dischiusi e accolsi la sua lingua vorace.* Perchè non l’hai detto subito che lo volevi con la forza? — ansimò contro la mia bocca e io avrei tanto voluto mandarlo al diavolo, ma il fuoco che dal bassoventre mi saliva in tutto il corpo sembrava dovesse esplodermi nel cervello. Godevo come non mai di quell’ariete violento e deciso che mi rimestava in profondità, tanto che, all’improvviso, mi augurai non arrivasse nessuno degli altri ospiti, poichè non sarei mai stata capace di nascondermi e rinunciare a quell’orgasmo che mi stava montando dentro con furia.* Dillo che non godi!… Dillo che non ti piace, che non vuoi! — ansimò lui con voce roca.”Fottimi” avrei voluto urlare, ma un’ennesima stoccata del suo cazzo mi stava già catapultando in paradiso.Mi avvinghiai a lui e affondai i denti nella sua spalla per non urlare, come un’ossessa, a tutto il mondo, che godevo, che venivo. Lui mi seguì a ruota soffocando un rantolo nella mia bocca e inondandomi di una colata densa e rovente. Quando mi riappoggiò sul pavimento fù come tornare sulla terra dopo un viaggio in un mondo lontano e sconosciuto: non avevo mai provato nulla di simile, niente di così totalmente sconvolgente, di così prepotente e irrazionale. Abbassai gli occhi sul vestito a brandelli e inzuppato dei miei umori e feci per tornare nel salone, così confusa da non rendermi conto dello scompiglio che avrei creato.Paul, per fortuna, mi bloccò in tempo.Mi tese la giacca dello smocking, me la fece infilare e me l’allacciò sul davanti, così che almeno si coprisse il triangolo delle mutandine tra le cosce.* Andiamo, — disse poi tenendomi per un braccio.Lo seguii come intontita.* Ma dove? — domandai attraversando il salone affollato, senza rendermi conto delle occhiate curiose e stupite degli ospiti.* A casa mia! — rispose lui tranquillamente.Annuii.Solo quando eravamo già saliti sulla sua auto mi ricordai di chiedergli perchè dovevo seguirlo proprio a casa sua.* Ho deciso che staremo un po’ insieme.-disse.E io lo trovai del tutto logico. Dormii nel suo letto quella notte, dopo che chiaramente mi ebbe scopata per non so quante volte di seguito, e la mattina dopo, svegliandomi, trovai il letto vuoto ma tutt’attorno un’infinità di abiti e oggetti: quel che praticamente mi sarebbe servito per un lungo soggiorno a casa sua…. Lo sentii camminare nell’altra stanza e poi nel corridoio e immediatamente smisi di pensare: ogni mia cellula fu rivolta verso quei rumori, in attesa di lui, completamente in sua balia.Entrò senza sollevare lo sguardo su di me e senza dare spiegazioni di sorta e poi posò qualcosa sul tavolino, accanto al letto.Allungai lo sguardo furtivo e mi accorsi che erano pezzi di filo elettrico.Lo guardai interrogativamente. Lui si chinò a baciarmi con la stessa foga di pochi minuti prima, anche se a me era parso che fossero trascorse intere decine d’anni, nel frattempo.Mi sollevò e mi costrinse a scendere dal letto perchè potessi guardarlo in viso poi, sprofondando il suo sguardo di ghiaccio nei miei occhi adoranti, mi spogliò velocemente.Le sue mani erano ferme e sicure e sapevano, con precisione, cosa slacciare, cosa sbottonare e cosa strappare definitivamente.Completamente nuda mi prese fra le braccia e mi trascinò contro l’armadio a muro.Afferrò i cavi elettrici e, con pochi gesti precisi, mi legò i polsi alle cerniere delle ante, ben alte sopra la mia testa. Tentai di protestare, ma sapevo che sarebbe stato inutile.Non mi legò troppo stretta, ma la posizione era piuttosto scomoda e mi dava l’impressione di essere appesa.* Paul che vuoi fare?… Io non…-mormorai. Non sapevo, io stessa, se volevo essere liberata oppure incatenata a vita.* Sta’ zitta, ti farò impazzire dalla voglia! — mi interruppe leccandomi le labbra.Poi cominciò a spogliarsi lentamente, in quel modo sinuoso e un po’ narcisista che mi aveva sempre fatto impazzire. Si tolse la giacca e la cravatta quasi con un unico movimento, poi lentamente, come avrebbe potuto fare solo un’incallita spogliarellista, cominciò a slacciarsi la camicia, bottone per bottone, con una lentezza così dolorosa da farmi venire i crampi alla bocca dello stomaco. Gettò in un angolo l’indumento di seta e rimase a guardarmi, conscio più che mai, di ciò che era in grado di provocare. Sfilò la cintura con un gesto veloce e sibilante che gli fece gonfiare i bicipiti, a beneficio unicamente della sua unica spettatrice.* Avvicinati, — balbettai tra un sospiro e l’altro e, incredibilmente, fece come gli avevo chiesto. Troppo tardi capii di avergli solo facilitato il gioco.Ora lui era vicinissimo a me, tanto che potevo gustare il profumo della sua pelle che sapeva vagamente di Dior, e questo non fece che esaltarmi ancora di più.Gridai che mi rifiutavo di continuare in quel modo, che volevo essere slegata e scopata come si scopano tutte le femmine di questo mondo, ma servì a ben poco.Finì di spogliarsi e poi, invece di liberarmi mi si strofinò contro, stuzzicandomi la fica col glande gonfio e scuro, inumidendolo dei succhi che colavano tra le mie cosce e poi subito ritraendosi.* Come sei ingorda! — mi sussurrò con gli occhi lucidi.* Dammelo subito, — urlai, — dammelo ti prego o impazzirò di voglia! –E questa volta non me ne importava davvero niente se fuori qualcuno ci avesse sentito.Tutti dovevano conoscere la mia voglia senza limiti, il mio desiderio vorace di essere scopata a viva forza.* Dammelo porcoo! — gridai con tutto il fiato che avevo in gola.-Ti voglio dentro subito, non me ne fotte niente del resto, mettimelo dentro e falla finita! –E stavo ancora urlando quando lui me lo infilò nella fica con una stoccata decisa e violenta che mi fece sbattere contro il duro legno dell’armadio. Ansimai, come se mi stesse mancando l’aria per respirare, per quanto stavo godendo: mai avevo tanto desiderato essere riempita da un cazzo palpitante. Lo sentii gonfiarsi ulteriormente nel mio ventre boccheggiante ed ero certa che fosse ormai prossimo all’orgasmo quando me lo strappò via di nuovo, lasciandomi con una tale sensazione di vuoto da darmi la nausea.* Non ancora! — disse con voce beffarda, ed ero certa che dovesse fare uno sforzo notevole per protrarre quell’erezione che ormai da ore mi tormentava. Si inginocchiò ai miei piedi e, pian piano, prese a leccarmi la vagina bollente, ormai spalancata come una bocca affamata. Rabbrividii e, nonostante la posizione scomoda e il dolore che mi tormentava i polsi legati, mi obbligai a spalancare le gambe, in modo che lui avesse libero accesso alle mie parti più tenere e nascoste. Sentivo il taglio bollente pulsarmi quasi fosse un piccolo cuore, mentre l’orgasmo mi montava dentro come un torrente in piena.Accostò la bocca alle mie grandi labbra e me le baciò come fossero state quelle del mio viso. Godevo come non mai ed ero certa che il clitoride mi sarebbe scoppiato se non mi avesse penetrata immediatamente, ma ovviamente lui non era della stessa idea. Purtroppo non sapevo ancora quanto fosse vasto e oscuro quel lato del suo carattere che lo spingeva sempre alla ricerca del piacere più sfrenato. Riprese a stuzzicarmi con la punta del cazzo ma infine, forse eccitato ancor di più dalle grosse lacrime di frustrazione che cominciarono a rigarmi il volto, si decise a rimettermelo dentro.* Eccoti servita insaziabile puttanella! — ringhiò tirandomi i capelli.Mi sollevò le gambe attorno alla sua vita e con un unico colpo deciso mi sprofondò dentro, immergendosi fino all’elsa nella mia guaina gocciolante.Gridai.Nonostante fossero ore che sbrodolavo senza ritegno, le dimensioni del suo cazzo mi costrinsero a sobbalzare dal dolore, facendomi immaginare l’utero ridotto ad un’unica ferita sanguinante, mentre i polsi stretti nei legami si stirarono dolorosamente. Ma il dolore fu comunque poca cosa in confronto al piacere che provai.* Sì, sì spaccami, fammi a pezzi! — urlai aizzandolo ancora di più contro me stessa.* Troia, sei solo una troia infoiata! — urlava, mentre i colpi furiosi mi sbattevano violentemente contro il duro legno.Strattonavo come un’invasata sui legami che mi trattenevano e ad un tratto mi sentii stranamente libera, mi aggrappai alle sue spalle e, quando sentii che il momento tanto atteso era finalmente giunto, gli affondai le unghie nella carne e graffiai con tutta la forza e la rabbia accumulata in tutto quel tempo. Nello stesso istante mi sentii afferrare per i capelli e confusamente mi resi conto che i fili elettrici con cui ero legata avevano ceduto.Finimmo entrambi a terra, urlando, imprecando, mentre sperma bollente mi fiottava dentro a ondate. Rotolammo sul pavimento, continuando ad artigliarci come animali, finchè l’orgasmo non andò dissolvendosi.Non so quanto tempo fosse passato quando mi ripresi, lui comunque non era al mio fianco. Mi sollevai a fatica, con le ossa a pezzi e un dolore sordo alla nuca. Mi guardai allo specchio verificando se fossi ancora tutta intera e impallidii di fronte ai grossi lividi sulla schiena che incominciavano già ad assumere sfumature violacee. Sollevai una mano a sfiorarmi il collo e l’impronta dei denti di Paul che vi era impressa e solo allora notai il sangue sulle mie dita e le unghie spezzate.* Cazzo! — mormorai incredula.Era successo ancora una volta: nel tentativo di raggiungere il piacere supremo ci eravamo picchiati, azzuffati, colpiti a sangue. Nell’ostinato tentativo di godere esclusivamente secondo l’istinto, eravamo sfociati nella violenza.* Basta, basta! — continuai prendendomi la testa fra le mani.-Questa è l’ultima volta, non succederà mai più, non glielo permetterò! — mi dissi, cercando con tutte le forze di convincermi che era l’unica cosa giusta da fare.Sapevo benissimo di averlo ripetuto già altre volte, ma questa doveva essere l’ultima. Non era più possibile continuare in quel modo: ci saremmo distrutti senza pietà, ci saremmo fatti solo del male.Mi rimisi le mutandine lentamente, con fatica, dopo essermi guardata un’ultima volta allo specchio, in modo da aver sempre ben in mente quali fossero le conseguenze dei nostri folli giochi erotici. Dovevamo troncare la storia, non c’erano altre soluzioni.Presi una camicia dal suo armadio, me la infilai e la fermai con una cintura di cuoio. Arrotolai le maniche fino ai gomiti e tenni slacciato solo il primo bottone, in modo che non si notasse il morso sul collo. Mi guardai allo specchio e ne rimasi abbastanza soddisfatta: del resto non era la prima volta che usavo le sue camicie come abito, visto che aveva la mania di strapparmeli i vestiti, invece che spogliarmi.Mi stavo sistemando i capelli quando lui rientrò nella stanza. Indossava solo un paio di pantaloni e attorno al collo aveva un asciugamano di spugna, con cui stava tamponandosi le ferite sul collo. Aveva i capelli umidi e luccicava di piccole gocce profumate: sarebbe stato davvero difficile mantenere il proposito di non vederlo più! Gli andai incontro timidamente, sollevai un angolo dell’asciugamano e strinsi gli occhi per non guardare.Non era possibile che fossi stata proprio io a procurargli quei solchi tremendi che ancora sanguinavano: su ogni spalla si potevano distinguere chiaramente quattro lunghi graffi, come zampate di una belva crudele.Come ero potuta arrivare ad un punto simile, io che impazzivo per lui?Mi sorrise.* Sei la mia gatta assassina! — mi sussurrò all’orecchio.-Non potrei mai rinunciare ad una belva affamata di sesso come te! — Lo abbracciai e, in quell’istante, seppi che non avrei mai potuto rinunciare a lui, qualunque cosa fosse successa.* Dove la troverei un’altra lupa in calore come te, una che ulula senza ritegno, non appena glielo tolgo dalla bocca? –Lo guardai adorante mentre lui mi infilava una mano sotto la camicia per sibilare subito dopo:* Maledizione! Sai benissimo che non sopporto questa robaccia! — e così dicendo mi strappò in un sol colpo le sottili mutandine di pizzo lasciandomi sul fianco nudo un rosso graffio bruciante.Cercai di giustificarmi in qualche modo, allontanandomi di qualche passo da lui, ma i suoi occhi di ghiaccio mi zittirono all’istante.* Vieni subito qui! — sibilò sfilandosi la cintura dei pantaloni.* No, Paul, ti prego! — singhiozzai con gli occhi puntati sulla cinghia di cuoio che brandiva minacciosamente.* Vieni qui ho detto! — ripetè facendola schioccare a mezzaria proprio a pochi centimetri dalla mia faccia.Mi avvicinai lentamente, mentre lui si slacciava i pantaloni e mi metteva sotto il naso il suo cazzo rilassato.* Ti prego, sono stanca! — cercai di spiegargli, rendendomi conto, troppo tardi, di aver detto una sciocchezza.* Stanca?! — esclamò spalancando gli occhi per la sorpresa di una risposta così stupida.-Stanca di farti sbattere come una troia tutto il giorno vero? –Indietreggiai spaventata a morte da quell’improvviso scoppio d’ira.* Se vuoi riposarti, eccoti servita. Succhia! –A quel punto disubbidirgli sarebbe stato come autorizzarlo a prendermi a cinghiate quindi, nonostante fossi distrutta e impaurita, m’inginocchiai e glielo presi in bocca iniziando diligentemente a succhiarlo. Sospirò voluttuosamente e, tranquillizzata, staccai la bocca per guardarlo.* Non ti ho detto di smettere! — gridò rabbiosamente. E così dicendo mi tolse la cintura, mi strappò i bottoni della camicia con uno strattone e, brutalmente, me la tolse, lasciandomi completamente nuda.* Chiedi perdono! — disse.Io tentai di protestare nonostante avessi la bocca piena del suo arnese ormai gonfio a dismisura, ma fu inutile.* Chiedi perdono! — ripetè scoccando una cinghiata sulle tenere carni del mio culo.Urlai, e poi, piangendo, gli chiesi di perdonarmi. Che altro potevo fare? Avevo la bocca e la lingua indolenzite a forza di succhiare e la sferzata sul fondoschiena bruciava come il fuoco. Lui si scostò e, prendendomi per i capelli, mi sollevò e mi trascinò in soggiorno dove mi spinse contro il tavolo, su cui mi fece chinare prona. Non dissi niente, nonostante non fossi bagnata data la paura, e non avessi voglia di essere nuovamente scopata.* Alzalo bene! — disse dandomi una sonora pacca sul sedere.Riluttante mi sollevai sulla punta dei piedi e gliela offrii, leggermente a gambe divaricate, come lui desiderava. Mi voltai a guardarlo da dietro una spalla, supplicante, giusto in tempo per vederlo sputarsi sul palmo della mano e poi passarmelo sulla fica, tra le coscie asciutte.* Fatti fottere, puttana! — esclamò mentre con un sol colpo deciso mi affondava dentro completamente e forzatamente. Urlai di dolore ma lui non si fermò.* Avanti, di’ che ti piace! — ripeteva ad ogni colpo fino all’esasperazione.Avrei tanto voluto dirgli che mi faceva male da impazzire, ma sapevo che non sarebbe servito a niente.* Mi piace, — balbettai con le lacrime agli occhi, — ho voglia di essere scopata! –Lo sentii ingrossarsi maggiormente dentro di me e allargarsi la via nonostante la mia resistenza, mentre si teneva ben saldamente aggrappato ai miei fianchi. Molto, molto lentamente allora, si fece largo nel mio corpo una specie di sottile piacere, nonostante il dolore. Una sensazione assolutamente assurda e nuova.Sentivo il suo membro andare e venire nelle mie carni serrate, sfregando contro le pareti asciutte della mia vagina che comunque, nonostante tutto, andava inumidendosi. Si accorse di scivolare più facilmente nel fondo del mio corpo e allora sghignazzò cinicamente, stringendomi i fianchi fino a lasciarvi un’impronta bluastra.* Che porca sei! — borbottò col respiro corto.-Strilli che ti fa male, ma non appena te lo sbatto dentro inizi a sbrodolare come una cagna in calore. Sei solo una porca affamata di sesso, sempre affamata di questo! –E sottolineò la frase dandomi una stoccata che mi fece letteralmente sbavare di piacere.* Oh, si, così, — cominciai a implorare senza ritegno e senza orgoglio-riempimi amore, sfondami! –Mi sentivo bruciare dal continuo sfregamento e con i muscoli doloranti per i continui e ripetuti assalti di Paul, ma niente mi avrebbe fatto rinunciare a quel piacere sfrenato. Stavo per incitarlo nuovamente, ormai prossima all’orgasmo, quando lui si fermò e me lo tolse dalla fica.* Noooo! — ululai scuotendo la testa istericamente mentre lui mi sollevava di peso.* Per una come te ci vuole un trattamento speciale! — disse. E così dicendo aprì la finestra che dava sul cortile in comune con altre famiglie e mi fece chinare a forza sul davanzale, tanto da sollevarmi i piedi da terra e farmi ondeggiare con metà busto nel vuoto e le tette che ondeggiavano all’aria.Eravamo al terzo piano e per poco non mi misi a urlare di paura! Ma lui non voleva certo gettarmi di sotto, piuttosto, riprese subito da dove aveva smesso qualche secondo prima, e tornò a montarmi con foga irriducibile.* Ma sei impazzito! — protestai, terrorizzata dall’idea che i vicini potessero vederci.-Ti prego non così, non voglio! — dissi a bassa voce per non attirare l’attenzione di estranei.* Stai calma! — mi rispose affibbiandomi una sonora pacca sulle natiche.-Volevi fare la porca e quindi eccoti accontentata. Che tutti sappiano che grande troia sei! –Ma io non volevo assolutamente essere sorpresa in quella situazione umiliante e allo stesso tempo non riuscivo a impedirmi di godere.* Bastardo! — sibilai-Ti odio con tutte le mie forze! –E lui mi rispose con una stoccata che mi fece urlare di piacere. Inutile dire che le mie urla attirarono gli inquilini del piano di sotto e quelli della casa di fronte, probabilmente preoccupati. Ma Paul non si fermò e, del resto lui era riparato dalle tende e io sola esposta ai loro sguardi stupiti che, quando finalmente si resero conto di cosa stava avvenendo, si fecero increduli e indignati. Chiusi gli occhi per la vergogna, mordendomi le labbra per non urlare di goduria.* E’ una vergogna! — protestarono schifati gli insoliti spettatori.-E’ inammissibile uno sconcio simile! –Stranamente però nessuno di loro accennava a ritirarsi e vi assicuro che non si erano mai visti, in circolazione, simili rigonfi nei pantaloni degli uomini e occhi così lucidi e famelici nelle loro consorti. Fortunatamente il tutto non durò molto. Paul se la stava godendo troppo per resistere ancora e io sentii l’orgasmo montarmi dentro come una marea. Giuro che quando capii che stavo per venire tentai con tutte le mie forze di tacere, ma quell’ariete che andava e veniva senza sosta nel più profondo di me e che, alla fine, mi esplose dentro inondandomi di un caldo e denso torrente, me lo impedì, e mi fece scoppiare in un lungo ululato di piacere sotto gli occhi increduli di quelli che ci guardavano.Ma a me non importava già più niente di tutti loro: godevo, ed era questa l’unica cosa veramente importante.Quando tutto fu finito, Paul mi prese amorevolmente in braccio e mi riportò in camera da letto, depositandomi delicatamente sul letto e baciandomi teneramente le labbra.* Che ne diresti di uscire a mangiare qualcosa? — proposi allungandomi sul letto.Era quasi ora di cena e un leggero languore mi stuzzicava lo stomaco. Paul si alzò pigramente e dopo avermi dolcemente deposto un bacio sulle labbra disse di non muovermi, che avrebbe pensato lui alla cena. Ne approfittai per farmi una doccia veloce e poi tornare a gettarmi sul letto sfatto, godendomi fino in fondo quel particolare momento di tranquillità, più unico che raro dovendo vivere ormai da qualche mese con un uomo come Paul. Poco dopo lui tornò e, senza tanti preamboli mi ordinò di togliermi l’accappatoio e, nuda, di sedermi sul letto.Lo guardai stupita.* Cos’è, un altro nuovo giochino? — chiesi.* Ti sembro uno che abbia voglia di giocare? — domandò lui di rimando con voce dura, sistemandomi alcuni cuscini dietro la schiena.* C’è forse qualcosa che non va? — insistei timidamente, ben sapendo quanto fosse pericoloso contraddirlo, quando aveva simili sbalzi d’umore.* Sta’ zitta! — rispose.Si tolse dalla tasca dei pantaloni un paio di manette d’acciaio e senza esitare mi agganciò i polsi alla testata del letto.* Io non credo di aver voglia…-protestai ormai stanca di quel suo insopportabile modo di agire.* Non credo che tu abbia molta scelta! — tagliò corto, per poi andarsene senza neppure ascoltare le mie ragioni.Ero furente!Non riuscivo a credere di essere stata proprio io, di mia spontanea volontà, a scegliere di vivere con un uomo simile.Come potevo accettare e sopportare simili trattamenti?Mi sentivo umiliata e frustrata. A lui non interessava minimamente cosa desiderassi, teneva conto unicamente del proprio piacere, e delle proprie voglie.* Maledetto despota, arrogante e presuntuoso fino alla nausea! — mormorai stizzosamente.-Giuro che non appena mi libera lo prendo a calci nelle palle e poi me ne vado per sempre.-E in quel momento ero seriamente intenzionata a portare a termine il mio proponimento. Ero stanca di subire i suoi atteggiamenti da dominatore, le sue decisioni autoritarie, le angherie e la violenza incontrollata. A volte mi faceva paura, pareva esser capace di tutto, di qualunque gesto che potesse soddisfare la sua voglia di dominio. Mi abbandonai contro i cuscini, con gli occhi chiusi, convincendomi che non era più accettabile una simile situazione. Gli avrei parlato, gli avrei spiegato che il gioco non era più divertente, che si era spinto troppo oltre ormai, che non era nei patti che lui decidesse come e quando scoparmi, infischiandosene delle mie emozioni, trattandomi alla stregua di una puttana da superstrada. Non sarei mai stata la schiava di nessuno, nemmeno per gioco: di questo doveva convincersene. E se non lo avesse capito, se ottusamente avesse continuato a considerarmi una sua proprietà, un oggetto da usare a suo unico piacimento, ebbene, allora non avrei avuto altra scelta che andarmene per sempre, senza voltarmi indietro. Sentii dei passi che si avvicinavano strusciando sulla moquette: bene!Respirai profondamente e mi preparai al discorso e all’inevitabile scontro, ma quando aprii gli occhi, inaspettatamente, mi trovai di fronte Juliette, la giovane cameriera, che mi guardava con aria indecisa, reggendo il vassoio della cena.Arrossii fino alla radice dei capelli per l’umiliante situazione, tentando di spiegarle che Paul non mi aveva avvisata della sua presenza: ma a cosa sarebbe servito? Era stato certamente lui a mandarla da me, perchè mi vedesse in quelle condizioni: nuda, vulnerabile, incatenata al letto come una schiava e costretta a subire lo sguardo incredulo, ma anche divertito, della domestica.* Che succede? Non avevi fame tesoro? — mi domandò lui entrando nella stanza tutto allegro.Lo guardai con occhi che mandavano lampi.* Maledetto figlio di puttana, — sibilai tra i denti, — slegami immediatamente! –Per tutta risposta lui si mise a sghignazzare divertito, mentre Juliette restava in silenzio ma visibilmente confusa. Lui le tolse il vassoio dalle mani, lo sistemò sul letto e cominciò a tagliare la carne, poi mi chiese di aprire la bocca per imboccarmi.Ma davvero credeva che avrei accettato il suo gioco di buon grado? Che lo avrei lasciato fare, come sempre, anche in presenza di un’estranea?* Avanti mangia! — disse quando mi rifiutai di aprire la bocca.* Lo sai dove te lo puoi ficcare quel coso?! — esclamai io di rimando, strattonando i polsi nel vano tentativo di liberarmi.Lui tornò ad accostarmi la forchetta alla bocca.* Ubbidisci! — sussurrò e il suo tono non fece che accendere ancor di più la rabbia e l’odio che avevo dentro.* Va’ a farti fottere! — gli esplosi in faccia sferrandogli un calcio che mandò all’aria vassoio e stoviglie. Mi guardai attorno stordita: tra l’urlo di Juliette e le pietanze che erano volate in aria per poi ricadermi addosso e insudiciarmi tutta, non mi ero neppure accorta del violento schiaffo con cui mi aveva colpita Paul.Lo fissai sbigottita mentre lui mi intimava di non fare mai più qualcosa di simile.* E ora mangia! — urlò premendomi la testa di lato, sui cuscini, perchè raccogliessi con la bocca ciò che restava della cena.Tentai di scrollarmelo di dosso, di liberarmi dalla morsa delle sue dita sulla nuca, ma fu inutile: probabilmente sarebbe stato disposto anche a spezzarmi il collo pur di vedermi cedere al suo volere. Notai lo sguardo incredulo della ragazzetta, a cui Paul doveva sicuramente aver offerto molto perchè gli fosse complice in una simile situazione, e allora irrefrenabili lacrime cominciarono a scendermi lungo le guance, lacrime brucianti, dolorose. Me ne sarei andata non appena mi avesse tolto le manette, questo era indubbio: lo odiavo con tutte le mie forze, così come non avevo odiato mai nessun altro in tutta la mia vita. Nessuno mi aveva mai fatto niente di simile, ferita così profondamente nell’orgoglio. Se solo avessi potuto immaginare che sarebbe finita così, certamente non lo avrei seguito a casa sua, nemmeno quella prima notte dopo la festa! Singhiozzando mi chinai verso i cuscini e raccolsi coi denti un pezzo di carne.Non avevo alcuna voglia di mangiare.Avevo lo stomaco chiuso ed ero certa che non sarei mai riuscita ad ingoiare il boccone, ma un nuovo schiaffo mi convinse a ubbidirgli, almeno perchè tutto ciò finisse presto.* Mangia, piccola stupida.-incalzò lui, mentre io tentavo di ingoiare la carne, ben conscia di avere gli occhi di lui puntati sulle labbra bagnate di lacrime e quelli di Juliette, fissi sul mio corpo nudo, lucidi di un’eccitazione che per un attimo mi fece trasalire, pensando che quella puttanella stava godendo per lo spettacolo che offrivo!Ora la stronzetta non pareva più intimidita dalla violenza di Paul, dalle possibili conseguenze del gioco pericoloso: ora sicuramente aveva la fica bagnata potendomi vedere incatenata come l’ultima delle serve, obbligata a mangiare come una bestia! E i suoi occhi erano diventati alteri, arroganti almeno quanto quelli di Paul.Facevano una bella coppia quei due: erano due esseri spregevoli in egual misura. Paul mi spinse la testa anche sulla crema di piselli sparsa sulle lenzuola che, così mi imbrattò i capelli e tutto il viso, riducendomi uno schifo unico!Non avevo più neppure il coraggio di alzare gli occhi per guardarmi nello specchio dell’armadio: ero sicura che ciò che avrei visto mi avrebbe procurato solo altra umiliazione.Questo però parve intuirlo anche Paul perchè mi afferrò i capelli sulla nuca e mi obbligò ad alzare la testa.* Guardati! Guarda quanto sei bella! — sussurrò poi con voce roca, stringendomi il collo fino a farmi urlare.Guardai angosciata l’immagine che mi rimandava lo specchio. Avevo gli occhi gonfi e rossi, un livido su una guancia, probabilmente provocato dalle sberle, e una poltiglia verde che insudiciava i miei bei capelli biondi e il collo, insieme al sugo della carne che mi era colato lungo il mento.Guardai anche i miei polsi incatenati, sanguinanti dopo tanto strattonare, e mi venne voglia di urlare, proprio mentre lui si chinava a baciarmi sussurrando che non ero mai stata così bella ed eccitante.Mi sembrava matto, allucinato, eppure non mentiva dicendo che mi voleva, perchè sentivo bene il rigonfio duro del suo cazzo che, attraverso i pantaloni, mi premeva sulla coscia nuda. Prese a leccarmi le labbra, il viso, ripulendomi a colpi di lingua dalla crema di piselli e dalle lacrime. Chiusi gli occhi e li strinsi forte sforzandomi di non cedere a quel calore languido che mi procurava il suo respiro affrettato sul collo, sulla gola, sul seno.” Non farlo, non farlo, non cedere!” ripetevo a me stessa come una litania, stringendo i pugni fino a farmi sbiancare le nocche, strattonando le manette perchè il dolore del ferro che mi tagliava la pelle mi impedisse di cedere al piacere, a quella voglia assurda e irrazionale che mi stava assalendo.E poi lo odiavo, senza mezzi termini, com’era possibile che nonostante questo, il mio corpo rispondesse alle sue carezze fremendo di desiderio? Come si può desiderare un uomo che ti fa soffrire, che sa far solo del male?Aprii gli occhi e mi guardai attorno: dovevo tornare alla realtà, ricordare l’umiliazione, ma mi trovai di fronte Juliette che lentamente si spogliava, mettendo in mostra due tettone giovani e rigogliose, fianchi generosi e un cespuglio folto, scuro e intricato tra le cosce pallide. Mi guardò con l’aria famelica del predatore che si sta avventando sulla vittima. Era ovvio che si sentisse forte e sicura e che volesse godersi fino in fondo quella rara posizione di predominio. Allungò una mano per sfiorarmi i capezzoli e vedendomi trattenere il respiro fece un sorriso cinico, quasi grottesco sul viso di quella ragazza che non poteva avere più di vent’anni!* Lasciami! — mormorai, non tanto perchè non mi piacessero le sue mani, quanto per il fatto che non volevo darle la soddisfazione di vedermi sconfitta e accondiscendente. Lei ridacchiò e per tutta risposta mi strizzò i capezzoli fino a farmi urlare.* Va’ via brutta puttana! — gridai allora scalciandola, ma un dolore improvviso tra le gambe mi paralizzò, impedendomi di mettere a segno il colpo.Abbassai la testa di scatto e vidi Paul seduto tra le mie cosce, con la parte finale di un mostruoso cazzo finto tra le mani e la punta completamente affondata nella mia fica.* Perchè non vuoi che anche Juliette si diverta? — mi domandò lui con una voce così dolce, paziente e innaturale che mi diede i brividi.* Perchè non vuoi diventare un godibile giocattolo anche per lei, così come quest’affare che ti fa sospirare lo è per me? — continuò spingendolo un po’ più dentro.Ansimai, pregandolo di fermarsi perchè altrimenti mi avrebbe di certo ferita! Aveva dimensioni mostruose quell’arnese che, più che attrezzo di piacere, pareva esserlo di tortura!Lui sorrise comprensivo e disse che tutto dipendeva da me: se fossi stata buona con loro si sarebbero comportati bene con me, altrimenti…..Mi guardò con occhi improvvisamente gelidi.* Altrimenti c’è ben peggio di questo! — esclamò vibrandomi una stoccata che mi penetrò per ulteriori dieci centimetri. E non era entrato nemmeno per la metà!A questo punto, ovviamente non sentivo più le gambe, nè tanto meno riuscivo a muoverle. Era come se quel grosso cazzo finto fosse andato a graffiarmi i muscoli che permettono di muovere i fianchi, il bacino e le cosce.Non potevo fare altro che restare immobile, oppure il dolore mi avrebbe intorpidito completamente la metà in feriore del corpo, quasi anestetizzandomi.* Pensa se te lo infilassi su per il culo! — mormorò gelido guardandomi fisso negli occhi.Mi sentii ghiacciare dall’orrore, percependo l’oscura minaccia insita nelle sue parole. Cominciai a sudare freddo al pensiero che potesse realmente mettere in pratica quello che mi aveva appena detto.Ero ancora vergine da quella parte. Nei mesi che eravamo stati insieme non aveva mai mostrato interesse per quella parte del mio corpo e se ora avesse cercato veramente di sodomizzarmi con quel mostruoso attrezzo dalle sembianze falliche ero certa che sarei uscita distrutta e squartata come una bestia portata al mattatoio.* Lo vedi com’è buona ora? — continuò Paul parlando a Juliette.-Ha paura a prenderlo nel suo culetto! E’ vero dolcezza? — disse guardandomi fisso negli occhi.* Vai Juliette, divertiti! — concluse.E lei si era gettata sulle mie tette e succhiava come una sanguisuga, mugolando per il gran godimento.* Sono bellissime e così succose! — mormorava di tanto in tanto.Poi quando si fu stancata e la sua fichetta divenne così impaziente che neppure le dita che si era ficcata dentro riuscivano più a soddisfarla, mi si sistemò sopra la faccia con le gambe larghe e abbassò la fessura di carne piena di umori sulla mia bocca.* Lecca bene, adesso! Ho tanta voglia di godere e farti bere il mio succo! — borbottò con la voce di una bimba capricciosa.Io guardai quella tana scura che mi si avvicinava, che mi copriva il viso fin quasi a soffocarmi e avrei voluto allungare subito la lingua, così come avevo sognato di fare tante volte. Avrei scoperto finalmente il piacere di slinguare una donna, ma questo lei non doveva capirlo. Io la odiavo, così come odiavo Paul, non avrei dato a nessuno di loro la soddisfazione di veddrmi infoiata come una porca dopo tante angherie. Così, invece che leccare, strinsi i denti e le morsi il clitoride gonfio come un piccolo cazzo. Lei lanciò un urlo da animale braccato poi, istintivamente, balzò indietro e mi guardò con occhi di fuoco. Balbettava dalla rabbia e ad un certo punto mi si lanciò contro come una furia.* Ora te la faccio passare io la voglia di essere tanto ribelle! — esclamò, quindi tolse dalle mani di Paul il rigido attrezzo e se lo fissò alla vita con le cinghie di cui era munito.Con una spinta cattiva mi costrinse a rotolare su me stessa e mi mise prona, facendomi gridare per il dolore violento ai polsi. La sentii sistemarsi dietro di me e dopo un attimo, terrorizzata, sentii che mi puntava quel coso mostruoso sul buchetto indifeso tra le natiche.Cominciai a urlare per la paura, mentre stringevo convulsamente le chiappe, ma la stronza con una stoccata che la fece gemere per lo sforzo, riuscì a introdurre la punta oltre lo sfintere procurandomi un dolore inaudito, intollerabile, mai provato prima, che mi fece rattrappire tutta e urlare ancora più forte. Mi sentii straziare l’ano e, incurante ormai del dolore ai polsi, cominciai a dare tremendi strattoni a rischio di spezzarmi qualche osso.Non tentai, però, di disarcionarla. Qualunque lieve movimento mi faceva boccheggiare di dolore, come se avessi un bastone rigido che mi perforava l’intestino. Così rimasi immobile, con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, sentendo il suo respiro affannoso mentre continuava a spingere e a introdurre lentamente e viziosamente quell’assurdo fallo dentro il mio culo. Il dolore a un certo punto si fece martellante, non resistevo più, mi sentivo trapassare da parte a parte e urlai, urlai e urlai come una bestia scannata, a squarciagola, a farmi scoppiare i polmoni. Non resistevo più a quella tortura atroce, quell’attrezzo mostruoso mi stava aprendo in due, letteralmente e credetti di morire.* Paul, la stronza sta sanguinando… l’ho spaccata! Che devo fare, mi fermo? — quelle parole mi giunsero attutite dal velo di torpore in cui la sofferenza mi aveva gettato e mi fecero ghiacciare il sangue nelle vene.* No dolcezza, — sentii Paul che rispondeva ridacchiando.-Sfondala pure che a lei piace! –La sentii riprendere a spingere e mi misi a piangere e a singhiozzare come una bambina, distrutta nel corpo e nello spirito, marchiata per sempre da quell’abominevole ignominia, da quell’ignobile e vergognosa profanazione che mi stava portando alla degradazione più abietta e allo schifo di me stessa.Vinta, rimasi alla fine immobile e non potei fare altro che prenderlo tutto dentro e poi lasciarmi fottere e trapanare da quella porca, scatenata come una furia disumana.Rideva oltretutto!Rideva di me, del fatto che mi lasciavo inculare, di come mi lasciavo rovistare le viscere sanguinanti senza più ormai scalpitare o ribellarmi. Alzai gli occhi e mi trovai Paul di fronte, coi pantaloni slacciati e il cazzo che gli si ergeva rigido e duro perpendicolarmente al ventre. Mi guardava fremendo, tanto era arrapato, bevendosi tutto il mio dolore che traspariva dal mio viso! Eppure non si spostava di un millimetro e lasciava che il glande rosso e ardente come un tizzone, mi sfiorasse la fronte e il naso.D’improvviso ebbi una voglia pazzesca di prenderlo in bocca sino in gola, di succhiarlo, di leccarlo lungo tutta l’asta fino a renderlo sensibile e impaziente. Volevo avere la bocca piena almeno quanto il culo!* Ti stai eccitando finalmente! — mormorò la troietta alle mie spalle smascherandomi subito.Trasalii, vergognandomi come una ladra scoperta con le mani nel sacco, ma non la smentii: del resto come avrei potuto? La mano di lei si era già tuffata a tastarmi la fica e mi aveva trovata calda e umida di desiderio.Il dolore al culo era sempre fortissimo, ma andava mitigandosi, trasformandosi in una nuova sensazione di piacere mai provata prima, che non era solamente voglia di fottere, ma anche desiderio di essere sfondata, riempita a forza. E il rendermi conto di essere eccitata dal dolore mi faceva arrapare ancora di più. Spalancai la bocca verso il cazzo duro di Paul e lo guardai con occhi imploranti.* Cosa c’è adesso amor mio? — domandò con tono ironico-Non dirmi che muori dalla voglia di succhiare il cazzo dell’uomo che ti ha legata, picchiata e fatta inculare, regalandoti come un bel giocattolo, alla propria domestica? –Mi chiesi anch’io la stessa cosa, ma fu la mia fica a rispondere per me, allargandosi abbastanza da accogliere un secondo rigido gingillo che Juliette mi ficcò tra le cosce e che mi fece addirittura delirare di piacere, tanto che, senza pensarci oltre, spalancai la bocca e mi presi sino in gola l’uccello di Paul. Quanta voglia ne avevo, nonostante tutto!Me lo lasciai scivolare fino alle tonsille, per succhiarlo interamente e poterlo stuzzicare a colpi di lingua anche più sotto, dove nascondeva un grappolo morbido e setoso. Lo sentii sospirare e muovere i fianchi incontro alle mie labbra e allora pensai di averlo in pugno, così come lui teneva me quando morivo di voglia. Staccai la bocca e lo guardai negli occhi.* E se ora mi rifiutassi di continuare? — domandai con aria di sfida.Lui stirò le labbra in una specie di cinico sorriso, poi si spostò alle mie spalle e andò a ficcarlo in bocca a Juliette che non chiedeva di meglio. Se lo prese in bocca per bene, leccandosi via anche la mia saliva, e poi allungò una mano per accarezzargli il culo e il buchetto più stretto, ma lui la bloccò all’istante con un gesto che la lasciò sbigottita. Oltre la mia spalla lo vidi stringere con forza il polso alla ragazza finchè non ebbe abbandonato la presa e allora mi immaginai dietro di lui, dopo averlo legato, impaziente di riservargli quel trattamento che tanto sembrava temere. Si, il solo pensiero mi fece rabbrividire di eccitazione. Se solo avessi potuto mettere lui su quel letto, col culo per aria per poi fargli quel “servizietto” che tanto pareva odiare! Ma io certo non mi sarei limitata al ditino di Juliette, io si che gli avrei fatto provare qualcosa di diverso, e avrei usato anche tutta la mano pur di vederlo urlare e dibattersi come avevo fatto io di fronte a lui. Ma i sogni purtroppo sono sempre così lontani dalla realtà! Lo vidi toglierle il cazzo di bocca, nonostante le sue suppliche e andarle alle spalle.* Paul, ma… ma cosa vuoi fare? — protestò quando lui l’afferrò per i fianchi e le puntò l’uccello contro il culo.Non le rispose e si limitò a vibrare una violenta stoccata che lo fece sprofondare per una buona metà in quelle carni, forse non vergini, ma sicuramente strette! Juliette cacciò un urlo terribile che mi rintronò nelle orechie e cadendo in avanti tornò a sprofondarmi il cazzo mostruoso nel culo e quello più piccolo nella fica, facendomi gridare appresso a lei per un dolore pazzesco misto a un piacere spasmodico. Avevo infatti una voglia pazza di godere ma avrei voluto Paul, il mio uomo, dentro di me e non un freddo e rigido giocattolo.La mia rabbia non faceva che aumentare mentre nello specchio guardavo Juliette, sofferente, che si agitava e si contorceva su di me, mentre Paul continuava a introdurle, con una smorfia sadica, il suo cazzo nel culo.Si lamentava e piangeva e sicuramente stava soffrendo terribilmente mentre Paul la sodomizzava, ma almeno era sfondata da un cazzo vero, caldo e palpitante.La odiai e odiai lui, che le dava la parte migliore di se infischiandosene della mia voglia, del mio desiderio e anche della rabbia di vedermi tradire sotto gli occhi con una puttanella da due soldi e che ora sembrava prenderci un gran gusto a sfondarmi violentemente, mentre lei si prendeva a sua volta nel culo delle gran botte di cazzo, sicuramente dolorose, che le facevano strabuzzare gli occhi e mordere il labbro gemente.Il dolore mi riprese fortissimo, stavolta in fondo all’intestino e tentai di dimenarmi, di liberarmi, ma lei mi afferrò i fianchi, si ancorò a me, affondando le unghie nella carne e il palo in fondo al mio retto e mi tenne incollata a se, così che ogni stoccata di Paul mi faceva sentire l’attrezzo di gomma infilarsi sempre più dentro il mio culo martoriato.Potei ben sentirlo, quindi, allorchè lui accelerò i colpi e vibrò insaziabile e impaziente in lei e lei in me.* Godete porche! — gridò Paul con voce roca.-Ululate insieme, voglio sfondarvi entrambe con un sol colpo! –E infatti poi vibrò l’affondo decisivo, quello che lo spinse fin dentro lo stomaco di Juliette che cacciò uno strillo acuto e, a sua volta, sprofondò coi suoi orpelli nel fondo delle mie viscere.Venni, nonostante la rabbia di dover sentire gli spasmi di Juliette che riceveva intanto le dense colate di sperma, il dolore inumano che mi martellava l’ano e lo sconforto di non riuscire a distaccarmi dal piacere morboso legato alla sofferenza.Mi girai a guardarli: erano l’uno sull’altra, ansanti, abbandonati alla calma che segue la voglia soddisfatta, completamente dimentichi di me che, seppur distrutta dal violento orgasmo, ebbi ancora la forza di prendere una decisione definitiva.Il mattino dopo me ne sarei andata per sempre.Paul se n’era andato. Mi aveva usata a suo piacimento per ore intere e poi, quando si era ritenuto soddisfatto, mi aveva abbandonata nelle mani di quella troietta di Juliette. Lo odiavo, come non avevo veramente mai odiato altri in vita mia, nonostante avessi la fica ancora fremente degli innumerevoli orgasmi. Anzi, forse proprio per questo, desideravo che tutto ciò finisse al più presto: per poter tornare a vivere e godere in una maniera più umana. Quel che lui era in grado di scatenare dentro di me era diabolico, era qualcosa di così prorompente e animalesco da spaventarmi veramente. Quanto avrei potuto resistere in simili condizioni? Divisa dal desiderio e dall’odio, dall’amore e dal rimorso?Avvicinai una mano al viso per ravviarmi i capelli, ma un dolore improvviso mi fece addirittura gridare. Voltai il capo e mi accorsi di essere stata nuovamente legata alla testata del letto, non più in alto ma ad un braccio solo e in una delle barre più basse. Lanciai una rapida occhiata ai miei polsi, coperti di abrasioni, tagli e grumi di sangue coagulato e poi voltai la testa disgustata. Sarebbero rimaste profonde cicatrici, ne ero certa. Sarei stata costretta a portare tutta la vita il marchio della follia di Paul e della mia pazzia per avergli creduto. Mi mossi cautamente nel letto sfatto e macchiato del mio sangue e sussultai violentemente per una fitta che mi arrivò come una stilettata dall’ano ferito.Ad un tratto mi accorsi che aveva lasciato i suoi pantaloni ai piedi del letto. Mi allungai disperatamente senza badare alle fitte dolorose che mi arrivavano dal polso legato e con la punta del piede riuscìì ad agganciarlo e a trascinarlo verso di me. Infilai la mano libera nelle tasche e trovai la chiave delle manette. Finalmente fui libera!Scesi dal letto e andai nel bagno attiguo a darmi una lavata veloce al viso e alle mani, dovevo fare in fretta. Tornai nella camera da letto, aprii l’armadio e stavo prendendo un vestito e un paio discarpe, poi vidi la borsa.L’aprii incuriosita e di fronte al contenuto un brivido freddo mi serpeggiò lungo la schiena. Con un misto di orrore e di inquietante eccitazione vi frugai all’interno e scoprii una lunga frusta di cuoio, un gatto a nove code e poi catene, manette, corde molto resistenti, un astuccio pieno di lunghi spilloni e lo stesso cazzo di gomma che Juliette aveva usato per sfondarmi il culo.C’era proprio tutto: tutto ciò che aveva contribuito a fare della mia vita un’interminabile serie di follie e depravazioni. La rabbia mi assalì nuovamente e più impetuosa che mai. Potevo veramente andarmene e dimenticare tutto come se non fosse mai accaduto?No non potevo. Le cicatrici delle manette mi sarebbero rimaste impresse sui polsi per il resto della mia vita e il mio culo sarebbe rimasto sfondato per molto tempo ancora. Come avrei potuto dimenticare le punizioni o le umiliazioni subite?Chi mi avrebbe ripagata delle lacrime, del dolore, della sofferenza patita?Tornai sul letto, mi riagganciai le manette ma non chiusi lo scatto. Mi accoccolai sul letto, dopo aver nascosto per bene un altro paio di manette sotto il cuscino, poi attesi.Attesi in silenzio, senza muovermi, senza quasi fiatare, e il tempo mi parve dilatarsi all’infinito e divenire immobile.Poi, forse dopo ore, udii finalmente un rumore nell’ingresso. Abbassai la testa sul cuscino e feci finta di dormire. Lo sentii entrare, avvicinarsi, probabilmente guardarsi attorno.Non mi mossi.Lui si sedette al mio fianco, mi accarezzò dolcemente, mi sfiorò le escoriazioni lasciatemi dalla sua furia. Mi sforzai di non aprire gli occhi, di continuare a fingere, ma un brivido leggero mi fece tentennare nei miei propositi. Cosa stava facendo? Possibile che riuscisse sempre, immancabilmente, a cambiare atteggiamento proprio quando io avevo più bisogno del suo cinismo e della sua cattiveria per tener fede ai miei propositi?* Lo so che sei sveglia! — sussurrò, e allora non potei più mentire. Aprii gli occhi e mi voltai lentamente verso di lui.Aveva un’aria così dolce: possibile che fosse lo stesso uomo che se ne era andato la sera precedente?Si chinò a baciarmi, ad abbracciarmi, e allora ci rotolammo nel letto dolcemente, come antichi amanti, giocando ingenuamente, finchè io non riuscii a trarre silensiosamente le manette da sotto il cuscino e a fargliele scattare intorno ai polsi!Paul si girò su se stesso come una biscia, non appena sentì lo scatto di quei rigidi braccialetti di metallo. Io fui ancora più veloce, e quando fece per liberarsene, li avevo già agganciati all’altro paio legato alla testata del letto. Balzai giù dal letto e rimasi in centro alla stanza ad osservarlo in silenzio. Inutilmente tentò di liberarsi del freddo acciaio, imprecando e lanciandomi occhiate furenti.* Piccola puttanella! — sibilò a denti stretti.Per un attimo ebbi veramente paura che riuscisse a liberarsi e quindi a farmela pagare cara, ma poi mi convinsi che le manette erano ben resistenti e le chiavi in un nascondiglio sicuro.* Sei in trappola.-sussurrai allora con gli occhi lucidi di eccitazione e il respiro corto.-E sarai libero solo quando, io, lo vorrò! –Lui mi guardò serrando i pugni rabbiosamente poi, con un sospiro, si lasciò cadere sul letto.Il suo volto si distese improvvisamente. Non disse nulla, pareva attendere. Aprii l’armadio e trascinai fuori la borsa con le fruste. Presi il gatto a nove code e mi avvicinai a lui, cautamente, guardinga.Feci schioccare le sottili strisce di cuoio in aria, minacciosamente, ma lui non si mosse. * Potrei farti a pezzi, lo sai? — gli domandai con un nuovo colpo di frusta che andò a sfiorargli la gamba. * Potrei ridurti molto peggio di quanto tu non abbia fatto a me, e goderne. Potrei masturbarmi di fronte al tuo cazzo, a quel tuo cazzo vorace che tante volte hai usato come un attrezzo di tortura, dopo averlo fatto sanguinare. Potrei non permetterti più di scopare un’altra donna solo stritolandotelo con queste! –E così dicendo tolsi dalla borsa le lunghe e pesanti catene con cui ero stata incatenata i primi giorni che stavo con lui.* Oppure che ne diresti di questi spilloni conficcati là sotto, nei coglioni, dove si annida tutto l’arrapamento che ti trasforma in una bestia sadica e impietosa! — gridai quasi alzando in aria la frusta per colpirlo proprio sul viso.Lui si voltò di scatto, mi guardò negli occhi e mi scrutò in profondità, sfidandomi silenziosamente.* Avanti, che aspetti! — disse con voce rauca.-Fallo, vendicati. Ora sei libera di farmela pagare, di ricambiare tutto il male che ti ho fatto in tutti questi lunghi giorni! –Lo guardai confusa e sbigottita: mi stava provocando ad arrivare fino in fondo! Perchè?* Sono qui, legato, nelle tue mani, — disse-e tu non hai mai sopportato il mio modo di comportarmi, la mia violenza, la mia malvagità. Non hai mai sopportato che ti trattassi come una puttana, o peggio, come un oggetto.-Mi tremava la mano con cui tenevo la frusta ma ero impaziente di abbatterla su di lui e di picchiare con tutta la forza e la rabbia che avevo in corpo, sino ad obbligarlo a chiedere pietà. Lui guardò il mio braccio indeciso, sospeso, a mezz’aria.* Avanti!.. Sono io, il tuo carceriere, non ricordi?! — gridò.E allora con un gemito gettai a terra la frusta e, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime di rabbia, frugai velocemente nella borsa. Presi il grosso cazzo con cui Juliette mi aveva sodomizzata e me lo legai in vita così come avevo visto fare a lei. Poi mi avvicinai a Paul.* Ti farò male questa volta, — gli dissi-molto male.-* Certo, — rispose lui-se credi che questo potrà liberarti di me.-Lo guardai senza capire, senza riuscire a stabilire se stesse solo cercando di farmi rinunciare al proposito, oppure parlasse con convinzione.* Certo che mi libererò di te! — dissi-Ti userò per il mio piacere e poi ti dimenticherò.-Lui fece un ghigno cattivo. * Non ti libererai mai di me per il solo fatto che sarai tu a non volermi lasciare! — mi rispose.”Al diavolo!” pensai, non dovevo ascoltarlo, stava solo cercando di farmi cadere nella sua trappola.Ma perchè poi si comportava in quel modo e insisteva con quel tono irritante e autoritario?Balzai sul letto e lui non tentò di scalciarmi o allontanarmi: rimase immobile a guardarmi. * Ecco, dimostra chi è il più forte! — disse fissando quel nerboruto arnese che mi pendeva davanti al ventre.* Non esitare. Devi solo ripensare a qualche ora fa. Ricorda la sofferenza fisica, il dolore, il piacere conquistato solo a fatica e rabbiosamente. Ricorda la violenza di cui eri vittima, ricorda soprattutto che eri la mia vittima! –Mi presi il grosso cazzo cazzo finto in mano, lo tenni dritto vicino al suo, duro come il granito. Potevo farlo. Sapevo che sarebbe stato sufficiente farlo voltare e poi sprofondarglielo dentro, per sentirlo urlare e vederlo artigliare il cuscino come avevo fatto io tante volte ma…Lo guardai persa e assurdamente triste.Cosa avrei fatto senza di lui, senza la sua presenza incostante ma sicura, senza i suoi desideri sadici ma autentici, folgoranti? Cosa avrei fatto senza la sua rabbia, la sua voglia di avermi sempre, di dimostrarmi chi dettava le regole e chi le accettava incondizionatamente? Chi avrei atteso consumandomi di nostalgia e angoscia, di speranza e di terrore? Come avrei potuto andare avanti senza il bruciore delle sue frustate, la paura di un addio definitivo che, in ogni istante, mi faceva sentire viva: che rendeva il mio corpo attento, sensibile anche alle piccolezze?!* Ti odio! — urlai stizzosamente, poi mi strappai di dosso quel voluminoso gingillo e lo scagliai sul pavimento.* Va’ a prendere la chiave delle manette e liberami subito! — disse senza ammettere ripensamenti.Mi alzai in piedi di scatto e corsi al mobiletto dove le avevo riposte, tornando subito da lui. Infilai la chiave nella piccola serratura e in un attimo fu di nuovo libero. Sorrisi convinta che mi avrebbe abbracciata subito e invece mi ritrovai all’istante lunga e distesa sul materasso, intontita da un violento schiaffo.* Non provare mai più a fare una cosa simile! — sibilò lui, furente di rabbia.-La prossima volta potrei non essere dell’umore adatto per perdere tanto tempo in chiacchere a vanvera! –Poi mi infilò ai polsi le manette e le serrò. Lo guardai mettersi in tasca la chiave, raccogliere da terra la frusta e farla schioccare tra le mie cosce dischiuse.* Questo perchè non ti dimentichi che odio certi assurdi giochini e che non sono tenuto a tollerare questi scatti d’insofferenza.-Di nuovo la grossa striscia di cuoio calò pesantemente sul mio ventre.Gridai ma servì a ben poco.Continuò a sfogarsi sul mio corpo già abbastanza martoriato e quando ne ebbe abbastanza mi girò sul ventre, mi legò le caviglie al fondo del letto ed uscì dalla stanza.Lo sentii trafficare in cucina, accendere il forno a gas e poi tornare da me. Non disse nulla, si limitò a tuffare il viso tra le mie natiche e a slapparmele con ingordigia. Pareva volermi divorare mentre spingeva la lingua su e giù per il solco rosato e poi la tuffava nello stretto pertugio, deflorato appena poche ore fa, forzandolo delicatamente e ripulendolo del sangue raggrumato.* Apri le cosce! — sussurrò con voce roca.Ubbidii mentre il bruciore delle frustate sul ventre veniva lentamente sostituito dal piacere che lui sapeva dispensare, pervadendomi fino a farmi sospirare di desiderio.* Aspettami qui, — disse-torno subito.-Chiusi gli occhi, abbracciando il cuscino così come avrei voluto stringere lui.Era stato veramente un errore credere che avrei potuto fuggire e dimenticarlo: lui era già parte di me, così come il dolore faceva parte ormai della mia vita. Non mi sarebbe più parso tanto strano essere frustata ogni mattina, quanto non aver nessuno che lo facesse. Il gioco, quello che, almeno all’inizio della nostra convivenza, avevo ritenuto solo un gioco erotico, si era spinto troppo oltre per poter tornare indietro.Mi accorsi che era tornato alle mie spalle. Sorrisi, ma prima che potessi voltare la testa già lui aveva calato il ferro rovente sulla mia natica sinistra. Udii distintamente lo sfrigolio della pelle e poi l’odore di carne bruciata, dolce da dare la nausea. Poi, come da molto lontano, sentii me stessa urlare.Infine tutto divenne buio e svenni.Quando riaprii gli occhi la prima cosa di cui ebbi coscienza fu un corpo caldo contro il mio, poi giunse il dolore, violento e inaspettato come una sferzata, e non riuscii a trattenere un gemito. Paul si svegliò, mi liberò del suo abbraccio e mi guardò mentre allungava una mano per sfiorarmi la parte dolente.* Cosa mi hai fatto? — sussurrai.Allora lui si alzò, andò nell’altra stanza e tornò con uno specchio ovale. Me lo appoggiò dietro la schiena e lo regolò finchè non riuscii a vedervi riflesso il mio culetto e il monogramma che lui vi aveva marchiato a fuoco: una P e una M intrecciate da una frusta.* Hai marchiato le tue iniziali sulla mia carne, — dissi ancora incredula-come fossi una bestia! –Lui mi zittì.* Non una bestia, ma una mia proprietà! — specificò.Poi mi fece scivolare la mano sul seno, sui capezzoli gonfi, sul ventre percorso da decise striature rosse e, infine, me la tuffò tra i riccioli biondi del pube.Sospirai non appena le sue dita mi aprirono piano le grandi labbra e vi penetrarono adagio, ma in profondità. Tesi le mani verso il cazzo duro e solo allora mi accorsi di non avere più addosso nè manette, nè catene.Poi lui raccolse dal pavimento il grosso cazzo di gomma e me lo porse.* Oh no! — esclamai scuotendo la testa e tirandomi indietro come per non volerlo neppure sfiorare.-Non voglio più ribellarmi, non voglio più disubbidire. Voglio quello che vuoi tu. Anche questo, se è ciò che desideri.-dissi sfiorando il marchio ancora bruciante.* Questo è quello che voglio! — rispose Paul tornando a porgermi il grosso cazzo.-Fallo, o assaggerai ancora la frusta! –Non riuscivo a capire, non potevo crederci.Perchè ora mi obbligava a fare qualcosa che però prima mi aveva impedito a colpi di frusta? E perchè proprio quel gesto che aveva sempre dimostrato di non sopportare?Ubbidii di fronte al suo sguardo severo e deciso e allora mi legai in vita il rigido gingillo e mi chinai dietro di lui. Per un attimo fui tentata di ammorbidirlo a colpi di lingua, di prepararlo, ma poi un desiderio prepotente e violento, qualcosa di veramente sadico, mi spinse a seguire il suo ordine, senza dargli il tempo di ripensarci.Mi insinuai in ginocchio tra le sue cosce, puntai la grossa cappella contro il suo sfintere e poi con un deciso colpo di reni glielo spinsi dentro. Lo sentii contrarsi, irrigidirsi ma non un solo gemito gli sfuggì di bocca. Teneva duro. Allora di nuovo glielo spinsi dentro, affondandolo ancora di più e nuovamente lui sobbalzò. Ecco, finalmente potevo fargli male, potevo prenderlo veramente.* Sei mio!… Si!… miooo!!…-ansimai sopra la sua schiena e poi finalmente gli fui tutta dentro, spingendolo con violenza nel suo budello serrato. Ansimò ma non cedette e così io, spinta ormai da una furia cieca e indomabile, presi a stantuffarlo con forza, a rovistarlo senza la minima pietà. Ora sapevo di fargli male, di esser addirittura maldestra nei movimenti, ma era proprio ciò che volevo e l’eccitazione sembrava colpirmi direttamente al cervello rendendomi folle e insaziabile. Avevo la fica gonfia come un frutto maturo e il clitoride, su cui poggiava il cazzo di gomma, gonfio e teso. Ogni stoccata nel culo di Paul mi mandava brividi direttamente lì, sul punto più sensibile, tanto che ad un tratto non seppi più dominarmi.* Prendilo tutto, ecco, ti fotto! — gridavo affannosamente.-Ti sfondo, ti riempio! — dissi con un rantolo e allora, finalmente, lo sentii gemere, sospirare e lasciarsi andare all’orgasmo insieme a me.Gridavo ancora quando lui mi gettò sul letto con una spinta e mi strappò di dosso il cazzo di gomma.* Apri le cosce, porca, — sibilò-e fatti sfondare! –Così spalancai le gambe sotto di lui e lo guardai cacciarmi dentro l’affare che io avevo usato per trapanargli il culo, poi si prese in mano il cazzo umido di sborra ma ancora duro, e lo ficcò insieme all’altro dentro la mia fica allargata. Urlai e mi dimenai ma lui fu veloce a spingermeli nell’utero entrambi, fino all’elsa, con un colpo di reni.* Aaaaaaahhh!!… Mi spacchi, mi distruggi!…-implorai e questa volta ero certa che mi avrebbe realmente fatta a pezzi.Ma lui non si tirò indietro e mi aprì le gambe con entrambe le mani perchè mi lasciassi penetrare ancor di più. Non potevo credere a quel che mi stava facendo, non riuscivo a immaginare come avrei potuto sopravvivere a tutto ciò. Mi sentivo letteralmente lacerata, spaccata, sfondata a viva forza, come se quei due pistoni mi fossero giunti fino allo stomaco. Eppure non allungai le mani per allontanarlo, per dibattermi, ma alzai le braccia sopra la testa, afferrai con entrambe le mani la sbarra del letto e tornai a guardarlo. Non avevo più catene ai polsi ma ugualmente rimasi immobile e urlante a farmi sfondare la fica. Non avevo bisogno di essere incatenata per scegliere di fare solo ciò che lui desiderava.Lo capì. Lo vidi gemere, rabbrividire di goduria e poi venire dentro la mia vagina e riempirmi di un getto di sborra rovente.* Ti amo, mia piccola troietta bionda! — mi sussurrò all’orecchio.”Anch’io!! avrei voluto urlargli e invece rimasi a gurdarlo fisso negli occhi senza parlare. Dopo lo guardai rialzarsi lentamente, tirarmi fuori entrambi i cazzi e mostrarmene le cappelle rosse e appiccicose. Non mi mossi, e solo quando mi diede il permesso di farlo riabbassai le braccia per asciugarmi il sangue che mi colava lungo le cosce.
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