L’anno scorso alla chiusura del bilancio aziendale, il mio commercialista storico mi fece una confidenza: “Devo annunciarti una novità, ad aprile mi trasferisco in Brasile, il mio contributo alla società civile è finito, voglio cambiare vita, con i soldi che ho guadagnato fino ad ora posso permettermelo e lo faccio”. Della serie grazie e arrivederci. Ho dovuto trovare un altro consulente, ho cominciato a chiedere in giro tra amici e conoscenti e alla fine la mia scelta è ricaduta sul commercialista di Paola. Spesso la mia amica mi aveva parlato di lui, secondo lei era bravo, coscenzioso, e soprattutto carino, ogni tanto l’avevo sentita dire “ha due occhietti innocenti!”. Non che per me fosse importante, io pensavo solo ad affidargli i miei affari, ma la sua attività andava a gonfie vele e ogni anno pagava meno tasse di me quindi perché non provare. Telefonai per prendere un appuntamento, la vocina irritante della sua segretaria mi fissò un incontro per quella sera stessa. Il palazzo era il classico vecchio stabile abitato dalla borghesia milanese negli anni trenta, soffitti alti, stucchi e scale decrepite ma lo studio era bello, qualche nota di modernità rendeva l’ambiente più umano, ma il tono austero rimaneva tangibile. La proprietaria della vocina irritante mi accompagnò nello studio del suo titolare “Dottore è arrivata la nuova cliente, posso farla accomodare? Mi scusi, se non ha più bisogno di me io andrei a casa per questa sera”. Mi venne incontro un ragazzo giovane, poco più che trentacinquenne, non so perché ma mi aspettavo un professionista affermato di mezza età, la prima cosa che notai fu che quelli che mi erano stati descritti come “occhietti innocenti” erano in realtà protagonisti dello sguardo penetrante di un uomo sicuro di sé. – Caspita pensai per essere poco più di un ragazzino ha un bel carisma il dottore. Entrai nel suo studio ma non mi sedetti subito , finsi di curiosare tra gli scaffali della sua libreria, era solo una scusa per permettergli di guardare bene le mie calze velate con tanto di tacchi a spillo che avevo indossato, non erano per lui, avrei raggiunto degli amici per l’aperitivo in uno di quei localli trendy che vanno tanto di moda a Milano, ma dopo averlo visto ero contenta di aver fatto quella scelta così sexy. Andrea, così si presentò, senza specificare il cognome, d’altronde era inciso sulla targa sotto al portone, aggiunse anche “Diamoci del tu, dovremmo essere coetanei”. Purtroppo per me, io avevo un paio d’anni di più, ma senza sottolineare questo particolare, passai volentieri al tu. “Paola la mia amica mi ha parlato molto bene di te, ho bisogno di un consulente fiscale e forse puoi aiutarmi. “Certo, sarei proprio felice di farlo, di cosa si occupa la tua azienda? Bla bla bla bla… “. Ogni tanto il suo sguardo veniva catturato dal monitor del pc, così distrattamente, ma mi incuriosiva la sua perseveranza, esattamente ogni due, tre minuti buttava l’occhio. L’occasione si presentò quando qualcuno citofonò. “Scusami, devo scendere un’attimo a ritirare una busta, sai qui in centro il problema dei parcheggi… faccio una volata e risalgo, ci sono delle riviste se vuoi”. Gli sorrisi e lo lasciai uscire, bene potevo curiosare sul suo monitor, feci il giro della scrivania e diedi un’occhiata. Manettevere.net “I bassifondi del sadomaso” – Però, pensai, hai visto che sorpresa il nostro commercialista- Conoscevo molto bene quel sito, qualche anno fa, lo frequentavo regolarmente, poi mi ero messa con Giovanni e avevo smesso di pellegrinare, sono stata sempre convinta che se cerchi un’avventura sadomaso non puoi trovarla su una chat, e difatti non avevo mai avuto un’avventura sadomaso. Le mie fantasie di sottomissione avevano trovato sfogo solo in attività onanistiche. Feci in tempo a leggere il suo nick e sentii risalire l’ascensore, Felino stava tornando. La conversazione cambiò tono, ero a disagio, continuavo a tenere lo sguardo basso uno strano languore si era impossessato dei miei lombi. Gli spiegai bene quali erano i miei giri d’affari e rimandai il seguito alla prossima occasione. “Bene, Andrea sei stato molto disponibile ma devo proprio andare, tornerò per portarti tutta la documentazione in settimana ” – Invece avrei voluto dirgli “Bene felino, hai qui una gattina pronta a tutto” – ma non era il caso e me ne andai. Il giorno dopo appena arrivata in studio mi collegai a internet …www.manettevere.net, scelsi un nick in tema: “Preda” e andai sulla sua pagina personale – Master, 38 anni, appassionato di cagnette. – Che strano, un felino che si appassiona alla razza meno amata dai suoi simili, gli mandai un messaggio personale: – Sono una slave, inesperta, posso essere la tua preda virtuale?- La risposta arrivo solerte: “Ti aspetto in chat, alle 16.30, ciao cagnetta”. Le mie mutandine di voille nero si bagnarono all’istante. Dovevo aspettare le 16.30, misi la sveglia del mio cellulare per non scordarmi e attesi, non feci niente, non riuscivo a concentrarmi, non vedevo l’ora di chattare con lui. Avevo avuto esperienze del genere nei tempi passati, ma non avevo mai trovato il master che avesse veramente fatto scattare qualcosa in me e poi la paura, il timore di accettare un incontro con qualche psicopatico mitomane mi aveva sempre inibito da incontri reali. Questa era la mia occasione, ero in anonimato ma sapevo con chi stavo trattando. Le 16.30 sulla chat di Manettevere: Felino: ciao, ci sei preda? Preda: si, ci sono Felino: allora, cosa vorresti da me cagnetta? Preda: essere educata, ne ho bisogno. Felino: se sei una neofita io non vado bene Preda: perché? Felino: sono molto esigente Preda: ah! Felino: ci stai ripensando? Preda: non saprei, forse ho bisogno di tempo, potremmo conoscerci meglio… Felino: non ho tempo da perdere, di dove sei? Preda: Milano Felino: una cosa positiva ce l’hai Preda: non solo quella Felino: raccontami di te Preda: ho 39 anni, sono mora mediterranea Felino: hai un padrone? Preda: no Felino: lo hai mai avuto? Preda: no, ti ho detto sono una neofita Felino: cos’ hai da offrirmi Preda: la mia sottomissione Felino: bene, potrei essere interessato ma da ora in poi per me sarai “cagnetta” Preda: va bene Felino: va bene padrone, impara a rispondere come si deve Preda: va bene padrone… E così diventò il mio padrone virtuale, passammo circa un’ora al giorno in chat, chiedeva continuamente di incontrarmi di persona ma io non mi sentivo pronta. Un giorno mi diede il suo numero di cellulare – “Chiamami, voglio sentire la tua voce” Feci passare un paio di giorni e poi… #31# lo chiamai, temevo che mi riconoscesse, mi chiese un’appuntamento in un caffè. “Così, due chiacchiere tra amici”. – “E se ci conosciamo? E se scopriamo di essere conoscenti?” – “Saremmo comunque nella stessa barca, non ci trovo niente di strano”. Mi tranquillizzò lui. Pensavo spesso a lui e alle nostre chiacchierate, le sue fantasie coincidevano con le mie, quando mi descriveva la situazione che desiderava vivere con me parlava di corde, mollette, dilatazioni e soprattutto di collare e guinzaglio, ecco perché mi chiamava cagnetta, desiderava portarmi al guinzaglio e quel che è peggio, lo desideravo anch’io. Un dubbio mi tormentava e dovevo decidere in fretta, andare nel suo studio come cliente e rivelarmi, o vederlo in un bar del centro e fingere la coincidenza? Dopo una notte agitata, decisi per la prima ipotesi. Presi appuntamento con la sua segretaria, chiesi gentilmente di poter andare nel tardo pomeriggio: “E’ possibile come ultimo appuntamento signorina?” – “E’ possibile certo signora, il dottore è libero alle 19, potrebbe andare?” – “Andrebbe benissimo”. Inviai un messaggio a Felino: “Ciao padrone, la tua cagnetta ha una novità, vediamoci in chat alle 19.30 a presto”. Presi il pomeriggio libero, avevo bisogno di concentrarmi, di pensare, di prepararmi. Non volevo passare per una ninfomane sguaiata quindi abbigliamento chic, camicetta in seta chiara senza maniche, gonna longuette nera e giacca rosso lacca con alamari di seta nera stile giapponese, scarpe col tacco a spillo nere. La mia attenzione maggiore andò all’intimo, essendo io un’appassionata di intimo di classe e avendo poche possibilità di esibirlo – quale occasione poteva essere migliore di questa? Scelsi un completo di pizzo nero, culotte e reggiseno, il perizoma mi sembrava scontato, sottoveste di voille sempre nera e calze autoreggenti color miele, uno schianto. Alle 19 in punto varcai la soglia dello studio del mio commercialista, “Andrea, il Felino” la segretaria era già uscita, mi fece entrare l’ultimo cliente che usciva. Mi avviai lungo il corridoio e davanti alla sua porta mi bloccai, il panico. Non ero così sicura di me, una cosa era chattare un’altra affrontare la situazione di persona, veramente ero anche tanto intrigata ed eccitata. “Posso entrare?” – “Certo, ti stavo aspettando, che piacere vederti” Si alzò venendomi incontro, il sorriso, quello sguardo, le mie culotte già umide. Mi accomodai davanti a lui, mentre parlavamo di lavoro continuava a guardare l’orologio. “Stai aspettando qualcuno?. Chiesi. “No scusami, non proprio”. “Se hai qualche impegno importante non farti scrupoli, posso tornare quando vuoi”. Mi sorrise, “rimani pure, devo solo fare una cosa importante verso le sette e mezzo col computer, per il resto del tempo sono tutto tuo”. Stava arrivando il momento, dovevo cominciare a giocare a carte scoperte: “Stai aspettando una sorpresa?” Mi fissò sorpreso. “Cosa vuoi dire?” “Niente di particolare, sono solo un po’ gelosa, ogni volta che vengo nel tuo studio, hai occhi solo per il tuo monitor”. “Ti sbagli, ho notato quanto sei sexy appena ti ho vista”. “Ho l’impressione che serve altro per attirare il tuo sguardo Felino” Sottolineai volutamente la parola Felino. Alzò lo sguardo interrogandomi con gli occhi. Calò all’istante un silenzio pesante. Attesi qualche istante e poi con lo sguardo basso dissi: “La tua sorpresa è già qui Felino”. Si alzò di scatto, venne dietro di me e prendendomi per i capelli mi costrinse a guardarlo negli occhi “sei tu la mia cagnetta quindi, che bella sorpresa”. Brividi corsero lungo la mia schiena, i miei capezzoli si sentirono chiamati in causa e si inturgidirono prepotentemente. Niente di tutto questo passò inosservato agli occhi del mio, finalmente padrone reale. “In ginocchio, non ho mai visto una cagna seduta”. Mi inginocchiai, gli occhi lucidi di eccitazione, lo vidi tornare dal suo lato della scrivania, aprire un cassetto e tornare verso di me con un collare agganciato ad un guinzaglio. Non era un oggetto per animali, era di pelle rossa lucida con le parti metalliche dorate. “Ecco, finalmente, così ti ho desiderata per tanto tempo e così starai per il tuo padrone, un giorno poi faremo un discorsetto intimo e mi racconterai come è andata veramente, ora non mi interessa, ho altro da fare”. Mi tirò verso il divano dello studio, più che un divano era un ottomana di velluto nero, l’arredo giusto per l’atmosfera giusta, si sedette tenendomi al guinzaglio, rimasi inginocchiata ai suoi piedi. “Spogliati, completamente”. Feci per alzarmi ma uno schiaffo mi colpì in pieno. “Nessuno ti ha dato il permesso di alzarti, ci si può spogliare anche stando accucciate, devi imparare ad ubbidirmi. Ti ricordi quando ti dissi che sono esigente”? Faticai non poco ma rimasi comunque completamente nuda, durante tutta l’operazione, Andrea raccoglieva i miei indumenti intimi da terra e annusandoli faceva pesanti apprezzamenti del tipo: “Che belle mutandine da troietta, e che odorino inebriante”. Cercavo di vedere la scenetta dall’esterno, mi immaginavo muta testimone, un uomo attraente, seduto con le gambe accavallate su un ottomana nera in stile, completo di grisaglia grigio, scarpe di lusso, tiene al guinzaglio una schiava completamente nuda, a parte un collare rosso scarlatto, accucciata a terra. Che bella scenetta mi venne pensato, avevo ancora la freddezza di analizzare questi dettagli, ancora per poco. Uno strattone al guinzaglio mi destò da quello stato. “Hai osato raggirami e verrai punita per questo. Oggi. Sei mai stata frustata”? “No”. “Impara a rispondere, No padrone. ” “No padrone non sono mai stata frustata”. “Bene tra poco farai questa esperienza, oggi e solo per oggi, verrai imbavagliata, dalle prossime volte dovrai imparare a trattenere i lamenti, mi disturbano, mi deconcentrano, non mi diverto”. Una certa inquietudine cominciava a farsi largo nel mio animo, stavo correndo qualche rischio? Avevo letto e riletto pile di romanzi erotici sul tema dominazione, cercavo di fare mente locale su qualche passaggio che mi fosse rimasto in mente per trovare l’aiuto di cui adesso sentivo il bisogno. Inutile, il vuoto, ero troppo eccitata per scavare nei ricordi, decisi che mi sarei lasciata andare, ero li per questo, stavo cercando un master che mi dominasse e forse l’avevo trovato. Si alzò lentamente, chiuse tutte le porte e abbassò le luci, lo sentii trafficare in un armadietto, poi un sibilo violento riempì la stanza, mi voltai di scatto con la pelle d’oca, Andrea teneva in mano uno scudiscio di cuoio chiaro, ci aveva tenuto a farmi sentire il suo ruggito, così tanto per terrorizzarmi un po’. Si muoveva lentamente, era meticoloso, attento, mi immobilizzò con le braccia in alto, gambe divaricate e un bavaglio che mi costringeva con la bocca aperta, nel fissarlo dietro la mia nuca, mi scompigliò i capelli, tornò vicino per sistemarli, mi guardò negli occhi: “Sei bellissima, la più bella sorpresa immaginabile”. Nel frattempo introfulò due dita nella mia figa, con prepotenza. Era già roba sua. Si posizionò dietro di me: “Ecco il mio momento”. Furono le uniche parole che disse prima di frustarmi. Durò poco, durò troppo. Mi ero ripromessa di non piangere, per nessun motivo al mondo invece sentivo umido lungo le guancie, erano lacrime, indipendenti, dotate di vita propria. Sentivo umido lungo le cosce, erano umori, indipendenti, dotati di vita propria. Andrea, il mio nuovo padrone mi slegò, mi fece stendere sul divano, si sedette in terra, il suo viso accanto al mio, due millimetri, tre, leccò via le lacrime dal mio volto, poi appena mi ripresi, leccò via gli umori dalle mie cosce. Meticolosamente, senza tralasciare nessun lembo di pelle, arrivò alla fonte di quel ruscello e conobbi la “piccola morte” un orgasmo violento che salì in fretta e rimase alto per un tempo indefinibile. Lo amavo già, “chiedi quello che vuoi” pensai “e lo avrai”. “Voglio la mia parte”. Fu la mia unica richiesta,volevo dargli piacere, sapevo di non avere lo stesso potere, ma volevo comunque provarci. Cambiammo posto, lui seduto sul divano, ancora perfettamente vestito, solo i pantaloni slacciati, l’asta eretta lucida di rugiada. Io inginocchiata a terra davanti a lui, mi teneva per i capelli costringendomi a tirarli da sola per raggiungere il suo cazzo, ancora dolore, gli occhi lucidi la gola piena, continuai a succhiarlo finchè non lo vidi rovesciare indietro il capo e finalmente lo sentii emettere lamenti simili ai miei. Lo stesso dolore, lo stesso piacere.
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