Il sole era già alto quando Claudio si destò dal pesante sonno in cui era precipitato appena poche ore prima. La notte di bagordi era ben impressa nella sua mente, offuscata da qualche bicchierino di troppo. Si guardò intorno, la testa pesante, a cercare con lo sguardo Caterina, la sua giovane compagna. Al suo fianco lunghi capelli neri ricadono a ventaglio sulle spalle nude della ragazza, che giace nuda, distesa sull’ampio letto matrimoniale, incurante dell’affacciarsi di un nuovo giorno, della carezza dei raggi solari di una mattina di mezza estate. Caterina dormiva come un sasso ruotando, spesso e volentieri, su se stessa rivelando involontariamente ora i morbidi seni dai piccoli capezzoli e il triangolino bruno del pube, ora le candide natiche dai glutei torniti. Claudio ammirava, estasiato, la sua compagna, e, non riuscendo a resistere alla tentazione di sfiorarle la serica pelle, ne accarezzò l’intrico dei folti capelli lisci, quindi si lasciò scivolare lungo le guance di lei, lungo il collo, soffermandosi sulle indifese mammelle per poi proseguire, ancora, verso il basso a stuzzicare l’ombelico ed infine allungare le dita curiose fra le umide mucose del sesso inerme, per perdersi nell’inebrio di quel ventre caldo. Nel continuare il suo gioco cominciò a titillarne l’abbandonata clitoride, stretta nel suo nido di carne, roteando attorno al bottoncino che prese a stuzzicare, con lievi colpetti, ad intervalli regolari. La ragazza si svegliò allargando le cosce all’avvicinarsi del maschio. L’uomo si accostò ancor più a Caterina, anch’essa ancora stordita, baciandola avidamente sulle labbra, unendo la sua lingua a quella della ragazza, la quale pur incerta si abbandonò a quella pratica piacevole. La ragazza cominciò a mugolare, percossa da quell’intima carezza, lasciando che l’uomo si insinuasse sempre ancor più a fondo nella sua intimità, agitando ora lentamente, ora con veemenza, il bacino per assecondare quelle carezze. Claudio ne afferrò una mano per portarsela contro il basso ventre seguendo con lo sguardo le movenze della sua amante contro il membro turgido che andava via via aumentando di volume.. Le mobili dita della giovane scivolarono lungo la pelle delicata di quel bastone di carne, accarezzandolo dolcemente, soffermandosi sul delicato meato, traboccante di secrezioni, scivolando lungo la vischiosa superficie del glande pulsante, per poi percorrere in tutta la sua lunghezza la verga tesa allo spasimo fino alla corrugata pelle dei testicoli. La mano si strinse, infine, attorno al robusto membro cominciando a masturbarlo. – Leccami…..- ordinò perentorio l’uomo – voglio che mi lecchi… -La ragazza si sistemò carponi di modo che il maschio potesse avere sotto gli occhi la vulva dilatata, impudicamente abbandonata alle sue carezze. Caterina si accostò quasi timorosamente a quel sesso, proteso contro le sue labbra, straordinariamente eccitata dall’odore intenso che promanava dal glande, come velato da una leggera patina, traslucida, di vischiosa bava. La lingua, ruvida, prontamente intrisa di quel miele dolciastro, scivolò sopra il bastone pulsante per fagocitarlo fra le sue labbra fin quasi all’elsa e suggerne le intime essenze in un saliscendi continuo, esasperante per la lentezza con cui la giovane compiva l’operazione. La ragazza acquistava sempre maggiore confidenza, accogliendo liberamente fra le guance il grosso membro che lentamente le irrorò la lingua di quella gradevole essenza. Caterina si divertiva a spremere il suo amante per suggerne, golosa, le gocce argentee che si andavano formando appena sopra lo stirato prepuzio. Fu proprio la ragazza, la quale, eccitatissima, aveva cominciato a masturbarsi alacremente, la prima ad abbandonarsi al piacere, travolgendo nella violenza del suo orgasmo Claudio il quale le schizzò il volto di lunghi fiotti di sperma che la donna abilmente raccolse fra le sue labbra prima di cibarsene. A quel punto Claudio invitò Caterina a seguirlo in bagno. L’uomo si sedette sulla fredda superficie di ceramica del WC dilatando le cosce. Caterina, tutta nuda, si accovacciò contro il maschio abbracciandone i lombi con le anche divaricate. L’uomo le baciò delicatamente le brune areole quindi unì le sue mani alle mani di lei. Claudio raccolse quindi il pene soddisfatto, flessibile e appiccicoso, sollevandolo un poco nella direzione della compagna che teneva in grembo. Caterina comprese le intenzioni di Claudio e si allungò all’indietro, curvando la schiena, tenendo sempre saldamente fra le sue mani quella del suo amante. Il membro, paonazzo, produsse un impercettibile sussulto quindi, improvvisa, la pioggia dorata investì il basso ventre della giovane che al semplice contatto con quella frustrata bollente si dimenò convulsamente nuovamente eccitata come attestato dalla clitoride visibilmente ingrossata. L’urina copiosa, si abbatté calda contro le sue membra scivolando lungo i fianchi e intridendo la leggera peluria bruna del pube, per infine, sferzare, come rovente carezza, le carni arrossate della vagina intrisa di sperma. Claudio, in estasi, sollevò ancora un poco il membro in modo che quel liquido giallognolo, sotto una spinta ancor più violenta, potesse investire anche i morbidi seni cascanti appena sotto il volto arrossato della giovane ansimante. La piscia di Caterina fluì improvvisa, irruente, dalla vulva dischiusa, aspergendo il pene esausto e intridendo la folta peluria del basso ventre del maschio che si lasciò frustare dal calore di quell’abbraccio. Costrinse la giovane ad arrestare pur solo per qualche attimo quel getto continuo, facendola accomodare in fretta e furia al suo posto per incollarsi alla vulva bagnatissima. La lingua delicatamente sfiorò per intero, ora verso l’alto, ora verso il basso, la superficie vellutata delle grandi labbra per poi passare, con movimento a spirale, a stuzzicare le carni arrossate delle piccole labbra accogliendole per intero nella sua bocca e intridendole, una ad una, di vischiosa saliva. Non riuscendo più a resistere Caterina riprese a scaricarsi con il maschio famelico abbandonato alle inebrianti essenze di quel sesso generoso. La fessura palpitante esplose nuovamente, liberando con gran spruzzi, la vescica al ritmo del suo piacere, l’acre essenza dell’urina riempì la bocca di Claudio che, assolutamente sconvolto, si dissetò avidamente a quell’abbeveratoio, lasciando, tuttavia che schizzi gorgoglianti, ricadessero dalle sue labbra sul pavimento a mescersi con lo sperma che il glande rigonfio, nuovamente traboccante d’umori, contemporaneamente eruttò a corposi fiotti.
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