La stradina bianca sembrava non finire più,inerpicandosi su per le colline dell’Appennino cotte dal sole d’Agosto. Era da un bel po’ di tempo, da più di due anni che non andavo a trovare la zia Antonella, da quando era morto zio Giorgio. Così,terminato l’estenuante esame di maturità,prima d’andare al mare con gli amici, avevo deciso d’accettare l’invito a trascorrere un giorno nella sua fattoria, che la zia non aveva voluto vendere malgrado le insistenze di tutta la famiglia. D’altra parte, noi che stavamo in città, cosa ne potevamo sapere della sua passione per la terra? Finalmente vedevo approssimarsi la casa colonica,la vecchia stalla, il fienile,il trattore…arrivato, finalmente! L’immancabile cane lupo iniziò ad abbaiare, avendo riconosciuto in me un estraneo.La zia,che aveva spento il tagliaerba con cui falciava il giardino non appena scesi dalla moto, non mi sembrava cambiata molto, e non dimostrava i suoi 42 anni.Mora, non tanto alta,col viso regolare e i capelli ricci che le ricadevano sulle spalle, era ancora molto giovanile. Del resto era sempre stata considerata un bella donna e il passare del tempo non l’aveva penalizzata affatto.La sua stretta fu forte e calda al tempo stesso, e attraverso il prendisole di cotone mi sembrò di stringere un corpo ben più sodo di quello di una donna della sua età..Intanto ci eravamo accomodati nella cucina per il pranzo. Aveva decisamente esagerato col menù,dato che non mi ricordavo di aver mai mangiato così tanto e bene a casa mia. E anche bevuto così bene: aveva un vinello frizzante che andava giù come un bicchiere d’acqua. Già mezzo brillo per il vino avevo notato come non si preoccupasse troppo di coprire quello che il leggero prendisole lasciava intravedere mentre lei sfaccendava attorno alla tavola.Non sapevo esattamente il perchè, ma la situazione stava prendendo una piega vagamente inaspettata, comunque non spiacevole.Un po’ il vino,un po’ il caldo,un po’ la vista del suo petto generoso e non molto coperto,fatto sta che dopo cinque minuti mi tolsi la polo e rimasi a finire il pranzo a torso nudo.Il suo sguardo si era concentrato sui miei pettorali,che a me sembravano normalissimi,ma che a lei dovevano sembrare super, dall’intensità dei suoi occhi. Bevuto il caffè l’aiutai a sparecchiare e a lavare i piatti. Tra una chiacchera e l’altra su parenti, scuola, e le solite cazzate che si dicono in simili occasioni s’erano fatte quasi le tre.Non so ancora il perchè, io che gli animali li ammiravo molto più volentieri nei documentari che dal vivo, risposi invece:La sua risata allegra mi predispose meglio di qualsiasi discorso al nuovo lavoro che mi attendeva.Dopo aver recuperato i vecchi short e maglietta dello zio uscimmo finalmente nel portico che divideva la casa dalla stalla. Già respiravo a pieni polmoni l’aria satura dell’odore di letame e dei muggiti delle vacche nelle loro lettiere,un odore che dapprima mi provocò un po’ di disgusto, ma a cui pian piano feci il naso. Forse lei l’aveva capito dato che aveva stampato in viso un sorriso di vago canzonamento. Sul muro attaccati ad un chiodo c’erano un camice blu da lavoro abbastanza sporco e due o tre cappellini di una ditta di mangimi, mentre a terra facevano bella mostra di sè tre paia di stivali di gomma,due neri e uno verde.Mentre lo dicevo lei, piantatasi a un metro di distanza, aveva iniziato a calzare un paio degli stivali di gomma neri,ma lo faceva con un tale sculettamento che per forza avevo dovuto lasciare tronca la mia frase.Non ebbi il coraggio (nè la voglia) di chiederglielo, così mi sbottonai i pantaloni, ma proprio quando erano quasi a terra, di botto, ebbi una violenta e subitanea erezione, visibilissima attraverso gli slip. Diventai rosso come un peperone. Lei senza far vedere di aver intuito alcunchè stava già porgendomi i nuovi indumenti, che indossai con mani un po’ tremanti. Poi a sua volta, preso il camice da lavoro senza maniche si voltò, si sfilò dalla testa il prendisole (e rimase per qualche istante solo con il reggipetto e gli slip, senza far caso minimamente a me) e lo indossò, lasciandolo ampiamente aperto sul davanti, quindi aprì completamente la porta della stalla e mise in funzione il nastro trasportatore del letame.Scelsi quelli verdi, che mi andavano pure un po’ larghi:conciato così sembravo veramente un vaccaro e mi faceva una strana impressione. Finalmente entrammo nella stalla tra le due file di vacche che ormai s’erano alzate quasi tutte, sentendo che tra poco avrebbero avuto da mangiare e sarebbero state munte. L’aria era caldissima e molto umida,mentre il forte odore di sterco dava alla testa, perciò dopo appena cinque minuti che avevamo iniziato a distribuire il fieno nelle mangiatoie eravamo tutti e due sudati e puzzolenti come degli animali. Il lavoro in mezzo a quell’afrore di mucche e il vedere l’Antonella (che tra l’altro non aveva le ascelle depilate, particolare, questo,che la rendeva a mio avviso più arrapante) in tutte quelle posizioni scollacciate che le imponevano il lavoro mi avevano messo addosso un desiderio sessuale potente e sconosciuto, che sembrava scaturire dalla mia libido più profonda. La zia, poi,non badava minimamente alle codate che riceveva quando si infilava tra due vacche con il suo forcone carico di fieno,così il suo camice, le braccia e anche una delle sue gambe solo parzialmente coperte dall’abito erano segnate dalle tracce di sporco degli animali. Anche questo contribuiva non poco al mio desiderio. Lavorammo per altri 10 minuti buoni e poi:Detto fatto, sollevo’ il camice e ne fissò un lembo su di un fianco lasciando un po’ in vista un paio di mutandine economiche, poi prese una manciata di fieno e se la passò sulla gamba sporca. Francamente non avevo mai visto uno spettacolo più sexy, e penso che non lo rivedrò mai più in tutta la mia vita! Il mio cazzo era diventato più duro del marmo e di fronte a quella provocazione stavolta non pensai minimamente a nascondere il bozzo dei pantaloncini,anzi, mi avvicinai perchè lo potesse ammirare meglio. Era mia zia, d’accordo, ma dopotutto era pur sempre una femmina stupenda., presi anch’io una manciata del fieno e subito mi misi a strofinarlo sulla coscia sudata.La domanda così a bruciapelo mi lasciò interdetto,balbettai soltanto un . Terminò di pulirsi e subito andò a prendere i due sgabellini e il secchio che ci servivano in un’angolo della stalla.. Mi prese per mano e ci sedemmo con i nostri sgabelli ben sotto una grossa vacca bianca e nera che troneggiava in mezzo alla fila delle sue compagne, fianco a fianco. Il suo camice adesso se l’era ben arrotolato sui fianchi quando si sistemò il secchio tra le gambe nude. Prese dalla tasca un cappellino e se lo mise in testa con cura dopo essersi ravviata i capelli lasciandone fuori soltanto un ciuffetto sul davanti, il che le donava un’aria sbarazzina e maliziosa.Così rimasi a torso nudo sotto la vacca.Non mi diede il tempo di replicare e continuò imperturbabile Afferrò due dei quattro lunghi capezzoli che ci penzolavano davanti e dopo essersi inumidita le mani con un primo schizzo di latte iniziò a spremere le mammelle con decisione ma con cura, tanto che sembrava quasi fossero le sue. Eravamo proprio coscia contro coscia, sentivo il calore sudato del suo corpo contro il mio e mentre la guardavo lavorare non sapevo più come fare per calmare il mio uccello,che reclamava perentoriamente di essere scappellato ed usato dentro di lei.Si scostò un poco, prese la mia mano e lentamente mi fece stringere un capezzolo umido di latte mentre con l’altro braccio aveva cinto la mia schiena scoperta. Stella intanto ci guardava interrogativa e si limitava ad emettere un muggito ogni tanto.La sensazione che provavo era nuova e piacevolissima. Quando, sempre guidato dalla sua mano esperta, iniziai a mungere mi sembrava di strizzare davvero le sue di tette, che da sotto al camice erano ad una ventina di centimetri dai miei occhi avidi, e di accarezzare le sue gambe allargate attorno al secchio di plastica.In effetti la sua posizione era veramente porca. Le gambe allargate mostravano nella loro interezza le mutandine e qualche pelo nero che sfuggiva dai lati. gli risposi.Mentre le rispondevo non avevo smesso di mungere, ma lei tolse la mia mano dal capezzolo e se la mise su di un ginocchio:Dicendolo aveva portato lentamente la mia mano dal ginocchio fin dentro il suo camice, e adesso potevo finalmente accarezzare le sue tette sudate :Non persi tempo a farle finire la frase e le sbottonai febbrilmente il camice e il reggipetto liberando dalla morsa il seno, che era più grosso ma anche leggermente più molle di come me l’ero immaginato. Subito presi a succhiargli i grossi capezzoli scuri che s’erano immediatamente induriti al contatto della mia lingua mentre con le mani mi ero impossessato dei due globi e li mungevo come se stessi ancora lavorandomi le mammelle di Stella.Era completamente partita, tanto che senza nessun ritegno aveva infilato una mano nelle mutandine e la faceva andare lentemente su e giù mentre con l’altra mi arruffava i capelli. Io intanto continuavo a impastargli le tette e a tormentargli i capezzoli mentre lei aveva lasciato i capelli e iniziava a sbottonarmi i calzoncini, così lasciai i miei succhiotti, mi alzai e finalmente lasciai cadere i pantaloni sul pavimento coperto di strame. Fu lei, con un gesto vagamente trionfante e senza dire parola a calarmi anche gli slip e a prendere in mano la mia asta, che prima d’allora mai aveva raggiunto simili proporzioni. L’odore della stalla ormai mi aveva reso insensibile a qualsiasi richiamo morale per cui mi scappellai completamente e la spinsi a pochi centimetri dalla sua bocca. Si limitò in un primo momento a masturbarmi con tutte e due le mani,ancora umide delle secrezioni della sua fica miste al latte della mucca. Era bellissimo!!! Diceva con la voce un po’ roca.Ancora qualche colpo e le sarei venuto in faccia, schizzandola dappertutto. Anche lei lo capì: e si sollevò in piedi mollando il mio cazzo che non ne poteva già più per togliersi il camice e le mutandine, che con noncuranza gettò tra il letame. Rimase soltanto con gli stivali di gomma sporchi e il cappellino.Ipnotizzato da quella visione e dalle sue parole mi inginocchiai tra lo sterco di Stella e della sua compagna per leccarle la fica. Era bavosa ed evidentemente non era mai stata depilata, dato che non appena vi immersi la lingua mi ritrovai in bocca parecchi peli neri e lunghi. Con le dita scostai le labbra di quella tana umida e odorosa e iniziai a lapparla devotamente con ampi giri di lingua.Dopo una generosa leccata globale individuai il clitoride già pronto e scappellato come un piccolo cazzo:.Lei respinse il mio viso dal pube e si mise alla pecorina appoggiandosi alla mangiatoia con le gambe ben divaricate e la fica aperta, offrendosi così completamente ai miei desideri.Le piombai addosso con una furia tale che lei barcollò un poco sotto il mio assalto.Non ce ne fu bisogno: dopo due tentativi di penetrarla, finalmente affondai completamente la nerchia nella sua fica avida ed iniziai a pistonarla come se fossi davvero un toro,senza lasciarle un attimo di respiro, aggrappandomi ora alle sue chiappe ora alle sue tette dondolanti. Dentro era talmente bagnata che distintamente potevo sentire lo sciacquio provocato dai miei colpi nella vagina. Antonella iniziò a gemere e a incitarmi sommessamente accompagnando il tutto con uno stimolante movimento di bacino.Era sudata veramente come una lingua e faticavo non poco nel trattenermi dallo sborrarle dentro tutto il contenuto dei miei coglioni prima del suo orgasmo. Volevo farla venire, a tutti i costi.Finalmente, sussultando e arpionandomi quasi le coscie per prolungare il godimento, ebbe il suo orgasmo. Fu fantastico! Immediatamente sfilai il cazzo dal suo nido allagato di umore e, dopo avergli dato due colpi di mano, le sborrai tutto il contenuto dei coglioni sulle natiche e sulla schiena con quattro o cinque schizzi belli grossi. Avevo toccato il Paradiso!segue…….
Aggiungi ai Preferiti