Tornata a casa telefonai subito a Paolo: -Ciao Paolo. Ti va se ci vediamo stasera?- gli proposi, -Uella! Ti sei già rimessa?- ridacchiò lui. -Non fare il furbo. Ti voglio parlare- gli dissi, -Perché, cos’è successo?- mi chiese improvvisamente preoccupato. -No, niente, non ti preoccupare. Ma ho un progetto in mente che sono sicura che ti interesserà- -Ummm, non mi dici niente di più?- insisté, -No. Deve essere una sorpresa- ribadii. -Vabbè. Ci troviamo nel mio studio dopo cena? O preferisci che ti venga a prendere?-. Il mandrillo ci provava. Sapevo perfettamente che abitava ancora con i suoi e che una chiacchierata l’avremmo potuta fare anche lì, e sapevo perfettamente bene che il suo studio da avvocato era un luogo dove poteva accadere qualunque cosa. E lo sapevo perché tante volte era stato il luogo dove ci eravamo trovati per fare l’amore. Però non mi tirai indietro -Va bene. Però vengo io- -Lo sai che se vieni a me fa solo piacere- mi rispose insinuando un doppio senso. -Lo so è per questo che vengo- gli risposi stando al gioco. Trascorsi il resto della serate a casa studiacchiando un po’, ascoltando un po’ di musica, ma soprattutto a perfezionare il mio piano. La sera, dopo cena, andai da Paolo. Suonai al citofono e lui mi aprì subito. Mi aspettava sulla soglia e mi baciò sulle labbra facendomi entrare. Chiuse la porta e mi abbracciò nuovamente conducendomi nel salottino privato. La sua presenza al mio fianco in quel luogo che ci aveva visto più volte nudi a scopare come ricci in tutte le posizioni fece vacillare i miei propositi di castità e quando ci sedemmo il contatto col vecchio cuoio del divano fece fremere la mia pelle. Certamente Paolo se ne accorse, passò un braccio intorno alle mie spalle lasciate nude dallo chemisier di seta che indossavo e languidamente mi attirò a sé. Mi baciò con passione esplorando la mia bocca con la sua lingua e quando si staccò lasciandomi con la bocca aperta ero un lago di nuovo pronta a lasciarmi andare alle sue, alle mie voglie. Mi attirò languidamente di nuovo e, perfidamente, mi chiese: -Allora, di cosa mi volevi parlare?- mi agitai calda e disponibile strusciandomi contro di lui, ma fu irremovibile. Recuperai allora un po’ di lucidità e mentre mi guardava con occhi ridenti gli rivelai: -Oggi sono uscita con Laura- -Con Laura? La ragazza di Francesco?- mi chiese stupito. -Si- gli confermai -non sospetta di niente ed anzi…- lo rassicurai -abbiamo parlato a lungo, in modo intimo sai- -Ma dai, e cosa vi siete dette?- mi chiese curioso. Con Paolo non avevo segreti e gli rivelai tutto: -Mi ha detto che con Francesco le cose non vanno troppo bene. Pensa che per cercare di ravvivare il loro rapporto si è depilata la figa- -Umm, chissà che look da sbarbina deve avere adesso- commentò, -Ti piacerebbe se lo facessi anch’io?- gli chiesi pronta a fare per lui anche quello, -Non lo so, penso di si. Ma la tua fighetta mi piace anche così pelosina- e mentre lo diceva fece risalire la mano, che mentre parlavamo teneva appoggiata sulla mia coscia nuda, verso l’alto insinuando un ditino malandrino sotto le mie mutandine. A quel contatto mi contorsi per aiutarlo nell’esplorazione ma di nuovo lui mi fermò: -E poi?- mi chiese, -E poi mi ha chiesto se io lo prendevo in culo- proseguii sempre meno convinta della mia decisione di mantenermi casta quella sera, -Eh, però! Che razza di domanda. E tu cosa le hai risposto, che non l’hai mai fatto?- commentò alzandosi dal divano per andare verso il mobile bar. -No, le ho detto la verità. Che mi piace quando mi inculi- gli risposi sorridendo mentre sbirciavo l’evidente erezione che mostrava sotto i pantaloni, -E poi le ho suggerito di provare anche lei a farselo fare da Francesco- -Beh, sicuramente Francesco sa come fare… e se dovesse dimenticarselo gli posso dare… una mano- mi disse ammiccando. -Lo so bene- gli dissi sorridendo -e adesso sa anche come farselo fare- gli ricordai. -Questo lo so bene anch’io- mi rispose sorridendo e tornando verso il divano con due grossi bicchieri di vodka gelata. -Cosa fai? Vuoi cercare di ubriacarmi per poi approfittare di me?- gli chiesi fintamente algida, -Perché, ne ho bisogno?- si burlò di me. -Per farmi fare tutto quello che vuoi tu devi solo chiedermelo o lasciarmelo capire. E lo sai, per te farei qualunque cosa. E, infatti, l’ho fatta- dichiarai, -Perché? A cosa ti riferisci?- mi chiese interessato. -Ho invitato Laura e Francesco ad un fine settimana nella casa dei miei al mare- gli rivelai, -Umm, sono sicuro che c’è dell’altro- capì subito Paolo. -Si. Sono convinta che potremmo coinvolgere anche Laura nei nostri giochini. E poi, daremmo una mano a Francesco…- -E tu avresti l’occasione di farti una bella lesbicata con Laura mentre ti fai fottere da noi due- capì subito. -Si, mi piacerebbe, e forse Laura è pronta per questo. Però pensavo che magari ti piacerebbe fare sesso con due donne. Sai anche se Laura è vergine di culo sono convinta che è molto calda e disponibile-. Non so perché ma ebbi paura di essermi spinta troppo oltre e, per mascherare l’improvviso imbarazzo che provavo, diedi una gollata di vodka. Sulla soglia delle lacrime guardavo Paolo che, immerso nei suoi pensieri, beveva un sorso di liquore. -Paolo perdonami- gli chiesi supplicante. Lui si riscosse -Di cosa?- mi chiese, -Di essermi lasciata andare in questo gioco- gli dissi con voce rotta. Mi guardò comprensivo, mi tolse il bicchiere dalle mani e lo posò insieme al suo sul tavolino e con un unico gesto fluido mi abbracciò e mi strinse a sé. -Ma cosa dici sciocchina. Hai avuto un’idea fantastica- mi rassicurò convinto, -E allora a cosa stavi pensando?- volli sapere, -Pensavo a quando ci avevo provato con Laura. Ma non volevo dirtelo. Temevo che fossi gelosa- mi rivelò titubante. -Gelosa io? Ma cosa dici! Semmai dovresti essere tu il geloso dopo quello che ho fatto ieri- gli confessai così il mio timore. -Io? Geloso io? No. Siamo adulti e consenzienti. Si, certo sono geloso del pompino che hai fatto a Francesco di nascosto da me, ma non sono geloso se mentre lo fai con me c’è un altro- mi rassicurò e mi abbracciò più strettamente -sarei geloso se un altro cazzo ti piacesse di più del mio-. Mi sciolsi in quell’abbraccio di nuovo a mio agio: -Di questo non devi avere alcun timore. Il mio cazzo preferito è sempre qui- e dicendolo posai la mia mano sul suo pacco e, con mano resa esperta dalla pratica, gli abbassai la zip dei calzoni. Frugai dentro i suoi pantaloni scostando il lembo della camicia ed afferrai il suo magnifico cazzo da sopra i boxer. -Dai, piantala. Non voglio scoparti oggi. Chissà come sei tutta indolenzita- mi disse teneramente. -Si, in effetti male non ne ho più, però mi è rimasto un certo indolenzimento. Soprattutto al sedere. Però se tu vuoi…- gli proposi, -No, dai, risparmia le forze per il week-end. Ci sarà da divertirsi e anche tu sarai sottoposta ad un superlavoro. Non penserai che ci dedicheremo solo a Laura…- mi disse ironicamente. -Ed avresti il coraggio di lasciarmi in queste condizioni?- gli chiesi ridendo mentre prendevo una sua mano e la portavo fra le mie cosce per fargli sentire quanto fossi bagnata. -Eh, no! Non sia mai detto che un cavaliere sia sordo al grido di aiuto di una pulzella…- mi rispose ridendo ed attirandomi a sé in un lungo, dolce bacio. -Togliti le mutandine- mi sussurrò all’orecchio. Fui lesta ad alzarmi dal divano per obbedire a quel dolce ordine e, tolte che le ebbi, Paolo mi tenne di fronte a sé con la gonna arrotolata sui fianchi. Si sedette più in avanti sul divano col viso proprio di fronte alla mia fighetta. Si avvicinò e prese a strusciarmi il naso fra i peli -E tu vorresti radere questa piccola foresta?- mi chiese, -No. Io faccio solo quello che vuoi tu- mugolai accarezzandogli i capelli e spingendo il bacino verso il suo viso in una muta richiesta. -Allora vieni qui- mi ordinò -appoggiati con le braccia allo schienale del divano- eseguii prontamente mentre lui mi seguiva, -adesso allarga le gambe- lo feci subito quasi sperando che mi infilasse il suo cazzo fino in gola. Avrei sofferto ma con lui avrei anche goduto. Ma lui, carino fino in fondo, si acquattò fra le mie gambe e cominciò a passarmi la lingua sul buchino del sedere. Sentivo la sua lingua leccarmi tutto intorno e spingersi all’interno e subito dopo la sentii sulle grandi labbra e poi dentro di me. La sua lingua saettava dentro e fuori accarezzandomi il clitoride e le pareti della vagina e, dopo poco di quel trattamento, me ne venni così all’impiedi godendo un lungo fremente orgasmo. Paolo si rialzò dalla posizione in cui si era messo e subito lo abbracciai baciando la sua bocca ancora bagnata dei miei umori. -Uau, come mi hai fatto godere! Però adesso riposa la tua lingua e lasciami stancare la mia- gli chiesi sperando che non mi negasse il piacere di poterlo far godere nella mia bocca. -Se vuoi- disse lui, -Se voglio? Se non ti fai fare un pompino giuro che ti violento!- gli risposi. -Allora cedo alla violenza- mi rispose sedendosi sul divano a gambe larghe. Mi inginocchiai di fronte a lui e strusciai il viso sulla sua patta sentendo sotto il tessuto quel cazzo che sapeva darmi tanto piacere. Lo estrassi da quella prigione di tela e lo presi in mano. Era bello rivedere quel grosso fungo spuntare dai calzoni, lo presi e lo avvicinai al mio viso strusciandolo sulle guance e coprendolo di baci. Mi sollevai leggermente e presi in bocca quella sugosa cappella, la risputai e la ripresi facendomi scivolare dentro il tronco fremente. Tenendolo saldamente dentro la mia bocca armeggiai con la sua cintura, la sganciai e tirai i suoi calzoni per abbassarli. Paolo cercò di aiutarmi ma scostai le sue mani. Volevo fare da sola. Lui capì e mi lasciò fare. Sollevò il sedere per fare passare i calzoni sotto di sé ma io non mi spostai, piantandomelo così in fondo alla gola. Continuai così tenendomi la sua cappella nell’esofago finché non gli ebbi arrotolato i pantaloni alle caviglie. Lo feci uscire e gli dissi: -Siediti più in proda- eseguì subito e scalciò via le scarpe. Gli tolsi del tutto il groppo di calzoni e mutande che gli si era formato ai piedi e gli sfilai le calze. Lo guardai stravaccato sul divano con quello stupendo strumento che lasciato libero gli si posava pesante sul ventre. Gli presi fra le mani un piede e me lo strusciai su una tetta mentre sentivo che avvicinava l’altro alla mia figa che, in quella posizione accovacciata si esponeva aperta ad ogni manovra. Leccai il suo piede fra le dita prendendogliele una ad una in bocca e poi lentamente risalii verso il suo uccello. Gli leccai lentamente lo scroto ed infilai la lingua fra le sue natiche. A quel punto Paolo smise di frugarmi la figa con l’alluce e tirò su le gambe, trattenendosele al petto con le mani. In quella posizione le sue natiche si aprirono mostrandomi il buchino del sedere. Lo leccai delicatamente facendolo fremere. Spinsi la lingua al suo interno imitando quello che aveva fatto poco prima a me. Rilasciò le gambe ed in quel movimento il cazzo gli ballonzolò libero sbattendomi pesante sul viso. Lo ripresi lestamente in bocca spompinandolo. Mentre lo ciucciavo sentii che apriva di più le gambe e capii quello che voleva senza che avesse bisogno di chiedermelo. Accarezzai con la punta delle dita il suo buchino infilandogli dentro una falange -Ohh, sii- mugolò aprendo di più le gambe. Spinsi di più ed infilai tutto il medio dentro mentre Paolo gemendo mi prendeva la testa fra le mani spingendomi verso di sé. Non mi feci pregare ed accelerai il moto del dito, estraendolo e ricacciandoglielo dentro, e di tutta la testa finché non venne con lunghi caldi getti contro il mio palato. Continuai a ciucciarlo ingoiando la sua sburra dal sapore acidulo e dolce, finché non fu lui a staccarmi da sé tirandomi a sedere al suo fianco. -Sei veramente magnifica- mi disse, -Anche tu non scherzi con la lingua- ricambiai riconoscente. -Vuoi ancora un po’ di vodka?- mi chiese alzandosi e lasciando ondeggiare quel popò di propaggine che si portava fra le gambe. Mi alzai con lui e chiesi -Per cambiarmi il sapore? No, grazie, preferisco tenermi in bocca il sapore del tuo sperma- gli risposi malandrina. -Vieni non fare la stupida. In realtà te la offro come bicchiere della staffa. Non dobbiamo abusare di noi stessi, anche se immagini quanto mi costi dirlo- abbassai lo sguardo verso il suo ventre e potei rimirare il suo cazzo nuovamente in tiro. Lo presi in mano e accennai un movimento ma mi fermai subito -Si. Se vuoi così hai ragione-. -Senti- mi disse -pensi che sia meglio mettere Francesco al corrente di quello che vogliamo fare?- -Mah, forse si. Vuoi che lo faccia io?- -No. Credo sia meglio parlarne fra uomini, anzi quasi quasi lo cerco stasera stessa- decise, -Ok. Allora mi levo di torno- gli dissi. Ci ricomponemmo e dopo pochi minuti eravamo per strada. Lui diretto ad incontrare l’unico altro maschio che potesse fottermi in quel periodo ed io diretta verso un meritato riposo.
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