Lungo ripidi tornanti su quel sentierino, salivo lentamente facendo attenzione a non scivolare sull’ultima neve primaverile. Lungo il percorso mi tornavano alla mente ricordi quasi dimenticati, ricordi sbiaditi falsati nella nebbia del tempo. Camminavo e rispolveravo il passato, rivivevo quei momenti felici che hanno poi plasmato la mia vita nel feticismo più puro. Oggi nei miei pensieri rivivo uno dei tanti casi di quel "feticismo" che poi con la mia lei, si è allargato a macchia d’olio. Per farlo dobbiamo tornate indietro, rivivere un periodo dove non eravamo nemmeno fidanzati. Oggi ne ho perso la data, ma il ricordo è sempre vivo. Sicuramente in quella gita qualcosa scattò in entrambi e ben presto si allargò in modo esibizionistico per tutta la nostra vita.Ricordo eccitato quella gita, un uscita organizzata dalle solite compagnie conosciute durante le ferie estive. Una gita voluta per goderci una castagnata in un rifugio fra le rocce a oltre 2300 mt. Tutte persone appena conosciute, gente di città inesperta di montagna e del tutto inatrezzata. L’appuntamento era per il primo pomeriggio, ma mettere tutti d’accordo fu un problema per tutti. Il ché fece accumulare enormi ritardi a tutti. Questi problemi ed un lungo viaggio di avvicinamento fecero arrivare tutti all’appuntamento che praticamente già era buio. In quella gita tutti eravamo tesi, con 20 ragazzi e tre ragazze sapevamo come andava a finire. Con noi veniva anche una ragazza mora, bella ed anche un pochettino troietta. Quindi tutti eravamo in competizione e tutti pensavamo a chi sarebbe toccata la sorte favorevole in quella notte. Il caso voleva che la cugina di questa "bambolina erotica" fosse proprio la mia ragazza. Anche la mia lei era molto bella, soprattutto molto appariscente e provocante. Però temeva il fare provocatorio della cugina. Sapeva che la cara cuginetta nella tipica loro rivalità amava abbindolare i ragazzi di amiche e cugine, sapeva anche che qualche volta io in quelle moine, da scemo, ci ero cascato di brutto. La mia conosceva le mie passioni. Sapeva che amavo particolarmente le donne appariscenti terribilmente sexy, truccatissime. La mia lei ha sempre amato conquistarmi col suo trucco dominante e marcato, amava sedurmi con le sue lunghe unghiette rosse perchè sapeva che sventolandomele davanti agli occhi mi stimolava al solo vederla. Ma oggi la mia lei era arrivata con i fuseu neri ed lungo maglione rosso e quindi ero caduto nelle reti della cugina con facilità grazie anche al suo non di certo lungo abitino rosso. Forse era un abito normale per una bella ragazza di città, ma non lassù fra rocce e boschi dove l’effetto era dirompente.Nel suo provocante vestitino lei di certo non immaginava che eravamo pazzi eccitati avventurieri. Eravamo in cerca di sfide, che ci importava del tempo e del buio! Figurati, pioveva e quasi nevicava ma vuoi mettere l’avventura di salire a quel rifugio solo con qualche torcia elettrica per di più quasi scarica? Infatti con quattro pile recuperate all’ultimo momento dalle nostre autovetture, lentamente eravamo entrati nel bosco sempre più oscuroCamminavano a rilento su un tragitto da farsi normalmente in circa un ora e mezza, ma su quel sentiero aveva iniziato a piovere neve umida e scivolosa, ridendo come matti ci mettemmo tre ore. Lungo il ripido sentiero si perdeva tempo nel "tirare" letteralmente su certe persone che erano arrivate con scarpette sexy e con certi tacchetti del tutto inadeguate. Prima tra queste ovviamente anche la bella mora che tra scivoloni ed altro mi alternavo a "spingere, palpare e tirare". Lo facevo ipnotizzato da quella cuginetta, in corta minigonna rossa a campana, calze bianche, ed udite.. udite… scarpette rosse in vernice con tanto di tacchettino a spillo. Chiaramente con la mia lei che ci mangiava con gli occhi dalla rabbia, la mia era più una tortura che un piacere. Quattro torce elettriche e nemmeno una illuminava il selciato, delle quattro pile quel che restava era solo un unico fascio di luce puntato dritto sotto la corta gonnellina rossa, ovviamente fra scivoloni, palpate e risate tutti si saliva a tentoni in una gita assurda quanto coinvolgente. Poco dopo finalmente eravamo arrivati al rifugio. Per mia fortuna il gestore mio vecchio amico, immaginando che saremmo arrivati bagnati fino al midollo, aveva preparato la cena ed aveva scaldato le stufe. Qualcuno dallo zaino, tirò fuori una bottiglia di grappa e in breve la rividi vuota sul tavolo.Io non badavo alla mia lei, ero troppo coccolato nelle moine della cugina di cui oggi quasi a fatica ricordo il nome. Di certo non ho dimenticato quelle sue scarpette in vernice ed i suoi tacchetti a spillo che emozionavano il mio cuore. Non capivo più nulla ero abbagliato da quelle sue calze bianche lucide su quella cortissima minigonna rossa, quando seduta sulle mie gambe ballava divertita delle mie erezioni improvvise.Con qualche grappa di troppo in corpo e quelle moine provocanti non mi rendevo conto che la mia lei con la coda dell’occhio mi teneva sotto controllo e quando la vidi arrivare temevo un incontro di pugilato con la cugina. Invece mi ignorò completamente ma mi dichiarò guerra a modo suo. Ero cresciuto con la mia lei fin da piccolo, forse troppo spesso la consideravo quasi una sorella con cui confidarmi. Contemporaneamente non nego che nella sua appariscenza ed il suo esibizionismo mi interessavano per i miei giochini feticistici. Spesso le avevo regalato tante di quelle belle cosine sexy che particolarmente mi eccitavano. A lei dispiacevano quelle particolari, calze velate, reggicalze in pizzo, scarpette con alto tacco a spillo, abiti provocanti, abbigliamento sexy ecc. e quindi già allora ci crogiolavamo nei nostri Hobby preferiti. Fra queste cose sexy c’era anche una bella Guepiere stringivita nera in pizzo, che le avevo regalata rientrando da un mio viaggio. Era un capo stupendo che adoravo e che come altri avevo regalato alla mia lei. Nel mio feticismo perverso come mia possibile futura compagna di giochi, non avevo ancora inquadrato quella ragazza che seguiva le mie fantasie con tanto entusiasmo, evidentemente lei si, ma in questo senso io non la conoscevo per nulla e non feci mai gran caso alle sue minacce di ricatti vendicativi.Sotto le giacca a vento diventate pesantissime per la neve, il freddo e l’umidità di quel posto si facevano sentire. Tutti infradiciati lentamente iniziammo a spogliarsi, quasi tutti cercavamo di scaldarsi accanto alla grande stufa in maiolica bevendo grappe su grappe, in breve ci ritrovammo tutti in mutande con qualche altra bottiglia di grappa vuota sul tavolo. In quella stanza, poco illuminata da una fioca lampadina che emetteva una luce a singhiozzi, non mi ero accorto che la mia lei aveva tolto calzettoni e scarponi. Ora nel togliersi quei suoi umidi fuseu la osservavo da lontano e quasi facevo un infarto per quanto con stupore mi si apriva davanti agli occhi. In quella penombra, ben tirate dal gancetto del "reggicalze in pizzo nero", creando un insieme di riflessi stupendi le sue stupende "calze nere velate" venivamo illuminate in modo stupendo da quella poca luce traballante. Avevo l’affanno e il cuore batteva a mille. Lei con assoluta incuranza lentamente si sfilava in lungo maglione inzuppato, ed io estasiato osservavo le sue forme strette in quella Guepiere. Dalla sua borsa saltarono fuori le sue scarpette abituali, nulla di particolare solo una semplice Décolleté nera che conoscevo molto bene, erano a punta con il tacco a spillo non tanto alto forse 10 cm ma finissimo. Prima della partenza erano una cosa abituale, ero certo che le avesse lasciate in macchina ma ritrovarle quassù era un altro colpo gobbo al mio cuore. Poco dopo come se fosse la cosa più naturale del mondo, in Guepiere mutandine, calze con reggicalze, andava a riporre le sue cose bagnate accanto alla grossa stufa in maiolica ormai caldissima. Quasi nessuno aveva portato qualcosa di riserva e quindi ci si arrangiava con qualche rara coperta. In quei anni, una Guepiere con le calze classiche si usava normalmente, ma una simile Guepiere stringivita francese tutta pizzi neri e merletti rossi con le sue coppe rigide a balconcino era una eccitante novità per tutti. La mia lei era una bella ragazza in forma ideale per esaltarsi in quella Guepiere, una ragazza abbondante di seno, un pochettino abbondante anche di sedere e vederla lassù modellata stretta in quel look fu una cosa che inizialmente mi scandalizzò forse quanto poi mi eccitò osservarla per tutta la notte. Nella sua ripicca e vendetta la cosa lasciò il segno e mi portò a piaceri mai più provati. Facendo la stupidina con un grosso signore iniziò ad ingelosirmi con le armi che io stesso gli avevo insegnato e regalato. Lei volutamente a quel punto mi ignorò come fossi uno sconosciuto. Io logicamente avevo perso completamente l’interesse per la cugina ma avevo scoperto un piacere nuovo, perchè essere "umiliato e provocato" mi eccitava a dismisura avevo scoperto il maso-feticismo. La serata passava veloce, la cena, la castagnata, la mia lei che ancheggiando tutta profumata mi passava accanto ignorandomi ed io come inebetito non reagivo e la lasciavo fare, birra, vino ed altra grappa facevano il resto. Mentre di proposito andava e veniva, entrando ed uscendo dalla classica panca ad angolo dove si stava pranzando, qualche battuta idiota ed ironica e la vedevo palpata anche da altre mani. Ormai lo scalpore dei primi momenti era svanito e un pochettino tutti ci si era abituati, ma quel continuo entrare ed uscire dalla panca faceva alzare tutti, di certo a tutti lasciava una scia di provocazione. Qualcuno allegrotto la afferrava per i seni e la faceva sedere sulle sue gambe ma lei scivolava via come un anguilla e tutti ridevano, divertiti o eccitati? Il dubbio mi resta ancora!La notte passava veloce, io ed il gestore del rifugio iniziammo a fare qualche suonata con chitarra e fisarmonica e tutti ballarono. Come non notare la mia lei mentre ballava in quei contrasti di nero velato e lucido in quella luce soffusa? Non potevo non eccitarmi delle sue forme strette ed evidenziate in quella Guepiere dove ipnotizzato dal suo fare non potevo reagire a quelle tettone strette e sobbalzanti sul balconcino in pizzo della stupenda Guepiere. Da qualche tempo non sentivo più i ritmico cadenzare dei suoi tacchetti nella penombra, la mia lei era sparita, nella poca luce la cercavo ma non la trovavo. Nel piccolo rifugio giravo con la poca luce di una torcia elettrica ormai quasi scarica ma non la trovavo, poi per caso entrai in bagno. Nella penombra intravidi tre persone, era difficile capire qualcosa ma illuminata dai pochi raggi lunari che filtravano dalla finestra, eccitato osservavo le sue unghiette rosse che masturbavano, stimolavano e titillavano i due presenti. In quel minuscolo locale eravamo stretti come sardine, un attimo e la ritrovai inginocchiata davanti a quel suo grosso spasimante molto più vecchio di noi. Sorpresa, piacere e rabbia ma non volevo reagire mentre la vedevo inginocchiata. Lui le bloccava la testa, la spingeva e la bloccava senza tanti complimenti sul suo grosso arnese. Lei bloccata gemeva e con lo sguardo forse mi chiedeva aiuto mentre le sue labbra rosso pompino erano costrette a bere piacere, io inebetito facevo finta di non capire, pensavo: "in fondo te la sei cercata" e tornavo in sala crogiolandomi sempre più nel mio maso-feticismo.Un rifugio di montagna é un classico, partite a carte, qualche giochetto di società e qualche penitenza erotica, poi finalmente era ora di andare a dormire. Salita la scalinata che porta nel dormitorio comune, trovammo un locale bello tutto in legno ma con un unico enorme lettone. C’era posto per 30 persone e quindi ci si stava tutti benissimo, posto riscaldato abbondantemente dalle sottostanti stufe e quindi ci ritrovammo tutti rannicchiati assieme stretti sotto i pochi piumini in dotazione. Ero ubriacato dalla voglia e dalla gelosia, mi sentivo umiliato, solo ed emotivo senza la mia lei al mio fianco. Lei rideva con gli amici e quel grassone, la vedevo inginocchiata la in fondo al lettone e mi faceva rabbia e piacere intravederla agitarsi in quei gemiti illuminati solo dalla luna che filtrava dalla finestra. Non so cosa facesse con gli altri, negli anni in base al momento mi racconterà spesso versioni contrastanti ma so che dopo una certa ora me la ritrovai abbracciata tutta a me, ci addormentammo così come due innamorati e già forse avevo firmato la mia condanna feticistica. Il giorno dopo giornata splendida, nella notte era caduto un metro di neve, abiti asciutti e caldi sulla grande stufa ci attendevano. Il sole era alto, era già tardi per il tanto dormire. Nel frattempo saliti di primo mattino erano arrivati al rifugio gitanti ed alcuni turisti tedeschi i quali subito ci sconsigliavano di non scendere lungo certi canali. A quest’ora era ormai impossibile scendere per il sentiero di salita, troppo ripido quindi per il pericolo di valanghe era meglio fare un giro più lungo ma sicuro. Dopo un ora anche la mia lei scendeva a fare colazione, arrivava da me tutta coccolina con trucco rifatto, labbra rosse, capelli a lunga treccia e bel fiocco. La santarellina mi sorrideva timidamente mentre indossava ancora la Guepiere con le calze nere mal velate da una coperta presa in camera. I pochi turisti sbarrano gli occhi increduli e scandalizzati nel vederla cosi "conciata" ancheggiare ancora su quei tacchettini. Il contrasto a queste altezze era notevole ma il flash erotico durava poco. Rimessi gli scarponi, fuseu e maglione tutto tornava normale. Fatta colazione si partiva, subito ritrovavo una mia lei santarellina tutta coccole, come se nulla fosse accaduto mano nella mano mi sorrideva con gesti d’intesa, però non volava una parola. Ora che la sbornia era passata quasi a tutti, era nata un intesa, ma non capivo se nel suo fare mi sfidava o si sentiva il colpa? Si proseguiva lungo il sentiero sorridendoci come ebeti, poi un incontro con un gruppo di Camosci ci blocca, non avevamo altro che i nostri ricordi e nemmeno una macchina fotografica per immortalarli. Anche se sono passati tanti anni mi è rimasta una fissa per quel posto. Eravamo ragazzi allora e mi illudevo di aver trovato la donna giusta, feticista ed esibizionista, ma fu un caso che iniziò la lunga serie, poi nel matrimonio tutto si allargò in modo impressionante. Ma ne riparleremo. Pochi giorni dopo, ripensando e discutendo sul come la guardavano, la desideravano e soprattutto sul come eccitatissimi si facevano soddisfare, facemmo l’amore più volte. Però ormai qualcosa era cambiato, mancava il gusto del peccato, mancava il gusto perverso di un maso-feticismo reciproco. Quel rapporto fu una cosa deludente per entrambi, lei pianse ed entrambi ci sentimmo in colpa. Nulla riuscivamo a trovare in quel rapporto semplice ma ormai scialbo, purtroppo di quelle sensazioni che avevamo provato in quel rifugio nulla ritrovavamo nei piaceri della carne e forse già li avevamo tracciato il nostro futuro maniacale destino maso-feticistico e soprattutto esibizionistico.
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