Un giorno i miei genitori arrivano presto, con il primo treno: sono partiti all’alba. Fanno tutto da soli, prendono un taxi e sono dietro la porta di casa che io mi sono, praticamente, appena svegliato. Mia moglie Loredana è in clinica da ieri: mancano pochi giorni, forse ore, perché metta al mondo il nostro primo figlio. Mio padre, Giorgio, e mia madre, Delia, si sono precipitati per non mancare il momento in cui saranno nonni e perché: “Come faresti da solo in casa, senza nessuno che ti aiuti, povera stella!” come ha detto mia mamma al telefono. Loro si sistemeranno da me e così eccoci riuniti di nuovo, per la prima volta da quando mi sono sposato e sono andato a vivere in un’altra città, un paio d’anni fa. Ci scambiamo saluti e abbracci. Papà mi sembra decisamente invecchiato e appesantito, benché abbia di poco superato la sessantina. Mamma invece i suoi cinquanta li porta ancora molto bene e inoltre sembra resa euforica dalla situazione. Li aiuto a sistemarsi, poi esco: passerò in ufficio per controllare eventuale posta urgente e dopo in clinica. Sarò di ritorno per pranzo, annuncio. Faccio anche prima del previsto. Da Loredana mi sono trattenuto assai poco. Mamma si è già impossessata della cucina e il profumo è delizioso. Non si è mai mangiato così bene qui a casa mia. Dopo, l’aiuto a pulire la cucina e lavare i piatti. Quando finiamo, mamma si asciuga le mani poi si gira a guardarmi. “Che c’è?” le dico. Lei non si è ancora tolta il grembiule. Spalanca le braccia e mi abbraccia. Mi stringe forte. “Il mio bambino…” sussurra. “Mamma! Bambino? Ho 25 anni e fra poco sarò padre. Dovrai chiamare bambino tuo nipote.” “Non m’importa. sarai sempre il mio ragazzo prediletto” replica senza smettere di stringermi. Lei è più bassa di me. I suoi capelli biondi mi carezzano il naso e sento un profumo leggero ma penetrante invadermi le narici. Sento anche qualcos’altro: il suo seno morbido schiacciato contro il mio petto. Sento le sue braccia intorno alla vita. E sento risvegliarmisi qualcosa in mezzo alle gambe che mi induce a sciogliere l’abbraccio e a scansarmi quanto prima possibile da lei. Non faccio all’amore da sei mesi, da quando Loredana si è scoperta incinta: da quel momento nisba. Non che prima fosse sempre domenica. Da quando è mia moglie Loredana si è rivelata ben poco interessata al sesso. Poche scopate svogliate nei fine settimana. Per me è un problema: prima, da fidanzati, che si facesse l’amore il giorno del mai, e sempre precari, scomodi e con il cuore in gola, poteva starci. Dopo il matrimonio, però, ho capito subito che dal quel punto di vista lì io e la Lori non eravamo ben assortiti. Ed anche sotto altri punti di vista, a ben pensarci. Io stesso non so mica come sia venuto questo bambino. L’ha voluto lei. Penso l’abbia fatto per rafforzare il matrimonio. Cioè per legarmi di più a sé. Ha ottenuto il risultato opposto: in questi mesi ho anche pensato di lasciarla, se non l’ho fatto è perché mi è parsa una gran vigliaccata. Ma dire che sono felice, no, non si può dire. Anche perché non scopo e ne ho pieni i coglioni, letteralmente. Prenditi un’amante! Già come non ci avessi pensato. Nel primo anno di matrimonio, di fronte al sesso annoiato di casa mia, ho corso la cavallina, soprattutto in ufficio. Ma in quest’ultimo periodo ho avuto altro da pensare: il figlio, se lasciare o meno Loredana, il lavoro, la paura di finire incastrato con qualche altra donna. No, ho finito con il lasciar perdere. Il risultato però è che ho una voglia di sesso da impazzire e dopo tanti mesi di astinenza è sufficiente perfino l’abbraccio di mia madre per svegliare il mio strumento. 2° giorno Stamattina routine: ufficio, dove data la situazione sono comprensivi se mi faccio a malapena vedere per gli aggiornamenti sulle questioni più urgenti, clinica, dove Loredana è completamente assorbita da chiacchiere con altre mamme o future tali che hanno per unico oggetto liste illimitate di cose da comprare e si capisce che io entro nei suoi pensieri solo in quanto titolare del conto da cui attingere denaro da spendere, casa, dove, per fortuna, mia madre si è rapidamente impadronita anche del resto della casa e la qualità della vita domestica è già vistosamente in crescita. Dopo pranzo papà sparisce nella camera degli ospiti dove si sono installati loro per il suo sonnellino pomeridiano. Io sono in salone e leggo svogliatamente un giornale sportivo. Mia madre è seduta in poltrona davanti a me e sfoglia una rivista. Nessuno dei due parla. Ma io osservo il suo profilo. Mamma adesso è costretta a portare gli occhiali per leggere, ma non la invecchiano. Anzi ha un’aria tutto sommato giovanile, sebbene piccoli dettagli siano rivelatori della sua età matura. I capelli, per esempio, che sono biondi e ondulati, lunghi alle spalle, ma tra i quali a ben guardare non sfuggono le radici che cominciano a imbiancarsi. Le grinze della pelle del collo, ora che sta con il capo chinato sulle pagine della rivista, o certe zampe di gallina intorno a occhi e bocca. Ma la vista di profilo rivela anche un seno pieno che gonfia la camicetta, la curva asciutta dei glutei appoggiati sulla poltrona un po’ in punta, cosce sode che tirano su leggermente la gonna. Anzi, l’orlo della gonna a dire il vero è un po’ più in alto di quel che dovrebbe e le ginocchia sono scoperte mentre le gambe … belle gambe però, così distese si nota la linea dolce dei polpacci e le caviglie affusolate. Perdo ogni interesse nelle notizie sportive e prendo a sbirciare da sopra il bordo del foglio. Sarò arrapato, ma come donna mia madre non è affatto male. mi piacciono soprattutto le gambe, inguainate in calze scure un po’ velate e che finiscono in eleganti scarpe con il tacco di media misura. Continuo a far finta di leggere ma in realtà la sto spiando. Quando accavalla le gambe, a un certo punto, la gonna si tende e si solleva e la mia tenacia è ricompensata dalla visione di un pezzo di coscia. Deve averlo sentito il mio sguardo, perché d’un tratto si volta verso di me. Io sostengo il suo sguardo, poi, faccia da schiaffi, indico con il mento verso il basso e dico: “Porti delle calze molto fini ed eleganti, mamma, te le stavo ammirando.” Lei riporta di scatto gli occhi sulla rivista, farfuglia un grazie, con una mano tira la gonna verso il basso e, infine, raccoglie le gambe. C’è di nuovo silenzio per un po’. Mi sembra che il movimento di voltare le pagine della rivista sia adesso più nervoso. “Beato papà!” esclamo. “Cosa?” fa lei. “Stavo pensando, mamma, che non ti ho mai visto trasandata. Nemmeno per fare i lavori domestici. Anche questi occhiali ti donano. Papà è un uomo fortunato ad avere una moglie così elegante.” “Massimo, tesoro,” è la sua risposta, “ormai sono quasi una nonna. Come mi combino non importa più …” fa una pausa, poggi la rivista e tira un sospiro. “Sì, diciamo che tuo padre è un uomo…” fa una pausa cercando la parola “sì, beato,” soggiunge, alzandosi e lasciando la stanza. Resto a riflettere: il sospiro, la pausa, la scelta dell’aggettivo mi insospettiscono. Che fra loro le cose non vadano? che abbia toccato un nervo scoperto? Se io fossi mio padre saprei cosa farci con mia madre. E’ una donna piacente, è decisamente scopabile. Secondo me anche a lei piace ancora scopare. Sì, io me la scoperei, anche se fossi un po’ meno allupato. Peccato: peccato che sia mia madre e ci sia mio padre in giro. La sera passo davanti la porta chiusa della loro camera. Sento delle voci soffocate. Mi accosto, tendo l’orecchio. Stanno discutendo, animatamente direi. Non riesco a capire una sola parola ma da quel che si sente è quasi sempre mia madre che parla. E lo fa in modo concitato, come se fosse arrabbiata. La voce di mio padre interrompe ogni tanto il monologo di lei, ma ha un tono petulante, come se stesse scusandosi. Non voglio rischiare di fare rumore. Vado a letto pensando se fra i miei genitori c’è ancora del sesso oppure no. 3° giorno Mi sono alzato presto, prima ancora dei miei. Mi sono svegliato all’alba, un’erezione formidabile e una voglia selvaggia di fare l’amore. Il cervello srotola pensieri in libertà. Fra questi, un’intuizione: mia madre è una donna ancora vogliosa e mio padre non la soddisfa. In cucina, mentre preparo il caffè, mi raggiunge mia madre. Nel bagno sento i rumori di mio padre. La casa si sta svegliando. Mamma ha gli occhi un po’ pesti, forse non ha dormito bene nemmeno lei. Seduto al tavolo sorseggio il caffè e la osservo muoversi per la stanza, preparando la colazione per tutti e sistemando stoviglie. Non si è ancora lavata, è in vestaglia. Tra l’odore del caffè, del latte e dei biscotti, ne annuso un altro: è un odore leggero e dolce, di donna, un odore di letto ancora caldo. Ne è impregnata la vestaglia. Capisco che è l’odore del suo corpo, le cui forme riempiono l’indumento. Le spio il sedere che è ampio ma non cascante. Seguo con gli occhi la curva del seno, è come se lo palpeggiassi. Rispondo distrattamente alle sue domande, e spero che esca dalla stanza per permettermi di alzarmi senza farle notare l’erezione che mi tira davanti i pantaloni del pigiama. Poco dopo sotto il getto caldo della doccia mi accarezzo il pene. Sono eccitato dalla vicinanza di mia madre, sono eccitato dal suo corpo. E voglio vedere di più. Voglio sapere, anche, di più: se è vero ciò che sto pensando, che le manca il cazzo di un uomo come a me la fica di una femmina. L’occasione arriva appena esco dalla doccia. Brava la mamma ordinata, ma dove diavolo ha ficcato i calzini, che non sono più al loro solito posto? Alzo la voce per farmi sentire da una stanza all’altra, penso che anche lei farà lo stesso per rispondermi e spiegarmi dove devo cercare, invece me la trovo sulla soglia della mia camera. “Imbranato, sono qui no? perché non cerchi prima di chiedere?”, dice, e viene verso l’armadio, passandomi davanti e chinandosi leggermente per aprire un cassetto. E’ la vista del suo culo appena a portata del mio pube. Oppure è stato quell’istante immediatamente precedente, quando, dalla soglia, mi è sembrato di sentire il suo sguardo accarezzarmi le spalle e il torace nudi, la pelle ancora umida della doccia, solo l’asciugamano arrotolato in vita a nasconderle il resto del mio corpo. Istintivamente capisco che è quello il momento della verità. Mentre lei si volta verso me, in mano un paio di calzini recuperati dal cassetto, con gesto fintamente maldestro faccio scivolare l’asciugamano per terra. Mi esibisco nudo davanti a mia madre. Voglio che lei mi guardi, che veda che tipo di uomo si è fatto suo figlio e mi faccia capire se le piace quel che vede. Non sbaglio: I suoi occhi vanno direttamente al mio sesso e lì si fermano. Mia madre mi sta guardando il pisello. E io glielo mostro che già diviene duro, gonfio com’è di sperma e di voglia. “Scusa”, borbotto e mi chino a raccogliere il telo, ma lentamente. Quando mi rialzo, lei mi tende i calzini, tira un sospiro, e senza una parola se ne va. Ma giurerei di averle visto le guance imporporarsi. Per tutto il resto della giornata non riesco a non pensare a quel che è successo. E pensandolo mi infoio come un animale. E’ osceno ma oramai non riesco a vedere in mia madre altro che una femmina in calore, a cui mettere il mio cazzo in mano. Nel rivivere la scena con la fantasia la arricchisco di sfumature. Alla fine mi convinco che se non fosse stato che è mia madre non avrebbe esitato ad allungare le mani verso la mia mazza e magari a prendermela in bocca. Riesco a calmarmi un po’ solo dopo essermi tirato una gran sega nel bagno dell’ufficio. Salto il pranzo e non torno a casa che a sera, cosa che mi permette di sbollire un po’. Ma non appena la rivedo sento di nuovo un subbuglio dentro di me. Mamma non ha nulla di diverso ma sono io che più la guardo più la trovo attraente e desiderabile. Eppure so bene che è tutto destinato a restare una fantasia, non posso mica andare da lei e chiederle di farsi scopare! Dopo cena mamma si ritira in cucina per risistemare mentre io e mio padre guardiamo la televisione. I programmi mi annoiano e la mia testa è altrove. Così mi alzo dal divano e raggiungo mamma in cucina con la scusa di aiutarla. La sua vicinanza mi stuzzica e mi esalta. Mi sento capace di fare cose impensabili. Scherzo con lei sul fatto che papà sta comodo in poltrona a guardare la tivù e mamma in risposta emette un lungo sospiro. Quando ha finito di asciugare i piatti sta per slacciarsi il grembiule. “Lascia ti aiuto, io,” dico mettendomi dietro di lei e sciogliendo il nodo. Poi, fingendo di aiutarla a togliere il grembiule, la cingo con le braccia. “Mamma!” sussurro. Sempre tenendola abbracciata la faccio ruotare su sé stessa finché non siamo l’uno di fronte all’altra. “Cosa c’è?” chiede lei. “Niente, è che sono felice di avere la mia splendida mamma qui con me.” E’ la scena speculare a quella svoltasi due giorni prima, ma stavolta sono io a prendere l’iniziativa, io che l’abbraccio stretta e che questa volta non mi preoccupo se lei sentirà la mia erezione che si sta mettendo in moto. “Anch’io ne sono felice, amore,” lei risponde e appoggia il capo sulla mia spalla. Il suo profumo mischiato all’odore del suo corpo mi avvolge. Con la mano le accarezzo la schiena. I miei occhi notano la pelle bianca del collo, lì a portata della mia bocca. Chino appena il capo poggiando le labbra sul suo collo. “Che fai?” domanda lei, ma ridendo. Non rispondo e continuo a premere le labbra sulla sua pelle. Comincio a muovere la bocca in piccoli cerchi concentrici, poi con una serie di piccoli bacetti comincio a risalire dolcemente il declivio della sua nuca. Le mie labbra lasciano una piccola scia umida. Mamma all’inizio si agita, come se volesse sciogliersi dall’abbraccio. Ma dura pochi secondi, dopodiché la sento abbandonarsi. Continuo a sbaciucchiarle imperterrito il collo e la nuca. La sento rispondere con piccoli, appena percettibili gemiti e sospiri. Le mie mani continuano ad accarezzarle la schiena e la parte alta dei fianchi abbondanti. I miei baci si fanno sempre più ardenti: socchiudo le labbra e sfioro con la punta della lingua quella pelle morbida e setosa. Sento il suo pube spingere improvvisamente contro il mio…. ma proprio in quel momento mamma mi respinge: “Dai, Massimo, smettila, mi fai il solletico.” Alla faccia del solletico, penso. “E che? non posso baciare la mia bella mammina?” “Sì, ma adesso basta con i baci. Devo finire qui e andare da tuo padre che è nell’altra stanza.” Così dicendo si scioglie definitivamente dall’abbraccio e mi volge la schiena. Perplesso, non ho capito bene il senso dell’ultima frase. In fondo la nostra posizione non mi sembrava compromettente. O forse, per mia madre, sì? 4° giorno A colazione ci ritroviamo tutti insieme nello stesso momento. Spio le espressioni dei miei genitori. Stanotte prima di prendere sonno (e ce n’è voluto dopo quel che è accaduto in cucina) ho sentito rumori provenire dalla camera dei miei, poi diverse volte mia madre alzarsi e andare in bagno. In una di queste la porta ha sbattuto come fosse stata chiusa nervosamente. La mia idea è che mia madre, eccitata dai miei baci abbia cercato di far l’amore con mio padre. C’è riuscita? Papà sembra serafico e tranquillo. Mia madre invece un po’ nervosa. Sta’ a vedere che è andata in bianco anche stavolta. Poiché prevedo di star fuori tutto il giorno tra lavoro e clinica, lancio l’idea di portarli un po’ fuori la sera. La proposta, accolta, è cinema e pizza. All’orario stabilito mi faccio trovare sotto casa con l’auto. Scende prima mio padre: “Tua madre non è ancora pronta. Non capisco perché si metta in ghingheri solo per andare al cinema con suo marito e suo figlio.” Gratifico papà di un cenno di complicità ma in realtà mi sto chiedendo cosa significhi “ghingheri”. Quando mamma ci raggiunge capisco e mi esalto. Mamma è uno schianto. Ha indossato un vestito-tailleur color bianco panna con profili blu, che le lascia le bracci nude, Il vestito è allacciato da una doppia fila di bottoni dorati, con revers che si congiungono molto in basso lasciando una scollatura profonda sul petto e con la gonna che, benché lunga sotto il ginocchio, si apre a portafoglio in un ampio spacco. Mamma si è truccata con cura e porta al collo un giro di perle. Anelli e braccialetti le decorano le mani e le braccia. Le magnifiche gambe sono inguainate in velatissime calze color canna di fucile. Le scarpe sono décolleté con il tacco alto. In macchina, poiché ha preso posto sul sedile posteriore, senza farmi notare, oriento lo specchietto per poterla ammirare. E’ vestita in modo decisamente provocante e mi chiedo per quale dei suoi due uomini abbia scelto questa mise. Le sbircio le gambe, rammaricandomi che la gonna da lei sistemata con cura nel sedersi non mi permetta di andare oltre le ginocchia. Al cinema, io e papà facciamo sedere mamma tra di noi. Nell’oscurità della sala ignoro ben presto il film sullo schermo e punto tutti i miei sensi sulla magnifica femmina che mi sta accanto. Sento il suo profumo più conturbante del solito. Approfitto del bracciolo e spingo il mio braccio contro il suo. La sua carne nuda emana un lieve tepore. Costringo i bulbi oculari a una super ginnastica nello sforzo di vincere il buio e di spingere lo sguardo dentro la sua scollatura senza farmi notare. Sono ricompensato dalla vista della curva morbida del suo seno che i revers dell’abito, ora che, seduta, si sono aperti, lasciano scoperto. Vorrei introdurre la mano nella scollatura per accarezzarle una tetta e magari stuzzicarle il capezzolo. Sono quasi certo che dopo un attimo di sorpresa e, magari, qualche sommessa protesta mamma si lascerebbe toccare. Ma non posso farlo, non al cinema e non davanti a mio padre! Allo stesso modo devo respingere la tentazione di fare la mano morta vicino le sue ginocchia per sfruttare l’occasione di sfiorarle le gambe. Devo accontentarmi di strabuzzare gli occhi per guardare le piccole porzioni di coscia che la gonna scopre quando lei cambia posizione. Il film per fortuna finisce e con esso la frustrazione di non poter allungare le mani come vorrei e di non poter dare requie al mio cazzo duro come il ferro. Più tardi, in pizzeria, nemmeno ascolto le chiacchiere che si fanno al tavolo, tutto preso dall’emozione che mi produce quella femmina seducente che si sta rivelando mia madre. A un certo punto mi chino sotto il tavolo fingendo di cercare il tovagliolo caduto, in realtà desideroso di guardarle nuovamente le gambe. Vengo ricompensato: sotto il tavolo lo spacco della gonna si è aperto, le cosce di mamma sono bene in vista, su su fin quasi alle mutandine. La scoperta che mi fa saltare il cuore in gola è che mamma non indossa collant ma calze e reggicalze. Nel tragitto di ritorno rischio l’incidente pur di poterla osservare dallo specchietto. Lei. adesso, si è seduta con maggior negligenza lasciando che la gonna si apra un po’. Quando a un certo punto incrocia le gambe godo ancora della visione della sua gamba inguainata di nylon fino al bordo della calza oltre il quale intravedo perfino una sottile striscia di carne nuda. Una volta a casa cerco l’occasione di restare solo con mia madre. La seguo mentre lei va in cucina a bere un bicchiere d’acqua. Dai rumori che sento arrivare dall’altro lato della casa capisco che mio padre si sta già spogliando per andare a letto e non ci interromperà. La placco davanti al frigorifero. “Mamma, volevo dirti una cosa.” Mi rivolge uno sguardo interrogativo. “Volevo dirti che stasera sei proprio stupenda, una donna davvero attraente.” Le prendo le mani fra le mie e le porto al viso per baciargliele. “Ti ho molto ammirata, stasera, sai?” continuo. “Grazie, Massimo, ma non capisco …”. “Quello che voglio dire è che non so se ti sei vestita così per papà, ma, ecco, se anche lui non se ne fosse … non se ne fosse accorto, ebbene su di me hai fatto colpo, eccome.” L’abbraccio, forte, che senta la mia erezione potente non m’importa. Anzi. “Grazie, Massimo, sei molto carino a dire così ma ho solo cercato di vestirmi un po’ bene per uscire con te e …” “No, non è vero, tisei combinata così per farti ammirare, per farti desiderare.” Nonostante i tacchi non arriva alla mia altezza. Mi chino sul suo collo e comincio a baciarglielo come ieri. La sento sciogliersi tra le mie braccia. Emette qualche mugolio di piacere. “Massimo, cosa fai?” “Sei così sexy, mamma. Lo sai? Sei una donna molto seducente.” La bacio dietro l’orecchio, poi sul viso, puntando alla sua bocca. La mano è scivolata sul suo sedere e lo accarezza. Lei tenta di allontanarmi ma ci mette molta poca forza… “Massimo ti prego…” “Sei proprio una gran figa, mamma. Papà è uno stupido se non si accorge di quanto sei figa.” Con una mano le ho quasi preso un seno attraverso la stoffa. L’altra è scivolata fino ad afferrare l’orlo della gonna e adesso sta risalendo accarezzando la sua coscia attraverso il nylon della calze. L’ho spinta contro la porta del frigo e le punto contro il ventre il mio cazzo, durissimo dentro i pantaloni. “Massimo, smettila …” Le manca il respiro. La mia mano le accarezza le gambe sotto la gonna. “Ti devo confessare che in pizzeria ho lasciato cadere il tovagliolo per guardarti le gambe sotto il tavolo. Così mi sono accorto che ti sei messa il reggicalze. Mi fanno impazzire le donne con le calze e il reggicalze.” La mia mano le accarezza la parte nuda della coscia, poi il culo attraverso le mutandine. Con i miei baci sono arrivato alla sua bocca. Continuo a baciarla tutto intorno alle labbra. Lei non dice più niente ma emette dei piccoli rantoli. “Sei così eccitante, mamma. Stasera ero così eccitato che se non fossi stata mia madre ti avrei messo le mani addosso”. A queste parole poggio le mia bocca contro la sua. Le sue labbra si aprono subito, la mia lingua entra facilmente e comincia a giocare contro la sua. Sento le mani che mi afferrano. Sotto la gonna cerco di accarezzarle la fica attraverso le mutandine ma, a questo punto, lei stringe le cosce, interrompe il bacio e mi respinge, con decisione stavolta. “Basta!” E’ l’unica parola che pronuncia. Mi stacco da lei quel tanto chele è sufficiente per scivolare via. Non mi guarda nemmeno negli occhi e va via precipitosamente. Resto solo: infoiato come un caimano ma timoroso di averla fatta grossa non mi resta che andare in camera mia. 5° giorno Notte trascorsa senza chiudere occhio. Quando mi alzo mia madre e mio padre sono già in piedi. Lei mi evita. Io non so che fare e che dire. Mi infilo sotto la doccia. Quando ne esco sento la porta di casa sbattere. Mi avvio verso il tinello, coperto da un telo di spugna stretto in vita. “Papà?” chiedo. Mamma mi da le spalle. Forzatamente evita di guardarmi “E’ uscito. Doveva andare in posta.” Siamo soli. “Mamma.” La chiamo ma lei mi ignora. Le vado vicino, le afferro il polso per costringerla a girarsi e guardarmi. E’ in vestaglia. Il suo odore come al solito mi eccita immediatamente. La guardo fissa negli occhi. “So che mi giudichi pazzo, ma io stanotte mi sono masturbato pensando a te.” I suoi occhi vanno verso il basso. Il mio uccello si è messo sull’attenti ed è così duro da sollevare un poco l’asciugamano. Mamma guarda l’erezione evidente poi mi guarda negli occhi. Tolgo l’asciugamano restando nudo davanti a lei con il pene rigido e teso. “Visto che effetto mi fai?” A mamma sfugge un sospiro. Poi allunga il braccio e me lo prende in mano. Avvolge le dita intorno alla mia asta, la accarezza, la stringe. Io l’attiro a me e comincio a baciarla. Non resiste. Lascia che la mia lingua entri dentro, non ritira la sua, accetta il mio bacio. Le mie mani corrono sotto la vestaglia. Sento la sua pelle. Sotto è nuda. E’ completamente nuda. La sua mano continua ad accarezzarmi il pene. Le mie dita corrono sui seni. Giù per i fianchi. Sulle cosce. In mezzo alle gambe. Quando arrivo alla fica le infilo due dita dentro. Mi accorgo che è completamente bagnata. Perdo completamente la testa. La sollevo e la spingo sul divano. La adagio di schiena. Le apro la vestaglia. Le guardo i seni grandi e morbidi, i capezzoli duri, le areole grosse percorse da piccole vene bluastre. Ha ciccia sul ventre, e smagliature. Me la rendono ancora più eccitante. Ha chiuso le cosce. Gliele divarico senza dover far forza. Le punto il cazzo in mezzo alle gambe. Mi spalanca la fica sotto gli occhi. Non mi incoraggia e non mi resiste. Entro dentro di lei affondando come nel miele. Le afferro un seno con le labbra mentre mi muovo dentro di lei. Le sue mani mi stringono la schiena e affondano le unghie nella carne. Alle orecchie mi arrivano una serie di piccoli gemiti di piacere, poi uno, più lungo e più forte, giusto un momento prima che io venga dentro di lei, inondandola della mia sborra. Quando esco, lei si gira su un fianco, racchiude le gambe e si porta le mani al viso. Non so cosa dire. Non capisco bene ma ho paura che stia piangendo. Le accarezzo le spalle. Lei si alza di scatto dal divano e corre via, le mani sempre sul viso. La inseguo dopo qualche istante, ma ha già chiuso la porta della camera. “Mamma, mamma, lasciami entrare.” Busso, ma non ho risposta. Non mi resta che vestirmi e uscire di casa. Sto fuori tutto il giorno e rientro tardi. Non appena la vedo mi viene subito voglia di rifarlo. Quella donna mi è entrata nel sangue. Non capisco nemmeno io cos’abbia per farmi montare così l’eccitazione. Sarà il desiderio del frutto proibito. Il fascino di una parola che devo abituarmi a usare: incesto. La vedo di spalle che lava i piatti, nella solita cucina. Sono attratto come una calamita. Quando le sono vicino le sfioro appena il gomito. Lei ha un sussulto e un piatto le sfugge di mano rompendosi in pezzi per terra. “Che c’è?” grida mio padre dal salone. “Niente, niente” rispondo io, chinandomi per terra a raccogliere i cocci e, a lei, sottovoce, “Volevo solo parlarti…” “Non abbiamo niente da dire.” “… di stamattina.” “Stamattina non è successo niente, capito?” Ha un tono forzato, non mi guarda nemmeno in faccia. Io sono inginocchiato di fianco a lei e non posso fare a meno di notarle le gambe, velate da calze nere che valorizzano la linea sottile delle caviglie e la curva sensuale dei polpacci. Allungo la mano e le tocco una gamba. Poi risalgo accarezzandogliela. Sotto i miei polpastrelli la morbida scivolosità del nylon. La vedo afferrarsi al bordo del lavandino. “Smettila!” dice con un filo di voce. Ma non si scosta e non mi ferma. E io sono già in cima e quello che tocco, adesso, è pelle nuda e calda. “Se vuoi che la smetta perché ti sei messa di nuovo il reggicalze?” la provoco sfrontato. Si volta, a questo punto, verso di me. Gli occhi sono fiammeggianti. I muscoli tesi. Penso che stia per darmi uno schiaffo. Invece ripete, ancora più piano “Smettila!” e poi scappa via nuovamente. I miei hanno cenato. Mi faccio un panino e mi piazzo davanti la tele, pensieroso, mentre loro si preparano per la notte. Mi sento pentito di quel che ho fatto. Lo sguardo di mia madre mi ha turbato. Forse ho sbagliato tutto, ho preso per incoraggiamenti quelli che tali non erano. Mia madre non dirà nulla di quel che è successo, ma forse mi odierà per sempre. E’ mezzanotte passata e sono ancora sul divano con la televisione accesa che non seguo. I miei pensieri vanno per i fatti loro e non approdano a nulla. Sento un rumore soffocato e, improvvisamente, mia madre è accanto a me. Mi irrigidisco. Non ha detto una parola. E’ seduta impettita, vestita di quel che mi pare una camicia da notte, e guarda fisso anche lei lo schermo che emana la debole luminescenza bluastra dei televisori la notte. E’ l’ora del chiarimento, ma non so cosa dire e non oso parlare. Non ho nemmeno il coraggio di guardarla. Saranno secondi, ma mi sembra un’eternità, che restiamo così, seduti vicini eppure distanti, in silenzio, fintamente assorti nei programmi notturni. Poi, mia madre si alza e si va a piazzare proprio davanti al televisore. La tenue luce alle sue spalle evidenzia le sue forme attraverso la veste. “Ti interessa così tanto quel che danno in televisione?” Faccio cenno di non con il capo. “Allora accendi l’abat-jour. Voglio farti vedere una cosa.” L’abat-jour è vicino al divano, devo solo distendermi un po’ per raggiungere l’interruttore. Manda una luce fioca, appena più intensa del televisore. Mamma indossa un elegante camicia da notte di raso, azzurro intenso, tenuta su da un paio di spalline, con le coppe dei seni di pizzo. Davanti c’è uno spacco profondo che arriva fin quasi all’attaccatura della coscia. Mamma è appoggiata alla libreria doce sta il televisore, le mani dietro la schiena, ripiega una gamba e l’appoggia sulla parete alle sue spalle. Nel movimento lo spacco si apre e rivela fin quasi all’inguine la coscia inguainata di nylon. “Ti piace questa camica da notte? La trovi sexy?” Ho la bocca secca e annuisco lentamente con il capo. “Vedo che l’apprezzi. Tuo padre no, invece, A tuo padre non ha fatto nessun effetto.” Mia madre avanza verso di me, mi prende la testa fra le mani, mi arruffa i capelli. “Mio figlio apprezza, invece. L’apprezza eccome la sua mamma.” Si mette a sedere accanto a me senza lasciarmi il viso. “Questa notte volevo cancellare quel che è successo tra noi stamattina dandomi a lui, come una brava moglie. Ho provato ad eccitarlo, a provocarlo. Niente. E’ così da anni. Vestiti, atteggiamenti, parole, è tutto inutile.” Si ferma e mi guarda. “Però ci sei tu. Ci sei tu che non hai paura di farmi sentire che ti piaccio.” Si china su di me e mi bacia. Le nostre lingue si intrecciano. Le mie mani vanno ad abbracciarla. Lei mi salta addosso me la ritrovo in grembo. Le sollevo la camicia da notte, le scopro le gambe. Comincio a palpargliele. “Hai messo le calze di ieri sera in pizzeria.” Lei mi sta baciando il viso, mi passa la lingua dietro le orecchie, poi mi spinge il viso a baciarle il seno attraverso il pizzo. “Sì. Mio figlio sì che sa apprezzare quello che una donna indossa per eccitarlo. Volevo fami desiderare da mio marito, ho fatto colpo su mio figlio. Mio figlio che mi guarda, che mi tocca, che si masturba per me, che mi sbircia le cosce sotto il tavolo, che mi scopa sul divano….” Sono al massimo dell’eccitazione. Con la mano le palpo il culo nudo e ormai punto deciso alla fica, quando lei me la ferma. “Ti eccita scopare su questo divano o possiamo farlo più comodi in camera tua?” Quelle parole, quella disponibilità maliziosa mi fanno arrapare. La prendo in braccio e la porto verso la camera. Ce la faccio a stento, mia madre non è un fuscello, ma riesco e la faccio cadere sul mio letto. I capelli sciolti, una spallina caduta che scopre un seno, la camicia arrotolata, le gambe inguainate di nero e il boschetto in mezzo: mia madre urla voglia di sesso. “Spogliati” mi sussurra con voce roca. Non voglio altro. Mi libero dei vestiti in un baleno. Salgo a cavalcioni sul letto su cui è sdraiata, orgoglioso della mia virilità svettante e pulsante. “Come sei maschio” è il suo commento. Poi mi accarezza con il piede la punta del cazzo. Potrei venire già così ma non voglio sottrarle niente. La penetro di slancio, non devo forzare perché la trovo bagnata come un lago, cominciamo a contorcerci l’uno dentro l’altra, a malapena trattenendo grida di piacere. Andiamo avanti tutta la notte facendo l’amore. Non ricordo di aver mai avuto tra le mani una femmina appassionata ed eccitante come mia madre. Veniamo insieme più volte e scopiamo come amanti affamati. All’alba, quasi in dormiveglia. la sento lasciare il mio letto per tornare a prendere il suo posto di moglie, in quello accanto a mio padre. Mi addormento con l’idea che ho scopato mia madre, che la desidero e che non mi frega niente e la voglio ancora. 6° giorno. Quando mi sveglio per un attimo la cerco accanto a me. Che diavolo mi succede? Per venticinque anni l’ho guardata senza nemmeno accorgermi che fosse una femmina e, adesso, in pochi giorni, è diventata l’oggetto di tutta la mia voglia. Senza vestirmi indosso un accappatoio e mi avvio per casa: l’eccitazione mi rende audace e sfrontato. La trovo, in vestaglia, affacciata alla finestra. “Tuo padre sta andando a cercarmi delle medicine che mi servono con urgenza.” Mi informa con un sorriso malizioso. “Ma si è già dimenticato il nome.” Torna ad affacciarsi cercando di farsi sentire da mio padre in piedi in mezzo al marciapiede. Mi tengo qualche passo dietro la finestra, per non farmi vedere, e le sollevo la vestaglia: sotto è nuda. Comincio a palparle il bel culo. Lei ridacchia fingendo che la causa sia quel che le dice papà. Cado in ginocchio dietro di lei, ficco la testa sotto la vestaglia e comincio a coprirle il culo di baci. Mamma ancheggia leggermente. Le bacio la fessura. ci infilo dentro la lingua. Comincio a leccarle lo spacco tra le natiche. Mamma dondola languida i fianchi. Spero che papà si sia allontanato. Spingo avanti la lingua per stuzzicarle la rosetta. Mamma emette un gridolino e io con la mano vado a cercarle la figa che trovo già grondante. Mamma geme e si inarca. Continuo a titillarle la figa con le dita e il culo con la bocca, mentre lei spinge il sedere contro il mio viso. Sta godendo come una cagna. A un certo punto si gira di scatto, togliendomi il pane dai denti. “Ma sei senza freni!” mi dice ansimando. La guardo e sorrido. Sorride anche lei. “Siamo soli” faccio io pregustando la nuova scopata. “Sì siamo soli perché ho mandato via tuo padre. Pensavo di venirti a svegliare facendoti una sorpresa. Invece l’hai fatta a me a quanto pare. Ma non ti fare illusioni”, prosegue seria, “poco fa hanno chiamato dalla clinica per dire che Loredana sta per iniziare il travaglio. Dobbiamo vestirci e andare.” Quelle parole mi riportano per terra. Io sono sposato e fra poco padre. E quella donna che tanto mi intriga è mia madre e presto tornerà a casa sua. Di malumore torno in camera mia per vestirmi, quando lei mi chiama dalla camera. La trovo nuda adagiata sul letto, con le gambe spalancate. Basta questo a farmelo venir duro. Sono a torso nudo, ho avuto appena il tempo di infilare boxer e pantaloni. “Massimo, mi aiuti a vestirmi, per favore?”, miagola con aria maliziosa. “Cosa vuoi mettere?” “Guarda in quel cassetto. Scegli pure tu.” Frugo nella sua biancheria già inebriato dal suo gioco. Prendo degli slip ridotti, un reggicalze e un paio di calze nere e glieli mostro da lontano ammiccando. Lei sorride: “Se pensi che mi rendano sexy…” “Mamma, basta poco a renderti sexy, ma le calze e il reggicalze ti donano proprio.” Le allaccio il reggicalze intorno alla vita, poi mi inginocchio ai piedi del letto per cominciare a infilarle le calze. Procedo nella mia opera allungando il nylon sulla pelle liscia delle sue gambe. Le accarezzo fingendo di spianare le grinze, traendo in realtà da quei gesti una enorme eccitazione. Anche lei si eccita: si vede la figa bella umida che lei ogni tanto sfiora come distrattamente con le dita. “Hai delle gambe bellissime …” “Per una cinquantenne. E’ a questo che stai pensando, vero?” “Per la tua età sei fantastica, mamma. Sei davvero una bella fica. Non devi vergognarti certo degli anni che hai” “Bisogna vedere se la pensano così anche gli altri uomini. O solo il mio bambino.” A quelle parole la fisso negli occhi, lei mi risponde con uno sguardo languido, velato di sensualità. Mi vuole, lo capisco, mi vuole come una madre non desidera il proprio figlio ma il proprio amante. Aggancio le calze al reggicalze. L’odore del suo ciprigno mi inonda le narici e mi arriva direttamente al cervello. Tuffo il viso tra le sue gambe e prendo a divorarle la fica. E’ calda, è bagnata, è salata. Ci metto dentro il naso e la lingua e più lei mi tira i capelli godendo, più le sue cosce mi stringono in spasmi le tempie, più veloci sono i miei colpi di lingua, finché non le afferro tra le labbra la clitoride e prendo a succhiarglielo con foga animale. Penso che le sue grida di piacere si sentano in tutto il condominio. Quando mi sento il viso inondato di liquido capisco che è venuta e che ora tocca a me. Mi ergo sopra di lei pronto a penetrarla. Ma lei mi punta le mani sul petto, mi spinge via e mi mette giù di spalle. In un balzo è a cavalcioni sopra di me, bellissima nella sua eccitazione selvaggia. Mi monta infilandosi sul mio bastone. Si puntella con le mani sul mio petto e comincia a ballare su di me, i seni impazziti, i capelli che le cadono davanti al viso. “Se sapevo che era così bello scopare con mio figlio,” comincia a dire in mezzo a gemiti di piacere, “che avevi un cazzo così grosso, che eri così maschio, ti avrei chiavato quando avevi diciottanni. Avrei guadagnato sette anni di scopate.” La sua fantasia mi piace, l’assecondo: “E come avresti fatto?” “Ti avrei chiamato in camera, ti avrei mostrato le gambe, mi sarei fatta toccare le tette, ti avrei chiesto di aiutarmi a mettere le calze…..oooohhh” Veniamo insieme, travolti dall’immagine viziosa di una donna che seduce il proprio figlio. Lei crolla su di me. “Siamo due pazzi, mamma.” “Tu mi hai fatto diventar pazza. Ero una donna perbene, appena due giorni fa.” Poi rialzandosi: “E adesso andiamo, presto, che tua moglie ti aspetta.” Arriviamo in clinica giusto in tempo. Il parto fila liscio come l’olio e dopo qualche ora un’infermiera mi mette in mano il mio erede. Sono emozionato, sconvolto. Non avrei mai creduto a una sensazione così intensa. Mia moglie si riprende velocemente. Facciamo tutti festa, a lei e al piccolo. Mia madre si comporta come una nonna amorevole e premurosa, una quieta donna di famiglia, irriconoscibile rispetto alla femmina vogliosa di poche ore prima. Solo una trattenuta insofferenza tra lei e Loredana rivela che le due donne da questo momento competeranno per lo stesso uomo. Più tardi, in un angolo non visti, le cingo i fianchi e attirandola a me la prendo in giro: “Come mamma sei una gran bella donna, ma come nonna sei una fica super. Mio figlio avrà la nonna più sexy che ci sia.” “Ridi, ridi. Sarò nonna ma a quanto pare ho scoperto di riuscire ad eccitare i giovanotti. Guarda che farò altri esperimenti oltre te,” mi minaccia. 7° giorno Loredana rientra a casa già stasera. Purtroppo. In clinica tanto l’han tenuta prima di partorire quanto sono stati veloci a liberare il suo posto, visto che non ci sono complicazioni. Dovrei essere felice, invece riesco solo a pensare che l’intimità con mia madre è finita. Sei un maniaco, mi dico. Ma il piacere proibito che lei mi dà è più forte di ogni altro richiamo. Mamma mi vede sconsolato, capisce e sorride maliziosa. A un certo punto, prende lei in mano la situazione. Con la scusa che orami è solo d’impaccio rispedisce a casa mio padre. Lei, invece, si fermerà ad aiutare Loredana e me per i primi giorni, continuando a dormire nella camera degli ospiti. La presenza del bambino consiglia che nella nostra camera da letto ci stia Loredana con lui e io vada dormire sul divano. Il divano sul quale abbiamo fatto l’amore la prima volta. E così sarò libero di andare da lei e di infilarmi nel suo letto, sotto le lenzuola, accanto al suo corpo che mi aspetterà, nudo ed eccitato. Tre giorni dopo Il piano di mamma funziona. Basta qualche precauzione quando Loredana si sveglia per i pianti del bambino. La sera do la buonanotte alle mie due donne. Un bacino da marito premuroso alla moglie. Un bacio ancora più casto sulla guancia della mamma. Poi, quando la casa è avvolta nel silenzio, vado da mia madre che mi aspetta fremente. E impaziente. Tanto impaziente che l’altra notte è venuta lei da me. Mi ha svegliato (e vorrei vedere, dopo tante notti passate insonni a far straordinari di sesso) ed è venuta sopra di me e mi ha praticamente scopato lei. Poi s’è sentito il pianto del piccolo, e allora ci siamo rivestiti veloci e in silenzio, e ci siamo presentati da Loredana offrendo il nostro aiuto, padre e nonna amorevoli e premurosi. Loredana non può sospettare certo di nulla ma non gradisce mia madre e respinge le sue attenzioni. Quanto a mia madre, adesso che faccio il confronto, sovrasta di gran lunga mia moglie in fascino e sensualità, e lo sa, e la tratta con un pizzico di superiorità. Avverto il rischio di scoppi d’umore pericolosi. Ed anche il rischio di non riuscire a controllare la passione che ormai lega madre e figlio. Come, ad esempio, ho sudato freddo, ieri, quando mentre pranzavamo ho sentito il piede di mia madre posarmisi tra le gambe e prendere a carezzarmi l’inguine, mentre lei, seduta di fronte a me continuava tranquillamente a mangiare. E io invece sono quasi venuto, senza poterle dir niente, finché, con un sorrisetto che per fortuna ho visto solo io, ha smesso e con ultima carezza sulla coscia ha ritirato il piede. Fra qualche giorno mamma dovrà tornare a casa. Non so cosa mi succederà. Forse alla fine mi sveglierò da questo che sembra un sogno. Tre mesi dopo La relazione con mamma prosegue. Siamo amanti da allora. La continuo a desiderare, ormai al di là di ogni tabù. Mi masturbo pensando a lei e a quel che abbiamo fatto insieme. Ho provato a riprendere ad avere rapporti con mia moglie ma è stato come bere una tisana subito dopo una bottiglia di coca-cola. Le difficoltà non son poche, il timore di essere scoperti alto. Lei è venuta a trovarci tre volte, con la scusa di vedere il bambino, ma non sempre il giochino del divano ha funzionato. Due volte sono andato io a casa loro. E’ bastato far uscire mio padre con una scusa per ritrovarci l’uno tra le braccia dell’altra a far l’amore come ossessi. L’ultima volta, sono riuscito a sfruttare una trasferta di lavoro in una città a metà strada tra la mia e quella dei miei. L’ho chiamata dicendole che avrei prenotato un albergo per un intero week-end. Mamma ha inventato una gita sociale e mi ha raggiunto. E’ ormai una donna completamente diversa. Sicura di sé e di ciò che vuole, consapevole di piacere, pronta a flirtare con gi uomini che le capitano a tiro. La metamorfosi è compiuta e mi chiedo come faccia a tenerla nascosta nel suo ambiente abituale. Sempre che lo faccia. Mi ha detto di spogliarmi, mentre lei, ancora vestita, mi osservava come avrebbe osservato una vetrina. Sono rimasto davanti a lei, orgoglioso della mia virilità esibita. “Vedi com’è già sull’attenti? Non ho fatto che volerti in questo periodo.” Lei si è alzata e, venutami vicino, me lo ha preso in mano cominciando ad accarezzarmelo. “Non credo ti lascerò di uscire da questa stanza, questo week-end. Pensi di resistere?” mi dice sorniona. Sfidato nella mia mascolinità, ho riso: “Non ho mai ricevuto lamentele. A quanto pare anche a te è mancato qualcosa.” E’ lei che a questo punto, senza smettere di toccarmi, si mette a ridere. “Eh no! Sono stufa di restare senza sesso anche solo un giorno. Mi sono fatta un amante.” La rilevazione mi colpisce. Mi sento tradito. “Cosa? come? chi è?”, ma è difficile fare una scena di gelosia mentre la tua propria madre ti sta masturbando. “Ti avevo detto che volevo mettermi alla prova con altri uomini. Con uomini più giovani. E’ giovane, poco più che un ragazzino. Ha appena diciottanni.” Spingendomi di schiena sul letto, sollevata la gonna sotto la quale non porta mutandine, mentre sta per impalarsi su di me, scopandomi vestita come una signora con il suo stallone, aggiunge: “Ti racconterò.”
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