– Basta così! Ferma, immobile. Tieni addosso le calze e la biancheria. – la voce autoritaria dell’uomo bloccò Sara nel preciso istante in cui stava iniziando a sfilare, con malizia, le autoreggenti. Lei lo guardò interrogativa nel tentativo di anticipare cosa volesse da lei. – Siediti su quella seggiola. Quella vicina al camino. – ordinò lui mentre si alzava dal divano da cui aveva assistito, impassibile, allo spettacolo di spogliarello imbastito da lei solo per lui. – Metti le mani dietro lo schienale … così! – aggiunse. Sara sentì una forte presa sui polsi, quasi dolorosa nella sua intensità. Dilatò le pupille mentre le braccia erano costrette con forza ad incrociarsi dietro lo schienale della sedia. Non protesto quando percepì chiaramente una corda correre sui suoi polsi e girare intorno ad essi per avvinghiarsi a loro in modo inestricabile. Provo a muovere le mani, sfilare i polsi da sotto le spire della corda, tutto inutile, l’aveva legata per bene! Sentiva d’essere completamente in balia della sua volontà, bloccata in quel modo. Le piaceva ed era venuta a cercare proprio quello! Il senso d’impotenza si rafforzò nell’attimo in cui lui le legò anche le caviglie alle gambe della sedia, con la stessa corda, con la stessa forza; tirando i legacci al limite del dolore. – Cosa sei? – le domandò lui con la voce alterata da una finta rabbia – Dimmelo tu! – rispose flebile Sara. Afferrandole la mascella in modo da costringerla ad alzare lo sguardo verso i suoi occhi le disse: – Sei la prima e l’ultima, sei la puttana e la santa, la mia donna e la donna di tutti, la mia schiava e anche la mia vittima; sarai tutto quello che vorrò che tu sia. – Come vuoi, come mi vuoi … io sarò! – ammise lei abbassando lo sguardo. – Vedo che capisci, bene! Cosa ti aspetti ora? – Non mi aspetto niente, non posso aspettarmi niente! Sono tua, a tua disposizione. Disponi di me e del mio corpo come meglio credi. – Non basta! – Disse lui. – Cos’altro vuoi da me? – La tua mente! – Quella è già tua! – Puttana! Non è vero e lo sai! – E’ così e lo sai! – Vuoi godere? – Solo se vorrai vedermi godere. Godrò! – Ti stai vendendo, stai cercando d’illudermi … Puttana! – urlo lui mentre lasciava partire un ceffone all’indirizzo della sua guancia. Un colpo tanto delicato da sembrare un tenero buffetto, infatti, dopo una violenta rincorsa del braccio all’indietro, rallentò improvvisamente a pochi centimetri dal suo volto, appoggiando la mano delicatamente sulla guancia per poi spingerla di lato con finta violenza. Indietreggiò guardandola con disprezzo. Con studiata calma iniziò a slacciare la patta dei pantaloni. Tolse la cintura, arrotolandola sulla mano destra, lasciandole intendere di volerla colpire in quel modo. Si avvicino a lei minaccioso, sprizzando odio dagli occhi. – Succhia! – disse nell’attimo che estratto il pene gonfio lo puntava verso la sua bocca. – Succhia e ingoia, da troia quale sei. Sara aprì la bocca, pronta a prendere quel membro enfiato delle stessa prepotenza del suo proprietario. Un pene che già grondava umori, con la cappella tanto gonfia e calda da annunciare l’orgasmo. Lo sentì appoggiarsi alle labbra, ne percepì il sapore ed il calore. Lentamente lo ingoiò, seguendone il contorno con le labbra. Una volta accolto sino in gola aspirò forte e ritrasse la faccia, lasciandolo uscire un poco, quel tanto che bastava per consentire alla sua lingua di spazzare all’impazzata sulla dura e infuocata sommità. Tanta violenza, tanta tracotanza, tanta superbia però non corrispondevano a tanta durata. Bastarono poche mosse della sua abile bocca per far sentire a Sara un forte getto, nemmeno troppo denso e abbondante, dentro la sua bocca. Percepì quel liquido colare giù dalla gola mentre il silenzio era rotto dai rochi ansimi dall’uomo. Ingoiò tutto come le era stato richiesto, sino all’ultima goccia e aspirando quello che ancora rimaneva dentro quel membro che già iniziava ad afflosciarsi. Lui si allontanò in fretta da lei, barcollando leggermente mentre si sistemava le intimità nei pantaloni. – Bene, vedo che ci sai fare. Sei proprio la puttana che sembri. Adesso, vediamo quanto sai esserlo veramente! Aggirò la sua sedia e si portò dietro di lei. La prese per le spalle salendo poi ad accarezzarle il collo e le guance. Lei si stava chiedendo come poteva dimostrare tanta sicurezza di sé quando non era riuscito a reggere più di un minuto le sue labbra. Forse aveva commesso un errore a credere a tutte quelle promesse che lui le aveva fatto. Sino ad ora la sua millantata superiorità, la sua ipotetica capacità di dominatore si era manifestata solo a livello verbale: con due insulti, nemmeno troppo originali e qualche metro di corda. Comunque non doveva permettere all’incipiente delusione di rovinare l’eccitazione che si era già impadronita di lei. All’improvviso vide una sciarpa nera presentarsi davanti ai suoi occhi, la sentì appoggiarsi sul suo viso e stringersi dietro la nuca. Privandola in questo modo della vista. Forse era in arrivo qualche altra sorpresa, forse non si era sbagliata su di lui. Molto probabilmente lui aveva solo voluto sfogare una sua voglia improvvisa con quella richiesta di una prestazione orale e il conseguente immediato orgasmo. Forse …. I suoi pensieri furono interrotti da un nuovo stimolo. L’udito reso più sensibile dalla mancanza della vista riconobbe altri passi nella stanza, il suono prodotto da più piedi. Forse quattro, sei. Non riusciva a contarli. C’erano, evidentemente almeno altri due uomini vicino a lei. N’ebbe conferma nell’istante in cui avvertì il tocco delicato di quattro mani. Le sentì scorrere sulla pelle, esplorare ogni centimetro del suo corpo, indugiare sui bordi della biancheria, intrufolarsi al di sotto di essa e cercare prima i capezzoli e poi le labbra della sua vagina. Stava iniziando ad eccitarsi sul serio, ma non voleva darlo a vedere. Il suo ruolo quella sera non prevedeva che lei si eccitasse o provasse piacere, se non espressamente richiesto. Tentava in tutti i modi di stare al gioco ma il calore che sentiva salire da suo pube era stato certamente notato dall’uomo che le aveva infilato la mano sotto gli slip. Senti appoggiarsi sul ventre un oggetto gelido. Percepì una piccola puntura sulla pelle e qualcosa che la graffiava salendo lentamente verso il seno. Il reggiseno premeva sui bordi delle mammelle, tirato in avanti con forza. Poi esplose, rimbalzando all’indietro contro lo schienale della sedia. Allora capì cos’era quell’oggetto freddo e appuntito, era un coltello, una lama che scorrendo lentamente il suo corpo ne portava a nudo tutte le sue zone più intime. Violando con la sua metallica valenza fallica le ultime difese poste a baluardo della sua femminilità. Volarono via anche gli slip, tagliati sui brodi gli furono sfilati con malvagità: tirati verso l’altro s’infilarono tre le sue labbra, seviziandole mentre gli scorrevano contro. Questo le provocò un fortissimo impulso di piacere che la fece gemere, un suono rauco dettato anche dalla sorpresa. Un ansimo che fu inteso dagli astanti come dettato dal dolore, illudendoli della loro forza. Sara respirava piano, gonfiando ritmicamente il seno. Con le labbra leggermente dischiuse stava in attesa degli eventi. Non sentiva più alcun suono intorno a lei e cercava d’immaginare cosa stessero macchinando gli uomini, se erano tutti uomini! Un rumore, due passi, qualcosa che s’appoggiava a terra, poi nuovamente due passi. Lei tentava di localizzare nello spazio la posizione dei suoi aguzzini. All’improvviso sentì sussurrare un “O.K., va bene!”; quindi qualcosa di caldo le fu appoggiato sulle spalle. Stava ancora tentando di capire cosa fosse quando sentì un liquido tiepido e denso iniziare a colarle giù da quell’oggetto, attraversare il solco tra i seni ed espandersi sul bacino. Lento ed inesorabile incanalarsi nell’inguine, accarezzandola in modo estremamente voluttuoso. Le piaceva quella sensazione. Nessun odore particolare riusciva a darle qualche indizio, non riusciva ad identificare la natura di quella sostanza, ma non se ne preoccupava. Il piacere che le stava dando era sufficientemente intenso da convincerla del fatto che niente di male ne sarebbe derivato. Si stava godendo quel dolce languore, lasciandosi permeare da esso quando, all’improvviso, una cascata d’acqua gelida la investi, lavando via il denso e caldo liquido da lei; riportandola, in questo modo, alla realtà. Il contrasto tra caldo e freddo, tra il languore e la realtà, tra il piacere ed il freddo, quel senso di leggero dolore dovuto al repentino distacco da una situazione gradevole, in realtà, la faceva godere. Allo stesso modo di come la faceva godere il tocco della lama d’acciaio del coltello, delle corde strette sui polsi che iniziavano senz’altro a lasciare il segno, la biancheria strappatale di dosso e quant’altro ancora le avrebbero fatto nel tentativo di procurarle dolore, umiliazione e senso di sconfitta. Il tintinnio della fibbia di una cintura, l’inequivocabile suono di una lampo che veniva abbassata, il sospiro di un uomo molto vicino a lei le lasciarono intuire il seguito. Un tocco tiepido e umido, l’odore di maschio. Aprì la bocca ruotando il viso verso la fonte e subito fu riempita da un membro di generose dimensioni. Sapeva cosa voleva da lei ed iniziò a succhiarlo con entusiasmo, scorrendolo in tutta la sua lunghezza, seguendone la forma con le labbra chiuse forte contro di lui e lasciandosi impregnare dal suo sapore. Concentrata nel cogliere dalle brevi e leggere pulsioni di quel membro il piacere che stava donando all’uomo non ebbe sentore della presenza di un altro al suo fianco, dal lato opposto al primo, anche lui con la verga denudata e vicinissima alla sua faccia. Un tocco leggero, quasi un delicato bussare, sulla sua guancia; poi sempre più insistente sino a divenire una vera e propria percossa, ritmica e violenta al tempo stesso. Non capiva e continuava a succhiare il primo. L’altro insisteva a sbatterle il pene sulla guancia seguendo fedelmente il ritmo del suo andirivieni sul membro del primo. Nessun ordine le veniva impartito e quindi non si lasciò più distrarre da quei colpi insistenti. Conosceva il suo compito: doveva continuare a succhiare freneticamente quello che aveva in bocca, doveva farlo godere e accettare il succo del suo piacere in ogni luogo del suo corpo lui avesse voluto spargerlo. Con la lingua ne seguiva il contorno, si tratteneva sul glande, lo seguiva fedele mentre ritraeva la testa sino a trattenerlo sospeso quando era completamente fuori. In seguito lo ingoiava tutto sino a sentirlo spingere contro la gola, togliendole il respiro, sino a sentire i testicoli sulle labbra e allora aspirava succhiando forte. Percepiva sempre più abbondanti i suoi umori, le sue pulsioni divenivano più intense e ravvicinate. All’improvviso lui sottrasse il pene dalla sua bocca e immediatamente Sara ricevette il primo getto di sperma sul viso. Aprì la bocca invitante. Un secondo getto la investì sul naso per terminare sul mento. Estrasse la lingua aprendola a cucchiaio, invitante e vogliosa. Fu soddisfatta, lui appoggiò la punta sul suo improvvisato ricettacolo colmandolo del suo seme. Lei lo trangugiò, prima di dedicarsi ad un’accurata aspirazione di quello che ancora rimaneva dentro l’uomo. Ritornò ad essere colpita ritmicamente da una cosa dura e allo stesso tempo morbida e calda. Si voltò verso la fonte e un altro pene prese a colpire deciso e rimato le sue labbra. Lei aprì di più la bocca, invitandolo dentro, ma lui insisteva a colpirla. Sara calcolò bene il tempo e al momento giusto tirò fuori la lingua inseguendo il pene. Continuò in questo modo, ricevendo i colpi sulle labbra e restituendoli con la lingua. Un gemito, un rantolo di piacere e fu nuovamente investita da un getto di sperma. Come prima lo raccolse per poi ingoiarlo. Soddisfatti i due si allontanarono da lei, lasciandola con il viso ricoperto della prova del loro piacere. Sara sentiva colare quel liquido denso giù per il collo, dal mento qualche goccia filosa raggiungeva sporadicamente il seno per allargarsi sulla mammella. Le sarebbe piaciuto vedersi ad uno specchio, ammirare il suo viso pieno di lattiginoso seme, guardarlo colare lento e deliziarsi al pensiero di quanto fosse stata brava a spremere quei due; ma era bendata e legata alla sedia nel mezzo di quella sala, senza sapere quanti uomini c’erano intorno a lei e quanti ancora aspettavano di trarre il piacere che desideravano dal suo corpo. Perché lei era, in quel momento, solo un corpo e niente di più. Un oggetto fatto di carne schiavo dell’immaginazione del suo padrone. Lei aveva annullato la sua volontà, i suoi desideri, le sue voglie lasciandosi guidare dall’uomo a cui si era data senza nulla chiedere. Era sua e lui poteva disporre del suo corpo come meglio credeva. Questa consapevolezza si andava formando nella sua mente mentre era immobile in attesa degli eventi. La cosa le piaceva, l’aveva cercata da tempo. Una fantasia che era nata nella sua mente tanto tempo prima e mai soddisfatta sino ad ora. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce rotta per l’eccitazione del suo padrone, il primo uomo, l’unico che sino ad ora avesse visto in faccia. – Ti è piaciuto? – disse lui. – Solo se è piaciuto a te! – rispose lei interpretando bene la sua parte. – Voglio sapere se ti è piaciuto … dimmi cosa hai provato tu, mentre ti lasciavi ricoprire dallo sperma di sue sconosciuti. Ti è piaciuto? – Si! – Ne vuoi ancora? – Se tu vorrai, io ne riceverò ancora. – E … non vuoi niente qui? – disse lui mentre spingeva violentemente il dito medio nella sua vagina. La posizione di Sara, seduta in quel modo, non era delle migliori per essere penetrata anche solo da un minuscolo dito. L’improvvisa ed inaspettata presenza genero in lei dapprima un vago dolore che lentamente si tramutò in sottile piacere. – Ma guarda quanto sei bagnata, sei completamente dilatata. Allora ti piace veramente quello che ti abbiamo fatto sinora! – disse lui più rivolto agli astanti che a lei. – Però conciata così sei uno schifo, dimostri solo quanto sei troia e niente più .. dovremo ripulirti per bene prima. Un altro getto d’acqua, questa volta abbastanza tiepida da risultare piacevole, la investì con violenza sciacquandole di dosso tutti i segni della sua splendida prestazione di poco prima. – Asciugatela per bene! – fu l’ordine impartito dal suo aguzzino agli altri uomini. Grondante e bagnata sin nelle pieghe più intime del suo corpo, Sara, sentì che i lacci che stringevano i polsi le venivano allentati e quindi sciolti. La stessa cosa accadeva alle caviglie. Nuovamente libera stiracchiò i muscoli da troppo tempo ormai vincolati nei movimenti, nel farlo assunse involontariamente delle pose molto sensuali rese ancora più efficaci dal suo corpo contratto. – Alzati, svergognata. E’ inutile che ti metti in mostra, tanto sappiamo benissimo quello che sei e come sei. – Ma io … – tentò di giustificarsi lei. – Taci. Non è previsto che tu parli. Devi solo aprire le gambe … anche perché è l’unica cosa che sai fare. Non ci aspettiamo molto di più da te. Devi solo seguire la tua natura ed aprire il tuo corpo all’essere che la creazione ha posto sopra di te, come tuo dominatore e padrone. – Inveì contro di lei il maestro. – Asciugatela dunque, in modo che il frutto della sua scelleratezza non infanghi il talamo ove verrà condotta per essere finalmente impalata dalle nostre verghe. – terminò rivolto agli altri. Sara trattenne a stento un sorriso, meglio sarebbe dire un ghigno, si chiedeva dove le avesse trovate quelle frasi così ridicole e pompose. Se ci rimuginava sopra non riusciva a trattenere la sua ilarità, ma doveva farlo a tutti i costi pena, la rottura dell’incantesimo del gioco. Si alzò in piedi, prestando attenzione a come si muoveva, non potendo vedere lo spazio intorno a sé rischiava d’inciampare rendendosi ridicola e comica invece che erotica. Con le gambe unite e le braccia distese sui fianchi, per nulla imbarazzata dalla sua nudità, restò in attesa. Si sentì avvolgere da un ruvido tessuto e quindi strofinare da una moltitudine di mani che non riusciva a contare. L’asciugarono con vigore, sfregando con energia il tessuto di lino grezzo sulla sua pelle irritandola, procurandole un lieve senso di dolore che non le dispiaceva per niente. Al termine, due uomini, la persero per mano conducendola verso quello che lei immaginava sarebbe stato il luogo ove si sarebbe accoppiata con loro. Dove finalmente avrebbe potuto accogliere qualcosa di più soddisfacente di un misero dito nel suo interno, dove avrebbe infine trovato il piacere che anelava e che l’aveva sedotta ad accettare quel gioco. No! Quei pensieri non andavano bene, mentre realizzava queste cosa con la mente capiva che erano nocive e pericolose per lo stesso piacere. Doveva abbandonare il suo solito modo di pensare e agire. In quell’occasione lei era solo la schiava, colei che dava piacere senza richiederlo. Lei si donava senza nulla reclamare, desiderava rappresentare la quinta essenza della femminilità. Almeno questi erano i suoi intendimenti, quello che l’aveva guidata lì; ma non riusciva ad entrare completamente nella parte, la sua vera natura di donna emergeva sempre facendole vedere, in questo caso specifico immaginare, ridicoli gli uomini che tentavano inutilmente di apparire superiori a lei. Bastava osservare che ad affrontarla erano in tre o quattro uomini per realizzare quanto lei, in realtà, fosse più forte. Si sentì prendere per le spalle e ruotare nella direzione opposta al cammino di prima, spingere indietro di qualche passo e inciampò nel bordo del letto cadendoci seduta sopra. Una mano s’appoggiò sulla sua fronte e, imperativamente, la spinse costringendola a sdraiarsi. “Bene, un po’ di violenza, finalmente!” pensò Sara mentre la prendevano per i polsi costringendo le sue braccia a distendersi completamente sopra la sua testa, dove venivano trattenute da uno degli uomini. Due mani afferrarono le sue ginocchia, che stavano appena oltre il bordo del letto, tirandole verso l’esterno, costringendola a spalancare le gambe e ad assumere una posa estremamente lasciva. Il seno, messo in meravigliosa evidenza dalla curvatura che il suo busto era costretto ad assumere a causa della posizione delle braccia, tracciava delle immaginarie sinusoidi con i capezzoli al ritmo del suo lento respiro. Il ventre completamente incavato nello sforzo di mantenere alto il sedere che si trovava pericolosamente in bilico sul bordo del letto sembrava invitare al suo interno un qualcosa in grado di colmare il vuoto di cui soffriva. I fianchi, sottolineati dalla vita stretta. Con la loro curvatura simbolo stesso della forma femminile per eccellenza. Le cosce, toniche e stupendamente delineate dai muscoli tesi nel tentativo di opporre un minimo di resistenza alla trazione che le veniva esercitata sulle ginocchia, sembravano due guide, due sponde, su cui lasciar scivolare i fianchi mentre la mano ti guida il pene verso la vagina. Ed infine lei: la vulva, la vagina, la tana sublime, il caldo ricettacolo, la fossa in cui sprofonda e si perde la razionalità maschile, l’antro che prima ci ha accolti, nei primi mesi della nostra vita, e poi rifiutati e proprio per questo sempre più ambito. Le sue labbra semi aperte mettevano in oscena evidenza il piccolo ma elastico buchino, i peli ancora fradici dalla recente doccia non lasciavano intendere il suo reale stato d’eccitazione; ma le vibrazioni trasmesse dal respiro si ripercuotevano anche su di loro. Tutto questo per dire che, in quella posizione, Sara era molto invitante. E lei lo sapeva. Iniziò un pigro movimento del pube, una danza dettata dalle contrazioni dei muscoli interni. Si alzava e abbassava, tra le labbra si poteva notare il buco che si apriva e richiudeva stringendo al suo interno un immaginario pene. Stufa d’aspettare stava cercando il piacere da sola. Se gli uomini intorno a lei ed il loro istruttore lo capirono non fecero niente per impedirglielo, rapiti dallo spettacolo di quel corpo, che seppur prigioniero e limitato nei movimenti, si dava il piacere che desiderava anche senza il loro aiuto. La mente vagava tra le fantasie erotiche che più la eccitavano, le piaceva sentire gli occhi degli uomini addosso, le piaceva essere al centro della loro attenzione e godeva del fatto che gli stava eccitando. Anche la loro inattività era per lei fonte di soddisfazione, sapeva che li aveva bloccati con lo spettacolo offerto dal suo corpo. Uno spostamento di una mano dal suo ginocchio, quello destro. Un lieve rumore, la percezione di un tenue calore tra le cosce. Qualcosa stava cambiando. La pelle che sfiora la sua all’interno delle gambe, la sensazione che qualcuno si stia inginocchiando davanti a lei, tra le cosce. All’improvviso la mano abbandona il ginocchio e si unisce all’altra sul suo bacino. Tutte e due l’accarezzano, scivolano sui fianchi, sulla vita e raggiungono il seno. Vi si aprono sopra, caldissime, e lo afferrano con forza ma senza farle male. Le dita scorrono, palpeggiano, si uniscono sul capezzolo che sino a quel momento aveva goduto della rugosità della mano. Loro, i capezzoli, s’inturgidiscono ancora di più tra quelle dita, vogliono esplodere; fanno male tanto sono riempiti di sangue. Poi le mani scivolano giù, lente e morbide, calde e sensuali raggiungono l’inguine. Si estendono sul bacino mentre i pollici cercano le labbra della vagina. Le dilatano, mettendo allo scoperto e allargando allo stesso momento l’ingresso al suo corpo. Sara avvertì qualcosa di una fantastica consistenza appoggiarsi e spingere sulla sua vulva, sentì il suo corpo aprirsi per inghiottire senza incertezze quell’oggetto di calda carne. Lui, chiunque fosse, spinse con costanza il pene dentro di lei, non trovando nessuna resistenza lo fece molto lentamente, in modo da darle il tempo di assaporare ogni singolo centimetro, conquistando il suo ventre che piano, piano si apriva a lui. Si fermò solo quando i suoi testicoli trovarono il naturale fine corsa, sino a quando sentì il suo corpo perfettamente aderente al suo bacino. Finalmente piena di tanta grazia, Sara, sospirò: un gemito lungo quanto il membro che accoglieva. Si rilassò, ora nessuno più poteva toglierle da dentro quello che aveva sospirato fino a quel punto; tornò a muovere il pube in modo provocante ed efficace per chi stava in lei, invitandolo in quel modo a muoversi per farle gustare a fondo la nuova situazione. Finalmente lui si mosse, uscendo da lei sino al limite facendo emergere il membro da lei per poi rientrare, riaprendosi la strada con sommo piacere di tutti e due. Andò avanti in quel modo a lungo, sino a raggiungere il limite della propria resistenza e dell’autocontrollo; allora si fermo dentro di lei dopo essersi spinto fino in fondo, la prese per la vita, sollevandola un po’, e la lasciò fare. Sara continuò imperterrita la sua danza pubica di contrazioni e rilasci. Piena di quel membro le sue sensazioni erano acuite al massimo, sentiva nel dettaglio la sua forma dentro di se e quando contraeva godeva della sua presenza e della sua pressione sui punti erogeni interni. Ormai presagiva l’orgasmo vicino, il calore che saliva dalla vagina al ventre e da lì al cervello lasciava dietro di se un forte languore che serviva solo a renderla più sensibile e desiderosa di provare l’esplosione del piacere. Ansimò forte quando capì che non mancavano che poche contrazioni, pochi sforzi e poi il suo corpo avrebbe reagito istintivamente alle ondate di piacere, voleva le mani libere per stringere a se l’uomo che aveva in mezzo alle gambe nell’ultimo istante, bramava la libertà di avvolgere le gambe intorno alla sua vita per poterlo trattenere meglio e per angolare il pube nel migliore dei modi, ma era trattenuta con forza dagli altri uomini. Gli unici movimenti che le erano concessi, a parte l’inarcare la schiena, erano quelli del bacino e appunto lì concentrava tutta la sua passione. Le mani aperte sul suo bacino le inviavano un calore, che unito al suo, si diffondeva piacevolmente nella zona sottostante, i suoi pollici stimolavano instancabili il clitoride alternandosi su di lui. Non aveva più il controllo delle sue azioni, stava agendo seguendo il suo istinto e sperava che lui, ora, tornasse a muoversi come prima. S’illuse di essere soddisfatta, di essere furiosamente sbattuta dal suo membro guidato da energici colpi di reni, s’immaginava i suoi glutei tratteggiati dai muscoli contratti nel ritmico sforzo di sfondarla. Però lo sentì irrigidirsi, inarcare il busto e spingere ancora più forte il pene dentro di lei. Poi lo sentì emettere un rantolo liberatorio e percepì il primo impulso del suo pene. – Mi sta venendo dentro! Ohh…. – fu il pensiero di Sara. Lui esplose. Lei sentì i ritmici e veloci impulsi del suo piacere, ad ogni pulsione immaginava il suo seme che invadeva il suo utero. Era troppo eccitata, bagnata e dilatata per apprezzare a pieno il suo getto denso e caldo ma le piaceva. Aveva perso la concentrazione a causa dello stupore derivato dal fatto che lui la stesse inseminando, conscio o non conscio delle precauzioni che lei aveva preso in vista di quell’incontro, quindi si era allontanata dall’orgasmo. Si predispose nuovamente ad esso nel tentativo di venire stimolata dalle forti pulsioni che sentiva al suo interno ma proprio quando era nuovamente pronta, lui uscì strappandole un gemito di disapprovazione. Calda, vogliosa, ad un passo dall’orgasmo era nuovamente abbandonata a se stessa, ora non le bastava più contrarsi per venire, voleva qualcosa dentro. Non dovette attendere, il tempo materialmente necessario per permettere all’uomo di scansarsi che subito un altro prese il suo posto. Questo nuovo membro, gonfio d’eccitazione per la scena alla quale aveva appena assistito ma fresco e riposato, entro in lei veloce e deciso a colmare il vuoto che sentiva. Sara percepiva il nuovo maschio meglio di quello precedente, il suo pene asciutto, non ancora lubrificato dalle sue abbondanti secrezioni, sfregò sulle pareti interne annunciando prepotentemente la sua presenza. Lei ricominciò la sua danza, decisa a raggiungere il piacere nel minor tempo possibile, non volendo nuovamente rischiare di rimare sola nel momento buono. Lui seguì il suo pube abilmente, entrava quando lei si apriva e rimaneva dentro quando contraeva per uscire lento, in modo da darle il massimo stimolo. Teneva le mani sui suoi fianchi, trattenendola forte ogni volta che la penetrava. – Questo ci sa fare! Eccome! – pensò Sara. Voleva gridarlo quel pensiero, urlarlo a tutti i presenti in modo che capissero quanto stava godendo. Un grido d’incitamento all’uomo che lo invogliasse a muoversi sempre più veloce e in profondità, amava sentire il suo bacino scontrarsi con forza contro il pube, le piaceva avvertire i sobbalzi del suo seno sotto l’impulso di quelle spinte. Questo non le stimolava il clitoride, meglio così! Avrebbe raggiunto l’orgasmo più lentamente, gustandolo a pieno in tutta la sua estensione, in ogni singola sfumatura. Ritrovò il punto in cui era stata lasciata dal primo, ma questa volta l’uomo che aveva dentro era ancora ben lontano dall’esplodere. Rassicurata da questa consapevolezza si lasciò guidare nuovamente dall’istinto. Lui riconobbe il suo stato da come aveva iniziato a muoversi, da quelle lievi e quasi impercettibili dilatazioni interne della vagina che si predisponeva all’orgasmo, rafforzò il suo controllo su di lei, la seguì in ogni singolo istante guidandola verso il piacere. Rallentò leggermente il suo ritmo quando sentì tra le sue mani i muscoli irrigidirsi di colpo, spinse con forza il pene attraverso le pareti vaginali chiuse nell’ultima e convulsa contrazione, poi la sentì aprirsi a lui e allora inizio a sbatterla con forza, sempre più velocemente. Lei inarcò, per quanto poteva, la schiena abbandonandosi completamente a lui. Non riusciva a gridare il suo piacere, il respiro affannato le consentiva solo di ansimare. Lui la seguì in quegli istanti convulsi per poi rallentare sino a quasi fermarsi, accompagnando con la penetrazione le ondate di piacere più lente che seguirono la prima esplosione. Entrando in lei quando, dal suo respiro, capiva che ne stava arrivando una e uscendo quando anche l’impulso l’abbandonava. Sara era ormai sfatta, fisicamente distrutta dal magnifico orgasmo e stava iniziando a rilassare tutti i muscoli per apprezzare meglio il languore che sentiva nascere dentro di se; ma lui non accennava a fermarsi, continuava a muoversi lento dentro di lei. Capì quello che voleva e tentò di accontentarlo, sapeva che al suo interno il piacere aveva lasciato una tale dilatazione e lubrificazione da impedire al suo stupendo e sconosciuto amante di godere a pieno del suo corpo. Lo ringraziò per quello che aveva appena avuto, contraendo ancora una volta a lungo la vagina, premendo le pareti contro il suo membro che cercava il giusto piacere. Lui sembrò apprezzare molto questa sua gentilezza e prese a muoversi con studiata lentezza, chiaramente stava appezzando con la cappella ogni minimo anfratto o curvatura in grado di stimolarlo. Anche lui, in breve tempo una volta lasciato il controllo, s’irrigidì per poi pulsare con forza dentro di lei, traendola a se dai fianchi come per non permetterle di sfuggire al suo sperma che stava per iniettarle dentro. Non sapeva che era proprio lì che Sara lo voleva. All’ultimo istante, però, cambiò idea. Uscì precipitosamente da lei per appoggiarle il membro sul ventre, premendolo contro con la mano. Sara lo sentì pulsare attraverso la pelle, delle vibrazioni forti al punto da consentirle di percepire il fiotto di sperma che correva lungo il pene verso l’uscita. Quindi lo avvertì spandersi sulla sua pelle, caldo e denso, una sostanza colloidale che lentamente si allargava a chiazza. Lo ascoltò venire ricevendo tutto quello che lui emetteva, tentando d’immaginare lo spettacolo del suo corpo ricoperto di quel liquido lattiginoso. Al termine del suo orgasmo, l’uomo, spalmò il frutto del suo piacere sulla pelle di Sara. Con movimenti ampi e lascivi portava il liquido sia verso il seno sia verso il pube, utilizzandolo come una crema cosmetica destinata ad ammorbidire la sua pelle. Lei si godette a fondo quel massaggio, più dell’azione meccanica in se le piaceva sapere che cosa rendeva così scivolose quelle mani. Le sembrava che la pelle assorbisse quella crema nutriente, la sentiva entrare nei pori per insinuarsi, attraverso di essi, nel suo corpo. Credeva di aver soddisfatto tutti i presenti, di aver terminato il gioco. Lei aveva goduto, loro avevano goduto; non restava più niente da fare se non una bella doccia e rivestirsi. N’ebbe conferma, o meglio pensò che quella fosse la conferma, quando l’uomo che le imprigionava i polsi la lasciò libera di muovere la braccia. Lei ne approfittò subito per riattivare la circolazione nelle membra troppo a lungo relegate in una posizione quasi innaturale, massaggiandosi il ventre leggermente indolenzito dopo tutto quello che aveva provato. Si alzò a sedere sul bordo del letto, avvicinò una mano alla benda che ancora teneva sugli occhi per toglierla, ma una mano perentoria la fermò. Si sentì, quindi, prendere per le ascelle e sollevare in piedi, ruotare su se stessa e spingere nuovamente verso il letto. Ancora malferma sulle gambe perse l’equilibrio cadendo carponi sulle coperte. Stupita ma compiaciuta da quella nuova pretesa strisciò verso quello che credeva il centro del letto, mettendosi in ginocchio con il busto eretto. Capì dalle vibrazioni del materasso che un uomo la stava raggiungendo da dietro, un altro era salito sul letto dalla sua sinistra e stava strisciando verso di lei. Non capiva le loro intenzioni e decise di attendere gli eventi senza prendere iniziative. Intuì la presenza di un uomo al suo fianco, sentì le sue mani guidarla su di lui. Sollevò la gamba sinistra e gli montò a cavallo cercando automaticamente con il pube, il membro che avevano deciso dovesse prendere ora. Lo trovò, pronto e magnificamente eretto. Lasciò che fosse lui a guidarlo dentro il suo corpo e quindi scese facendosi nuovamente penetrare. Allargò le gambe in modo da lasciarlo affondare in profondità. Non pensava di provare ancora un piacere tanto forte, evidentemente l’eccitazione che quella situazione aveva generato in lei non era ancora stata soddisfatta a sufficienza. Ritrovò il piacere di muoversi liberamente su di un uomo dopo che era stata costretta a soddisfare le loro voglie bloccata e aperta a turno da quelli che guardavano. Questa volta voleva dimostrargli che cosa sapeva fare e com’era in grado di muoversi. Iniziò un gioco di anche che portava il bacino ad ondeggiare eroticamente, guidando al contempo il pube nel tracciare una serie d’assurde figure geometriche. Assurde ma molto efficaci sia per lei sia per l’uomo che le stava sotto. Capiva da come spingeva in alto il pene quanto gradisse le sue mosse e s’impegno ad inventarsene di sempre più bizzarre. Finalmente lui prese parte ancora più attiva a quell’accoppiamento, lasciò scivolare le mani dalle gambe di Sara sui suoi glutei. Lei immaginava facilmente il seguito: dopo aver stretto le natiche a lungo avrebbe tentato di raggiungere la vagina per stimolarla oltre al lecito. Lo volle facilitare nel suo compito e si lasciò cadere verso di lui, esponendo in questo modo le terga a quello che stava dietro, ma non poteva saperlo. L’uomo che stava montando le afferrò le natiche, come previsto, e le dilatò all’inverosimile, questo Sara non l’aveva previsto, poi dopo un’affannata ricerca si dedicò a stuzzicarle l’ano. Sara amava in modo particolare le stimolazioni dell’ano mentre era riempita da un generoso membro nella via ordinaria, ansimò di piacere e gemette forte nella speranza di dare le giuste indicazioni a lui. Il dito che stava scorrendo sulla superficie esterna dall’ano lentamente iniziò a spingere in modo deciso sul buchino, sino a farlo dilatare dall’eccitazione. Sara, rapita da quella nuova stimolazione, si fermò quasi del tutto spingendo in basso il pube in modo da prendere dentro la maggior porzione possibile del pene che cavalcava, poi si lasciò toccare, stimolare e lentamente violare dal suo dito. Lo sentì entrare nell’ano e urlò. Venne profanata più volte e sempre dimostro il suo gradimento. L’uomo che era sin dall’inizio dietro di lei si mosse, appoggiò le mani sul suo sedere scacciando quelle dell’altro e quindi appoggiò il suo membro sull’ano di Sara. Lei non riusciva a credere a quello che aveva ormai intuito delle loro intenzioni. Non le era mai capitato di essere presa in quel modo da due uomini insieme. Temeva il dolore. Era incerta sulla disponibilità del suo corpo ad accettare tutta quella carne dentro, ma non ebbe il tempo d’esternare il suo dubbio. Quello che stava dietro di lei iniziò a spingere con costante intensità, sfondando le sue ultime difese. Lo sentì entrare dentro le sue viscere, farsi spazio e andare premere contro il membro che gia la riempiva per la via ordinaria. Lei sistemò al meglio l’angolazione del sedere e s’abbandonò totalmente al volere dell’uomo che la stava sodomizzando. Era piacevolmente stupita dal godimento che stava provando così come dal fatto di non provare assolutamente dolore. Quello dietro si muoveva piano, con lunghe penetrazioni e senza forzare, mentre quello di sotto rimaneva fermo, limitandosi a delle leggerissime spinte verso l’alto. Sara pensò che oramai si era adattata a quelle presenze ed iniziò a muoversi con molta attenzione avanti e indietro con il bacino. La faceva impazzire la sensazione che provava quando spingeva il corpo verso i due uomini: sentiva i loro peni entrare, scorrere nel suo interno, sfiorarsi quasi separati solo da una sottile membrana, molto sensibile per la verità. Tentò di contrarre i muscoli giusti per aumentare la sua sensibilità nei punti giusti ma la doppia presenza trasformava questa mossa abituale in una fonte di dolore. S’accontentò quindi di muoversi contro di loro. Non pensava di raggiungere facilmente l’orgasmo in quel modo ma la forte eccitazione che provava faceva passare l’apice del piacere in secondo piano, voleva gustarsi il più a lungo possibile quella situazione condita dalla consapevolezza di essere, in quel momento una vera e propria troia. Fu, quindi, con sorpresa che colse i primi sintomi dell’orgasmo dopo pochi attimi che si trovava in quella posizione. Sin dagli esordi capì che non si trattava della solita e comune esplosione. Il piacere nasceva dal ventre in due punti ben distinti: oltre al solito sentiva formarsi un punto caldo più all’interno del primo che saliva al ventre per unirsi a quello vaginale, da lì saliva veloce verso il cervello ma solo dopo aver scosso il resto del corpo. Si accorse di ansimare sempre più forte e di aver aumentato il ritmo quando un forte tremito scosse il corpo dell’uomo che l’impalava da dietro, immediatamente lo sentì irrigidirsi e capì che ormai lui era al capolinea. Infatti, lo percepì pulsare dentro le viscere. Sara, che in quel momento aveva la testa completamente reclinata all’indietro, nello sforzo di non perdere nessun istante di quel grande piacere, si lasciò sfuggire un urlo liberatorio. L’orgasmo dell’uomo aveva generato il suo. Godeva seguendo con le contrazioni del bacino le ondate di piacere che scorrevano il suo corpo, senza più curarsi di quello che aveva sotto di lei; il pene che spingeva il suo seme nelle viscere carpiva tutti i suoi pensieri. Fu per questo che s’accorse solo all’ultimo dell’orgasmo dell’altro dentro il suo ventre. La consapevolezza di aver ricevuto il seme di due uomini dentro di lei, quasi contemporaneamente, il pensiero che era stato il suo corpo, la sua femminilità e la sua sensualità a generare il loro piacere la fecero quasi venire nuovamente. Con estremo disappunto sentì l’uomo estrarre il membro dalle sue terga, allora, accettò la fine di quel stupendo accoppiamento sosollevandosi quel tanto che bastava per consentire al primo di scivolare via da lei. Si lasciò, quindi, cadere supina sul letto cercando un ipotetico cuscino su cui appoggiare la testa. Stanca ma profondamente soddisfatta da quella serata stava distesa con le gambe larghe abbracciando il cuscino. Non si era nemmeno preoccupata di sciogliersi la benda che teneva ancora sugli occhi e non lasciava che i rumori intorno a lei la distogliessero dall’apprezzare a fondo il languore che sentiva diffondersi ancora per il corpo. Le parve di sentire dei grati saluti, qualche carezza sui polpacci, sul sedere o sulla nuca. Una porta che si apriva, un delicato vociare, e quindi richiudersi. Lei restava in attesa d’ulteriori ordini dal suo padrone, ma non sapeva che per lui il gioco era finito. Colse le sue mani sulla schiena che lente salivano verso le spalle accarezzandola, poi le sentì armeggiare sulla nuca con il nodo della sciarpa di seta. Lui le sfilò via la benda con dolcezza poi con grazia la invitò a girarsi verso di lui. La osservo mentre ruotava, studiò soddisfatto il suo corpo ancora sudato per il recente sforzo, quindi lasciò indugiare lo sguardo sulla zona genitale di lei dove la vagina macchiata di sperma denunciava tutto quello che lei aveva appena fatto. – Vatti a fare una doccia. – disse lui senza riuscire a mascherare l’emozione nella sua voce. – Subito! – sottomessa lei obbedì. Sara restò a lungo sotto il getto caldo. Si sentiva spossata ma soddisfatta, a tratti spregiudicata ma anche sporca, macchiata dalla trasgressione a cui si era concessa con tutta la sua mente e tutto il suo corpo. Pensava ai dettagli di quella serata e si ripeteva che non aveva fatto nulla di male, aveva solo eseguito le istruzioni del suo maestro, nulla di più. Sì, aveva tratto un forte piacere da quello, ma lo scopo di lui, lo sapeva, era proprio quello. In fondo non c’era niente di strano ad accettare le attenzioni di tutti quegli uomini, di prendere i loro membri in ogni parte del corpo e saziarsi con il loro seme se questo faceva piacere a lui. – Come ti senti? – le domandò lui quando, rivestita, uscì dal bagno. – Benissimo. Stanca ma pienamente soddisfatta! E tu? – Sei stata magnifica, eccitante come non mai! – Grazie, caro! – Andiamo a casa, amore! – Si, ti prego. Domani devo accompagnare i bimbi dal pediatra! – Ok. Dopo di te! – disse lui aprendo la porta dell’appartamento a sua moglie.
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