Una serata concessa a me stessa, quell’uomo mi aveva proprio colpita, così avevo deciso di dargli una possibilità accettando il suo invito per quella sera. Una serata che non avrebbe dovuto essere troppo diversa dal solito: un drink per scambiare due chiacchiere e a seguire un po’ di musica in un nuovo localino che avrebbe inaugurato proprio quella sera. Alle otto sono pronta e lui, puntuale, ha suonato al mio campanello. Ho scelto un abbigliamento che mi avrebbe aiutata a non passare del tutto inosservata, com’è nel mio carattere, a cominciare dal completino nero formato da perizoma e reggicalze che indossavo ben nascosto sotto la minigonna di pelle nera, passando attraverso le calze nere velate e il top zebrato che mi lasciava la schiena quasi completamente nuda, finendo alle decolleté col laccetto alla caviglia che mi piaceva tanto e gli alti tacchi a spillo su cui ero da tempo abituata a camminare. Bionda, alta, con un fisico ben mantenuto e la mia aria un po’ snob, non ho bisogno di questo genere d’abbigliamento per farmi notare, ma mi piace troppo quando gli uomini mi guardano, e soprattutto mi piace quando non riescono più a togliermi gli occhi di dosso. Il pub in cui abbiamo consumato il primo drink era in linea con il locale nuovo in cui avevamo deciso di andare a ballare, tutti posti frequentati da persone simili a noi e in cui quindi saremmo riusciti a confonderci in mezzo alla gente. Entrambi abbiamo salutato qualche conoscente, ma il saluto che lui aveva scambiato con la brunetta all’ingresso della discoteca non mi lasciava presagire nulla di buono per il proseguimento della serata. Poco dopo l’una, infatti, dopo essere sparito per una mezz’oretta buona, si è presentato con la brunetta dell’ingresso avvinghiata a lui come un koala, scusandosi per il contrattempo, ma fermo nel voler accompagnare subito a casa la sua amica che non si sentiva molto bene. Sentendomi presa in giro, ho rifiutato il suo invito a seguirlo a casa senza mostrare delusione o rabbia, ma dentro di me era furiosa… salutando i due mi sono avvicinata al bancone del bar, ho consumato un daiquiri per sbollire la rabbia e mi sono gettata nella mischia della pista da ballo per riprendere un vecchio gioco che non praticavo dai tempi dell’università… flirtare con uno sconosciuto, eccitandolo per tutta la sera per poi tornare tranquillamente a casa, ovviamente senza di lui. In pista mi sono lasciata andare al ballo, persa nella musica, e quasi senza che me ne accorgessi qualcuno si era avvicinato più del normale a me, qualcuno talmente pazzo da voler ballare con me… per un po’ lo avrei eccitato, senza pietà… era il mio gioco per quella notte. Reggeva un drink in mano e ballava – anche abbastanza bene – un moraccione alto con uno sguardo truce; l’ho squadrato un po’ e poi gli ho sorriso, tanto per vedere che effetto gli provocavo. Mi ha fissata, mentre il mio sguardo si faceva interessato, poi mi ha afferrata per il bacino e abbiamo cominciato a ballare insieme, con me che mi strusciavo sempre più contro di lui. Alla fine ha cercato di baciarmi, ma mi sono sottratta al suo abbraccio e sono scivolata via sorridendo, lasciandolo confuso, per poi riabbracciarlo appoggiando la mia testa sul suo collo, baciandolo e respirando il suo odore… fantastico. Il suo cuore doveva essere impazzito mentre gli passavo la lingua sul collo, mi ha riabbracciata mentre io cercavo di sottrarmi nuovamente a lui spingendolo gentilmente dai fianchi; un movimento rapido della testa e stavolta aveva vinto lui, riuscendo a baciarmi sulla bocca. Inutile sottrarmi, era stato abile e meritava il suo premio, quindi ho corrisposto appassionatamente il suo bacio, pur stuzzicandolo con qualche morsettino sulla lingua, per poi andarmene continuando a sorridere verso di lui. Per la seconda volta mi ha fregata, riattirandomi a lui bruscamente e baciandomi di nuovo, quasi con rabbia… il mio sorrisino era ormai sparito e il suo modo rude mi stava leggermente eccitando. La canzone era ormai finita, quindi ci siamo diretti verso il bar dove, mentre io ordinavo un altro daiquiri, lui mi abbracciava da dietro, sussurrandomi nell’orecchio tutto quello che avrebbe voluto farmi; ho ignorato quello che mi ha detto e mi sono semplicemente allontanata da lui, sorridendogli da sopra una spalla mentre lo ringraziavo per il ballo. Avviandomi alla ricerca di qualche amica con cui scambiare quattro chiacchiere per finire la serata, pensavo non l’avrei più rivisto ma non ero tanto sicura dell’effetto che potevo aver avuto su di lui. Poco dopo invece mi ha urtata nella calca facendomi rovesciare il mio drink. Mi sono girata per mangiare la faccia al colpevole ma ho incontrato il suo sguardo fiero e sono rimasta confusa dall’intensità del suo sguardo: insicura su cosa dovessi fare ho ricambiato il suo sguardo. Mi ha attirata a sé con forza e, mentre io ero rimanevo stupita da questo suo atteggiamento dominante, ha fatto scivolare una mano sulla mia nuca che, nascosta dai miei stessi capelli, mi teneva saldamente avvinghiata a lui mentre mi costringeva a baciarlo nuovamente. Che sensazione! Era da un bel po’ di tempo che non provavo qualcosa di simile. Abbiamo bevuto insieme il daiquiri che mi aveva fatto rovesciare poco prima e abbiamo parlato un po’… intanto vedevo i suoi occhi che mi stavano letteralmente divorando. Finito il drink è sparito nella folla. Il resto della serata è passato ballando con un paio d’amiche, talmente prese dalle follie del ballo che non abbiamo avuto un attimo per guardarci attorno. Ma verso la fine della nottata lui è apparso di nuovo, e io ho quasi perso la testa, buttandogli le braccia al collo e salutandolo come un vecchio amico che non vedevo da anni. “Vuoi che ti accompagni a cercare un taxi?” “Hhhmmm… siii” gli ho risposto con un sorriso e così ci siamo trovati a camminare insieme sul marciapiede fino a quando non ne abbiamo trovato uno. Dopo avermi aiutata ad entrarci si è seduto al mio fianco, nonostante ridendo gli abbia detto che non sarebbe potuto venire a casa con me. “Non ne ho alcuna intenzione” mi ha detto guardandomi dritta negli occhi, poi ha indicato all’autista un indirizzo a me non familiare e siamo partiti. Se ci avessi riflettuto un momento mi sarebbe parso strano, poiché gli aveva indicato una zona industriale della città, invece non ci ho fatto caso e sono sprofondata nel sedile, gambe rilassate e occhi chiusi. Mi ha abbracciata accompagnandomi nell’aria fresca della notte che mi accarezzava e guardandomi intorno non vedevo che capannoni. “Dove siamo?” gli ho chiesto, era un posto così isolato, quasi un altro mondo. “Aspetta e vedrai” mi ha risposto mentre ci siamo avviati lungo una stradina. Incoscientemente l’ho seguito, mentre il taxi andava via. “E’ un posto che mette paura.. cosa ci facciamo qui?” Pensieri di omicidi hanno cominciato a pervadermi la testa e il sangue mi si è gelato nelle vene. Alcune donne erano sparite negli ultimi tempi. Un sussulto di paura, per la prima volta ero veramente spaventata. “Cosa c’è Barbara?” “Fermati, ho paura” “Hai paura?” Si è messo a ridere, poi il sorriso è sparito lasciando posto a uno sguardo serio e ci siamo fermati. “Bene…” ha detto avvicinandosi a me “posso scoparti qui, ora, oppure anche dopo, per me è lo stesso” All’inizio pensavo stesse scherzando, ma subito dopo ho capito che era maledettamente serio e non c’era nessuno nelle vicinanze che potesse aiutarmi. Un nuovo sussulto di paura, ho fatto un passo indietro per allontanarmi da lui mentre le ginocchia avevano cominciato a tremarmi e un debole “No” usciva dalle mie labbra. Lui ha estratto un coltello dalla tasca puntandomelo contro, premendolo sempre più contro la mia gola intanto che mi spingeva contro una parete di cemento. Si è aggrovigliato a me, stringendomi tanto da farmi sentire soffocata; potevo sentire la sua eccitazione premere contro di me mentre cercava di inserire le sue cosce fra le mie. Quando il suo respiro eccitato era diventato ormai un ansimo, il suo istinto animale aveva ormai preso il sopravvento: stringendo la mascella ha portato una mano sul mio seno e ha cominciato a stringerlo. Questi momenti sono talmente intensi da farmi superare il mio shock iniziale e farmi cominciare a piangere e cercare di ragionare con lui. Un maniaco con un coltello… non voglio morire. Mi ha portata dentro un magazzino, all’apparenza abbandonato, e un paio di manette sono apparse nella sua mano. Senza che potessi oppormi mi ha imprigionato i polsi, facendo passare le manette attraverso un’anella nel muro che mi costringeva a rimanere in piedi, con le mani ben al di sopra della mia testa. “Ssshhh, smettila di piangere” e intanto il coltello aveva lacerato un po’ della stoffa nell’ampia scollatura del top, così ora era facilmente riuscito a denudarmi il seno e lo stava soppesando con la mano libera. Poi ha spinto la lama del coltello ancora più forte nella mia ormai nuda scollatura, talmente forte da farmi trattenere il fiato fino a quando non l’ha spostata, ma solo per appoggiare la mano libera sulla gamba prima e insinuarla sotto la minigonna poi. “No!!!” “Zitta puttana, ho deciso che ti scoperò, ti piaccia o no. Ma sono certo ti piacerà” “No!!!” ho pianto di nuovo, ma intanto la sua mano risalendo lungo la mia gamba era arrivata a toccarmi la pelle nuda della coscia sopra la fascia doppiata delle calze da reggi; è rimasto per un attimo disorientato, poi ha subito capito e un nuovo ghigno malefico gli è affiorato sul volto mentre mi sussurrava “Troia… sei solo una puttana da quartieri alti…” nell’orecchio. La mano è tornata subito fra le mie cosce dopo avermi abbassato il perizoma alle ginocchia, poi l’assalitore ha rincarato la dose inserendomi due delle sue dita tozze dentro il sesso e chiedendomi se da brava puttana mettevo il profumo anche lì. Piangendo e contorcendomi contro l’acciaio delle manette che mi imprigionava i polsi l’ho visto allontanarsi di un passo da me e slacciarsi i pantaloni. Riavvicinandosi mi ha afferrata per i capelli, spingendomi la testa contro il muro e godendosi lo spettacolo per un attimo; poi ha cominciato a baciarmi selvaggiamente sul collo e sui seni. Lo sentivo lavorare intorno alle mie cosce chiuse, con una mano cercava di aprirmele, con l’altra reggeva il coltello e continuava a tenermi stretta dai capelli. “Apri per bene queste fottute gambe!” mi ha ringhiato. Non che avessi molta scelta. Sono riuscita a mormorare qualcosa, un’implorazione che lui ha ignorato. Il suo membro eretto puntava dritto contro di me, poi l’ha spinto leggermente dentro di me. Ho cominciato a piangere per la paura e per il dolore mentre lui spingeva ancora, cercando di entrare più profondamente dentro di me, ma le mie cosce erano forti e le mantenevo il più chiuse possibile. “Apri subito queste cazze di gambe o ti taglio la gola”, era frustrato ma decisamente eccitato a giudicare dai suoi ansimi. Mi ha spinta all’insù contro il muro e io aperto di più le gambe, permettendogli così di entrare per intero dentro di me, mentre cercavo di non sentire il suo respiro. Piangevo mentre il sesso mi bruciava. Mi teneva inchiodata contro il muro e intanto spingeva il suo membro profondamente dentro di me con colpi brutali. Ogni volta ritirava il bacino e spingeva il suo membro con forza dritto nel mio sesso. Schiacciando le sue mani nelle mie natiche, con ogni colpo mi spingeva contro il muro e io mi ritrovavo schiacciata fra lui e il muro. Ancora e ancora… implacabile e selvaggio. Il coltello è tornato a premere contro la mia gola, tutto ciò che posso fare è sopportare, e sperare che tutto finisca al più presto. All’improvviso sono riportata alla realtà dal suo baciarmi in bocca mentre continua a sbattermi selvaggiamente. “Ti piace, non è vero? Questo è quello che cercavi quando hai cominciato a stuzzicarmi in discoteca. E non è finita ancora. Ho un sacco di altre sorprese per te.” I suoi affondi sono finiti e ora mi sta guardando dritta negli occhi. Nei suoi occhi vedo solo rabbia e desiderio. Un grugnito, chiude gli occhi, e riprende a violentarmi, con più ferocità di prima. Il suo viso si contorce in una smorfia e capisco che l’aggressione sta per finire. Si appoggia a me, facendo sfregare il mio corpo su e giù contro la parete ad ogni colpo sotto il suo peso, senza alcuna possibilità di muovermi o di allontanarlo da me. Un grugnito più forte e sento l’improvvisa lubrificazione dovuta al suo seme, seme che comincia a scivolare giù, lungo le mie cosce, mentre io chiudo gli occhi e rabbrividisco. I suoi ansimi continuano mentre scivola fuori di me e mi fa girare verso il muro per liberarmi i polsi dalle manette che mi imprigionano. La libertà dura solo pochi secondi, poi la morsa inesorabile dell’acciaio mi blocca nuovamente i polsi, questa volta dietro la schiena. Mi costringe a rigirarmi nuovamente verso di lui e mi ordina di inginocchiarmi, cosa non molto difficile poiché ero talmente stremata che sarei caduta anche senza un suo ordine, e in quel momento vedo il suo membro paurosamente vicino al mio viso. “Puliscimelo per bene troia”. Tiro fuori la lingua assaggiando il suo membro, odorandolo. Sento il sapore del suo seme mentre lo ingoio. Le mie labbra ancora dipinte di rosso si stringono attorno al suo membro ancora eretto, lo succhio, mentre la mia lingua continua a leccarlo, con dovizia, cercando di compiacerlo sperando che così mi lascerà vivere. Quando ho finito di ripulirlo per bene con la mano mi afferra dai capelli aiutandomi ad alzarmi. Mentre mi libera dalle manette e mi massaggia i polsi arrossati guardo i suoi occhi e mi accorgo che la rabbia è passata, è calmo e non c’è alcuna malizia nel suo gesto. “Continuiamo, ne hai voglia?” “Mio dio! No! Basta per favore, ti supplico, lasciami andare… hai già avuto quello che volevi”, ma lui sorride a questa mia ultima frase. “Non ancora”, e dicendo questo mi trascina tenendomi per un braccio in un’altra parte del piccolo magazzino piena di pezzi di legno e ferro… fa freddo a causa di alcune finestre rotte e c’è un odore che da il voltastomaco. “Che cosa vuoi ancora da me?” ho singhiozzato nel panico, ma lui mi ha ignorata, così mi sono ripetuta cercando di liberarmi dalla sua stretta, ma guadagnandomi in questo modo solo un sonoro ceffone sulla guancia che mi ha fatta cadere per terra. “Chiudi quella cazza di bocca e fai quello che ti dico. Altrimenti potrebbe diventare molto spiacevole.” Senza aggiungere altro ha raccolto delle corde da terra e le ha usate per legarmi nuovamente: prima le mani dietro la schiena, coi polsi incrociati e talmente stretti da farmi gemere mentre stringeva la corda, poi identico trattamento è stato riservato alle mie caviglie. “Apri la bocca per bene”, ho esitato un momento ma ho subito capito che sarebbe stato inutile, quindi ho ubbidito e ho lasciato che ci infilasse dentro uno straccio che aveva raccolto da terra e che mi sigillasse le labbra facendo due giri di nastro adesivo argentato intorno alla mia testa, incurante dei capelli che rimanevano impigliati in esso. Con altra corda mi ha poi legato anche le gambe, imprigionandomele sopra e sotto le ginocchia, infine ha usato un ultimo pezzo di corda per legarmi insieme polsi e caviglie, bloccandomi in uno strettissimo hog-tie. “Mmmppphhh…” è tutto quello che sono riuscita a dire mentre testavo la robustezza delle corde e la lama del coltello seguiva la mia spina dorsale fino alle natiche per spaventarmi ancora di più. “Farai esattamente tutto quello che ti dirò. Se torno e non ti trovo qui ti verrò a cercare, ho guardato i tuoi documenti e so dove abiti.” Ho fatto cenno di si con la testa trattenendo il respiro. “Tornerò fra poco, dolcezza” e dopo ho sentito I suoi passi allontanarsi. Non sapevo per quanto tempo sarei rimasta sola, così mi sono messa subito al lavoro per cercare di liberarmi. Non sarei certo rimasta li ad aspettarlo… se solo fossi riuscita a liberarmi da quelle corde. Sfortunatamente per me chi gli aveva insegnato a stringere i nodi doveva essere una persona molto abile, tanto che non sono riuscita minimamente ad allentarli, e dopo diversi tentativi ho dovuto cedere, un po’ per stanchezza, ma anche a causa del forte dolore ai polsi che molto probabilmente mi ero escoriata. Sono rimasta buona per un po’, cercando di ritrovare un po’ di forze, ma prima che potessi tentare di nuovo l’ho sentito tornare, solo che questa volta, a giudicare dal rumore dei passi, non era solo. I suoi accompagnatori erano un uomo biondo, gentile nei lineamenti e con un piercing nel sopracciglio destro… diverse volte aveva cercato di ballare e parlare con me e le mie amiche quella stessa sera, ma invano. L’altro invece non l’avevo mai visto, un negrone maledettamente grosso e atletico, ma vestito come uno spacciatore sudamericano. “Carina…” ha detto il negro rivolgendosi al mio rapitore, mentre l’amico biondo si rivolgeva direttamente a me “Finalmente ci rivediamo…” Senza indugiare oltre l’uomo che mi aveva appena violentata ha estratto il coltello e ha cominciato a liberarmi dalle corde, finchè, ancora imbavagliata e con i polsi legati dietro la schiena, mi ha alzata in piedi gettandomi tra le braccia dei suoi compagni. Mi facevano rimbalzare da uno all’altro mentre non potevo opporre resistenza, a causa delle corde e dei tacchi a spillo di cui non potevo liberarmi per il laccetto alla caviglia, ignorando i miei gemiti soffocati dal bavaglio, e toccando con mano quanto il mio corpo fosse sodo e ben modellato. Dopo diverse palpate il top mi è stato strappato di dosso, e qualche impastata di seni più tardi anche la minigonna, con la pelle lacerata dalla lama del coltello, è finita in un angolo della stanza. Vestita solo di calze, reggicalze e tacchi a spillo sono stata nuovamente costretta ad inginocchiarmi per terra; nel frattempo i due nuovi ospiti si sfilavano i pantaloni, e il mio primo assalitore mi liberava dal bavaglio e mi teneva la testa dai capelli e il coltello puntato alla gola costringendomi a leccare e succhiare i membri eretti e palpitanti dei suoi amici. In alcuni momenti li ho avuti anche tutti e due in bocca contemporaneamente, costretta ad assaggiare i primi liquidi di entrambi, poi hanno fatto a turno per infilarmelo dentro per tutta la lunghezza, ad arrivarmi fino in gola, fino a che non furono pronti per esplodere. Con le mani nelle guance mi costringevano a tenere la bocca aperta… “Sposta la lingua stronza”. All’inizio mi sono rifiutata, poi il coltello che mi premeva contro la gola mi ha fatto capire che sarebbe stato meglio ubbidire, e mi sono ritrovata coi due uomini che in rapida sequenza sono venuti dentro la mia bocca, con gli schizzi che andavano a sporcarmi il viso tutt’intorno. Per finire sono stata costretta ad ingoiare tutto quello che avevo in bocca e a ripulirli per bene, passando la mia lingua su ogni centimetro di pelle dei loro membri, compresa la sacca scrotale. Non mi ero mai sentita così umiliata in vita mia, ma nonostante questo non era ancora finita… l’uomo dietro di me mi stava spingendo la testa in avanti, fino a costringermi con la faccia sul pavimento freddo e il culetto in aria, e intanto si stava sbottonando i pantaloni… sapevo cosa sarebbe accaduto a breve. Infatti mi ha afferrata per i capelli mentre con un unico colpo di reni è penetrato completamente dentro di me da dietro; intanto il mio amico biondo mi stava avvicinando nuovamente il membro alla faccia “Adesso succhiamelo per bene, così potrò essere il prossimo a scoparti”. A questo punto ben due dei miei buchi erano usati da quegli sconosciuti per il loro puro piacere. Sentivo le palle del mio stupratore sbattermi dietro ad ogni colpo, mentre cercavo di ignorare il membro dell’altro che continuava a crescermi in bocca ad ogni colpo di lingua o movimento della testa. L’uomo che mi sta violentando è ormai pronto per venire, quindi mi costringe a girarmi e si avvicina al mio viso, lasciando esplodere tutto il suo piacere nella mia bocca e sul mio volto; ancora una volta sono obbligata a ingoiare il suo sperma. Quando penso che finalmente sia finita, vengo spinta sull’uomo biondo, il cui membro reso turgido dal mio lavoro di bocca si infila senza fatica dentro il mio sesso. Nel frattempo sento l’enorme manganello del negro appoggiarsi contro il mio sfintere: cerco di urlare, ma una mano stretta saldamente sulla bocca mi impedisce di farlo. Un po’ alla volta anche lui riesce a farsi strada dentro di me e, quando anche il membro del negro è riuscito ad accomodarsi per intero nel mio culetto vergine, i due cominciano a muoversi in sincronia. Non appena la mano che mi tappava la bocca si è spostata, in preda al panico e al dolore ho cominciato ad urlare, ma subito anche quest’ultimo buco è stato riempito dalla carne del mio primo violentatore, che , per impedirmi di urlare, pompava furiosamente all’interno della mia bocca. Ho le mani legate e tre sconosciuti mi stanno violentando in ogni mia cavità, sul pavimento di un magazzino abbandonato, dicendomi tutte le peggiori oscenità che gli passano per la testa… il mio cervello non capisce più nulla se non il dolore, mentre il mio corpo cerca di abituarsi all’intrusione. Dopo un po’ l’atrito diminuisce e comincio a sentire meno dolore; cerco di concentrarmi su qualcosa di erotico per far cessare questa sensazione di laceramento e cercare un po’ di piacere. Comincio a succhiare con dovizia il membro che ho in bocca, mentre tutti e tre i miei assalitori mugugnano per il piacere che stanno ricevendo dal mio corpo. Niente da fare, le mie mani sono sempre legate saldamente dietro la mia schiena, sono completamente nelle loro mani. Il negro che mi sta sfondando dietro è il primo a venire. Il biondo il secondo, e naturalmente entrambi sono venuti dentro di me. Poco dopo anche il terzo mi svuota tutta la sua eccitazione in bocca.
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