A bordo di un Jumbo – Venerdi’ 19 febbraio ore 17.15Il Jumbo 747 dell’*** stacco’ le ruote dalla pista 34 Left di Fiumicino in perfetto orario. Irene dal suo strapuntino guardava affascinata il mondo esterno rimpicciolire a velocita’ vertiginosa fino ad assumere contorni indistinti e sbiaditi. Era questo il momento in cui assaporava il gusto pieno della liberta’, perché entrava in una dimensione molto particolare nella quale il suo ego diventava di gigantesche proporzioni e lei, sentendosi padrona del mondo, aveva voglia di rincorrere ogni sorta di esperienza. C’era abbastanza gente quella sera in Top Class, la zona dove Irene, una bella hostess dai biondi capelli e dal viso dolce e volitivo della compagnia ***, lavorava: 9 persone, su una disponibilita’ totale di 12 posti. Con il suo occhio professionale, guardando tutti quegli uomini d’affari che sapeva essere esigenti e pretenziosi, ebbe un leggero moto di disappunto. "Pero’, la cosa potrebbe diventare interessante…" Disse fra se’ osservando piu’ attentamente il bel quarantenne americano dall’aria distinta e riservata, rosso di capelli, leggermente lentigginoso e vagamente somigliante all’attore Robert Redford, che sedeva sulla poltrona di prima fila 1C, proprio di fronte al suo strapuntino. L’uomo fino a quel momento non aveva dato segni di particolare interesse nei suoi confronti: sembrava attentamente concentrato nella lettura del suo giornale.Abituata da sempre al corteggiamento insistente e sfacciato, quando accadeva un fatto del genere, si sentiva declassata ad hostess e donna di rango inferiore. Non accettava facilmente la cosa, perché lei era Irene. Approfittando del fatto che era l’unico passeggero a sedere sulle poltrone della prima fila, decise di lanciare una piccante provocazione. Mentre il jet proseguiva nella sua salita iniziale, fingendo di guardare distrattamente fuori dall’oblo’, apri’ con studiata indifferenza le gambe, lasciando intravedere le mutandine bianche che indossava. A Phil Robertson, questo era il nome dell’americano, che invece di tanto in tanto aveva lanciato occhiate furtive, sulle prime la posa scomposta della ragazza parve piu’ che altro dovuta a distrazione. Ma Irene, come un predatore che ha agguantato la sua vittima, non mollava piu’ la presa finche’ non aveva raggiunto il suo scopo. Con la bocca semichiusa si passo’ piu’ volte la lingua sul labbro superiore e la fece scorrere da un lato all’altro della bocca. Dopo aver lanciato alcune rapide e languide occhiate all’indirizzo dell’americano, capi’ ben presto che lui era irresistibilmente attratto dallo spettacolo che le sue cosce aperte offrivano. Phil si vergognava un po’ di guardarla, perché era conscio che prima o poi lei se ne sarebbe accorta, ma quando la ragazza divarico’ ancor di piu’ le gambe, la fisso’ senza piu’ staccarle gli occhi di dosso.Il pene di Phil si drizzo’ esercitando una fastidiosa pressione contro i calzoni.L’indice della mano destra, che tentava vanamente di allentare il nodo della cravatta, fu la testimonianza piu’ eloquente della grande eccitazione che lui provava in quel momento. Irene, che seguiva con la coda dell’occhio le reazioni dell’uomo, noto’ la sua incontenibile agitazione e la sua accresciuta protuberanza: si eccito’ e si bagno’ all’istante. Il jet raggiunse la quota di crociera segnando per gli assistenti di volo il momento d’inizio dei preparativi per la cena.Nel galley di Top Class Irene si trovo’ a lavorare con Gianni, un cagliaritano di bassa statura, ma dal grande cuore, scapolo impenitente, che era uno dei suoi tanti spasimanti. Nei suoi capelli era rimasta solo una remota traccia del nero corvino di una volta. Ora erano quasi tutti bianchi ed una riga sulla sinistra del viso ne divideva la folta chioma."Sei sempre in ottima forma." Disse lanciando uno sguardo rapace al seno tornito di Irene."Nutri delle velleita’?" Domando’ la ragazza, puntando i suoi occhi verde chiaro sul collega, mentre un’espressione ironica si dipingeva sul suo viso. "Ne avrei piu’ di una, a dir la verita’". E cosi’ dicendo, dopo aver armeggiato nella sua borsa a mano, mostro’ ad Irene una scatola di preservativi."Con me non servono". Rispose lei imperturbabile. "Uso la spirale".Parlare di sesso con Gianni era come mostrare il barattolo della Nutella ad un ragazzino: gli faceva venire l’aquolina in bocca e lo faceva diventare euforico allo stesso tempo. Irene era una donna che amava molto il sesso e che sapeva mettere a frutto il forte potere di attrazione che esercitava sugli uomini. Fra il folto numero di spasimanti che le ronzavano intorno, sceglieva sempre quello piu’ potente e danaroso. Da anni aveva preso a frequentare salotti importanti finendo col perdere fatalmente la sua reale dimensione e allontanandosi sempre piu’ dal mondo della quotidianita’. Aveva cosi’ assunto un’aria di superiorita’ nei confronti di coloro che non reputava al suo livello ed era diventata snob. Non e’ mai facile scendere dal piedistallo dove gli altri ti hanno collocato, venerandoti come una stella. Per via del consenso che riscuoteva fra gli uomini, generalmente non risultava molto gradita alle colleghe. Sapeva benissimo che loro facevano a gara nel trovarle dei difetti e a metterla in cattiva luce contro tutti appena potevano. Ma aveva imparato a fregarsene, anche se cosi’ facendo era diventata diffidente nei confronti dell’umanita’ intorno a lei ed aveva sviluppato come naturale difesa un forte cinismo.Con Gianni il suo atteggiamento era molto diverso. Conoscendolo da lungo tempo, aveva imparato ad apprezzarne le qualita’ umane. Lui per di piu’, con la sua aria scanzonata e surreale, la faceva divertire un mondo."Ma tu preferisci prenderlo davanti o dietro?" Le chiese a bruciapelo Gianni con un sorriso strafottente stampato sul volto."Dipende da chi e da come." Rispose Irene, che lungi dallo scandalizzarsi, aveva imparato a fronteggiare le improvvise provocazioni del collega con risposte pronte ed adeguate. "Allora mi manderai in bianco pure questa volta?" Le chiese con ironia."Come al solito, mio caro, come al solito". Rispose un po’ intenerita dall’ammirevole tenacia con cui lui nel corso degli anni continuava a dimostrarle ammirazione e affetto.Dopo lo spettacolino sexy, i rapporti fra Irene e l’americano conobbero un nuovo corso. Phil dimostro’di avere apprezzato l’inusuale performance di prima e con richieste sempre piu’ pressanti fece in modo che lei spendesse molto piu’ tempo con lui. Lei, molto scaltramente assecondo’ i suoi capricci, ben sapendo che al momento opportuno l’avrebbe ghermito senza lasciargli scampo.A Gianni non piacque vedere lo yankee entrare sempre piu’ in confidenza con Irene e comincio’ ben presto a mostrare una visibile insofferenza. Purtroppo per lui, stare accanto ad Irene significava sempre soffrire le pene dell’inferno. La profonda gelosia che nutriva nei suoi confronti lo tormentava di continuo e anche se se ne rendeva perfettamente conto non riusciva a chiudere il rubinetto del suo sentimento.Durante la cena, forse per distrazione forse no, Gianni fece cadere tutto il sugo dei tortellini sui calzoni dell’americano. Dopo lo sconcerto iniziale e il disappunto di Phil, l’antipatica situazione si risolse con un po’ di borotalco e con molto savoir faire da parte di Irene. Phil, molto signorilmente, tolse tutti dall’imbarazzo con una squillante risata e una poderosa pacca sulla spalla del piccolo Gianni, che si piego’ sotto la forza del colpo. Ma ad Irene rimase sempre il sospetto che il collega potesse averlo fatto di proposito, anche se ingenuamente non ne capiva il perché. Dopo la cena, quando furono messi in vendita gli articoli del duty free, Phil penso’ di farsi bello regalando un foulard di Ferragamo ad Irene ed un Swatch a Gianni. Aveva capito che il piccolo steward teneva molto ad Irene e non voleva averlo come nemico. Irene, lusingata dal regalo, sulle prime oppose un timido diniego, poi, dietro le inevitabili e garbate insistenze di Phil, lo accetto’. Gianni invece, pur essendo quella la prima volta che un passeggero gli regalava qualcosa, non esito’ a rifiutarlo, ritenendo che non ci fosse alcuna valida ragione per accettarlo. Phil , pur senza darlo a vedere, si secco’ molto per quel rifiuto inaspettato, ma il piccolo uomo aveva orgoglio e carattere da vendere.Durante la proiezione del film, Irene, rimasta da sola in servizio nella Top Class, si sedette sullo strapuntino interno del galley per godere il suo momento di riposo. Tiro’ la tenda per evitare gli sguardi dei passeggeri piu’ vicini e comincio’ a sfogliare una rivista di moda. Dopo qualche minuto Phil apri’ la tenda e chiese un bicchiere d’acqua. Naturalmente la sua era solo una scusa per poter stare vicino ad Irene. Lei sorridendo apri’ il frigorifero e volse le spalle all’uomo. La gonna aderente della divisa metteva prepotentemente in risalto i suoi fianchi ben modellati ed il suo sedere tondo. Phil osservo’ le linee armoniose della ragazza provando un irresistibile desiderio di stringerla fra le braccia. Quando Irene si giro’, prima ancora che potesse porgergli il bicchiere, Phil la tiro’ a sé e la bacio’. Tutto avvenne in un attimo. Irene confusa ed incapace di pensare sulle prime, si abbandono’ alle piacevoli sensazioni che le procurava il contatto con la lingua di Phil e del pene che premeva con forza contro il suo ventre. Phil dopo averle palpato il sedere, le alzo’ decisamente la gonna, risalendo con le mani sull’inizio del collant. Irene aveva ora il respiro affannoso. Con la mano destra arrivo’ sul pube di lei, ne accarezzo’ i morbidi peli e penetro’ deciso con due dita nella vagina. Provo’ intima soddisfazione nel trovarla completamente bagnata.Inebriato dalla scoperta, Phil le morse delicatamente il collo. Con rinnovato vigore, assaporo’ la carne calda di Irene, ma lei, pur in preda ad una forte eccitazione, comincio’ ad esercitare una resistenza sempre maggiore, cercando di allontanarsi da lui. "No, ti prego. Ho paura che possa arrivare qualcuno." Disse sottovoce. "Capisco, perdonami, e’ stato piu’ forte di me." Rispose Phil con un po’ di vergogna.Phil era il General manager della*** una delle compagnie petrolifere americane piu’ importanti nell’area del Golfo Persico ed uno dei suoi maggiori referenti nei confronti di tutti i Paesi del Medio Oriente. Dopo anni di duro lavoro si era fatto apprezzare non solo per la sua capacita’ imprenditoriale, ma soprattutto per le sue doti umane ed aveva stretto amichevoli rapporti con le personalita’ piu’ in vista di quelle nazioni. Cosi’ quasi ogni giorno riceveva inviti importanti. Proprio la sera seguente sarebbe andato al party organizzato nell’hotel di proprieta’dello sceicco Abdul Amin, cui era legato da stretti rapporti di lavoro per avergli sottoposto un suo fresco progetto di futura trivellazione sulla Costa dei Pirati. "Domani sera andro’ ad un party importante. Ci saranno le maggiori personalita’ della citta’, compreso lo sceicco. Io sarei onorato di averti al mio fianco." L’invito mando’ su di giri Irene ancor piu’ del bacio ricevuto, anche se sapeva benissimo di non avere né l’abito, né gli accessori adatti alla circostanza."Temo che non potro’ venire.""Perché?""Non ho con me il vestito adatto." "Se il problema e’ solo questo, ripareremo in fretta. Domani pomeriggio ti portero’ in citta’ e potrai comperare tutto il necessario." Asseri’ con aria sicura Phil.Irene era fortemente eccitata dal pensiero di andare al party. Sarebbe stata al centro dell’attenzione, come sempre succedeva in quelle circostanze, e non avrebbe passato una noiosa giornata in compagnia dell’equipaggio. "In che albergo andate?" chiese Phil. "L’Hilton.""Il mio stesso albergo!" Esclamo’ soddisfatto l’americano."Chiamami stasera. Ti daro’ la conferma." Disse Irene lasciando un po’ di incertezza in lui. Dubai – Sabato 20 febbraio ore 2.30Le luci di Dubai illuminavano il deserto buio per un ampio tratto. L’aereo, come un grande rapace, si porto’ maestoso sulla pista. Ghermi’ l’asfalto con i suoi artigli di gomma, liberando una grande nuvola di fumo. A Irene piaceva l’atmosfera di Dubai. In essa cominciava quasi a respirare l’aria dell’Oriente, dell’India in particolare, che lei tanto adorava. La grande massa di immigrati indiani, che costituiva con i filippini, la quasi totalita’ della mano d’opera locale, aveva esportato in quel paese i suoi costumi. Cosi’, girando per la citta’, l’aria era pregna dei piu’ svariati odori di spezie e degli incensi bruciati secondo l’uso indiano. Quella massa umana, che nelle caldi notti del Golfo, si riversava a fiumi nelle strade creava una piacevole confusione ed era davvero affascinante mescolarsi ad essa. Dopo meno di tre quarti d’ora Irene usci’ dall’aeroporto. Una ventata di aria rovente, quasi irrespirabile, la investi’ procurandole una sensazione di disagio. Entro’ rapidamente nel pullman che li avrebbe portati in albergo e si abbandono’ sulla poltrona, godendo la piacevole frescura generata dall’aria condizionata. "Ci vediamo in spiaggia, domani?" Chiese sottovoce Gianni alla collega mentre si sedeva accanto a lei."Forse, mio caro." Rispose vaga per non anticipare subito il suo personalissimo programma per il giorno seguente. "Non avrai mica appuntamento con il lentigginoso?" Butto’ lì la domanda il collega senza particolare enfasi, sperando di sbagliarsi."Forse, mio caro." Ripete’ lei accennando un sorriso enigmatico. L’Hilton metteva a disposizione degli equipaggi una villa sul mare dove questi generalmente trascorrevano le giornate in sosta a Dubai. Normalmente comperavano tutto quello che occorreva per fare una buona spaghettata lungo la strada e lo affidavano alle sapienti mani di un cuoco filippino, messo a disposizione dall’albergo, che provvedeva a cucinare per tutti,. La villa aveva una bella piscina e chi, come Gianni, voleva fare snorkeling o nuotare, a non piu’ di 100 metri di distanza, trovava il mare. Le limpide acque del Golfo Persico offrivano, a due metri di profondita’, spettacoli in tutto e per tutto uguali a quelli offerti dai filmati di Jacques Cousteau. Arrivarono all’Hilton dopo circa 30 minuti di viaggio. Un cameriere con bevande fresche accolse i membri dell’equipaggio appena questi misero piede nella hall dell’albergo. Erano le 3,30 del mattino. Alle 4.00 Phil le telefono’ in camera e Irene, che aveva appena finito di fare la doccia, senza dare a vedere eccessivi entusiasmi, accetto’ il suo invito. La mattina seguente tutti e 16 i componenti dell’equipaggio si ritrovarono nella hall dell’albergo, felici di trascorrere una giornata in completo relax. Salirono festanti sul pullman che li avrebbe portati al mare. Gianni non riusciva a staccare gli occhi da Irene, che indossava una maglietta ed un paio di jeans attillatissimi. Arrivarono abbastanza presto alla villa. Questa era circondata da un meraviglioso giardino tropicale pieno di bouganville colorate, banani, potos giganteschi e palme da cocco che creavano ombre riposanti.Tutti quanti, vogliosi di respirare aria di liberta’, si liberarono in fretta dei loro vestiti e si sdraiarono sui bianchi lettini formando un cerchio intorno alla piscina.Quando Irene, vestita del suo costume bianco intero (il bikini non e’ ammesso nei paesi arabi) fece mostra del suo corpo, lascio’ gli uomini senza parole. Le colleghe, al contrario, divennero piu’ciarliere perche’, dopo averla guardata, si misero a parlare fitto fitto tra loro. Ma anch’esse, pur se a denti stretti, dovettero ammettere che era una splendida ragazza. A Gianni sembro’ ancora piu’ bella dell’ultima volta che l’aveva vista in costume, nella piscina dell’hotel "Des Bains" di Venezia, qualche anno prima. Adesso aveva qualche chilo in piu’, ma la natura benigna lo aveva distribuito proprio la’ dove era necessario, consacrandone la sua indiscussa bellezza. Irene, digerito abbastanza in fretta l’attimo di disorientamento iniziale seguito al suo apparire, si isolo’ dagli altri, come del resto faceva sempre, mettendo la cuffia del suo Walkman alle orecchie e aprendo un libro di Wilbur Smith. Quella platea di gente comune non la interessava. La sua testa, il suo mondo erano altrove. A volte si rendeva conto di essere scostante con i suoi colleghi che, a parte le inevitabili gelosie, erano generalmente carini e gentili, ma non riusciva ad essere diversa. Per lei erano e restavano anonimi individui come quelli che incontrava sulla 5a strada di New York. Il mare antistante la villa si insinuava in un territorio aspro e selvaggio e andava a morire qualche chilometro piu’ avanti verso ovest formando un canale largo quasi un chilometro. Al centro di questo specchio d’acqua erano ormeggiate alcune grandi imbarcazioni, fra cui un imponente yacht. Accanto alla spiaggia riservata all’Hotel c’era una piccola darsena dove trovavano dimora gommoni e piccole barche. Sulla riva una grande rastrelliera raccoglieva scafi, vele coloratissime e tutto l’occorrente per fare windsurf: era materiale appartenente ai vari dipendenti delle compagnie petrolifere che lo usavano durante i week-end. Non c’erano ne’ guardiani, né alcun tipo di antifurto a proteggerlo. In quei posti, la legge severissima, che prevede il taglio della mano per i ladri, allontana ogni tentazione. Grandi ville sorgevano di fronte alla strada che costeggiava il mare e tutte sembravano essere abbastanza lussuose, almeno stando a quel poco che gli altissimi muri di cinta lasciavano scorgere. Un’enorme villa di stile liberty, piu’ grande di ogni altra, faceva bella mostra di sé non molto lontano dalla piscina. Un alto pennone, su cui sventolava una grande bandiera a stelle e strisce, campeggiava sul verde prato antistante l’ingresso principale: era la sede dell’ambasciata americana. Sotto di esso due robusti marines in uniforme bianca montavano di guardia.Gianni e qualcun altro andarono al mare per trascorrere una piacevole mattinata fra i pesci colorati del posto. Gli altri, come tante lucertole, rimasero in piscina a cuocersi sotto i raggi del sole. A mezzogiorno i loro corpi sarebbero stati inesorabilmente bruciati se non avessero fatto abbondante uso di creme protettive. Non tirava un alito di vento all’interno della piscina a quell’ora. Irene decise di andare a passeggiare sulla riva del mare per cercare un po’ di refrigerio. Il forte vento che soffiava sulla riva la investi’ frontalmente dandole un piacevole sollievo. Fra le tante imbarcazioni di lusso, il suo sguardo cadde inevitabilmente sull’enorme yacht ormeggiato di fronte e lei. Si domando’ a chi mai appartenesse un mezzo cosi’ imponente e si ripropose di chiederlo a Phil. Non era mai stata a bordo di uno yacht: immagino’ che il suo ricco possidente lo avesse arredato sfarzosamente con quadri ed oggetti preziosi.Passeggiando arrivo’ ben presto all’altezza dell’ambasciata americana. Guardo’ affascinata lo sventolio della grande bandiera sotto lo spirare del vento ora piu’ impetuoso e i due ragazzotti in divisa, muscolosi come statue greche, al suo fianco. Volgendo lo sguardo verso riva vide Gianni emergere sbuffante dall’acqua con in mano un sacchetto di plastica. Gli ando’ incontro e lui le mostro’ orgoglioso il contenuto. Aveva raccolto molti molluschi dalle conchiglie multicolori. Istintivamente Irene ne prese uno in mano."Fai attenzione!" La mise in guardia il collega. "Sono conus e sono tutti velenosi". Irene lascio’ ricadere la conchiglia fra le altre all’interno della busta. Si limito’ a guardarle dall’alto mentre tentavano di muoversi cercando un instabile equilibrio. Arrivo’ l’ora del pranzo. Il cuoco filippino, di nome Quirino, richiamo’ l’attenzione dei presenti battendo scherzosamente con un mestolo su una pentola. Tutti rientrarono nella villa ben contenti di sedersi a tavola. Il buon Quirino aveva preparato spaghetti all’amatriciana, pesce e patate arrosto con la maestria di un cuoco italiano. Fecero un pranzo gustoso. Irene intervenne raramente nella chiassosa conversazione che la consumazione del cibo inevitabilmente sollecito’.Subito dopo il pranzo, arrivo’ il taxi da lei prenotato per rientrare in albergo.Quando fu sotto la doccia il potente getto riempi’ di vapore la stanza. Ne usci’ molto tempo dopo completamente rigenerata. Mentre sistemava l’asciugamano intorno ai capelli, il telefono squillo’. Era Phil che voleva definire gli ultimi dettagli prima di portarla in citta’. Irene si abbandono’ felice sul letto. Ripenso’ al bacio che si era scambiata con lui a bordo, alle sue dita intriganti e provo’ un insolito turbamento. Le sue mani quasi senza accorgersene scesero sulla giuntura delle cosce ed iniziarono a solleticare il centro del suo piacere. Assunse istintivamente la posizione piu’ idonea per facilitare i suoi movimenti e presto l’oggetto della sua azione divenne incandescente. L’incendio divampo’ dentro di lei in un attimo bruciando tutto il suo corpo mentre sognava di Phil che la prendeva da dietro con violenza e disprezzo.Si addormento’ per qualche minuto completamente rilassata, sognando storie intriganti.Fu un sonno breve e pesante. All’ora convenuta, scese nella hall. Con Phil visito’ tutte le boutique piu’ importanti della citta’. Irene si diverti’ ad indossare una grande quantita’ di vestiti firmati, uno piu’ bello dell’altro. Con il fisico da mannequin che aveva, le stavano tutti benissimo. Si senti’ come Julia Roberts in Pretty Woman mentre dava vita alla sua personalissima sfilata di moda davanti all’occhio divertito dell’americano. Prima che il caldo pomeriggio di Dubai esaurisse la sua carica, Irene era riuscita a completare i suoi acquisti.Quando i due rimontarono in macchina per tornare in albergo, il sole stava per nascondersi dietro ad una duna lontana che si stendeva sull’orizzonte a perdita d’occhio. Per la sera indosso’ un elegantissimo abito lungo di seta nera, aderente e leggermente scollato. Una giacca anch’essa nera nascondeva agli occhi, ma non all’immaginazione della gente, il suo seno. Al collo lascio’ la sua collana di perle autentiche. Lo chignon in cui raccolse i suoi lunghi capelli biondi mise in risalto i delicati lineamenti del suo viso. Convenne con se stessa, mentre con le mani si lisciava i fianchi, che non era niente male. Stava ancora rimirandosi davanti allo specchio, per ritoccare gli ultimi, insignificanti particolari nel trucco e nell’abbigliamento, quando il telefono squillo’. Era Phil che l’attendeva giu’ nella hall. Phil, elegantissimo in smoking bianco, si fece trovare proprio davanti alla porta dell’ascensore. Le ando’ incontro ammirato. Le prese una mano e stringendola tra le sue le disse: "Sei incantevole!"I due uscirono dall’albergo sotto gli occhi curiosi dei presenti ed andarono verso il vicino parcheggio. Phil apri’ la portiera della sua lussuosa Mercedes 500L e fece accomodare la ragazza all’interno. "Che tipo e’ lo sceicco?" Chiese Irene con curiosita’."E’ un tipo amabile, che sa mettere a proprio agio i suoi ospiti. Ha studiato a Londra e negli Stati Uniti per diversi anni e ha assorbito molto degli usi e costumi degli occidentali."Quando passarono davanti alla grande moschea di Jemelah, una delle piu’ grandi del mondo arabo, Irene lancio’ un grido di ammirazione. Poi di fronte ad essi apparve una lunghissima strada rettilinea che correva diritta in bocca al deserto per parecchi chilometri. Solo qualche casa diroccata di tanto in tanto rompeva la monotonia del paesaggio.Dopo qualche minuto di marcia, apparve lontano sull’orizzonte un grande bagliore: erano le luci dell’albergo in localita’ Jebel Ali’. Quando entrarono nel viale d’accesso dell’hotel, videro che gia’ un grande numero di macchine stazionava nel parcheggio addobbato con festoni e filari di lampadine multicolori. Molte persone affluivano all’interno e la grande hall si riempi’ ben presto fino all’inverosimile. "Magnifico!" penso’ Irene assaporando l’aria delle grandi occasioni.Entro’ nell’hotel e tutti gli sguardi dei presenti, come attratti da una calamita invisibile, si posarono su di lei. Assunse l’aria di una diva del cinema: mancavano solo i flashes dei fotografi ad immortalarla.La hall dell’albergo era la piu’ bella che Irene avesse mai visto. Era arredata in maniera sfarzesca e sembrava una di quelle sale che esistono solo nei racconti delle "Mille e una notte" con tappeti persiani in seta a terra e sui muri, divani di pelle in puro stile arabo. Le pareti dell’enorme sala erano tutte ricoperte di marmi bianchi come la neve. Una grande quantita’ di punti luce ed imponenti lampadari in vetro di Murano pendevano maestosi dagli alti soffitti, illuminando a giorno l’ambiente. Ai lati svettavano grandi piante ornamentali e piccole fontane dai getti d’acqua multicolori che davano la piacevole sensazione di trovarsi al fresco di un giardino.Il complesso, come ebbe modo di vedere Irene, era composto da due edifici gemelli e speculari. La parte destra era il vero e proprio albergo dove risiedevano gli ospiti, la parte sinistra era invece quella destinata ai servizi. Nel primo piano erano stati costruiti due campi da tennis in fondo sintetico. Intorno ad essi correva una pista d’atletica in tartan a quattro corsie, dalla lunghezza complessiva di 200 metri. Tutta la faraonica costruzione era immersa in aria condizionata. Poiche’ all’esterno, in certi periodi dell’anno, si potevano toccare anche i 50 gradi centigradi, c’era di che rimanere sbalorditi.Il party si tenne all’aperto, ai bordi di una grande piscina. Numerosi camerierifilippini andavano e tornavano con vassoi carichi di vivande. Un’orchestrina di dodici elementi suonava musiche dixieland vivacizzando l’ambiente. Irene guardo’ stupita la quantita’ di cibo davvero esagerata che faceva bella mostra sui banconi. Forse la sua presenza incoraggio’ lo scambio dei saluti cordiali, certo è che Phil dimostrava di essere un personaggio molto conosciuto, perche’ quasi tutti quelli in cui si imbattevano facevano a gara nello stringere loro la mano. Anche lo sceicco, vestito del suo tradizionale abito, cui Irene fu presto presentata, aveva con lui modi gentili ed ossequiosi. Era un uomo di circa sessanta anni, ben in carne, con pizzetto e baffi bianchi, che incuteva rispetto ai suoi interlocutori. Si rivolse ai suoi due ospiti con molto garbo e tatto. "Vorrei rendere omaggio alla superba bellezza della sua signora." Disse rivolgendosi a Phil, che era molto curioso di ascoltare quanto l’importante personaggio aveva da dire. "Di fronte a lei credo che tutte le stelle del firmamento dovrebbero inchinarsi."L’illustre ospite pronuncio’ queste parole con deferenza, puntando i suoi occhi acuti e penetranti direttamente dentro quelli di Irene. "La ringrazio della sua bonta’…" Rispose lei grata del complimento "…ma credo di non meritare cosi’ tanta considerazione." "Lei e’ stato molto abile a conquistare una donna cosi’." Prosegui’ l’uomo rivolgendosi a Phil."Oh, non posso prendermi meriti che non ho." Rispose questi scuotendo leggermente la testa, mentre cercava di trovare le parole giuste. "Siamo solo due ottimi amici… e se qualcuno ha fatto una scelta… beh, non sono stato certo io.""Ho degli ospiti che peccano in modestia." Replico’ lo sceicco, dirigendosi al centro della sala dove altri membri della famiglia reale stavano intrattenendo gli ospiti. Irene fece anche la conoscenza con il principe Yusuf Al Rawabi, nipote dello sceicco.Il giovane Yusuf , di eta’ intorno ai trent’anni, aveva il volto magro e scavato,barba, sagomata sul mento e baffi nerissimi. Il principe era famoso, fra quanti lo conoscevano, per il suo carattere non facile.Circolavano strane voci, tra quelli che lo avevano frequentato, riguardo i suoi non rari momenti di collera. Si diceva che fosse un tipo testardo e che quando non riusciva a raggiungere il suo scopo poteva diventare vendicativo. Comunque, al pari dello zio, sapeva essere gentile e gradevole. E quella sera lo fu. Rivolse i suoi garbati complimenti ad Irene e a Phil, lanciando eloquenti sguardi di apprezzamento all’indirizzo della ragazza. Le sue pero’, a dir la verita’, piu’ che di ammirazione furono le occhiate di un rapace che ha adocchiato la sua preda.Nel corso della serata fu presentata anche ai due ambasciatori italiano e americano, due persone, come ebbe modo di constatare Irene, davvero eccezionali. L’ambasciatore italiano di fronte alla sua bellezza improvviso’ un breve discorso che concluse, in un rigurgito di orgoglio nazionalista, con la frase "…la sua prorompente bellezza è un vanto per l’Italia.""Addirittura!" Gongolo’ fra sé Irene. "Sono diventata la ‘Marianna’ italiana!" Era confusa ed incapace di mettere a fuoco i propri pensieri per l’intensa emozione che provava. Sapeva benissimo di aver conquistato tutti gli uomini presenti e sapeva anche che sarebbe bastato un semplice schiocco delle dita per averli ai suoi piedi. L’avevano indirettamente consacrata, quella sera piu’ che mai, regina e protagonista assoluta dell’avvenimento mondano. Anche Phil raccoglieva con intima soddisfazione ogni complimento che veniva fatto a lei: era un implicito riconoscimento al suo buon gusto e alle sue capacita’ di conquista. Irene nel corso della sua conversazione con il principe scopri’ che il grande yacht, visto in mattinata nel canale, era di proprieta’ dello sceicco. Quando Yusuf venne a conoscenza del suo desiderio di visitarlo, fu ben lieto di invitare lei e Phil a bordo per il pomeriggio di quello stesso giorno. L’americano, vagliando mentalmente i suoi impegni di lavoro, si dichiaro’ disponibile. Irene concluse la sua serata in un tripudio di gioia: si presentava per lei l’occasione di vivere un’altra giornata memorabile. Hotel Hilton – Domenica 21 febbraio ore 5.00La serata volse al termine quando ormai l’alba graffiava via il buio delle tenebre, colorando il cielo di giallo e rosa pallido. Tutte le lussuose macchine degli ospiti, come tante formiche luminose, ordinatamente si misero in marcia in direzione di Dubai.. Irene traboccava di felicita’ perché mai in vita sua aveva trascorso una serata piu’ eccitante di quella. Quando Phil entro’ in macchina, ebbe voglia di baciarla, ma le rigide leggi coraniche del posto lo vietavano e preferi’ reprimere il suo istinto, piuttosto che andare incontro a spiacevoli inconvenienti. Cosi’, allorche’ aziono’ il cambio, si limito’ a sfiorare la coscia di Irene con le dita della mano. Quel lieve contatto eccito’ i sensi della ragazza che fu scossa da un brivido. Guardo’ l’americano con occhi pieni di passione. Arrivati in albergo Phil porto’ Irene nella sua suite. La suite era un vero e proprio appartamento di almeno 250 mq. Irene ammiro’ il pomposo baldacchino che sovrastava il letto nella grandissima camera matrimoniale. Affaticata dalla lunga ed impegnativa serata, dopo aver tolto e lanciato la giacca su una poltrona, si abbandono’ sul morbido materasso, rimanendo per qualche istante confusamente sommersa dalle sue forti emozioni. Come un canoista discese le rapide dei suoi tumultuosi sentimenti, facendo uno slalom veloce fra i suoi freschi ricordi. Phil accese la lampada piu’ lontana da essi. Una luce tenue e soffusa rischiaro’ la stanza creando morbidi toni ed una calda atmosfera, la piu’ giusta per un incontro appassionato. Se avesse potuto, avrebbe acceso anche il grande caminetto, solo ornamentale, che troneggiava a lato del salone, e avrebbe goduto con Irene la sua notte d’amore sui bellissimi ed invitanti tappeti che impreziosivano il pavimento. Sintonizzo’ la radio su una stazione locale che diffondeva musica soft inglese ed americana, prima di sdraiarsi accanto alla ragazza che guardava il soffitto con occhi pieni di desiderio. A Phil Irene ricordava la sua ex moglie, Barbara, una bellissima texana di Austin, dalla quale si era separato un anno prima. Anch’egli, confuso dai ricordi taglienti come un bisturi, si sdraio’ sul letto e punto’ gli occhi contro il soffitto. Ripercorse con la mente alcuni spezzoni di vita vissuta insieme. Con la moviola del ricordo ne blocco’ alcuni: l’amore che nacque all’universita’, la laurea in ingegneria lui, in biologia lei, i primi due anni di matrimonio pieni di quell’entusiasmo di chi vive un’esperienza esaltante, i primi dissapori che nacquero quando lui comincio’ a girare il mondo per lavoro, il rapido decadimento del loro amore. Seguirono momenti di incertezza. Phil e Barbara cercarono di tamponare le falle di una barca che faceva acqua da tutte le parti, ma non riuscirono ad impedire il naufragio di un amore cosi’ bello. Il corso impetuoso degli eventi travolse entrambi rovinosamente, segnando per sempre le loro esistenze. A malincuore presero atto che la loro esperienza di vita in comune si era esaurita. Barbara viveva ora con un medico a Los Angeles. Phil, dopo alcuni momenti molto tristi, trascorsi in compagnia dell’alcool, riusci’ a ritrovare il suo equilibrio con l’aiuto di un’altra donna, Nicole, che si prese amorevole cura di lui. Poi Phil, per allontanare da sé tutti i fantasmi del passato, si butto’ a capofitto nel lavoro, scegliendo di andare a lavorare all’estero. Ed aveva ritrovato la sua pace interiore. La ventata di malinconia, cosi’ come era venuta, passo’. Si giro’ verso Irene e lesse sul suo viso un leggero fastidio. Si dette del cretino: aveva accanto a sé una donna bella e desiderabile e lui si perdeva a rincorrere i fantasmi del passato! Cerco’ di riguadagnare il tempo perduto accarezzando con dolcezza il bellissimo viso di Irene. Si porto’ sopra di lei e la bacio’ teneramente. Irene lo strinse forte a sé e cerco’ avida la sua lingua. A quel bacio irruento l’animo di Phil si carico’ di nuove energie. Con la mano scese sul ventre di lei e le accarezzo’ il pube. Sentiva la folta peluria sotto la sottile stoffa del vestito. Lo alzo’ curioso fin sulla vita e si rese conto che Irene non indossava nulla di intimo. Provando l’eccitazione di un ragazzino alle sue prime armi, le tocco’ il sesso a lungo. Poi le sfilo’ con delicatezza il vestito, quindi le slaccio’ il reggiseno. Nuda era ancora piu’ desiderabile. Poggiando la testa sulle morbide mammelle, si accorse che il respiro di Irene si era fatto affannoso. Fu il suo turno di spogliarsi. Tolse la camicia e mise a nudo un insospettato torace muscoloso. Irene accarezzo’ il petto di Phil, irto di peli biondi, gli sbottono’ i calzoni ed abbasso’ la cerniera dei pantaloni. Senti’ e palpo’ il pene duro sotto la stoffa degli slip. Quando, tirando verso le ginocchia al tempo stesso calzoni e slip, libero’ il suo sesso, la ragazza esclamo’ un ‘woah’ di meraviglia. Lo prese in mano saggiandone la durezza, poi si inchino’ su di lui per ingoiare il suo strumento impaziente. Phil si contrasse in un sussulto di piacere. Dopo che la lingua corse giocosa sul suo glande, Irene effettuo’ un’attenta esplorazione del suo corpo, mordicchiandolo qua e la’ secondo il desiderio del momento. Furono le cosce muscolose di Phil a calamitare la sua attenzione. Ad uno sguardo piu’ attento, Irene immagino’ che lui dovesse essere stato in gioventu’ un pesista: il torace largo ed i fianchi stretti, i muscoli poderosi del petto ed ipersviluppati delle cosce sembravano confermarlo. Divoro’ con gli occhi quelle masse muscolose e con le mani corse su tutto il suo corpo per goderne la splendida compattezza. Si diverti’ a succhiargli i capezzoli, prima di scendere con la testa all’altezza dell’ombelico dove la lingua piu’ volte giro’ in tondo: Phil faticava a tenere sotto controllo le splendide sollecitazioni che Irene gli procurava. Dall’ombelico Irene scese quindi con la bocca sui peli del pube e li bagno’ tutti di saliva. Poi, per soddisfare una sua voglia, lo fece sedere in fondo al letto e si inginocchio’ davanti a lui. Dopo aver messo le mani sotto i suoi glutei, avvicino’ la bocca al pene dritto e voglioso di Phil. Aveva un buon odore. Lo prese in bocca un po’ alla volta, prima di correre con la lingua saettante intorno al glande. Lui si contorse sotto l’azione decisa di Irene e, per impedire di naufragare miseramente alle prime schermaglie, fu costretto ad allontanarla da se’, ritraendosi sul letto. Irene vide svettare verso l’alto la sua asta poderosa. Si affianco’ a lui per non perdere contatto con il suo sesso. Mentre si metteva in ginocchio sul letto, lo specchio laterale della toeletta attrasse l’attenzione di Phil. In esso si rifletteva lo splendido culo a forma di pesca della ragazza. L’uoma la prese per le ascelle e senza sforzo la tiro’ sopra di sé portando il viso di lei all’altezza del suo. La bacio’ con ardore mentre le mani palpavano la carne soda delle sue natiche. Entro’ poi nella fenditura posteriore e sfioro’ con le dita quasi impercettibilmente il buchino. Dopo aver fatto scendere una mano da sotto il ventre, penetro’ con due dita nella vagina: la trovo’ completamente bagnata. Correndo su e giu’ con il palmo della mano inumidi’ tutta la zona intorno al perineo. Con l’indice penetro’ nella sua intimita’ posteriore e la fece mugolare di piacere. Irene cominciava a perdere coscienza di sé chiusa in quella stanza. Il vortice di sensazioni piacevoli che i suoi sensi ora avvertivano, la spingeva in alto tra le nuvole. Senza piu’ peso, come un palloncino d’elio, comincio’ a volare, come in un cartoon disneyano, sopra verdi vallate, fiumi dalle acque cristalline e paesaggi fantastici.Il pene duro di Phil che la penetro’ non riusci’ a strapparla dal suo sogno e a riportarla sulla terra: un godimento celestiale si impossesso’ del suo corpo."Spalancami le porte del paradiso…" urlo’ Irene in una sorta di delirio. Il pene che entrava ed usciva, sfregando la mucosa della vagina, le annebbio’ la mente e le procuro’ una sorta di esaltazione passionale. Irene si strizzo’ i seni con entrambe le mani mentre un’onda di piacere selvaggio la scosse. Ormai Phil era in sella ad un cavallo imbizzarrito. Raggiunsero l’orgasmo avvinghiati strettamente l’uno all’altro: Phil libero’ un fiume di sperma dentro di lei. Quando tutto fini’, rimasero a lungo sdraiati, muti e confusi. Il sole, varcata la linea dell’orizzonte, annunciava un altro giorno di fervido lavoro nella quieta ed affollata citta’ di Dubai.Nel primo pomeriggio, Phil ed Irene andarono al porticciolo di Al Kurami Bay. Li’ ad attenderli c’era il motoscafo del principe che li avrebbe portati sullo yacht. Il conducente arabo fu molto cerimonioso e gentile nel riceverli a bordo. L’imbarcazione parti’ mordendo l’acqua per la velocita’ che in brevissimo tempo raggiunse. Man mano che si avvicinavano, lo yacht assumeva proporzioni sempre piu’ gigantesche. Effettuarono il trasferimento da un natante all’altro salendo sul ponte principale dello yacht per mezzo di una scala d’acciaio retrattile. Un membro d’equipaggio arabo saluto’ cordialmente gli ospiti. Yusuf, apparve all’improvviso e strinse loro le mani calorosamente. "Sono felice di vedervi, amici miei. Va tutto bene?" Chiese mentre faceva un cenno al suo cameriere filippino, di nome Mario, che si avvicino’ con aria sottomessa. Il filippino veniva da Manila dove aveva moglie e cinque figli. "Faro’ portare qualcosa per voi." Informo’ i suoi ospiti premuroso Yusuf, dopo aver fatto un cenno con il capo al servitore, che, dopo un inchino, corse via. Il principe li condusse nella suite armatoriale in zona prodiera e li fece accomodare su uno dei divani che al centro circondavano un basso tavolo da te’. Irene si guardo’ intorno stupefatta. Il salone era grande e luminoso come non avrebbe mai immaginato ed era arredato con mobili laccati e decorati con foglie d’oro. "Allora signorina Irene, spero che si trovi a suo agio su questa casa galleggiante."Disse Yusuf rivolto alla ragazza."A dir la verita’ piu’ che una casa a me sembra un grattacielo". Rispose Irene ancora incapace di penetrare quella inedita realta’. "Io non avevo nemmeno l’idea di cosa potesse essere uno yacht.""La portero’ piu’ tardi a fare una passeggiata. Vedra’ che la trovera’ interessante."Sorrise sicuro di sé Yusuf, rivolgendosi con sguardo ammiccante a Phil. "Mr. Robertson, so che e’ arrivato a buon punto con i lavori che mio zio le haaffidato.""Direi proprio di si’. Penso di consegnargli domani mattina la prima bozza del mio progetto." "Molto bene." Concluse con un sorriso smielato Yusuf. La conversazione ando’ avanti ancora per un po’, scivolando sulle banalita’ che sempre si dicono prima che essa converga su un argomento di interesse comune. Il ritorno di Mario annunciava che tutto era pronto. Salirono sulla terrazza attrezzata con divani a righe bianche e gialle e un tavolo estensibile di teak dove un montacarichi era collegato alla sottostante cucina. Due carrelli, uno contenente te’ e caffe’ ed un altro pasticcini, succhi di frutta e frutta fresca erano posizionati a lato del tavolo. Come promesso, al termine della colazione il principe porto’ i suoi ospiti a visitare lo yacht. Durante la loro passeggiata, con dovizia di particolari, descrisse anche alcune caratteristiche tecniche. Irene scopri’, con sua grande meraviglia, che lo yacht era lungo circa 70 metri e che riusciva a raggiungere una velocita’ massima di 55 nodi, pari a 101 km orari. Fecero un lungo giro sui tre ponti. Sulla zona piu’ alta, interamente riservata agli ospiti, c’erano una vasca Jacuzzi, grandi prendisole, frigo-bar e barbecue. Questi avevano a disposizione tre cabine matrimoniali. Tutte avevano arredamenti diversi, bagni coordinati in marmi rari e maxi televisori a scomparsa. C’erano inoltre una palestra con sala massaggi e 12 alloggi per l’equipaggio. Davvero raffinato era il grande salone sul ponte sottostante. Aveva decorazioni in lapislazzuli e foglie dorate; i mobili di mogano laccato, abbelliti da fusioni in bronzo dorato, gli conferivano un aspetto severo. Un breve giro all’esterno mostro’ ai loro occhi i grattacieli lontani della città, indifferenti alle sorti degli esseri umani che sotto di essi consumavano le loro povere vite.Scesero quindi le scale ed andarono a visitare il grande salone sul ponte principale. Era arredato in maniera davvero superba. Gli ambienti erano in stile country mansion americana, abbelliti da colori tenui e finiture raffinate, da marmi e legni pregiati. I soffitti erano in pelle e le dorature e stucchi creavano un’atmosfera tutta particolare. Un atrio pavimentato in marmo nero e bianco, che si sviluppava su tutti e tre i ponti dello yacht, accoglieva gli ospiti con due statue di bronzo stilizzate che incorniciavano la porta di entrata. Da li’ si snodava una spettacolare scala con ringhiera in ferro battuto e corrimano dorato, circondata da pannelli con stucchi molto elaborati, abbelliti da disegni neoclassici. Irene si soffermo’ a guardare alcuni quadri appesi alle pareti. Erano quadri ad olio di pittori per lo piu’a lei sconosciuti, ma fra essi riconobbe un quadro ad olio di De Chirico e uno di Salvador Dali’. Di tanto in tanto lanciava a Phil uno sguardo di stupore. Letteralmente confusa da tutto quello che vedeva, non riusciva piu’ a trovare aggettivi. Troppe volte aveva detto fantastico, meraviglioso, stupendo, eccezionale. Ma tocco’ il fondo della sua meraviglia quando venne a sapere che c’erano un’area completamente dedicata alla televisione e alle proiezioni, con un maxi schermo a scomparsa, cinque moto d’acqua, altrettanti windsurf ed attrezzature subacquee per le immersioni degli ospiti.Entrarono nella monumentale suite dell’armatore e visitarono il suo studio imponente, impellicciato di mogano; la stanza da letto aveva colori che giocavano sul beige e sull’oro, il bagno era completamente rivestito in onice color miele e conteneva una vasca Jacuzzi rotonda. Uscirono di nuovo sul corridoio esterno. Irene si affaccio’ appoggiandosi al bellissimo corrimano in ottone e guardo’ attentamente la riva davanti a se’. Con lo sguardo cerco’ e trovo’ l’ambasciata americana e vide il suo grande pennone. Riconobbe la villa dell’Hilton e il tratto di mare dove i suoi colleghi stazionavano, ma erano troppo lontani perche’ potesse distinguerne la presenza. Irene si inebrio’ nel sentire scivolarle addosso il forte vento, che dallo yachtspirava in direzione della riva. Mentre lei continuava a guardarsi stupefatta intorno, squillo’ il cellulare di Phil. Era un membro della famiglia reale che lo contattava. Gli comunicava l’intenzione dello sceicco di incontrarlo subito, per discutere con lui alcuni importanti dettagli prima della presentazione del progetto finale. Phil, non potendo opporre un rifiuto all’eminente personalita’, si accordo’ con il suo emissario sull’ora dell’incontro. Comunico’ al principe e ad Irene il suo rincrescimento per non poter proseguire nella visita e prego’ Yusuf di agevolarlo nel suo rientro a terra. Questi, mostrandosi dispiaciuto, abbandono’ momentaneamente i suoi ospiti per andare ad impartire gli ordini necessari. Quando Irene si rese conto che avrebbe dovuto rimanere da sola sullo yacht con ilprincipe manifesto’ tutto il suo disappunto a Phil."Non voglio rimanere qui!" Disse con un filo di voce. "Perché mai? Temi qualcosa?" Rispose lui con un sorriso. "Oh, non ho paura…" "E allora?" "Mi sento a disagio. Il principe ha un modo di fare che non mi piace.""Ti prego rimani, gli faresti un torto. E fare un torto a lui e’ come farlo allosceicco. Non si puo’ fare!" Phil pronuncio’ queste ultime parole con il tono fermo di chi non ammette repliche. Poi per non dare l’idea di costringerla ad obbedire, con voce dolce le sussurro’ in un orecchio: "Irene cara, cerchero’ di sbrigarmi in brevissimo tempo. Concluderemo insieme la magnifica serata."Irene, dietro le pressioni di Phil, fece buon viso a cattivo gioco ed accetto’ di rimanere. Il principe ritorno’ a tener compagnia ai suoi ospiti dopo brevissimo tempo."Aspetteremo il suo rientro con ansia." Disse con aria premurosa rivolgendosiall’americano. Phil sali’ sul motoscafo messo a sua disposizione. Irene dalla ringhiera del ponte principale guardo’ con gli occhi velati di tristezza il natante allontanarsi.Dopo la sua partenza fece il suo rientro nel salone con il principe. "Le piacciono i quadri?" Le chiese Yusuf avendo constatato il grande interesse di Irene per tutto cio’ che era appeso alle pareti. "Oh si’, moltissimo. Trovo molto ben fatto quel suo ritratto." Rispose la ragazza senza eccessivo entusiasmo, riferendosi ad un grande quadro che ritraeva il principe in una posa ieratica. "Ce n’e’ uno fra essi che le piace in particolare?""Oh, certo. Quel Dali’ che sta dietro alla grande scrivania, li’ nell’angolo". Rispose puntando l’indice verso il dipinto in questione. Si riferiva ad un quadro del grande pittore spagnolo nel quale erano raffigurate due tigri in corsa, che sembravano lanciarsi su una donna nuda sdraiata a terra, e con un elefante dalle zampe lunghissime e filiformi che volava nel cielo."Se lo desidera e’ suo." Disse Yusuf illuminando il suo volto di un ampio sorriso. Prima ancora che Irene potesse dire una sola parola, il giovane principe lo stacco’ dalla parete e, fatto cenno al suo cameriere Mario, glielo affido’ perché lo mettesse via. Irene sapeva che quel quadro di media grandezza valeva molto denaro, ma era assolutamente determinata a non accettare nulla che potesse legarla al giovane principe. Accettare voleva dire impegnarsi ben oltre il lecito, perche’ il regalo era troppo costoso e non poteva essere considerato soltanto un gentile omaggio alla sua bellezza di donna. Mascherava mire che lei non aveva intenzione di assecondare. Purtroppo, sapeva anche che rifiutare poteva essere addirittura la cosa peggiore, non potendo immaginare la reazione di un individuo che si diceva fosse capriccioso. Doveva quindi trovare il modo, se c’era, di rendere indolore il suo rifiuto: cerco’ di prendere tempo."Sono lusingata dell’onore che mi fa nel volermi regalare un simile oggetto. Pero’ temo che arrivando in dogana a Roma io possa incorrere in qualche problema.""Oh, non si preoccupi, a questo provvedero’ io. Lo mandero’ tramite corriere diplomatico alla nostra ambasciata di Roma e lei potra’ ritirarlo quando vuole." "Ma e’ un quadro importante e sinceramente non capisco perché lei voglia privarsene." "Quando si ha una grande disponibilita’ di denaro, gli oggetti hanno un diverso valore. Diciamo che il denaro finisce per ridurli tutti alla stessa stregua. Per me non vale molto di piu’ di un quadro fatto da un pittore anonimo." Ormai Irene era alle corde."La prego, non posso accettare." Disse fissando decisa il viso del principe. Ma lui evito’ il suo sguardo."Vorrebbe dire che il regalo non le fa piacere?" Chiese rabbuiandosi Yusuf e con tono risentito, quando gli fu chiaro che la ragazza mai avrebbe accettato la sua offerta."Non volevo dire questo…" L’arabo non lascio’ che terminasse la sua frase e la interruppe: "E allora perché una come lei rifiuta un simile dono? " Il leggero tremito che impercettibilmente agitava la mano destra del principe,testimoniava una profonda irritazione. "Una come lei?" Quelle parole rimbalzarono nel cervello di Irene come palline da ping pong in un gioco forsennato. Lasciavano forse intendere che lui la considerava una puttana e che appunto per questo non poteva permettersi di porre obiezioni? Irene penso’ che il principe era ormai fuori di sé se era arrivato ad assumere simili toni. Pur risentita da quelle affermazioni, non si perse d’animo. "Io non sono in vendita." Obietto’ con fierezza, puntando decisa i suoi occhi verdi sul principe che teneva ora la testa bassa e le braccia incrociate, dimostrando chiaramente la sua ostilita’. "Conosco abbastanza il mondo per sapere che una come lei si e’ venduta per molto meno. Non sia superba, né bugiarda." Replico’ con tono altezzoso, lanciandole un’occhiata di traverso. Di nuovo aveva usato le parole "una come lei". Quell’espressione usata per la seconda volta colpi’ Irene come una scudisciata. Era avvilente ed intollerabile proseguire in una discussione che aveva assunto i contorni di una sfida. Il suo viso si accese di collera e, nel replicare all’arroganza dell’uomo, cerco’ ancora di mantenersi calma. "Non devo rendere conto a nessuno della mia vita, tanto meno a lei! Tutti gli uomini che ho avuto, nessuno escluso, meritavano la mia considerazione. Ed ora se permette, gradirei essere riportata a terra!"La tensione che si era creata era palpabile con le mani. Purtroppo Irene non poteva andarsene sbattendo la porta, come avrebbe voluto, per rispondere in modo adeguato a tanta insolenza: era ostaggio di un despota odioso. Il principe si alzo’ dalla sua poltrona livido di rabbia e lascio’ il salone senza nemmeno rivolgerle la parola. L’immenso ambiente divento’ ai suoi occhi piu’ squallido ed angusto della cella di un ergastolano. Frastornata dagli eventi, senza sapere né cosa fare al momento, né cosa le sarebbe capitato nell’immediato futuro, maledisse dentro di se’ il principe e il momento in cui aveva accettato il suo invito a salire sullo yacht.Dopo qualche minuto, Mario, il cameriere filippino, fece il suo ingresso nel salone.Irene immagino’ che l’uomo fosse venuto a dirle che il motoscafo era pronto sottobordo. Il cameriere con la sua aria mansueta, si fece avanti sorridente, biascicando qualcosa che Irene non riusci’ ad afferrare. Quando l’uomo le fu vicino, Irene noto’, con sorpresa mista a timore, che il suo sorriso si era trasformato in un ghigno. I suoi occhi emanavano una luce fredda e cattiva che la atterrirono. La paura scese dentro di lei bloccandole il respiro. Cerco’ di interloquire con lui augurandosi che parlandogli potesse in qualche modo tenere sotto controllo la situazione. "C’e’ qualcosa che posso fare per lei?" Chiese con voce tremante. L’uomo non sembrava aver sentito le sue parole. Continuo’ ad avanzare verso di lei come un automa, con gli occhi vuoti di espressione e i gesti da pupazzo meccanico. "La prego, cosa vuole?" Supplico’ Irene ormai in preda al terrore. L’uomo continuava ad andarle incontro mentre lei indietreggiava sempre piu’. Quando la parete della stanza blocco’ il suo arretrare, lui le afferro’ le braccia. "Mi lasci!" Urlo’ Irene. "Non voglio che mi tocchi! Non voglio che mi tocchi!" Ripete’ in modo ossessivo, scoppiando in un pianto dirotto. "Non temere!" Le diceva l’uomo senza mutare il tono della sua voce. "Non ti faro’ del male! Tu non gridare!"La sua voce bassa e roca strideva con la forza con cui artigliava le braccia di Irene. Credendo di avere gioco facile con lei, Mario l’afferro’ per la vita e si avvicino’ al suo viso, tentando di baciarla. Irene si divincolo’ pero’ con tutta la forza che aveva, cercando di allontanare la testa e tutto il corpo da lui. Ma una forza superiore la imprigionava. Quando l’uomo infilo’ la lingua nella bocca della ragazza, e le alito’ in faccia il suo insopportabile puzzo di aglio, Irene provo’ un immenso disgusto e per reazione morse quel pezzo di carne, che, come un serpente, mulinava nella sua bocca. Il filippino caccio’ un urlo e mollo’ per attimo la presa. Irene corse via cercando di guadagnare l’uscita, ma la stanza piena di suppellettili non glielo consenti’. Inciampo’ e ando’ a sbattere con il viso sullo schienale di una sedia. Un dolore lancinante la stordi’. Dal naso e dal labbro superiore comincio’ a zampillare sangue in abbondanza e ben presto ne fu tutta imbrattata. Anche l’uomo sanguinava dalla bocca ed aveva assunto un aspetto truce. Toccandosi piu volte nel punto dolente, si era sporcato di sangue tutto il viso e la giacca di servizio: sembrava uno di quei mostri sanguinari che si vedono nei film dell’orrore. Ora era davvero inferocito. Mettendo una mano sotto l’ascella di Irene rimasta bocconi, la fece girare su se stessa. La schiaffeggio’ colpendola piu’ volte sul viso dolorante. Irene, ormai vittima della violenza dell’uomo, assecondo’ l’istinto di conservazione che le imponeva di non ribellarsi: reagire al furore dell’uomo avrebbe significato subire danni piu’ gravi. Cesso’ di lottare e rimase inerte provando a fantasticare, con un po’ di ingenuita’, che nulla di grave le sarebbe accaduto. Immagino’ che Phil, il suo Robert Redford, come nel film "Proposta indecente", da un momento all’altro sarebbe sceso sul ponte superiore dello yacht con il suo elicottero e l’avrebbe portata via. Sogno’ che anche Gianni, il piccolo Gianni, sarebbe venuto per sottrarla alle grinfie dell’uomo dopo aver ingaggiato con lui una lotta furibonda. Si illuse che tutto fosse un brutto sogno e nulla piu’, ma il dolore insopportabile che le causavano il naso e la bocca sanguinanti, l’alito ripugnante dell’uomo che aveva di fronte a lei la riportarono ben presto di fronte alla tremenda realta’. Mario ora, domata la resistenza della donna, aveva perso l’aria feroce e assassina del primo momento. "Cosi’ va bene. Non temere, non ti faro’ male. Buona, buona." Le farfuglio’ nel suo inglese rudimentale. Ma Irene, anche volendo, non avrebbe piu’ potuto ribellarsi: per l’abbondante perdita di sangue, le energie rimaste erano davvero poche. Di tutta la sua reattivita’ solo gli occhi, che roteavano pieni di terrore di qua e di la’ seguendo i movimenti dell’uomo, si mantenevano vivi. Ridotta in quello stato remissivo e degradante, si faceva una gran pena. Tutto il suo orgoglio, tutta la sua bellezza, tutto il suo mondo interiore erano stati travolti dalla brutalita’ di una belva. "Phil, Gianni, perché non venite a liberarmi da questo animale che sta devastandomi il corpo e l’anima?" Si domando’ schiacciata dalla sua disperazione infinita. Rivolse anche un’invocazione a Dio, a quel Dio che non aveva mai considerato: "Signore, liberami da questo orrore!" Appena Mario si convinse di poter agire indisturbato, alzo’ il vestito fin sulle spalle di Irene. Afferro’ le mutandine e le strappo’ con forza. Al cedere del tessuto Irene provo’ la stessa sensazione di dolore di quando era ancora adolescente ed un ragazzo impetuoso le lacero’ l’imene. Si auguro’ soltanto che quanto stava per subire finisse al piu’ presto e che l’incubo si dissolvesse come la nebbia al sole di mezzogiorno. Il pene dell’uomo, che si era abbassato mutande e pantaloni fin sulle ginocchia, entro’ dentro di lei con forza."Ah, bello!" disse raggiante Mario. Una lacrima rigo’ la guancia di Irene. Il filippino avvicino’ la sua bocca ancorasanguinante al viso tumefatto della donna, ricercando un contatto piu’ profondo. Lei si auguro’ che fosse il bacio del principe azzurro che rompeva il maligno incantesimo. Si impose di pensare che quell’uomo avesse le fattezze di Phil, di Gianni, di chiunque suscitasse in lei un sentimento diverso dal disgusto. L’uomo nel frattempo continuava nella sua vigliacca azione."Buona, cosi’, buona!" Ripeteva con voce monotona e con gli occhi spiritati. Strappo’ con due colpi secchi, in un rinnovato impeto di violenza, la gonna di Irene e la sua bianca camicetta rossa di sangue. Un reggiseno di pizzo bianco, anch’esso macchiato, nascondeva al suo sguardo il seno. Lo tiro’ via brutalmente. Irene, completamente nuda, fu per lui lo spettacolo piu’ eccitante che mai avesse visto. Il movimento lento e compassato con cui la stava penetrando, divento’ presto piu’ incalzante: aumento’ la frequenza dei colpi al crescere della sua eccitazione. La trafisse con foga inaudita ed eiaculo’ a piu’ riprese dentro di lei, sbarrando gli occhi allorche’ raggiunse l’orgasmo. Irene, pur nell’avversione di dover accogliere nel suo grembo il suo seme ributtante, accetto’ l’orgasmo come una liberazione. Forse era vicino il momento della liberazione. L’uomo giacque supino per qualche istante. Irene, martoriata nel fisico e nella mente, era ora incapace di percepire la realta’ intorno a se’. Il filippino, dopo qualche attimo di immobilita’, si alzo’ in piedi facendo inginocchiare Irene davanti a lui. Con entrambe le mani le prese il viso e lo avvicino’ al suo pube. Le sue intenzioni erano manifeste. Irene guardo’ il pene dell’uomo. Era diverso da tutti quelli che aveva visto. Piccolo e tozzo, molto scuro di pelle, aveva stranamente un buon sapore. Il che contrastava con il rivoltante puzzo di aglio che emanava da tutto il suo corpo. Anche il glande era piu’ scuro di quanto si potesse immaginare. L’uomo, tenendo il pene con una mano, spingeva con l’altra la nuca di Irene contro il suo bacino. La ragazza ingoio’ malvolentieri lo strumento di tortura del suo aggressore. Mario si piego’ sulle ginocchia mentre ad occhi chiusi e roteando il bacino dal basso verso l’alto, godeva del contatto con la lingua di Irene. Lei velocizzo’ il movimento della mano, cercando di portarlo in un tempo brevissimo all’orgasmo, ma il filippino cambio’ repentinamente idea. Rovescio’ la donna di fianco, mettendola pancia a terra. Le divarico’ le gambe e poi con una mano da sotto il pube la spinse verso l’alto, facendole assumere una posizione a squadra. Irene, intuite le intenzioni dell’uomo, si auguro’ di non provare dolore, ma il pene tozzo le scivolo’ dentro, mentre lui continuava a pronunciare frasi incomprensibili, provocandole un dolore insopportabile. Non aveva piu’ lacrime da versare. Erano tutte finite. Mario entro’ ripetutamente dentro a una donna priva di volonta’ e ridotta a un manichino senza reazioni."Dio, che umiliazione!" Si disse con voce tremante Irene. Il filippino ad occhi chiusi e con le mani ben salde sulle natiche della ragazza, schizzo’ in abbondanza lo sperma nel suo intestino, gridando senza ritegno.La sodomizzazione subita da Irene fu degradante ed umiliante al di sopra di ogni immaginazione. Non oso’ nemmeno alzare la testa per timore di incrociare lo sguardo del suo carnefice. L’uomo, felice e orgoglioso con se stesso per aver posseduto una donna bianca, dopo aver dato sfogo a tutte le sue voglie, aveva ritrovato l’espressione timida e mansueta di sempre. Terrorizzata al pensiero di dover subire ancora violenza, quando vide il filippino alzarsi e rimettersi i pantaloni, Irene non oso’ nemmeno pensare che l’epilogo fosse giunto. Prima di andarsene Mario guardo’ con aria trionfante la sua vittima, che con gli occhi pieni di paura, giaceva abbandonata a terra come uno straccio. Costretto a fare il servitore in terra straniera e a non poter disporre pienamente della sua volonta’, era diventato padrone assoluto, grazie al suo signore e padrone Yusuf, di una bellissima donna bianca e si era preso la sua rivincita contro la vita e contro tutto il mondo. Prima di andarsene ebbe un sentimento di pieta’ verso Irene. Fece l’atto di accarezzarle i capelli, ma lei allontanando la testa dalla sua mano, riusci’ ad evitare il contatto con le sue mani immonde.Passo’ un tempo che Irene non riusci’ a quantificare perche’ ancora galleggiava nel suo mare di disperazione. Dolorante e ancora sanguinante, disperata perché non riusciva a capire come avrebbe superato quella drammatica situazione, non sapeva a che santo votarsi. Si augurava soltanto che tutte le sue sofferenze fossero finite una volta per sempre. La bellissima e orgogliosa Irene era ora solo una donna abbattuta che invocava pieta’. Non avendo il coraggio, ne’ la forza di uscire allo scoperto sul corridoio, si trascino’ verso l’oblo’ a lei piu’ vicino. Guardando la corrente del mare, che portava diritta verso riva, avrebbe voluto trasformarsi in una fragile barchetta di carta pur di riguadagnare la terra amica. In un barlume di lucidita’, la disperazione le suggeri’ un’idea strampalata. Guardo’ l’orologio appeso alla parete sulla sua destra. Erano le tre del pomeriggio. Prese dalla borsetta uno di quei blocchetti che si trovano comunemente sul comodino accanto al telefono nelle stanze degli alberghi e con il rossetto comincio’ a scrivere il seguente messaggio: "GRANDE YACHT. AIUTO IRENE. Getto’ i foglietti ad uno ad uno dall’oblo’ augurandosi che la corrente li portasse velocemente a destinazione. Il blocchetto fini’ in fretta, ma i numerosi fogli, come tanti diligenti soldatini, marciarono compatti verso terra. Dopo piu’ di un’ora arrivarono proprio la’ dove lei voleva che arrivassero. A quell’ora Gianni e un pilota, attrezzati di maschera e pinne, stavano ancora facendo le loro esplorazioni sui fondali di fronte allo yacht. Quando il piccolo steward riemerse da una delle sue immersioni, impatto’ con la maschera in uno dei tanti foglietti galleggianti sull’acqua. Impedito nel vedere, tolse dal vetro il pezzo di carta e, attratto dalla scritta rosso sangue che vi era impressa, lesse il messaggio. Sulle prime il foglietto spiegazzato non dette a Gianni l’idea di essere una richiesta d’aiuto. Solo quando lesse il nome di Irene comincio’ a chiedersi se per caso quello non fosse un messaggio. Istintivamente si guardo’ intorno e noto’ altri foglietti simili a quello che teneva in mano. Raccolse quelli piu’ vicino a lui e richiamo’ l’attenzione del pilota mostrandogli la scritta rossa, leggermente sbiadita dall’acqua di mare.Superato il momento di comune sconcerto, entrambi rivolsero lo sguardo allo yacht. "Dici che puo’ essere un vero messaggio d’aiuto?" Chiese stupito il pilota."E che cos’altro puo’ essere?" "Forse uno scherzo.""E se non lo fosse?""Andiamo alla polizia?" Suggeri’ il pilota."Meglio andare subito allo yacht!" Affermo’ deciso Gianni."E come?""Con uno di quei gommoni ormeggiati nella darsena."Di corsa andarono sul posto e presero il primo gommone che trovarono a portata di mano.Il pilota tiro’ la cordicella ed avvio’ il motore. A tutta velocita’ guido’ il mezzo indirezione dello yacht. Una volta arrivato nelle vicinanze, ridusse la potenza del mezzo per non richiamare l’attenzione di qualcuno a guardia del mezzo. Gianni era pero’ sicurissimo che nessuno sarebbe stato di guardia sullo yacht. Chi mai avrebbe osato avvicinarsi alla gigantesca imbarcazione della famiglia reale con intenzioni ostili? E proprio come aveva ipotizzato, almeno per il momento, nessuno era in vista sui ponti. Guardarono attentamente gli oblo’ e i corridoi esterni lungo le fiancate senza riuscire a notare nulla meritevole di attenzione. Fu un secco rumore proveniente da un oblo’ verso poppa ad allertare i loro sensi. Era Irene che con il tacco di una scarpa batteva disperatamente sul vetro, segnalando la sua presenza. Gianni, che stento’ in prima battuta a riconoscerla, alzo’ il pollice facendo il segno dell’O.K. per comunicarle di averla vista. Rapido come la folgore ragiono’ sul modo di salire a bordo dello yacht, dal momento che all’esterno non c’erano appigli visibili adatti all’arrampicata. Ebbe un’idea improvvisa che si rivelo’ vincente: rovistando nel vano portaoggetti del gommone, vi trovo’ un ancorotto con una lunga corda. Penso’ che poteva ben funzionare per quello che aveva in mente di realizzare. Dietro indicazione di Gianni, il pilota governo’ il gommone fino a portarlo all’altezza della ringhiera d’ottone della fiancata, al centro dello yacht. Gianni, dopo averla fatta ruotare piu’ volte sopra la testa, lancio’ l’ancora oltre la ringhiera dove una delle marre si aggancio’. Agile come un gatto risali’ sulla fune, mentre il pilota spegneva il motore del gommone, cercando di mantenerlo quanto piu’ possibile attaccato alla murata dello yacht tenendo in tiro la fune.Gianni corse lungo il corridoio del ponte principale arrivando sulla zona prodiera senza incontrare alcuno. Giunto all’altezza delle scale che conducevano nella zona sottostante, senti’ un rumore di passi provenire dal basso. Affacciandosi con cautela sul corridoio vide il cameriere filippino davanti alla porta del grande salone. Stacco’ l’estintore che trovo’ sulla paratia accanto a se’ e si porto’ senza far rumore alle spalle dell’uomo. Lo colpi’ alla nuca con forza: Mario cadde a terra con un tonfo. Gianni, dopo aver scavalcato il corpo inerte dell’uomo, entro’ senza esitare nell’immenso salone. Vide Irene a terra nuda accanto all’oblo’. Corse verso di lei e viva impressione riporto’ nel vedere il viso gonfio e sanguinante della donna. Irene con un filo di voce riusci’ solo a biascicare che era tutta colpa del principe ed indico’ il suo grande ritratto appeso alla parete. Gianni, dopo aver avvolto la ragazza con la tovaglia che ricopriva il grande tavolo del salone, con le forze moltiplicate dalla rabbia e dalla pena che provava, la carico’ senza fatica sulle spalle. Prima di lasciare la sala, con il rossetto che aveva trovato a terra, scrisse a grandi lettere la parola "SHIT" sul ritratto del principe. Usci’ dal salone avanzando circospetto lungo il corridoio e risali’ le scale senza incontrare nessuno. Arrivato a poppa dell’imbarcazione abbasso’ la passerella retrattile usata normalmente per le operazioni di imbarco-sbarco. Irene, in stato di semincoscienza, tremava e si lamentava sommessamente. La affido’ alle mani del pilota che la calo’ delicatamente dentro il gommone. I tre schizzarono via veloci come il vento. Agitando i pugni verso lo yacht, Gianni mando’ le sue imprecazioni contro il principe. Mario, ripresosi dal colpo ricevuto, era risalito sul ponte. Sentendo il ronzio del gommone, si era affacciato prontamente dal parapetto. Quando vide l’uomo agitare i pugni contro lo yacht, realizzo’ all’istante quanto era accaduto. Dal ponte di mezzo sopra di lui, il principe Yusuf aveva osservato tutta la scena senza battere ciglio. Livido in volto e con tono minaccioso mormoro’ con voce tagliente e bassa: "Non finisce qui!" Quando il gommone raggiunse la riva, Gianni dette l’allarme e tutto l’equipaggio si industrio’ per portare aiuto ad Irene. Con la macchina di un dipendente della***, la ragazza fu accompagnata al General Hospital di Dubai e prontamente ricoverata. Gianni, il pilota ed il comandante del suo volo, subito dopo, andarono a sporgere denuncia al vicino comando di polizia. Grande scalpore desto’ fra i suoi membri la notizia che lo stupro era avvenuto sullo yacht di proprieta’ della famiglia reale.Gli eventi precipitarono rapidamente allorché la brutta notizia fu riportata allo sceicco Abdul Amin. Il grave atto compiuto a bordo della sua imbarcazione nei confronti di un cittadino straniero, metteva in dubbio l’onorabilita’ di tutta la famiglia reale. Ricevette il nipote per un dettagliato resoconto di quanto era accaduto e naturalmente il principe fece interamente ricadere la colpa del misfatto sulle fragili spalle del filippino. Certo non confesso’ che, insolentito dal rifiuto di Irene, aveva "regalato" all’uomo quella merce preziosa con la promessa della sua piu’ampia protezione in caso di future complicazioni. Mario fu immediatamente prelevato dalla polizia e messo in carcere sotto l’accusa di stupro e di comportamento lesivo della dignita’ della famiglia reale. Yusuf accolse la notizia con grande sollievo e si rallegro’ con se stesso per aver fronteggiato la situazione al meglio.Intervennero di persona sia l’ambasciatore italiano, sia quello americano, cui Phil si era direttamente rivolto per avere un’ immediata giustizia. Il loro intervento fu determinante per ricomporre lo scandalo. Lo sceicco riconobbe senza batter ciglio alla ragazza un’indennita’ di 200.000 dollari quale risarcimento dei danni subiti dalla criminale azione del filippino, riservandosi, qualora ne fossero stati riscontrati di piu’ gravi, di raddoppiarne l’importo.Phil soffri’ le pene dell’inferno nel vedere Irene ridotta in quelle condizioni pietose e si adopero’ al massimo perché in ospedale ricevesse le migliori cure. Anche Gianni non riusciva a darsi pace nel vedere il suo angelo con il volto tumefatto, sanguinante e privato momentaneamente di tutta la sua bellezza. Se avesse potuto, avrebbe tagliato i coglioni ai protagonisti di quello scempio e li avrebbe messi loro in bocca dopo averli incaprettati secondo il costume della mafia.Ospedale di Dubai – Lunedi’ 22 febbraioIl giorno dopo Irene stava molto meglio. Era uscita dallo stato depressivo in cui era caduta dopo la violenza subita, ma il il suo viso era gonfio e livido come se fosse stato punto da mille vespe. La stanza dove si trovava era letteralmente invasa dai fiori inviati da tutti quelli che la conoscevano. C’erano i fiori dello sceicco, dell’ambasciatore italiano, americano, dell’equipaggio, di Phil. Gianni le porto’ un bocciolo di rosa e, quasi vergognandosi del suo tenero pensiero, lo lascio’ con mossa furtiva sul comodino. Irene, in segno di gratitudine, lo bacio’ su una guancia. Era sempre il primo a darle una mano. Contro le indicazioni dei medici, che avrebbero voluto tenerla sotto controllo ancora per qualche giorno, Irene lascio’ l’ospedale la sera stessa, decidendo di tornare in Italia con il volo di rientro programmato.Anche Phil avrebbe voluto che lei rimanesse per un tempo piu’ lungo nell’ospedale.Temeva che con la sua partenza si sarebbe spezzato quel filo sottile che li teneva uniti. Tento’ in ogni modo di convincerla a restare, ma Irene fu irremovibile. Aveva una grande voglia di lasciare per sempre quei luoghi e mettere definitivamente una pietra sui tristi avvenimenti vissuti.Phil fini’ per trovarsi ben presto a disagio davanti a tutti i membri dell’equipaggio.Penso’, non a torto, di non avere abbastanza titoli per giustificare la sua assidua presenza in quella stanza d’ospedale. Immaginava poi che qualcuno potesse considerarlo in qualche modo responsabile di quanto era accaduto, dal momento che l’aveva lasciata sola nelle mani del principe aguzzino. Cosi’ preferi’ allontanarsi da Irene anzitempo, adducendo inderogabili impegni di lavoro. Si avvicino’ a lei e le sussurro’ in un orecchio: "Ti chiamero’ domani in Italia.""Si’, d’accordo." Rispose Irene sfiorandogli il viso con una mano senza aggiungere altro.Aeroporto di Dubai – Lunedi’ 22 febbraioIrene lascio’ l’ospedale alle 2.00 del mattino. Accompagnata da una collega sali’ con passo incerto sull’ambulanza che l’avrebbe portata direttamente al pronto soccorso dell’aeroporto, prima dell’imbarco. C’era Phil ad aspettarla. Irene si stupi’ di non provare eccessivo entusiasmo nel rivederlo. Nel suo cervello si stava sempre piu’ insinuando l’idea che quanto era accaduto si sarebbe potuto evitare, se Phil fosse stato solo un po’ piu’ accorto. Irene non poteva sapere che l’astuto e perfido Yusuf aveva macchinato perche’ lo zio anticipasse il suo incontro con Phil in modo da rimanere a tu per tu con lei sullo yacht. Dopo solo poche ore Irene capi’ che i suoi sentimenti nei confronti di Phil erano notevolmente cambiati. Dal dispiacere che lei aveva provato fino a qualche ora prima nel pensare di doverlo lasciare per effettuare il volo di rientro in Italia, allo strano senso, quasi di fastidio, che avvertiva ora nel ritrovarselo davanti, erano passati anni luce. Anche se lei lo tratto’con grande rispetto, Phil si rese conto che nel cuore di Irene la fiammella del suo tenero sentimento si era spenta per sempre. La saluto’ per l’ultima volta con la morte nel cuore ed un groppo alla gola mentre lei entrava nell’ambulanza. "Addio sogno italiano." Penso’ mentre il mezzo si allontanava, sottraendosi ben presto alla sua vista.Il volo parti’ all’orario previsto con il suo carico umano. Irene, su autorizzazione del comandante, fu fatta accomodare, con grande gioia di Gianni, in top class. Quella sera, neanche a farlo apposta, era l’unica passeggera della classe piu’prestigiosa. Gianni aveva l’onore niente meno che di prestare assistenza alla passeggera a lui piu’ cara, anche se mai avrebbe voluto farlo in quelle circostanze.Un enorme mazzo di fiori bianchi, che l’equipaggio le aveva regalato, troneggiava sul corridoio di ingresso della top class. Irene si commosse e pianse. Quelle manifestazioni di affetto e di solidarieta’ le scaldavano il cuore.Il buonumore proverbiale di Gianni non venne meno neanche in quella circostanza e con la sue battutine sceme, che tanto divertivano Irene, riusci’ a tirarla su di morale. Le parlo’ di cavalli, la sua grande passione. Da anni Gianni frequentava un maneggio ed era un discreto cavaliere, stando a quanto lui diceva. Tante volte Irene, scherzando sul suo fisico minuto e sulla sua regione di provenienza, gli aveva detto di andare a Siena per farsi ingaggiare come fantino da qualche contrada."Sei mai stata a cavallo?" Le chiese lui curioso."No, mai.""Ti andrebbe di fare qualche giro con me, quando starai bene?""Avrei tanta voglia di provare." Gli rispose con un profondo sospiro la ragazza.Andare cavallo a contatto con la natura l’avrebbe aiutata a lavare via tutto il sudiciume da cui si sentiva ricoperta. Dimenticare. Tutto andava bene per dimenticare. Pianse di nuovo allorché i brutti ricordi tornarono a galla nella sua mente e provo’ anche un forte senso di nausea. Ma fra tanta amarezza, a darle sollievo c’era la consapevolezza di aver scoperto un mondo nuovo e sconosciuto. Era riuscita ad abbattere il muro della sua indifferenza e del suo snobismo. Lei che aveva sempre guardato dall’alto in basso tutti nel suo ambiente, sentiva di non meritare le attenzioni delle colleghe che si erano prodigate per lei al di sopra di ogni immaginazione.Gianni guardo’ piu’ volte la "sua" Irene mentre sonnecchiava sulla poltrona. Anche con i lineamenti deturpati dalla tumefazione era bellissima e se solo lei avesse voluto, quella sera stessa lui l’avrebbe portata in braccio a casa sua e l’avrebbe curata con tutto l’amore possibile. Adesso che si era spogliata di tutto il suo orgoglio e si era vestita di grande umanita’, sentiva di amarla profondamente. Ma l’aveva sempre amata, anche se non voleva ammetterlo con se stesso.Il volo di rientro, abbastanza lungo, non fu la miglior medicina per un fisico provato come quello di Irene, ma fu di grande giovamento alla sua psiche. Irene, cullata dall’affetto di tutti quelli che di tanto in tanto andavano a farle visita, si senti’ rinascere. Quando alle 7,30 del mattino l’aereo arrivo’ a Fiumicino, Irene era diventata un’altra donna. Scese dall’aereo con passo sicuro. Guardo’ il sole ancora basso sull’orizzonte che annunciava un nuovo giorno, quasi con aria di sfida: aveva ritrovato tutta la sua fierezza.Dogana equipaggi di Fiumicino – Lunedi’ 22 febbraioNella sala a loro riservata Gianni e gli altri membri dell’equipaggio attesero l’arrivo delle valigie. Quando queste giunsero sul nastro, ognuno prese la propria e la apri’ per permettere agli ispettori doganali di effettuare l’ispezione. Gianni, con il suo sorriso spavaldo, guardo’ con aria di sfida il doganiere che palpava ripetutamente il sacchetto della biancheria sporca. Non capiva perché l’uomo indugiasse cosi’ a lungo su qualcosa che indubbiamente non meritava tanta attenzione. Quando vide l’uomo estrarre dal sacchetto un pane di cocaina, il suo sorriso divenne una smorfia di stupore prima e di disperazione poi. Poco’ manco’ che svenisse: quello che l’ispettore aveva in mano era proprio un pane di cocaina. Mille domande affollarono la sua mente, in un turbinio sconvolgente, fino ad intasarla. Come c’era finito nella sua valigia? Chi ce l’aveva messo? E perché? Quando era stato messo?La risposta ad uno dei suoi interrogativi arrivo’ fulminea: il principe Yusuf! Solo lui poteva avergli teso quell’infame tranello. Cosi’ pagava la liberazione di Irene…Gianni fu portato nella questura dell’aeroporto per dare spiegazioni dell’accaduto ai funzionari di polizia che lo interrogavano. Protesto’ con ostinazione e determinazione la sua innocenza a quanti, nelle ore che seguirono, ascoltarono la sua versione dei fatti, ma fu come battere la testa contro il muro. Nessuno fu disposto a credere che il pane di cocaina fosse da mettere in relazione con una presunta vendetta del principe. Quali prove c’erano a suffragio della sua tesi? Racconto’ piu’ volte la penosa vicenda vissuta da Irene e il suo intervento a bordo dello yacht reale. Fu tutto inutile. Fu denunciato all’autorita’ giudiziaria per i reati di spaccio e detenzione di droga e lasciato a piede libero. Il processo si tenne per direttissima quindici giorni dopo. Tutti i membridell’equipaggio furono ascoltati come testimoni a favore di Gianni. Irene ricostrui’ con dolore lo stupro subìto e provo’ una nuova indicibile sofferenza nel ricordare i particolari piu’ scabrosi della sua triste avventura. Con le loro precise testimonianze fu fatto un accurato ritratto del principe. I giudici ascoltarono le varie deposizioni con molta attenzione. L’idea generale che tutti si fecero dopo i vari interventi fu che l’assoluzione di Gianni fosse sicura al cento per cento. Il dibattimento processuale si concluse abbastanza in fretta. Gianni, nel momento di lettura della sentenza, ascolto’ con la sua solita aria canzonatoria e il suo sorriso beffardo quanto il presidente del tribunale stava per leggere:In nome del popolo italiano… questo tribunale, visti gli articoli…condanna l’imputato Gianni *** ad anni tre… A quelle parole Gianni cadde a terra svenuto. L’ingenua illusione che la sua innocenza sarebbe stata facilmente provata cadde sotto i colpi di quella sentenza-mannaia. La condanna, come un gigantesco compressore lo schiaccio’ frantumandogli l’anima. Purtroppo per lui non aveva potuto dimostrare la sua assoluta estraneita’ ai fatti contestatigli. Gianni passo’ dei momenti molto, molto brutti e cadde in un profondo stato depressivo. Soltanto dopo alcune lunghe settimane, rispolvero’ il suo orgoglio sardo: lui non doveva vergognarsi di nulla perché nulla di male aveva fatto. I guai purtroppo non erano ancora finiti. A pochi giorni di distanza dalla condanna penale, ricevette una lettera della sua Compagnia Aerea….A seguito dei fatti a Lei contestati e dei quali Lei e’ stato ritenuto responsabile da un Tribunale dello Stato Italiano, la Societa’ di trasporto Aereo ***, in base all’articolo…del contratto di lavoro vigente, non ha piu’ intenzione di avvalersi della sua prestazione professionale…Fu la mazzata finale per il povero Gianni. Dopo il tribunale di giustizia, anche la Compagnia di bandiera si era accanita contro di lui, condannandolo senza pieta’. Se Gianni non impazzi’ o, peggio, non fece qualcosa di insensato, fu soltanto perché Irene, fisicamente ristabilita, gli fu molto vicina in quei momenti di disperazione. Irene, mantenendo la sua promessa, era andata un paio di volte a cavallo con lui prima del processo e molte altre volte ando’ dopo il precipitare degli eventi. Sotto la guida esperta di un demoralizzato Gianni aveva cominciato a prendere abbastanza in fretta confidenza con l’animale. Insieme, nelle loro lunghe passeggiate, esaminarono più volte al rallentatore tutti i possibili risvolti delle loro disgraziate avventure. Certo mai avrebbero pensato che sarebbe finita in quel drammatico modo per entrambi. Fu quando Irene confesso’ a Gianni la fine della sua storia con Phil che il piccolo uomo inizio’ a riacquistare fiducia nella vita.Pineta di Castelfusano – Sabato 13 marzo ore 15.00Poco dopo il suo licenziamento, in un pomeriggio radioso che anticipava la primavera imminente, Gianni ed Irene andarono a cavallo scegliendo un percorso interno alla pineta di Castelfusano, a Roma."Senti…" disse Irene sorridente rivolta a lui leggermente accigliato. "…devo farti una proposta che non puoi rifiutare." Gianni si giro’ verso di lei, curioso di sapere che cosa mai volesse dirgli Irene. "Che proposta?" Le chiese, augurandosi che fosse una dichiarazione d’amore nei suoi confronti."Ho a lungo meditato su quanto sto per dirti, percio’ ascoltami con attenzione. Ho deciso di dividere con te l’importo di quell’assegno che lo sceicco mi ha dato.""Cosa?" Chiese Gianni non riuscendo davvero a capire perché mai avrebbe dovuto accettare quell’offerta."Ascolta. Credo che ti appartenga di diritto. Tu mi hai tolto dai pasticci rischiando in prima persona e io ho un grande debito con te. Piu’ volte in passato mi hai detto che sarebbe stata tua intenzione rilevare il maneggio, se solo avessi avuto i soldi. Ora possiamo risolvere la cosa nel modo che ti ho detto."La proposta fatta da Irene era davvero provvidenziale per le sue aspirazioni, ma Gianni, orgogliosamente non penso’ minimamente di accettarla."Irene, io ti ringrazio, ma…""Ma?""Non posso accettare. Dimostri gratitudine nei miei confronti e ti ringrazio, pero’…"Gianni non riusci’ a terminare la frase."Senti, piccolo sardo dalla testa dura, e’ la prima volta che cerco di fare una buona azione nella mia vita e tu vuoi impedirmelo?" Lo fisso’ negli occhi con una determinazione che inchiodo’ l’uomo."Davvero lo vuoi?""Si’ che lo voglio!""Beh, domani vado a Milano a trovare mia madre e mia sorella…""A Milano? Domenica pomeriggio arrivo anch’io!" Lo interruppe raggiante di gioia Irene."Poi partiro’ per Caracas. Possiamo vederci!" "Si’, certo… A Milano ti daro’ la mia risposta." Concluse Gianni ancora confuso dalle idee che bollivano nella sua mente.Cosi’ chiacchierando arrivarono nei pressi dei ruderi della Villa di Plinio. Scesero da cavallo e si sedettero sull’erba. Irene lo guardo’ con tenerezza. Lui si volto’ a guardarla a sua volta. Gli occhi verdi della donna lo stregavano e difficilmente riusciva a sostenere il suo sguardo per piu’ di qualche secondo. Si soffermo’ ad osservare la sua bocca bellissima. Avrebbe voluto mordere quelle labbra rosse come ciliegie e stordirsi con un bacio da troppo tempo desiderato. Ma lunghi anni erano trascorsi a desiderare una cosa irraggiungibile ed ora non aveva il coraggio di osare. Irene si avvicino’ a lui e sfioro’ con un seno il suo braccio sinistro. Quel dolce contatto era un raggio di sole che rischiarava il buio dei momenti terribili che aveva vissuto. Irene capi’ che mai Gianni avrebbe preso l’iniziativa, cosi’ lo afferro’ per il mento, gli giro’ il viso e lo bacio’. Strettamente incollati l’un l’altro si lasciarono cadere a terra. Gianni godette nel trovarsi a contatto con il petto caldo ed accogliente di Irene. Il dolce profumo della ragazza fu per lui inebriante e stordente. Si abbandono’ alle dolci sensazioni che la gioia del momento gli regalava e con le mani frementi cerco’ il suo corpo. Fu un bacio lungo e appassionato fra due mondi opposti che si incontravano per la prima volta. Gianni senti’ il pene soffrire per la compressione che gli slip stretti gli causavano. Se ne accorse anche Irene che mettendogli una mano sulla cerniera dei pantaloni disse meravigliata: "Pero’, come soffre!" "Se lo sapesse Redford!" Affermo’ Gianni con molta ironia. "Phil e’ passato nella mia vita con la velocita’ di una meteora." Replico’ con un velo di tristezza negli occhi la ragazza. "Non parliamone piu’!"I due si allacciarono di nuovo in un bacio ardente e prolungato.Gianni non riusci’ a tirar fuori molto dal magma che dentro di lui ribolliva. Solo i suoi occhi che avevano la luce del febbricitante, indicavano la grande passione che lo divorava. La sua anima, come un grande frullatore, aveva mescolato la gioia e il dolore subìti confondendoli in un unico, inverosimile guazzabuglio in cui non era facile raccapezzarsi. La loro conversazione fu interrotta dall’irrompere di una scolaresca delle scuole medie, che era venuta a fare una lezione di archeologia alla Villa. Qualcuno dei ragazzi si diresse verso i cavalli, che disturbati dal rumore improvviso, incominciarono a dare segni di irrequietezza. Gianni ed Irene tranquillizzarono le bestie e lasciarono che i giovani li accarezzassero per soddisfare la loro curiosita’.. Poi rimontarono in sella e si addentrarono nella pineta finche’ il suono delle voci non spari’ del tutto. Quando furono fuori dalla portata di ogni sguardo indiscreto, Gianni si fermo’ e scese da cavallo, invitando Irene a fare altrettanto. Legarono i cavalli ad un albero e si sdraiarono sull’erba. Fra i vecchi pini si intravedevano guizzare alte le prime rondini che annunciavano l’arrivo della bella stagione. Gianni prese un filo d’erba e se lo mise in bocca cercando di riordinare i suoipensieri. Irene viveva con un piacere nuovo quei momenti di vita "normale" ed ascoltava in silenzio i suoni della natura: il fruscio del vento tra gli alberi, il cinguettio degli uccelli; e gli odori: delle cerase e della salsedine che il vento portava dal mare. Tutte cose a lei sconosciute. "Ho perso i migliori anni della mia vita a correre dietro alle illusioni di un mondo vuoto." Sospiro’ guardando Gianni, che giocava con il suo filo d’erba. "Abbattere quel mondo significa abbattere se stessi. Sarei un po’ piu’ indulgente con me stesso." Replico’ con un’insolita aria da filosofo l’ex-collega."Voglio dimenticare per sempre quel mondo che mi ha portato sull’orlo del baratro".Concluse Irene strappando dal terreno una piccola margherita."Un mondo dove conta soltanto il denaro, la bellezza, il successo e’ un mondo molto fragile: tutti sono in gara contro se stessi e contro gli altri, in una perenne rincorsa dietro qualcosa che non si riesce a raggiungere. E quando il successo finisce vieni buttato via come una vecchia ciabatta…" Affermo’ scuotendo la sua testa Gianni mentre gettava via con stizza il suo filo d’erba."Me ne accorgo solo oggi dopo quello che ho passato." Irene nel dire cosi’ si avvicino’ al suo uomo e lo travolse con un bacio irruento. Gianni bacio’ quella bocca sensuale ed il suo desiderio si accese come un fiammifero.Il contatto con il pube di Irene e con il suo morbido seno scateno’ la sua libidine. Si lascio’ penetrare dalla sua lingua e la rincorse in un gioco senza fine. Mise le sue mani sul culo sodo della ragazza e lo palpeggio’ a lungo forzandolo contro il suo pene diventato duro come il marmo. Ma i jeans impacciavano i loro movimenti. Gianni si libero’ di Irene mettendola con le spalle a terra. Con molta delicatezza le tolse gli stivaletti. Con il cuore in tumulto, raggiunse la zip dei pantaloni di Irene e la abbasso’ con cautela, temendo di farle male. Sbottono’ l’unico bottone che c’era e provo’ a toglierle i calzoni. Ma non ci riusci’ perché erano troppo stretti. Irene se li sfilo’ da sola ondeggiando i fianchi maliziosamente. Gianni tolse stivali e calzoni in fretta. Quand’ebbe finito guardo’ Irene ed il suo tanga bianco che non riusciva a nascondere la folta peluria del pube. I peli che spuntavano da entrambi i lati e il monte di Venere ben tornito erano uno spettacolo invitante. Le mutandine aderenti accentuavano la fenditura che le piccole labbra formavano. Mise una mano tra le sue gambe, indugiando sulla morbida carne e spinse con le dita delicatamente la stoffa nella vagina. Le dita affondarono nell’intimita’ strappando un grido di piacere alla donna, che aveva gia’ il respiro affannoso. Prima di continuare nel suo gioco, Gianni le tolse la maglietta, poi il reggiseno. I seni turgidi di Irene mostrarono due capezzoli duri e di colore chiaro.Succhio’ i suoi seni avidamente, ma il vero oggetto del suo desiderio era sotto la bianca stoffa. Con mano leggera scivolo’ dal ventre di lei e raggiunse il pube peloso.Insinuandosi nella vagina con un dito, senti’ che era completamente bagnata. Irene ebbe un fremito. Gianni guardo’ le splendide fattezze del suo corpo: mai in vita sua ne aveva visto uno piu’ bello. Il pene ora pulsava ansioso di fare conoscenza con la rosea intimita’ della donna. Dopo aver tolto il minuscolo slip, lei aspetto’ con trepidazione che Gianni la penetrasse per liberare il piacere che ruggiva nel suo ventre come una belva in gabbia. L’uomo prolungo’ quei momenti di dolce attesa, arrivando con la lingua sulla sua vulva.Allargo’ le piccole labbra per guardarla nella sua intimita’ piu’ profonda, curioso come un bimbo che scopre un gioco magico: era bellissima, come la piu’ bella delle orchidee. Succhio’ i suoi umori asprigni mentre Irene si contorceva dal piacere ed allargava le gambe per facilitare Gianni nei suoi movimenti. Questi sempre piu’ eccitato, leccava con foga la clitoride, aumentando il piacere di lei con due dita nella vagina. Di tanto in tanto si soffermava a guardarla. Doveva convincersi che non era tutto un sogno. Irene era li’ con il sesso aperto davanti alla sua bocca e ai suoi occhi. Piu’ volte con il viso scivolo’ su di esso impregnandosi dei suoi umori. Ormai la donna sotto l’incalzare della sua lingua intrigante, che martirizzava il centro del piacere, e di quelle dita che all’interno della vagina la stavano tormentando, era giunta al capolinea del suo piacere. Quando Gianni le strofino’ un po’ piu’ marcatamente la clitoride, Irene raggiunse l’orgasmo. Un terremoto sconvolse il suo corpo agitandola brutalmente. Con un urlo cerco’ di resistere alla violenza selvaggia dell’orgasmo che una mano gigantesca le strappava dalle viscere, regalandole sensazioni mai provate. Gianni guardo’ sorpreso e orgoglioso l’agitarsi di Irene, inebriato dal suo orgasmo interminabile. Aspetto’ con pazienza che lei consumasse i suoi momenti di piacere, tenendo in mano il pene duro e grosso che aveva gran voglia di affondare dentro di lei.Al momento giusto raggiunse il suo bersaglio con facilita’. Al contatto del pene, Irene senti’ ritornare quel piacere che solo da un attimo l’aveva abbandonata. Gianni la sbatte’ a lungo, finche’ non cedette di schianto al piacere violento che lo sommerse.. Irene si avvinghio’ alla sua schiena in preda all’orgasmo: graffio’ e morse la spalla del suo uomo, per meglio resistere al piacere dilagante.Dubai – Sabato 13 marzo ore 15.01Proprio in quel preciso istante, a Dubai, la testa di Mario, il servitore del principe Yusuf, rotolava in una cesta, tagliata da una pesante ed affilata scimitarra, secondo le severe leggi islamiche. Riconosciuto colpevole dei due capi d’accusa imputatigli, in modo cruento venne posta fine alla sua giovane vita in un’assolata e anonima piazzetta di Dubai. La famiglia reale sapeva che con la testa del filippino volava via anche la possibilita’ che un giorno questi, cui il Yusuf aveva falsamente giurato fino all’ultimo di salvargli la vita in cambio del suo silenzio, avrebbe potuto rivelare a qualcuno il patto scellerato fatto con il principe. Il ruolo di Yusuf fu ridotto, con decisione unanime dello zio e di tutti i dignitari della corte, ad incarichi meramente rappresentativi. Ora il principe viveva sotto la vigile custodia di quattro fedeli servitori dello zio Abdul, che con discrezione ne controllavano ogni mossa. Nella solitudine della sua stanza Yusuf apprese la notizia della decapitazione di Mario senza provare alcuna emozione particolare. Niente poteva scuoterlo dallo stato di apatia in cui era sprofondato dopo il suo "declassamento". La seconda fase del suo piano diabolico si era conclusa nel modo peggiore. La perfida vendetta consumata nei confronti di Gianni non bastava a riportare in equilibrio il piatto della bilancia dopo il giorno maledetto. Pineta di Castelfusano – Sabato 13 marzo ore 15.02Irene ebbe un improvvisa fitta dolorosa al cuore e uno strano senso di oppressione. Non capi’ perché. Pensava che fosse l’amore che per la prima volta in vita sua era scoppiato come una bomba dirompente nel suo cuore. Lei che aveva sempre guardato gli altri dall’alto in basso, si sentiva ora stregata da un sentimento sconosciuto: per la prima volta non chiedeva niente a nessuno, ma si sentiva invece fiera di dare qualcosa a qualcuno. L’umile Gianni, il piccolo Gianni, era diventato l’uomo piu’ importante della sua vita e sentiva che mai avrebbe potuto farne a meno. Forse lo era sempre stato senza che lei se ne fosse mai accorta, ma nei tempi che furono lui non poteva rappresentare l’uomo cui lei ambiva: ricco, bello e famoso.Adesso aveva grande orgoglio di sé e poteva dare un addio definitivo al suo passato.Duomo di Milano Lunedi’ 15 marzo ore 17.00Gianni nel pomeriggio di lunedi’ arrivo’ con molto anticipo all’appuntamento che aveva con Irene in Piazza del Duomo. Ripensando alle ultime, amare traversie, stentava a credere che la sua storia avesse trovato quell’inaspettata conclusione e che lui e la donna tanto desiderata avrebbero potuto iniziare insieme una nuova vita. Seduto sugli scalini di fronte al Duomo, Gianni estrasse dal suo portafoglio una foto di Irene. La guardo’ e scosse il capo incredulo. Nel vedere un aereo volare lontano nel cielo, sorrise.
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