Avevo poco più di trent’anni, per la precisione ne avevo da poco compiuti trentuno, un paio di mesi prima, e avevo deciso di cambiare la mia vita, come poi in effetti avvenne. Mi ero dimesso dall’azienda dove lavoravo da anni ed avevo deciso di intraprendere una nuova attività. Non che centri qualcosa con quel che successe, ma è solo per spiegare il motivo di quel viaggio: il titolare dell’azienda, per cercare di farmi recedere dalla mia decisione mi aveva inserito nella lista dei visitatori alla Fiera di negli USA, premio ambito da tutti, anche perché all’epoca era una grande miniera di informazioni e poterle ottenere di prima mano era un privilegio. Partenza all’alba per Malpensa, arrivammo con largo anticipo e decidemmo di prenderci un caffè. Entriamo nel bar dell’aeroporto, già stanchi per la levataccia, e mentre sorseggiamo il caffè, entra nel bar una donna sola, un fisico ed una espressione veramente interessanti, non bella, dall’età indefinibile, poteva avere trenta, quaranta o forse più anni. Noi eravamo in sei, quattro colleghi, il titolare e suo figlio; tra noi quattro uno era di quelli che “purché respiri” e la sua attenzione venne immediatamente attirata sulla nuova entrata. Qualche commento a bassa voce ma niente di più. Poi viene il momento del check-in, l’aereo era un Boeing 747, e visto che il titolare e suo figlio viaggiavano in business, noi colleghi chiediamo quattro posti vicini, nella fila centrale. Non c’è n’erano più, e l’unica possibilità di stare vicini era quella di tre posti in una fila laterale, col quarto a fianco, separato dal corridoio. Optammo per questa disposizione, ed io scelsi il posto separato perché preferisco sempre essere libero di alzarmi, quando voglio, per fare due passi. Soliti preparativi, gli acquisti al duty-free, poi il momento dell’imbarco. Arrivammo ai nostri posti, ci sistemammo con le nostre cose e mentre stavamo pregustando, per modo di dire, l’euforia del volo, arrivò lei, quella del bar, la non bellissima ma estremamente affascinante e, a volte il caso, prese posto all’altra estremità della mia fila centrale, lasciando due posti liberi al centro. Il collega assatanato, seduto al di là del corridoio, fece immediate pressioni per essere presentato ed introdotto, io lo rassicurai garantendo che, non appena decollati, avrei fatto del mio meglio per attaccare discorso, e se avessi avuto un esito favorevole ci saremmo eventualmente scambiati di posto. Così feci ma, con mia grande delusione, non appena provai ad attaccare discorso, nel frattempo eravamo decollati, lei mi disse di essere molto stanca perché aveva viaggiato tutta la notte, si scusava, ma preferiva mettersi subito a dormire e, visto che i due posti centrali non erano occupati, mi chiese se poteva stendersi ad occuparli, perché sarebbe stata più comoda. Anche nelle inevitabili difficoltà della lingua, mi sembrò abbastanza evidente il tentativo di stabilire subito una distanza tra noi che la mettesse al riparo dalla necessità di sviluppare una conversazione. Comunque, visto che non avevo avuto difficoltà ad acconsentire all’occupazione dei posti liberi, lei diede immediatamente seguito ai suoi propositi, e procuratasi un cuscino ed un plaid, si sdraiò e si addormentò, o almeno così pareva, quasi immediatamente. Mi scusai con il collega per l’infelice approccio e visto che avevano iniziato a servire il pranzo, mi concentrai su quello, unitamente a tutti gli altri viaggiatori. Allora era ancora possibile mangiare discretamente su un volo transoceanico, e poteva essere uno dei piaceri di un viaggio negli USA; anche se francamente non ricordo il menù. Poi il digestivo ed una bella sigaretta, visto che all’epoca non era ancora proibito. Un bel paio di orette erano passate ed era arrivato il momento della proiezione del film, ci attrezzammo, le assistenti di volo oscurarono i finestrini, e lo spettacolo cominciò. Non chiedetemi che film proiettavano, di certo ricordo che era una grandissima puttanata e anche per quella, che mi sembrava stanchezza da recuperare, decisi che forse un sonnellino potevo concedermelo anch’io. Come saprete, dormire in aereo non è tanto semplice, e bisognerebbe essere veramente stanchi, ma all’epoca le mie risorse fisiche erano superiori alla media, forse, quindi cominciai a rigirarmi sulla mia poltrona. La penombra data dalla proiezione del film, non consentiva una grande visibilità, ma comunque sufficiente per accorgermi che durante il sonno, la mia vicina di viaggio, si era allungata fino ad essere con la testa, sotto il bracciolo della mia poltrona. Per quelle intuizioni, che a volte accadono nella vita, lasciai cadere il mio braccio sinistro, a sfiorare una massa di capelli rossi; lei diede un vago cenno di risveglio, si mosse un po’, girò la testa verso di me che la osservavo, sorrise e con la massima naturalezza, allungò la sua mano fuori dalla leggera coperta, a prendere la mia di mano, se la portò alle labbra ed iniziò a succhiarmi il dito medio. Beata incoscienza, credo che tutti i vicini di posto si accorsero di quello che successe, ma se fossimo stati su un isola deserta, non ci saremmo comportati diversamente. L’immediato seguito fu che la masturbai dolcemente fino a che, nel momento dell’orgasmo, allungo di nuovo una mano fuori dal plaid, mi prese per i capelli, mi attirò a se e mi baciò, sfiorandomi le labbra. Quindi mi rivolse la parola e sorridendo mi chiese “Come ti chiami?” Scoppiammo entrambi in una risata ma lei, senza aspettare la mia risposta, proseguì chiedendo: “E tu?” Le sussurrai che andava bene così, ma la sua replica non lasciò spazio ad ulteriori discussioni. “Io vado in bagno, seguimi” Non ero ben consapevole di cosa stava succedendo, era successo tutto troppo in fretta, senza alcuna premeditazione, e come un automa la seguii, aspettando un attimo prima di entrare nel bagno che aveva scelto, in coda all’aereo. Era completamente nuda, appoggiata al lavandino, sul quale si sedette, lasciandomi lo spazio per sistemarmi tra le sue gambe. Io ero molto eccitato e pronto, ma al tempo stesso quasi assente, e senza una parola da parte di entrambi, entrai subito dentro di lei; fu una cosa strana, dolce ma anche di puro sesso, senza coinvolgimenti emotivi, io non sono un fenomeno, ma lei venne non so quante volte, perché io non finivo mai, e lei ogni volta con una risatina mi chiedeva “Ancora?”. Poi finalmente anch’io venni e, per la prima volta la baciai davvero. “Io mi chiamo XX e tu?” fu la prima frase che dissi dopo un po’ di tempo, mentre con le necessarie contorsioni, cercavamo di sistemarci prima di uscire dalla nostra scomoda alcova. E aggiunsi “Perché?” Lei mi sorrise di nuovo, con quell’espressione che non dimenticherò mai, e anziché dirmi il suo nome, rispose: “Quando mi hai rivolto la parola, appena decollati, ero veramente molto stanca, ho fatto due settimane di vacanza a Firenze, e ho dovuto viaggiare tutta la notte in treno. Mi sono addormentata subito, e quando con la mano mi hai sfiorato i capelli, ero in uno stato di dormiveglia, rilassata ma anche particolarmente eccitata, forse a causa delle vibrazioni dell’aereo. Ti ho guardato negli occhi, ed ho visto che erano buoni e mi sono detta : Perché no?”. Poi mi disse il suo nome, viveva a New Jork ed era di origini russe e questo spiegava il colore dei capelli. Ovviamente nel frattempo eravamo ritornati ai nostri posti, o meglio alla nostra fila, perché il resto del viaggio, lo facemmo seduti uno a fianco dell’altra, raccontandoci tutto quello che poteva essere raccontato, nel breve tempo che trascorremmo durante il resto del volo. Volle che facessimo una foto insieme, una copia della quale, che lei mi invio in seguito, la conservo gelosamente nel cassetto della scrivania, in ufficio ovviamente. L’aspetto comico della vicenda fu far scattare la foto al collega assatanato che voleva essere introdotto, che riuscì anche ad essere spiritoso: “per fortuna che dovevi introdurmi” disse, “invece ti sei introdotto da solo” concluse. Un altro dei colleghi, quello col quale ero maggiormente amico, commentò in seguito: “Se non l’avessi visto succedere sotto i miei occhi, e tu me lo raccontassi, giurerei che l’hai letto su un libro di Erica Jung” Sono passati tanti anni da allora, ed ancora adesso, tutte le volte che salgo su un aereo, la mia prima reazione è di guardarmi attorno e cercare uno sguardo che mi ricordi quello di lei. Ovviamente non è mai più successo.
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