Non è che stare i spiaggia mi deliziasse, ma non potevo farne a meno. La vacanza prevedeva che ogni giorno, verso le dieci, scendessi con la moglie per iniziare le mie ore di sole e di mare quotidiane. Una mattina come altre mi ero appena disteso sul lettino quando avevo notato i due ragazzi distesi sulle loro tovaglie a non più di tre metri dalla sdraio di mia moglie. L’occhio mi era caduto sui due corpi avvinghiati in un abbraccio un po’ fuori dalla norma per essere su una spiaggia. Si sbaciucchiavano, tornavano a lasciarsi baciare dal sole e di nuovo si lasciavano andare ad una carezza furtiva. Ero calamitato dalle loro effusioni ed avrei voluto rimanere a guardarli per tutto il tempo, ma la paura di essere sorpreso dalla moglie o da uno dei tanti amici che stavano in spiaggia mi aveva spinto a prendere il giornale per distrarmi. Le solite notizie: governo in crisi, il ritiro estivo delle squadre di calcio, i pettegolezzi sui vip. Un’occhiata però potevo anche darla. Di soppiatto avevo alzato gli occhi proprio mentre la mano del ragazzo, scivolando lungo la coscia della compagna, si era soffermata un po’ troppo sulla natica, per poi posarsi sulla sabbia. Incominciavo ad invidiarlo. Erano distesi l’uno accanto all’altro, poggiati l’uno sul fianco destro, l’altra su quello sinistro. Lei indossava un bikini a fantasia non troppo sgambato; il ragazzo un boxer da mare del tipo stravisto. Si stavano baciando di nuovo, riuscendo a tenere a freno la loro voglia di stringersi proprio a stento. “Mi passi la borsa?” La voce di mia moglie mi aveva richiamato alla realtà. “Si, cara.” Le avevo allungato la sacca da mare e, più per allontanarmi che per altro, le avevo preannunciato la voglia di farmi un tuffo. Era passato vicino alla coppia, sbirciando il corpo della ragazza. Brunetta, capelli alle spalle, lisci, pelle resa bronzea dall’abbronzatura. Li avevo sentiti scherzare mentre raggiungevo il bagnasciuga. La nuotata e l’incontro con due amici di sempre me li aveva tolti dalla testa ed ero tornato al mio lettino appagato e rinfrescato, ma appena disteso me li ero ritrovati proprio dinanzi la visuale. La ragazza distesa sulla schiena, le braccia mollemente sulla sabbia, con il compagno alla sua sinistra, a pancia sotto, sulla sabbia. Quel che mi colpiva era che un braccio della giovane stava imprigionato sotto il corpo del ragazzo e, per quel che potevo immaginare, la mano doveva trovarsi proprio all’altezza dell’inguine. Impossibile da credere, ma dalle risatine della ragazza e dai leggeri movimenti del fidanzatino l’idea, benché folle, mi sembrava quella giusta. Com’era possibile che me ne stessi accorgendo solo io? Non riuscivo più a staccare gli occhi da quei due e, quando la giovane si era staccata improvvisamente, liberando il proprio braccio, scattando in piedi e correndo verso il mare, avevo avuto conferma di quel che era accaduto sino a quel momento, fissando il gonfiore che sporgeva da sotto i boxer del giovane, costringendolo a sdraiarsi nuovamente a pancia sotto. Credevo che tutto finisse lì, ma dopo appena due minuti, sgonfiatasi l’eccitazione il ragazzo si era alzato. La curiosità era troppo forte. Lo avevo seguito con lo sguardo recarsi nella zona riservata alle attrezzature da spiaggia e farsi assegnare una canoa doppia. Poco dopo, la ragazza, lo aveva raggiunto ed erano usciti, puntando al largo. Li avevo seguiti con lo sguardo, finché non avevano superato un promontorio a circa trecento metri, alla destra della spiaggia. Cinque, dieci, quindici minuti. L’occhio mi correva dall’orologio al promontorio. Alla fine non avevo resistito e, a mia volta, ero finito a bordo di una canoa. Avevo superato il promontorio e, di fronte, avevo solo mare aperto e un grosso veliero all’orizzonte. Dei due e della loro canoa nessuna traccia. Mi ero portato a non più di venti, trenta metri dalla costa, pagaiando parallelo alla scogliera e sbirciando in ogni piccola insenatura, iniziando le ricerche. Dove potevano essersi fermati? Lì la costa era particolarmente inospitale e irraggiungibile dalla terra ferma; per lo più si trattava di boscaglia che lambiva il mare, interrotta, raramente, da piccoli tratti dove le pietre avevano avuto il sopravvento sulle piante. Eccola! Da una di queste ridottissime insenature faceva capolino metà della canoa verde, tirata a secco. Avrei dovuto tirare diritto. Invece, senza pensare a quella che poteva essere la reazione del giovane, avevo pagaiato verso il natante. Li avevo avvistati solo quando ero in prossimità della riva, troppo impegnati perché potessero accorgersi di me. Erano avvinghiati come due serpenti. Le braccia del ragazzo stringevano le natiche della compagna mentre il suo viso era immerso in mezzo alle sue gambe. Lei, dal suo lato, stava prodigandosi in un bocchino ritmato, aiutandosi con le mani, strette tra la base del pene e le palle. Non più di cinque metri d’acqua mi dividevano da quei due. Gli ero proprio dinanzi ma loro continuavano a scambiarsi piacere. Che scena! Il membro mi si era indurito all’istante e trovavo conforto nell’acqua entrata nella canoa. Lei era stata scossa dall’orgasmo. Ne ero certo! Il giovane era però rimasto con la faccia rivolta sulla sua gnocca mentre i movimenti della bocca sul pene erano diventati frenetici. Ecco che veniva anche lui. Sembrava che la ragazza dovesse inghiottire tutto il nettare fin li ricevuto in bocca, invece, infine, si era staccata dal bastone di carne sputando tutto sulle pietre. A quel punto mi ero svegliato dall’incantesimo e prima che si girassero verso di me avevo iniziato ad allontanarmi il più possibile da loro, consapevole che mi avrebbero visto in ogni caso. Quindici minuti dopo prendevo posto sul mio lettino. “Com’è andata la passeggiata in canoa?” “Bene, amore. Non ho forzato molto, ma mi ritengo soddisfatto.” Dopo la spiaggia, c’era stato il solito rituale del ritorno in camera, della doccia e, dopo, della capatina al bar. Veramente, la routine aveva subito una variazione quando mi ero fatto aprire dalla moglie la porta del bagno mentre lei era impegnata sotto la doccia e le ero saltato addosso convincendola a farmelo succhiare. “Amore ma non siamo soli” “Ma guarda che reazione che mi fai. Mica posso tornare di lì con questo così dritto!” Lei mi aveva sorriso e, orgogliosa di farmi ancora un effetto simile, me lo aveva preso in bocca facendomi sfogare tra le sue guance. “Ancora piccola. Lo vedi che mi è rimasto eretto.” Le parlavo e, approfittando che fosse inginocchiata, lo avevo fatto sparire tra le mammelle, lasciando che al resto provvedesse lei. Lo schizzo che era seguito qualche minuto dopo di piacevoli massaggi in mezzo a quei due globi di carne era stato soddisfacente per tutti e due.
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