Li avevo visti venirmi incontro mentre uscivo dal bar del villaggio. Erano passate da poco le dieci e, come ogni sera, ero sceso in piazza insieme alla moglie per godermi un po’ di fresco e di musica. “Scusami cara.” “Che c’è?” “Vedi quei due?” glieli avevo indicati, sorridendo. “vogliono coinvolgermi per una partita. Vado da loro. Tu, aspettami. Ti spiace?” “Ma no, caro. Vedrò di ballare un po’, aspettando.” Avevo allungato il passo, sperando che quei due non scatenassero un putiferio. Uno mi era sconosciuto, ma l’altro era senza alcun dubbio il ragazzo che se l’era fatto succhiare dalla fidanzatina pensando che nessuno li stesse guardando. A quanto pare, mi aveva sgamato. Li avevo a meno di un metro. Tanto valeva affrontare subito la questione. “Credo che sia meglio spostarci in un angolo un po’ più tranquillo. Avete nulla in contrario?” “Grandissimo porc..!!!” “Non occorre alzare la voce. Possiamo chiarire ogni cosa.” Fremevo, nella speranza che a nessuno dei due venisse voglia di alzarmi le mani addosso. Non che potessero farmi chissà che male, ma che figura di merda avrei fatto con mia moglie? La fortuna era stata dalla mia parte. Pur continuando a riempirmi di schifezze, i due si erano incamminati verso un angolo della piazza, decisamente isolato. Tutti preferivano stare seduti nei tavolini del bar, o sugli scalini, oppure, come mia moglie, si lasciavano andare ai balli di gruppo che imperversavano. “Allora!? Che cazzo hai da dire a tua difesa. Stronzo di un mommo!!” “Ehi! Vacci piano con le parole. Ma ti pare che sono un pervertito!” Tanto valeva contrattaccare. Li avevo storditi. Bene! “Io ero in giro con la canoa. Che cazzo ne potevo sapere chi c’era in quell’insenatura. E’ l’unica dove potersi fermare quando si è stanchi. In questo sarete d’accordo.” “ma che cazzo dici. E poi, visto che c’eravamo noi, te ne dovevi andare.” Non avevo risposto subito. Poi, “Hai ragione. Avrei dovuto andarmene, ed è quello che ho sempre pensato vada fatto in simili circostanze, ma sono rimasto stregato da quello che vedevo. ” “Brutto stronzo! Lo ammetti pure.” Si metteva male. “Ehi! Calmo! Guarda quella signora. Quella che balla.” Li avevo distratti e incuriositi. “Quella col vestito azzurro.” Stavo indicando loro mia moglie. “Allora?! E’ una donna brutta?” In quel momento piroettava su se stessa, seguendo le note del solito polpettone estivo, lasciando che tutte le sue curve facessero capolino da sotto il tessuto leggero che la ricopriva. “Che cazzo c’entra quella lì?” “E’ mia moglie. Allora! Non mi hai risposto. E’ brutta?” “No! Ma che cazzo c’entra col fatto che ha un marito porco?” “Falla finita, che mi stai facendo incazzare, ragazzino. Mi hai dato del pervertito. Ora ti dimostro che chiunque può rimanere incantato da certe scene. La vedi quella donna? … La vedi? Rispondimi!” “Si! Ma si calmi.” Finalmente, avevo in pugno la situazione. Almeno, credevo che fosse così. Invece, stavo sparlando. “Bene! Sono convinto che se tu la vedessi fare sesso, anzi se voi due la vedeste, rimarreste tutto il tempo col cazzo duro senza perdere un solo attimo.” “Ma lei è pazzo!” “Che vi costa? Mi avete dato del maniaco. Provatelo. Se non sarà come dico io, ve ne andrete subito.” Benché dubbiosi, alla fine, avevano capitolato, accettando di raggiungere la spiaggia per nascondersi dentro al capannone dove, ogni sera, i bagnini ricoveravano le sdraio e gli ombrelloni. “Io porterò mia moglie proprio lì dietro. Vediamo se non avrete voglia di masturbarvi.” Li avevo visti incamminarsi e, poco dopo, avevo raggiunto la moglie, ancora alle prese con la musica, unendomi a lei nei balli. “Cara, non mi va più di ballare. Facciamo due passi?” Lei non aveva trovato nulla di strano che ci spostassimo verso la spiaggia. Non era la prima volta che accadeva. Certo, non poteva immaginare quale disegno avessi nella mia mente. Giunti in riva al mare, eravamo rimasti contemplare le onde in silenzio, poi mi ero girato verso di lei, abbracciandola e baciandola. Alla fine si era staccata da me. “ma cos’hai, oggi?” “Non lo so. Vieni.” Le avevo preso la mano tra le mie, spingendola, lentamente, verso il retro del capannone dove, ero certo, si trovavano i due ragazzi. L’occhio mi era caduto su un lampione che sembrava messo lì apposta. Prima che mia moglie potesse protestare, mi ero fermato abbracciandola nuovamente e baciandola con passione. Le mani erano scese lungo il suo corpo per risalire immediatamente, portando con loro i lembi del vestito. A quel punto i due potevano ammirare le natiche di mia moglie appena coperte dal perizoma. Con una mano continuavo a tenere alzato il vestito, mentre l’altra era salita per abbassare una bretella. Una mammella aveva fatto la sua apparizione ed io, prontamente, mi ero staccato dalle labbra per baciarne il capezzolo. “Ma sei pazzo?Ci possono vedere!” Era una protesta a cui non credeva nemmeno lei, già presa dalla novità. “Ma chi vuoi che ci sia qui. Guarda invece chi c’è.” Per un attimo avevo abbandonato il suo vestito, abbassandomi in qualche modo la cerniera dei pantaloni. “Sei uno stronzo.” Ma lo diceva, sorridendomi mentre si inginocchiava. Ecco fatto! Quei due deficienti dovevano essere già cotti a puntino nel guardarla mentre si prodigava a succhiarmelo. Ma volevo che ci sentissero pure. “Mettiti alla pecorina che voglio prenderti così.” Non era il solito modo di parlare, ma non si era sentita offesa; anzi! Si era staccata dal mio bastone di carne, prendendo posizione. Mi ero chinato per spostarle il filo interdentale che le passava al centro delle natiche e, un attimo dopo, penetravo dentro la sua gnocca. Stantuffavo e guardavo di lato verso il capannone. Forse non la prendevo con tanto vigore da anni e i mugolii la dicevano lunga. “Ti piace come ti scopo?” “…. Piano …piano……siiiiiiiiiiiiiiiiiiii” Era una bella scopata, sicuramente. L’idea che qualcuno ci stesse guardando non mi sfiorava minimante. Ero tutto preso dal fatto che mia moglie, solo lei, fosse al centro delle attenzioni di quei due e la cosa me lo faceva sentire più duro del solito. Avevo voglia di sbalordirli senza pensare che, così facendo, stavo strabiliando pure lei. “Che fai? Perché sei uscito? Ahi!” L’avevo delusa solo per un attimo, sfilandomi l’asta per puntarla subito verso l’ano. Lo facevamo spesso, non era una novità. Ma volete mettere incularla davanti a quei ragazzi? “Volevo sentire il tuo culetto. Ti spiace?” “No… Ma che hai bevuto? Sembri assatanato.” Uno, due, tre colpi violenti; poi un ritmo un po’ più blando; di nuovo sino in fondo con forza. Ero stanco di quella posizione: senza uscire mi ero buttato indietro, cadendo di spalle sulla sabbia, portandomi mia moglie di sopra; toccava a lei trovare il giusto ritmo. Si era messa a cavalcioni, alzandosi e scendendo quel tanto che bastava perché il mio cazzo non arrivasse ad uscire dal suo foro posteriore. Intanto, le mie mani erano scese a giocare con la sua fica, regalandole brividi di piacere. Avevo proseguito in questo modo sino a quando non l’avevo portata ad urlare il suo orgasmo. Ora, era il mio turno, ma ero indeciso su cosa fare. Potevo venirmene dentro di lei, ma avrei fatto perdere ai due ragazzi la scena finale. Così, mentre mia moglie continuava ad altalenarsi sul mio bacino, l’avevo spinta docilmente in avanti sino a quando ero potuto sfilarle da sotto. Girale intorno e portarmi all’altezza del suo viso era stata questione di un attimo, stando sempre attento a non impallare la visibilità dei giovani nascosti dentro al capanno. Lei, però, era rimasta ferma col mio palo a due centimetri dalle sue labbra. “Adesso, cos’altro vorresti fare?” Una mano sul cazzo, smanettandomi leggermente. “Ti ricordi quando eravamo fidanzati?” Le avevo risposto. “Se mi sporchi il vestito, ti ammazzo”. Ma non si era spostata di un centimetro. “Lascia perdere, faccio io.” e la sua mano si era sostituita alla mia. Gli schizzi erano arrivati subito e lei, sapientemente, li aveva indirizzati tutti tra la sua bocca, spalancata, e le sue guance. Poi mi aveva ripulito con la lingua, regalandomi un ultimo succhiotto. Pensava che sarebbe finito tutto in quel modo e, per la verità, lo pensavo anch’io. Solo che, mentre la guardavo sistemarsi, mi era diventato nuovamente duro. Avevo preso la palla al balzo per giocare come due ragazzini alle prime armi, strusciandole il mio palo sulle cosce. “Ora basta! Finirai con lo sporcarmi tutta.” “Ma dai! Non vorrai farmi tornare in piazza con questo coso in mezzo alle gambe?” “Uffa!” Ma l’arrabbiatura le era durata giusto il tempo di sentirselo di nuovo dentro. Di sua iniziativa, rimanendo in piedi, aveva appoggiato le mani alla parete del capanno, curvando il bacino indietro. Le avevo sfilato il vestito, lasciandola col solo perizoma. – “Non vorrei sporcarlo” – per poi infilzarla subito. Era stata una galoppata frenetica con lei che mi aveva preceduto nuovamente nell’orgasmo. Erano trascorsi dieci minuti da quando eravamo tornati in piazza, quando avevo visto i due ragazzi, ancora paonazzi. “Scusa cara. Torno subito.” Li avevo raggiunti. “Allora? Sarei io il porco?”
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