Il mio primo amore era molto prepotente e io molto, troppo, sottomesso.Ci eravamo conosciuti quando lui era già all’università e io stavo per finire le scuole superiori.A quell’epoca ero assolutamente ingenuo: avevo avuto qualche esperienza di toccamento, ma davvero quasi nulla.Lui mi prese in trappola con perizia sottile; eravamo boy scout insieme e, ogni tanto, quando finivamo in tenda assieme, buttava lì qualche battuta un po’ spinta o mi si avvicinava, come per scherzare . Io non capivo bene, ma mi sentivo stranamente attratto da quell’amico decisamente più spigliato di me.La prima volta fu proprio a un campeggio: ci eravamo persi nel bosco (ma poi mi venne il dubbio che non fosse del tutto un caso, tale fu la facilità con cui ci “ritrovammo”…), veniva la sera e stava per scadere il tempo che avevamo a disposizione per individuare i vari obbiettivi richiesti. Ci fermammo un attimo in un cespuglio per far pipì (lui deciso, io curioso) e ci si cominciò a confrontare i rispettivi “cosi”. Poi si sa come vanno queste cose: prima ci si guarda, poi ci si sfiora un attimo, poi di più… insomma, nel giro di pochi minuti avevo in mano il suo pisello e facevo la prima sega della mia vita. Non ricordo molto più, se non che questa prima volta divenne rapidamente la prima di una serie di volte! Già alla fine della settimana il mio culetto aveva subito il primo di una serie di assalti, a volte respinti, a volte no. Se capitavamo in tenda da soli mi si avvicinava, apriva il mio sacco a pelo, mi tirava giù il pigiama… e armeggiava con i suo coso finché io sentivo un calore umido tra le chiappe.Ma fin da quelle volte si delineava un rapporto squilibrato: lui era un dominatore, io un dominato. E me ne accorgevo anche: faceva sentire la sua volontà nei modi che poteva, a letto e non solo. Non ricordo più la quantità di bidoni ricevuti, di appuntamenti rimandati all’ultimo secondo o neppure disdetti: a quell’epoca non esistevano cellulari, se andavi fuori per trovarti con qualcuno e quello non si faceva vivo lo aspettavi, magari per mezz’ore intere… E anche a letto si capiva chi comandava: spesso mi sentivo una specie di cavia per le sue curiosità, che portassero piacere reciproco o meno.Eppure io ero disponibile a provare cose nuove: sono sempre stato abbastanza avventuroso – una volta arrivai fino a farmi fare un clistere perché lui me l’aveva chiesto… Il fatto era che a lui interessava solo fare quel che voleva, che mi piacesse tanto o poco non importava.Appena ero riuscito ad apprezzare il 69 lui voleva solo farsi succhiare; appena mi ero appassionato all’arte del fellazio con l’ingoio, lui pretendeva di scoparmi senza alcun lubrificante. Quando si mise con una ragazza cominciò a fare dei paragoni – dai quali uscivo sempre perdente. A parte che io non avevo la passera, per cui non poteva certo pretendere di scoparmi come faceva con lei… ma anche il resto: lei lo toccava meglio, lei lo baciava meglio, lei, lei, lei…Un giorno eravamo a casa sua; non sapevamo bene cosa fare: eravamo nudi e ci stavamo toccando, ma appena appena, senza fantasia, senza ancora un erezione vera e propria.Suonò il telefono. E la sua ragazza. Lo capii ancora prima che parlasse, dal tono della sua voce quando rispose.Era diventato improvvisamente un agnellino, tutto smancerie e sbaciucchiamenti.Mi domandavo cosa ci stavo facendo lì io, era chiaro che ero solo la sua palestra per collaudare quelle cose che lei gli avrebbe fatto provare, dopo, molto meglio di me.Nella mia mente si facevano strada due pensieri: vendicarmi e lasciarlo, lasciarlo e vendicarmi.Ma se lasciarlo era facile – bastava uscire dalla porta di casa sua – vendicarsi era più difficile. Come? Cosa fare? Sono sempre stato un uomo mite (quindi niente violenza!) e poi non avevo ancora la malizia di fargli qualche scherzo diabolico, tipo pisciare nei fiori di sua madre…Ma fu la situazione stessa a darmi l’idea di come vendicarmi.Era mollemente gettato su una poltrona, che cinguettava con lei e, distrattamente, si toccava il pisello – eravamo nudi, lo ripeto. Sentivo la vocina di lei – odiosa! – che squittiva dall’altra parte della linea, parlando di non so più quale ritrovo serale.Improvvisamente l’idea del confronto mi ferì come un coltello: adesso sarai tu a dover fare un confronto, pensai.Mi avvicinai con fare indifferente al lui e, come per prendere qualcosa da terra, mi chinai.Lui parlava, tubava, non badava a me.Certo, magari dopo si sarebbe degnato di scoparmi, ma solo come surrogato di lei…Di colpo presi il suo pisello tra le labbra.Era molliccio, gli tirai giù la pelle della punta senza fatica.Sentii su di me i suoi occhi puntati : mi dicevano “cosa fai, cretino!?!”Succhiavo con tutta la calma e la dolcezza di cui ero capace: colpi leggeri, leccate misurate e lunghe, dalla base alla punta, dalla punta alla base, davanti, di dietro, fino all’ombelico…In poco tempo il suo pisello stava assumendo la forza e la consistenza che il suo proprietario non desiderava affatto in quel momento preciso.Me ne accorgevo, perché la conversazione cominciava a languire: lui parlava a frasi sempre più smozzicare e incoerenti; lei alzava il tono della sua voce, a riempire i vuoti che lasciava lui, a domandarsi perché mai stava cambiando di tono.Lui fece per darmi quasi uno schiaffo, perché la smettessi… ma io intuii e cominciai a pompare deciso.La sua mano non era ancora partita che già diventava una carezza sulla nuca, uno metronomo manuale.La voce di lui era strozzata, la voce di lei sembrava quella di Paperino nei cartoni animati. Il suo coso riempiva maestosamente la mia bocca: salivo e scendevo a mio piacimento, lo facevo affondare in gola, lo leccavo da tutte le parti, come un cono gelato, come uno strumento di affascinante piacere.D’improvviso ritrassi la bocca, tanto per dargli l’illusione che lo scherzo fosse finito: lo sentii tirare un sospiro si sollevo, ma senza pietà cominciai a leccargli il sedere. Fu un attimo: la lingua proprio dentro il buco, per bagnarlo bene, poi, senza lasciargli il tempo di reagire, un mio dito era là, dentro all’orifizio e il suo pene era di nuovo al sicuro, tra le mie amorevoli labbra.Fu la capitolazione: non riusciva più a parlare, mentre i decibel della sua ragazza traforavano cornetta e timpani. Sentivo distintamente che Paperino starnazzava: “ma cosa fai mentre ti parlo…”Lo spruzzo arrivò, non certo inatteso, ma particolarmente benvenuto: senza contorcimenti vari, senza numeri dell’ultimo secondo, venne: come piaceva a me, allagandomi la bocca e la gola. Riempiendomi tutto, con abbondanza, con generosità: il suo corpo mi dava quel che il suo cuore mi negava…Lui rantolava e lei non la smetteva di parlare, di chiedere, forse di immaginare che fosse successo qualcosa di strano.Fu solo allora che mi alzai, mi vestii e, mentre lui stava tentando ancora di ricomposi per inventare una qualche balla per lei, io, prima di uscire per sempre dalla porta gli dissi “vaffanculo!”.
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