Nel precedente episodio ho detto che io ho scoperto nel peggiore dei modi di non essere quell’amante insuperabile che credevo; vi racconterò adesso com’è andata.Dopo quel pomeriggio che ho descritto io e Gerry abbiamo avuto una vita sessuale abbastanza normale; niente di trascendentale, soprattutto per me, se raffrontato agli sfizi che mi ero tolti colle belle figlie dei vip della città. Con Gerry, anche se c’era molto affiatamento e molto trasporto, e i rapporti si concludevano sempre con mutua soddisfazione, mancava quel pizzico di fantasia, di trasgressione oserei dire, che secondo me è necessario per evitare appannamenti e momenti di stanchezza. Si aggiunga che, come ho già detto, la guarigione di Gerry era un dato tutt’altro che acquisito, e che spesso si ripresentavano momenti di crisi in cui il sesso tornava ad essere uno dei tanti piaceri negati. La nostra vita sessuale procedeva perciò a singhiozzo, ed anche nei momenti di maggior serenità non me la sentivo di forzare la mano per portare Gerry oltre la soglia rassicurante di rapporti, appaganti e appassionati, non si discute, ma tutto sommato banali e ripetitivi. Lei non voleva saperne di spagnole, pompini, sodomia, e nemmeno di posizioni diverse dalle due sperimentate quel pomeriggio; anche la pecorina mi negava, non perché ritenesse che fosse scomoda o dolorosa, ma semplicemente perché le sembrava sconveniente. La sola variazione introdotta fu resa possibile dal fatto che mi era stata data la possibilità di mettere le mani sulla camera da letto dei miei nonni, composta da mobilio liberty, ornato di fusioni in bronzo, in cui spiccava per le sue dimensioni, in particolare per l’altezza, il letto. Era talmente alto che io, dall’alto dei miei 183 cm, potevo stare tranquillamente in piedi vicino al letto e penetrare Gerry distesa su di esso, senza dover piegare le gambe per giungere all’altezza giusta. In quella posizione potevo scopare a fondo Gerry, con pompate lunghe e potenti, che la mandavano visibilmente in estasi.Avevo provato più volte a chiederle di più, ma solo una volta era arrivata a sfiorare colle labbra il mio glande paonazzo e lucido, ma subito si era ritratta con un’espressione che non esprimeva tanto disgusto, quanto piuttosto uno dei suoi stati d’animo nevrotici, in cui, pur desiderando far qualcosa, vi rinunciava per timore di conseguenze disastrose.Io non mi facevo un cruccio particolare di questa situazione, perché pensavo che col passare del tempo, e col miglioramento delle sue condizioni, avrebbe potuto superare anche questi blocchi, e mi consolavo comunque dicendo che si poteva benissimo vivere anche senza esperienze di sesso estremo.Arriviamo però ora al momento in cui ho dovuto rivedere molte mie convinzioni. Il mese scorso, circa a metà giugno, ero uscito di casa normalmente, come tutti i giorni, per recarmi in studio; ero un po’ preoccupato per Gerry, perché mi sembrava che da qualche settimana stesse covando una ricaduta, tanto che l’avevo pregata di contattare la sua psichiatra, per fare il punto della situazione e valutare l’opportunità di reintrodurre un sostegno farmacologico.Giunto in ufficio mi accorsi che non avevo preso con me alcuni fax che un cliente mi aveva spedito direttamente a casa la sera prima, e provai quindi a telefonare a Gerry per sapere da lei se aveva intenzione di uscire quel giorno, e se quindi poteva passare in ufficio a portarmeli. Il telefono squillò a lungo senza ottenere risposta, ma pensai che forse Gerry in quel momento era occupata e non poteva rispondere, e decisi quindi di fare un secondo tentativo un minuto dopo. Stavolta rispose la segreteria telefonica, ed allora mi ricordai che lei mi aveva detto che da alcuni giorni al mattino riceveva una ragazza per darle lezioni di greco e latino in vista dell’esame di maturità (o esame di stato, come si dice oggi), e che probabilmente aveva inserito la segreteria per non essere disturbata. Capii che era inutile insistere, anche perché Gerry non si sarebbe potuta liberare tanto presto per portarmi quei documenti, e decisi perciò di andare personalmente a casa a prenderli, perché contenevano dati indispensabili per poter completare una domanda di rimborso all’ufficio del registro, che andava presentata tassativamente entro il giorno stesso; il nostro cliente, sapendo che quel giorno sarebbe stato irreperibile, mi aveva trasmesso quel fax la sera prima a casa proprio per essere certo che ricevessi per tempo tutti i dati necessari, non fidandosi di inviare un fax all’ufficio dove non c’era nessuno che potesse confermare la riuscita della trasmissione e la leggibilità delle copie.Spiegata la situazione ad uno dei titolari dello studio, mi feci prestare la bicicletta dal portiere dello stabile; gli spiegai che avevo una certa fretta, ma che preferivo non prendere la macchina per evitare di restare bloccato nel consueto ingorgo che si formava nelle vicinanze di casa mia a causa di uno di quei fantastici cantieroni estivi che allietano la vita dei cittadini. Lui non mosse obiezioni di sorta, anche perché mi conosceva bene da tempo, essendo il padre di un ragazzo che aveva giocato con me a rugby per diversi anni nelle giovanili dell’unica squadra cittadina, e solo mi raccomandò di tornare presto perché lui dopo avrebbe dovuto sbrigare delle commissioni per altri professionisti che avevano il loro studio nell’edificio.Un quarto d’ora dopo, accaldato ed intossicato dagli scappamenti delle auto, ero sotto casa mia, e legata la bici ad un paletto mi accingevo ad entrare nell’androne del palazzo quando notai parcheggiati in strada lì vicino un paio di scooter che mi colpirono, perché mi sembravano familiare, anche se in quel momento non riuscii a ricordare a chi appartenessero. Dovetti salire a piedi fino al quinto piano perché l’ascensore era inspiegabilmente bloccato, e solo mentre salivo lungo le scale dal terzo al quarto piano lo sentii ripartire. Giunto infine sul pianerottolo trovai, con una certa sorpresa, che la porta di casa non era chiusa; noi abbiano una porta senza maniglia all’esterno, come succede a volte negli alberghi, eredità dell’eccentrico inquilino danese che aveva abitato lì fino a due anni prima, e per entrare era sempre necessario utilizzare la chiave. Quel giorno però evidentemente Gerry, nel far accomodare la sua allieva, non si era preoccupata di spingere bene la porta, sicché lo scrocco non era scattato. Potei entrare così senza far rumore, e richiusi la porta alle mie spalle cercando di non farmi sentire, convinto che fosse in corso una lezione in salotto. In effetti la porta del salotto era chiusa, per cui io preferii non disturbare, e mi diressi verso il mio studio per prendere quel che cercavo. Prima di venir via decisi però di andare in bagno a rinfrescarmi, perché l’energica pedalata e la salita a piedi mi avevano fatto sudare copiosamente, complice l’afa di una torrida giornata di inizio estate. Dirigendomi verso il bagno sentii però qualcosa che mi fece gelare il sangue nelle vene, nonostante il caldo dell’ambiente; dalla camera da letto giungevano infatti delle voci, frasi smozzicate e risatine, tra cui erano riconoscibilissime quelle emesse da Gerry. Mentre mi accostavo incuriosito, ma anche col terrore di quello che mi si poteva presentare, sentii distintamente lei che diceva, con tono tra il canzonatorio e il provocante: “No, aspetta, dai, non essere impaziente.” Attraverso lo spiraglio della porta della stanza, rimasta socchiusa, riuscii a sbirciare nella camera, e vidi inginocchiata sul letto, che mi dava le spalle, Gerry, completamente nuda. Intravedevo poi le gambe e le spalle di un uomo che, inginocchiato di fronte a lei, ed egualmente nudo, per quanto riuscivo a vedere, stava inequivocabilmente dedicandosi alle sue tette, quelle tette che io ritenevo mio pascolo esclusivo. Stavo per irrompere come una furia nella stanza, deciso a vomitare in faccia a lei tutto il mio disgusto e la mia rabbia, quando sentii suonare alla porta. Saltai all’indietro per evitare che potessero vedermi e mi infilai in bagno, da dove riuscii a sentire per la prima volta la voce dell’amante della mia ragazza, e fu un’ulteriore cazzotto alla bocca dello stomaco. Il ragazzo che diceva: “Ma non gli avevi detto di non tirarsela dietro la porta, così poteva rientrare senza suonare? È sempre il solito coglionazzo imbranato!” era infatti mio cugino, o meglio uno dei miei due cugini, due gemelli che avevano compiuto diciotto anni giusto la settimana prima. Compresi immediatamente che il coglionazzo in questione era suo fratello, e di colpo mi ricordai dove avevo già visto i due scooter posteggiati in strada, nel giardino della loro villa, il giorno del loro compleanno. Nascosto dietro la porta del bagno vidi Gerry camminare nuda attraverso il corridoio, e dopo alcuni istanti sentii la voce del secondo cugino che diceva: “Perché cazzo mi avete chiuso fuori?”, e di rimando la voce del primo che dalla camera urlava: “E chi ti ha chiuso, sei tu che sei non sei capace nemmeno di accostare una porta. Piuttosto, l’hai presa?” in quel momento Gerry e Andrea (lo riconobbi dai capelli corti, quasi a spazzola, mentre l’altro, Marco, li portava un po’ più lunghi ed ondulati) entrarono nuovamente nel mio campo visivo, ed io a momenti svenni nel vedere che lui camminava dietro a lei, tenendola abbracciata, e facendo correre le sue mani dai seni all’inguine. Vidi anche che Gerry teneva in mano una videocassetta, e capii che era di quello che parlavano quando Andrea rispose: “Mi hai preso per scemo? Sono sceso apposta, certo che l’ho presa, e adesso … ce la guardiamo per bene, no Gerry?”, e nel concludere la frase bloccò la mia (?) ragazza, facendola girare, e la baciò, continuando a palparla, accanendosi in particolare sul culo. Gerry si divincolò e disse: “Misericordia, che impazienza avete stamattina, tutti e due, sembra quasi che non scopiate da un anno, e invece solo ieri vi ho svuotato a dovere i coglioni; e non è che nei giorni prima vi siate risparmiati.”L’ultima parte della frase fu per me un’autentica mazzata, perché da una decina di giorni Gerry era tornata ad accampare le vecchie motivazioni pretestuose per non fare l’amore con me, e per questo io avevo pensato che lei stesse tornando a star male, mentre adesso scoprivo che in quegli stessi giorni scopava a tamburo battente non con uno, ma con ben due amanti, per di più due che erano poco più che ragazzini. A quel punto mi vennero in mente tante altre cose, tutte quelle piccole note stonate che avevo colto nel modo di fare di Gerry nelle ultime settimane, e che avevo attribuito agli smarrimenti di una persona sofferente, e che invece non erano probabilmente altro che manifestazioni di imbarazzo di chi aveva abbracciato una vita gaudente, ma che sapeva di doverlo tenere nascosto.Mi ricordai in particolare di un episodio, avvenuto la settimana prima a casa dei miei zii proprio in occasione del compleanno dei due porci; sui giornali era stata appena pubblicata la notizia di un uomo, un artigiano milanese, che rientrando a casa fuori dai soliti orari aveva sorpreso la moglie nuda sul divano in mezzo a due maschi, di cui nulla si diceva salvo che uno, il più giovane dei due, era scappato saltando dalla finestra, ed era stato fermato, mentre fuggiva mezzo nudo per la strada, da una pattuglia di vigili, ai quali aveva spiegato l’accaduto, aggiungendo che lui quella donna nemmeno la conosceva, ed era stato attirato in quell’appartamento così, sui due piedi, mentre passava di lì per caso. Nel parlare di questo fatto, si scherzava insieme sulla comicità della scena della fuga dell’amante sorpreso, si facevano congetture su chi potesse essere l’altro amante, l’uomo più maturo, di cui non si diceva nulla, si bollava d’infamia la donna, che, vistasi scoperta, aveva avuto un malore ed era allora ricoverata in ospedale in stato di choc; l’attenzione si fermò infine sul marito, e si cominciarono a tirar fuori frasi del tipo “Io al suo posto …”, completate nei modi più vari, con tutta una serie di torture più o meno crudeli da infliggere alla fedifraga e agli amanti. In tutta questa discussione mi aveva colpito però l’atteggiamento dei miei cugini, che sghignazzando sostenevano invece che la donna non era affatto da biasimare, anzi, e che invece la colpa di tutto era senz’altro del marito, che evidentemente non aveva saputo soddisfarla, e giù una sfilza di insulti all’indirizzo del “cornuto”, definito “frocio”, “cazzino”, “pallemosce”, e via dicendo. Gerry era rimasta in disparte, senza mai intervenire nei nostri discorsi, ostentando un disinteresse che non riusciva a nascondere ai miei occhi una punta di fastidio; io avevo attribuito questo suo atteggiamento al fatto che lei aveva sempre dimostrato di non credere molto alle notizie di colore riportate sui giornali, specie a quelle dai risvolti boccacceschi, che bollava come invenzioni pubblicate solo per riempire le pagine in periodi, come quello estivo, di solito privi di notizie più rilevanti. Pensai perciò che trovasse stupido starsene a congetturare sulle fantasie di qualche stupido giornalista, e non diedi molto peso alla cosa. Ora, dopo quello che avevo scoperto, capii che tutti gli insulti e gli sfottò dei miei cugini erano indirizzati a me, e che la reazione di Gerry era dovuta alla gran coda di paglia che doveva avere in quel momento.Mi sentii montare dentro una rabbia indescrivibile; mi girava la testa, e mi sembrava che lo stomaco si stesse attorcigliando su se stesso. Nascosto dietro la porta del bagno, incapace di muovermi, col sangue che pulsava all’impazzata nelle tempie, la vista appannata, serravo i pugni immaginando di irrompere nella camera da letto e di fare una strage; mi riscossi solo nel momento in cui mi resi conto che avevo preso a mormorare frasi sconnesse di minaccia, e sentendomi ebbi paura di poter essere scoperto. Tirai alcuni profondi respiri, cercando di recuperare un po’ di auto controllo, poi, riflettendo con maggior serenità, capii che non mi sarebbe convenuto entrare in quella stanza. Con tutta probabilità i tre maiali, colti di sorpresa, non avrebbero avuto la presenza di spirito per reagire, ma poteva anche darsi che i miei cugini non si facessero mettere troppo in soggezione, e cominciassero a ripetermi, stavolta a viso aperto, quel che pensavano di chi non sapeva soddisfare le voglie della propria donna; non avrei mai potuto sopportare l’umiliazione di essere deriso di fronte alla mia donna, stavolta, a differenza della precedente, sapendo di essere l’oggetto dello scherno dei due ragazzi. In una situazione del genere probabilmente la rabbia sarebbe tornata ad essere incontrollabile, e si sarebbe giunti allo scontro fisico; ora, io ero più che certo di poter battere ognuno di loro, affrontandoli singolarmente, ma se ci fossimo azzuffati tutti assieme avrei corso il rischio di ritrovarmi “cornuto e bastonato”. Presi per un attimo in considerazione l’ipotesi di entrare armato in camera da letto, ma scartato il fucile, perché non volevo colpire per sbaglio Gerry, trovai ridicola l’idea di fare irruzione brandendo la mia sciabola da ufficiale; se si fosse risaputo, magari ad opera di qualche articolo sul giornale locale, sarei diventato lo zimbello di tutta la città per aver compiuto un gesto così melodrammatico.Mentre ero intento a pensare come uscire onorevolmente da quella situazione, dalla camera da letto giunsero rumori inequivocabili. Il cigolio delle vecchie molle del letto, unitamente a frasi smozzicate dei tre, mi fecero capire che di là si era cominciato a fare sul serio. Di colpo la mia mente si snebbiò, e mi accorsi, con mio grande orrore, che desideravo sbirciare, vedere mentre altri si sbattevano la mia donna, facendola godere senza ritegno, come non le era mai capitato con me. Mi tolsi i mocassini, per poter camminare senza far rumore, e lentamente uscii dal bagno e striscia rasente al muro in direzione della camera; la porta era socchiusa, come prima lasciando uno spiraglio di circa sette- otto centimetri; era una cosa di cui mi ero a lungo lamentato, perché in quel vecchio palazzo molte porte avevano telai deformi e cardini storti, e tendevano perciò a muoversi spontaneamente, con strazianti cigolii, fino a fermarsi in posizioni assurde; soprattutto in estate, quando si tenevano aperte porte e finestre per avere un po’ di riscontro d’aria, era una lotta continua con porte che si chiudevano da sé, come quella della camera da letto. In questo caso però benedissi quel difetto, perché mi permetteva di vedere abbastanza agevolmente all’interno della stanza; in particolare vedevo quasi per intero il letto, ad eccezione della spalliera di fondo. Mi avvicinai sapendo di avere scarse probabilità di essere scorto, perché mi trovavo in un corridoio piuttosto buio, anzi decisamente cupo, e anche perché immaginavo che l’attenzione dei tre fosse rivolta a tutt’altro.Finalmente vidi quel che stava succedendo; Andrea, che si era spogliato rapidamente, era disteso sul letto, mentre Gerry, dandogli le spalle, era salita a cavalcioni su di lui e si stava ora impalando sul suo cazzo, con un lento su e giù estremamente sensuale. Andrea sembrava apprezzare moltissimo, perché di tanto in tanto emetteva sospiri smozzicati, accompagnandoli con incitamenti e complimenti vari “Ohh, si, così, sei veramente stupenda, sei favolosa, il mio cazzo non ha mai goduto così tanto, ahh, ancora, ti prego, scopami,”, e nel frattempo accarezzava la schiena e i fianchi di Gerry, afferrandola talora per la vita, per guidarla e darle il ritmo. Nel frattempo Marco stava inginocchiato sul letto a fianco di lei, e la baciava in bocca, sul collo, sui seni, mentre con una mano le stuzzicava il clitoride, e con l’altra per quel che potevo immaginare, si dedicava al culo. Gerry, non restava inerte con le mani, ed alternava carezze a Marco e lenti su e giù sul suo cazzo, staccandosi di tanto per passarsi le dita fra i capelli, quando le penetrazioni di Andrea le strappavano profondi sospiri di godimento, o per massaggiarsi le tette e tormentarsi i capezzoli, prima di offrirli alla bocca avida di mio cugino.Lo spettacolo era per me straordinariamente eccitante, diverso da quel che avevo temuto; non sembrava un’orgia sfrenata, ma era anzi un amplesso quasi casto, tra innamorati, che si consumava in un atmosfera tranquilla e rilassata. L’alone idilliaco fu spazzato via di un tratto quando, in risposta all’ennesimo apprezzamento di Andrea sulle capacità amatorie di Gerry, Marco se ne uscì con una battuta sconvolgente: “Certo che ci sa fare, la nostra Gerry; guardala lì – disse, indicando il televisore – come si dà da fare a prendere cazzi, e con che maestria. Gertrude ***, la nuova Cicciolina.” “Quanto sei scemo, – rispose lei – e sei pure un po’ frocio, se preferisci guardarmi in video quando mi hai qui in carne ed ossa. Tuo fratello sì che le capisce certe cose.”Non sentii il resto del discorso perché le mie orecchie si chiusero, ed un orrendo uccellaccio cominciò a svolazzare nel mio stomaco, dandomi orribili beccate che mi dilaniavano le viscere; la cassetta, il video, aveva Gerry come protagonista. Fui ad un passo dal crollare sul pavimento, mentre la mia mente vedeva scorrere le immagini di sequenze di film porno con Gerry al centro dell’inquadratura; la mia ragazza era stata, o era ancora, una pornostar, ed io non ne sapevo nulla, mentre i miei cugini, e chissà quanti altri come loro in città, avevano addirittura per le mani le sue videocassette. Con orrore pensai che forse spezzoni di quei film erano stati trasmessi in quei programmi notturni che sulle tv locali pubblicizzano catene di pornoshop mostrando parte dei titoli in catalogo, e che quindi un numero potenzialmente illimitato di persone potesse aver visto Gerry all’opera. Per un attimo temetti di essere sul punto di impazzire, poi d’improvviso mi balenò un’idea: la videocamera. Avrei avuto anch’io la mia personale cassetta, e forse, anche se non sapevo ancora come, avrei potuto usarla per vendicarmi. Mi allontanai dalla porta della camera senza quasi sollevare i piedi da terra, un po’ per non far rumore, ed un po’ anche perché le gambe ancora non erano tornate del tutto salde; entrai nel mio studio, e da un cassetto della scrivania estrassi la nuovissima videocamera digitale, comperata venti giorni prima per festeggiare l’annuncio della mia prossima ammissione come socio nello studio. È una di quelle che oltre al mirino oculare hanno anche sul fianco uno schermo a cristalli liquidi orientabile, che permette di inquadrare correttamente il soggetto da riprendere anche in casi in cui sarebbe scomodo, o addirittura impossibile, controllare l’inquadratura attraverso l’oculare. Controllai che le pile fossero cariche, ma notai che stranamente mancava la cassetta, mentre io ero certo che ci fosse quella che nei giorni precedenti avevo usato per le riprese di prova fatte per impratichirmi nell’uso. Ne avevo comunque delle altre nuove, ne inserii una, e feci una breve ripresa di prova per accertarmi che funzionasse. Per evitare di essere scorto applicai un pezzetto di scotch da imballaggi sul led rosso che segnala il funzionamento della videocamera, temendo che la sua luce potesse risaltare nell’oscurità del corridoio.Ritornai di fronte alla camera e, guardando nel monitor, mossi la videocamera, fino a giungere ad inquadrare quel che accadeva sul letto. Gerry stava ancora cavalcando Andrea, ma era ora chinata in avanti, per prendere in bocca l’uccello di Marco che ora stava ritto sulle ginocchia di fronte a lei. La scena continuò così per quasi tre minuti (il timer di ripresa sul monitor mi dava queste informazioni in tempo reale), ma il solo che sembrava godere di quella situazione era Marco. Gerry infatti all’improvviso si staccò dal cazzo di lui e si raddrizzò dicendo “Basta, sto scomoda”, ed anche Andrea, afferratala per i fianchi, cominciò a muoverla su e giù commentando a sua volta: “Anche per me non era un granché, così non riuscivi a muoverti bene”. Non riuscì quasi a finire la frase che lei si sollevò da lui dicendo “Ora basta, egoista, voglio scoparmi un po’ il tuo fratellino”, e subito afferrò Marco per le spalle e lo tirò verso di sé, facendolo al contempo ruotare su se stesso, cosicché venne a trovarsi disteso sul letto a fianco di Andrea. Gerry immediatamente si rigirò a sua volta, scavalcando il corpo di Marco, ed un istante dopo si lasciava calare di peso sul cazzo eretto del ragazzo, sul cui volto comparve un’espressione deliziata. Lei cominciò subito a scoparlo con un ritmo frenetico, e dopo pochi istanti dalla sua bocca cominciarono ad uscire non i flebili sospiri e rantoli che era solita emettere quando scopava con me, ma vere e proprie urla di godimento selvaggio, mentre la testa sbatteva in tutte le direzioni. Quando Gerry si chinò in avanti per baciare Marco seppi che aveva raggiunto l’orgasmo, perché lo stesso faceva con me, anche se a me non diceva nulla, mentre in quel momento dalla sua bocca continuava ad uscire un fiume in piena di espressioni di godimento. Il ragazzo intanto non si era fermato, ma continuava a sollevare ritmicamente il bacino, facendo letteralmente volare Gerry, che continuamente sollecitata, tardava a riprendersi dall’orgasmo. Finalmente sembrò tornare in sé, si sollevò, accarezzò a lungo il torace di Marco, godendo degli stimoli che lui le dava con le sue spinte, poi, mormorato un “Fermo”, non molto forte, ma comunque perentorio, tornò a chinarsi in avanti; stavolta però portò le mani sulle sue natiche e le divaricò oscenamente, scoprendo così alla vista il suo ano, a me sempre negato. Si girò verso Andrea e gli disse solo “Avanti, cosa aspetti?”, e lui non aspettò, ma subito si portò alle sue spalle, le afferrò i fianchi e la sollevò, così da sfilare il cazzo del fratello dalla sua figa madida di umori, e vi affondò il suo, per estrarlo subito dopo ben lubrificato e portarlo in prossimità dello sfintere anale; più volte ripeté l’operazione, ed ogni volta sembrava che potesse farsi strada un po’ di più nell’accesso allo stretto buchino, poi finalmente, con un poderoso colpo di reni, le piantò buona parte del cazzo nel culo, strappandole un sordo “Criiissto, come è grosso. Mi riempi tutta, è fantastico.” Andrea cominciò a muoversi lentamente avanti e indietro, scomparendo ad ogni affondo sempre di più tra le chiappe di Gerry, e quando lei cominciò ad assecondare le spinte con movimenti del suo bacino lui capì che lo sfintere era ormai sufficientemente dilatato da non farle sentire più dolore. Rapido si tirò fuori da lei, la raddrizzò e la fece nuovamente impalare sul cazzo del gemello, poi, dopo averla fatta distendere nuovamente in avanti tornò a cercare di penetrarle il culo; l’operazione stavolta fu difficoltosa, perché il cazzo di Marco infilato nella vagina era di intralcio a quello di Andrea, ma con una serie di progressivi aggiustamenti della posizione la cosa andò in porto. Quando furono tutti e due saldamente piantati in lei stettero fermi per alcuni lunghi istanti per darle modo di rilassarsi e di abituarsi alla dilatazione di tutti i suoi muscoli; Gerry peraltro non sembrava particolarmente sofferente, e si limitava ad emettere dei lunghi “Ohhhh”, passandosi di tanto in tanto una mano tra i capelli, gesto che lei abitualmente compiva, quando scopavamo, quando si soffermava in posizioni che le davano stimoli particolarmente intensi e piacevoli. Terminata la fase di assestamento i due fratelli presero a muoversi, cercando il giusto affiatamento, e presto il ritmo crebbe, dando ai partecipanti, ed in particolare a Gerry, un’eccitazione ed un’ebbrezza che fecero cadere anche gli ultimi freni inibitori. Lei cominciò a gridare ogni sorta di oscenità, del tipo “Siii, spaccatemi, sono una troia, sono la vostra troia, riempitemi tutta, voglio sentirvi arrivare in gola, voglio che mi diate ogni centimetro di quei vostri meravigliosi cazzi, sfondatemi, più forte, voglio morire qui, adesso, piena della vostra sborra …” nell’impossibiltà di muoversi, e soprattutto di dimenare la testa, lei si limitava per sfogare la sua eccitazione, a serrare spasmodicamente tra le dita lembi della federa del cuscino. Anche i due ragazzi non si trattenevano più, e vomitavano ogni sorta di insulti su di lei; in particolare però era Andrea che, mentre affondava con rabbia i suoi colpi nel culo di Gerry, ad un certo punto le disse: “Sei una troia merdosa, e questo è il trattamento che ti meriti; ti piace farti rompere il culo, eh?”, e quando lei rispose affermativamente lui riprese: “Se vuoi che continui mi devi implorare; avanti, dillo che vuoi che ti rompa il culo, perché quel frocio di Stefano non è capace di farti godere.” Gerry subito lo implorò di spaccarle il culo fino a farla sanguinare, ma lui, insoddisfatto, di colpo si arrestò, e dandole una gran pacca sul culo disse: “Non ho sentito bene, troia; dimmi che Stefano è un frocio e che perciò vuoi che sia io a romperti per bene il tuo gran culo da mignotta.” In corridoio mi sentivo morire, e meditavo di fare un balzo nella stanza per abbattere l’odioso cugino con un placcaggio nei reni, ma mi trattenni per la speranza che Gerry non arrivasse a tanto. Invece lei mi fece anche quest’ultimo insulto, e rincarò pure la dose rispetto a quanto richiesto da Andrea: “Si, voglio che mi scopi nel culo perché Stefano è un povero frocio, un inetto che non sa neppure da che parte si comincia a scopare una vera donna, e col misero cazzino che si ritrova può solo sperare di ingannare qualche ragazzina che non ha ancora conosciuto degli uomini come voi.”Ora, l’ultima parte dell’affermazione era sicuramente falsa, perché da quel che avevo potuto vedere il mio cazzo, pur non essendo mostruosamente sviluppato, no era certo più piccolo di quello dei miei cugini, anzi; proprio il sapere che non si trattava di un fatto fisico, di misure, rendeva però più dolorosa l’affermazione di Gerry, che evidentemente era insoddisfatta di me per altri motivi, meno dipendenti dalla natura e più frutto di abilità, fantasia, impegno. La mia incapacità di dare a Gerry il necessario appagamento doveva essere enorme, vista la sua reazione. Non so bene come riuscii, nonostante lo stato di annichilimento in cui ero, a continuare a riprendere la scena finché prima Andrea e poi Gerry e Marco simultaneamente giunsero all’orgasmo; me ne stavo inginocchiato in corridoio come morto, col braccio che reggeva la videocamera che cominciava a dolere, ma non facevo nulla. Mi riscossi da quell’estraniamento solo nel momento in cui mi accorsi che Gerry si era alzata dal letto, e battendo le mani disse: “Su, bambini, in piedi, e di corsa a lavarsi, che poi devo uscire.”
Mi sentii morire, non avevo materialmente la possibilità di allontanarmi lungo il corridoio prima che loro uscissero, né potevo sperare di affrontarli così, colla telecamera in mano, facendo la figura del porco guardone; l’unica possibilità per me era di tornare ad infilarmi nel bagno, e di cercare di nascondermi dietro alle persiane della portafinestra del soggiorno, che avevo smontato la sera prima e portato in bagno per pulirle, prima di ridipingerle. Riuscii a raggiungere il provvidenziale riparo appena in tempo; le persiane stavano in piedi, appoggiate in staffe metalliche che in passato erano state sostegni da officina per le biciclette, e formavano così una specie di paravento nell’angolo della stanza, sotto al boiler, vicino alla vasca. Mi inginocchiai per non urtare con la testa nei tubi dell’acqua, e così facendo mi accorsi che restava uno spiraglio sotto le persiane, apparentemente sufficiente per lasciare affacciare l’obbiettivo della videocamera, che continuava a registrare. Controllando attraverso lo schermo riuscii a posizionare l’apparecchio in modo che, con il grandangolo, offrisse un’ampia visuale di quanto accadeva nel bagno. Ne risultava un’immagine distorta, simile a quelle in voga adesso in servizi televisivi giovanilistici o in videoclip di canzoni; buona parte dell’inquadratura era occupata dal pavimento, colla rigatura delle piastrelle assurdamente curvata, e con gli oggetti, e le persone, ridicolmente distorti, con le parti inferiori enormi e le parti superiori via via più sottili.Vidi così Gerry seduta sul WC, che dopo aver orinato stava ora pulendosi l’interno delle cosce cola carta igienica, presumo per togliere la sborra dei miei cugini che usciva dai suoi due buchi. Era ancora intenta in questa operazione quando arrivò Andrea, che fermatosi in piedi davanti a lei disse: “Perché non mi pulisci tu?”, e fece il gesto di avvicinare il pube al viso di Gerry, che però si ritrasse disgustata, dicendo: “Che schifo, se volevi che te lo succhiassi potevi chiederlo prima di mettermelo nel culo.” “Ha ragione, fratello. -disse Marco, che entrava in quel momento, ogni cosa a suo tempo”. Lei nel frattempo si era alzata e si era spostata sul bidè, dove completò le sue pulizie, mentre i due cugini pisciavano contemporaneamente, in piedi a pochi centimetri da lei. Fu quindi il loro turno di pulirsi, e Gerry decise di dar loro una mano, nel senso letterale del termine; li fece infatti sedere uno alla volta sul bidè, ed insaponò, frizionò e risciacquò abbondantemente i loro uccelli parzialmente mosci, finché non ebbero recuperato una piena erezione. “Non siete proprio mai sazi, eh?” disse, e tornò a sedersi sul water. Non vi fu bisogno di altre parole, e i miei cugini subito si piazzarono ai suoi lati, e lei senza indugi si avventò con le mani e colla bocca su quei due cazzi pulsanti; di tanto in tanto afferrava per i fianchi uno dei due, e facendogli leggermente piegare le gambe si portava il cazzo tra le tette, massaggiandolo con morbidi movimenti. Ben presto il bagno risuonò dei mugolii compiaciuti dei due ragazzi, e dei rumori che facevano i loro cazzi entrando e uscendo dalla bocca di Gerry, che alla fine, menandoli con furia con le mani, li portò in rapida successione all’orgasmo, ottenendo in ricompensa dei suoi sforzi dei copiosi schizzi di sperma, che andarono ad impiastricciarle le guance e i capelli, e colarono poi sul mento, le spalle e i seni. Colla lingua lei ripulì accuratamente le cappelle dei due fratelli, asportandone ogni traccia di sperma, ed infine alzandosi li congedò. “Andate a vestirvi, che io devo farmi una doccia, non posso uscire così.”Rimasi nascosto per un’altra mezz’ora, finché anche Gerry, ripulita e cambiata, non uscì di casa; a quel punto fu il mio turno di lavarmi, perché prima, non so bene in quale istante, per l’eccitazione causata dallo spettacolo a cui assistevo, ero vento anch’io nelle mie mutande. Recuperai i famosi fax e tornai pedalando, svuotato di ogni energia, verso l’ufficio. Giunto di fronte al palazzo fui investito dalla furia del portiere, che mi ricordava il mio impegno a tornare presto; sulle prime fui tentato di colpirlo, per sfogare la mia rabbia, ma all’improvviso un piano per vendicarmi cominciò a prender forma nella mia testa. “Ha ragione, mi scusi, ma ho avuto un gravissimo contrattempo, non volevo assolutamente procurarle dei fastidi, visto che lei è sempre così gentile e disponibile. Del resto mi conosce da tanto, lo sa che di solito sono una persona affidabile, a proposito, suo figlio Luca fa ancora il pendolare da Bruxelles, per quella sua multinazionale, tornando solo una volta al mese, o ha ottenuto di tornare a lavorare negli uffici qui in città? Sa, mi piacerebbe vederlo, uno di questi giorni, se c’è.”
La festa
11 Maggio 2021