Incredibile. Se qualcuno mi avesse predetto come mi avrebbe ridotto una donna, l’avrei preso per pazzo. Mi sarei fatto una grande risata. Chiunque mi conosca lo avrebbe fatto. Io, abituato nella vita pubblica, come in quella privata ad impormi, a prendere le decisioni anche per gli altri. Io che sono una persona conosciuta in città, con un ruolo nella vita pubblica, noto per l’intransigenza delle mie posizioni, con un considerevole seguito tra la cittadinanza. Io che anche nelle relazioni sentimentali ho sempre avuto un ruolo dominante, che a letto ho sempre lentamente introdotto con le ragazze sfumature di sadomaso soft, di dominazione cerebrale. Io sono stato completamente assoggettato da una donna, sono lentamente, ma inesorabilmente scivolato in uno stato di vera e propria schiavitù. Intendiamoci, niente a che vedere con improbabili tutine in pelle e frustini da sex shop, niente a che vedere con “sedute di trattamento ginnico-sadomaso”. Parlo di un rapporto contemporaneamente più sottile ma più totalizzante: sono diventato molto semplicemente una sua “cosa”, un passatempo per i suoi capricci, per le sue “lune” storte. Lei ha i suoi amanti, i suoi ragazzi, più o meno ufficiali, con loro esce la sera, si mostra in pubblico: io invece sono qualcosa di molto di più, e di molto meno. Sono il suo divertimento, la sua valvola di sfogo, il suo schiavo. Scricchiolii Tutto è cominciato con quel modo che sembra casualità, ma é sempre, invece, realizzazione di inconfessati desideri. Inconfessati anche a sé stessi. Anche con Lei infatti avevo un rapporto di sottile dominazione, cui sembrava essersi completamente adattata. A letto le ordinavo quello che volevo, fuori dal letto eravamo una normalissima coppia. Niente di eccessivo: la facevo vestire in modo provocante, spesso senza mutandine, la costringevo a ripulirmi devotamente con la lingua dopo ogni scopata, la facevo stare per ore in ginocchio per lunghissimi pompini, la fotografavo in pose oscene, qualche volta la legavo al letto. Cose insomma piuttosto blande, ma che mi davano una notevole soddisfazione. Mi permettevano di progettare di giorno grandi notti di sesso, nelle quali sapevo di poter fare assolutamente quello che volevo, sicuro che Lei, sorridendo eccitata e con lo sguardo umilmente basso, mi avrebbe volentieri accontentato. Il tempo passava e questo tipo di relazione rimaneva sospesa in un limbo tra l’impossibilità di osare di più e l’incapacità di tornare ad un ménage normale. Il rapporto, come spesso accade in questi casi, andò logorandosi in una routine senza senso dopo pochi mesi. Con la passione sessuale se ne andò anche l’affiatamento di coppia e, non senza rimpianti, ci lasciammo. Ognuno trovò nuovi amori e nuove passioni, più o meno duraturi e soddisfacenti. Ma ci tenemmo in contatto. Una sera in cui ci rivedemmo, complice il buon vino delle nostre terre, ritrovammo istintivamente le antiche passioni e cominciammo a vederci, clandestini, per fugaci amplessi “automobilistici”. I nostri rispettivi partners erano all’oscuro di tutto ed a noi ciò procurava una ritrovata intesa fatta di sotterfugi e piccole bugie senza l’obbligo di vincoli sentimentali. Anche il rapporto di dominazione su di Lei, liberato dai precedenti vincoli sentimentali, si caricò di nuova energia. Iniziai a pretendere di più, a sperimentare nuove prove cui sottoporLa. Le inserivo un tubo, delle dimensioni di un porta-rullino fotografico nell’ano, fissato con una cordicella alla cintura dei pantaloni e la costringevo ad uscire con questo scomodo ed imbarazzante ospite. Il linguaggio ed i gesti divenivano più secchi, netti. Spogliati dell’obbligo di una relazione sentimentale che non c’era più potevamo osare. Fu allora che, non ricordo in che modo, mi venne l’idea di proporLe l’inversione dei ruoli. E’ questo il fatto veramente sorprendente: dopo quasi due anni di convinta, e convincente, sottomissione, Lei si rivelò completamente a suo agio nel nuovo ruolo di dominante. Era come se non avesse mai fatto altro. Era come se fosse stata una padrona per tutta la vita, come se fosse consapevole di essere di una razza superiore. E forse lo è. Inizialmente si trattò di piccole sfumature, di mezze frasi e gesti che mi eccitavano in maniera incredibile. E Lei appariva instancabile ed insuperabile nel suo nuovo ruolo. I nostri fugaci incontri notturni iniziavano ad essere dedicati esclusivamente al sesso perché Lei voleva così. Andavamo con la mia macchina lungo stradine di campagna ed iniziavamo maratone sessuali che finivano quasi all’alba. Lei mi dava ordini secchi, decideva cosa dovevo farLe, come dovevo prenderLa: “Leccami le tette” Mi diceva. “Mettimelo dentro” Mi ordinava, con tono secco. Mi bloccava le mani sopra la testa e mi saliva sopra. Da quando comandava Lei la posizione era sempre la stessa: Lei sopra ed io sotto. Questo nuovo rapporto era per me qualcosa di sensazionale, di vitale. Inevitabilmente cominciai a trascurare la mia, ufficiale, vita sentimentale ed a dipendere in maniera profonda da Lei. Ma contemporaneamente maturavo al precisa sensazione che per Lei non fosse lo stesso. Il mio rapporto con altre donne e con la fidanzata andò concludendosi e mi ritrovai a tuffarmi anima e corpo nel lavoro in attesa di una Sua chiamata. Lei invece continuava la Sua relazione di sempre, mi parlava del suo ragazzo e degli altri suoi amici ed amanti con fredda naturalezza. Ma era nel linguaggio che usava con me e nei suoi comportamenti che iniziava una profonda trasformazione del nostro rapporto che, non lo sapevo allora, mi avrebbe portato all’attuale stato di schiavitù. Iniziò, cosa che nemmeno io avevo fatto con Lei quando ero in posizione dominante, ad usare parole crude, ed umilianti, iniziò ad offendermi, a trattarmi con fredda irritazione. ma continuava a cercarmi a fissarmi appuntamenti. Ed io rimanevo trepidante in attesa, coinvolto sempre più in questo rapporto ed eccitato al solo sentire la sua voce. “Sbrigati, cretino, calati i pantaloni” Mi diceva con aria spazientita, poi senza togliersi la gonna si sfilava le mutandine e, dopo avermi fatto annusare la parte di stoffa a diretto contatto con il Suo sesso “Annusa, ti piace? Hai il cazzo abbastanza duro per i miei gusti, stronzo?” Mi ficcava in bocca le mutandine e mi saliva sopra infilandosi dentro il cazzo con le sue mani. “Così starai zitto, e vedi di farmi divertire!” Mi telefonava per darmi appuntamenti anche solo con pochi minuti di preavviso, ed io trovavo sempre qualche scusa per riandare i miei impegni e correre da Lei. A volte dovevo limitarmi ad usare a lungo la mia lingua o le mie dita, a volte avevo la fortuna di capitare in giornate in cui aveva particolarmente voglia e scopavamo anche tre volte consecutivamente. Non sarebbe corretto dire “scopavamo” perché senza ombra di dubbio, come lei non rinunciava mai a ricordarmi era Lei a scoparmi. Ad usarmi. “Se ti azzardi a “venire” prima di me finisci male.” Mi faceva rimanere in ginocchio a leccarla in mezzo alle gambe mentre Lei seguiva svogliatamente qualche programma televisivo, o mentre telefonava ai Suoi amici per fissare appuntamenti per la serata. Poi, come una sfera in un piano inclinato, cominciammo a prendere velocità. Il rapporto di dominazione divenne sempre più totalizzante, la mia sottomissione sempre più incondizionata. Le sue pretese sempre maggiori ed il mio “addestramento” veniva messo alla prova costantemente. Le piaceva raccontarmi le Sue avventure e le scopate, si dilungava nei particolari mentre io devotamente la stavo leccando tra le gambe: “l’altra sera ho conosciuto un ragazzo eccezionale, ci sono finita a letto dopo due ore.” Non si risparmiava paragoni e giudizi umilianti. “Aveva un cazzo fenomenale gli ho fatto un pompino da urlo, ti piacerebbe un pompino? fammi vedere, hai il cazzo duro? beh te lo puoi scordare, pensa a leccare!” E con piccolo nervoso calcio mi colpiva i testicoli. Non nascondo che io dal nostro rapporto avrei ovviamente voluto di più, avrei voluto essere sì il suo schiavo, ma possibilmente anche l’unico per Lei. Non sapevo in realtà cosa mi aspettava. Un sera dopo l’ennesima travolgente scopata, a casa sua, cercai di parlarLe del mio desiderio di accompagnare la nostra particolarissima intesa sessuale con anche un rapporto più stretto fra noi. Mi ricordo come fosse ora lo sguardo gelido ed ironico al tempo stesso, che mi rivolse. “allora non hai capito nulla, tu per me sei solo un passatempo, con te ci sono già stata insieme, e non ho nessuna intenzione di tornare indietro. Ho le mie storie ed i miei progetti e tu non ne fai parte. Se non come mio divertimento segreto, mi dispiace ma così stanno le cose; è meglio tu lo sappia. E ti adegua.” Forse fu il tono beffardo, forse fu il fatto che appena avendo appena scopato quelle parole non provocarono in me la solita violenta eccitazione. Provai un senso di disgusto e smarrimento e decisi di andarmene senza una parola. Lei mi fermò sulla porta sorridendo dolce, mi diede un bacio sfiorandomi le labbra. “Non odiarmi ti ho detto la verità, non è meglio così?” La baciai a mia volta e me andai. Seguirono giorni di tormento, non riuscivo nemmeno per un attimo a non pensare a Lei e, devo ammetterlo, ogni volta mi eccitavo. La mia vita nelle due settimane successive divenne un inferno, ogni cosa mi sembrava inutile e stupida. Provai anche ad uscire con qualche vecchia amica, ma fu tutto inutile. Una sera, era l’inizio della scorsa estate, per caso mentre aspettavo alcuni amici in un bar del centro, seduto nei tavolini esterni, arrivò Lei con un uomo molto più vecchio, Lei allora non aveva ancora compiuto 26 anni. Era splendida in minigonna ed una camicia generosamente aperta sul suo seno. I capelli biondi, leggermente ricci, sciolti lungo le spalle, la pelle dorata dal sole. fece finta di non vedermi. Parlava fitto con quello che poteva essere suo padre carezzandogli le mani ed i capelli, ridendo e baciandolo ripetutamente. Per me quello fu veramente troppo. Scappai in un altro bar dove, come da copione, mi ubriacai stressando il barista e metà degli avventori con un misto di pessimismo cosmico leopardiano ed il peggio dei luoghi comuni misogini tipici dei maschi sconfitti. Inevitabilmente la mattina dopo, smaltita la sbornia, non potei fare a meno di telefonarLe chiedendo di vederLa. “Sì ti avevo visto ieri sera ma ero in compagnia.” Allora balbettai uno sfiduciato: “Possiamo vederci?” “Sì” Mi rispose. “domani sera alla nove da me, ma conosci le condizioni” E riattaccò. Rotolii Arrivai puntuale la sera dopo, mi aspettava guardando la televisione. Fu cordiale gentile, mi offrì da bere. Ruppi io l’imbarazzo chiedendoLe cosa intendesse precisamente per “condizioni”. Lei ridivenne fredda e beffarda e togliendomi il bicchiere dalla mano mi disse: “intanto mettiti in ginocchio ed abbassa la testa, che mettiamo le cose in chiaro”. Obbedii prontamente, come del resto ero abituato ormai a fare con una certa frequenza, e tra eccitazione e preoccupazione mi disposi in ginocchio. Quello che mi disse fugò ogni possibile dubbio. “Se sei tornato qui è perché evidentemente non puoi fare a meno di me. Io invece si. Ed è questo il tuo problema, ma c’è una cosa che forse può aiutarti: ci ho preso gusto in questo ruolo e sono intenzionata a continuare a divertirmi. Le mie condizioni sono quindi fin troppo chiare: sarai a mia completa disposizione, io deciderò ogni singola cosa della tua vita che mi andrà di controllare. Tu invece a me non potrai chiedere nulla, se non supplicarmi di degnarti della mia attenzione. Sarai punito ad ogni minima infrazione, ma soprattutto sia io che te sappiamo che la punizione più grande sarebbe quella di non volerti più come schiavo. Quindi non sarò costretta a ridicole e stancanti punizioni corporali. Semplicemente voglio che tu sia a mia completa disposizione. Sempre. Non potrai avere relazioni di alcun tipo. Dovrai solo lavorare e per il resto attendere pazientemente chiuso in casa le mie chiamate. Questo è tutto, non hai diritto di sapere di più, puoi accettare o meno, ma fallo subito”. Inutile dire che accettai immediatamente. Lei mi tastò per verificare la mia erezione. “Vedo che sei entusiasta – disse ridendo – ora però ho degli impegni, non ho tempo da perdere con te, ma ti concedo di leccami con devozione le scarpe poi vattene a casa ad aspettare quando avrò voglia di chiamarti.” Obbedii leccando, cosa che non avevo mai fatto, accuratamente le sue scarpe salutai ed uscii. Nella testa avevo una grande confusione, ma l’erezione durò fino a casa dove mi masturbai pensando alle Sue parole ed al Suo sguardo. Mi ritrovai effettivamente ad attendere le Sue telefonate, la sua attenzione, le umiliazioni che architettava per me. Mi ritrovai ad osservare me stesso mentre sprofondavo nella più completa soggezione, una soggezione che aveva iscritta nel suo Dna una evidente e profonda disparità. Non perdeva occasione per umiliarmi con la sua indifferenza. Mi chiamava per passare una notte con Lei salvo poi cambiare improvvisamente idea. Come ad esempio quella sera in cui proprio nel bel mezzo di una scopata interruppe tutto per una telefonata. Eravamo nel Suo letto, come sempre io ero sotto. Mi aveva fatto spogliare e distendere. Solitamente io, secondo le Sue disposizioni, dovevo essere già in erezione con il preservativo infilato. Il preservativo dovevo metterlo anche se i realtà Lei prendeva regolarmente la pillola, ma da quando mi aveva sottomesso lo pretendeva lo stesso. Così diceva: -non mi insozzi con il tuo sperma.- Si era tolta le mutandine e me le aveva messe sulla faccia ed era salita sopra di me: -Vedi di farmi divertire, cretino.- Io rimanevo immobile nella mia posizione mentre Lei si godeva il mio cazzo muovendosi lentamente. Non mi era permesso parlare nè muovermi se non su Suo ordine. La osservavo attraverso uno spiraglio tra le sue mutandine, gli occhi chiusi e la bocca aperta. io per Lei ero solo un cazzo da usare. Possibilmente senza guardarmi in faccia. Ad un certo punto squillò il telefono e Lei senza fermarsi si allungò verso il comodino per rispondere. “Ciao tesoro, come stai….” Era un qualche suo amico. Si fermò e scese da sopra di me. Io rimanevo immobile aspettando che finisse la telefonata, con il cazzo durissimo. Lei mi tolse le mutandine che mi coprivano la faccia e con uno schiocco di dita mi indicò che dovevo scendere dal letto e mettermi per terra. Mi inginocchiai ai piedi del letto con ancora il preservativo infilato. La telefonata iniziava a divenire languida e confidenziale: “Ma certo che ho voglia di vederti. Ho sempre voglia di vedere te……va bene vengo tra un ora…a casa tua…va bene. Mi vestirò come piace a te.” Tappò con una mano il ricevitore e rivolta a me disse: “che cazzo fai ancora lì, non mi servi più. Vestiti e vai fuori dalla camera, devo prepararmi per uscire.” E poi guardando il mio cazzo inguainato ancora nel preservativo mi sorrise con scherno: “è quel mio amico con cui mi hai vista quella sera al bar. Sua moglie è via in vacanza e lui vuole che vada a casa sua. Togliti quel preservativo, che sei ridicolo. E inutile.” Tornò alla sua conversazione mentre io deluso ma eccitatissimo mi rivestivo. Poi riattaccò, stavo per andarmene quando Lei mi richiamò. “Sperò per te che tu non abbia impegni. Non ho nessuna voglia di guidare: dovrai farmi da autista. Ora mi vesto.” Uscì dalla camera indossava un vestitino, poco più di una sottoveste, che non lasciava nulla all’immaginazione. Era senza reggiseno, i capezzoli si intuivano alla perfezione, la gonna arrivava appena sopra il Suo splendido culo. Partimmo verso casa del suo amico. Io ero combattuto tra la frustrazione di una scopata bruscamente interrotta e l’eccitazione per le Sue sempre nuove sorprese. Lei mi carezzava le gambe parlandomi con naturalezza del Suo amico mentre io, diligentemente svolgevo il mio compito di autista. “E’ proprio un vecchio porco. Era il mio professore al Liceo. Allora eravamo un po’ tutte innamorate di lui. Un giorno tanti anni fa, in quinta, durante una gita scolastica si fece una mia amica. Da allora ho cominciato a vederlo in modo diverso. Dopo la maturità l’ho incontrato per caso. Mi ha subito portato in un albergo. Da allora ogni tanto quando sua moglie è via mi chiama. Ed io, non so perché corro subito da lui. Ormai ha quasi senssant’anni, non è più quello di un tempo come “energia”, ma riequilibra con la fantasia. E poi, andare con lui, “a chiamata”, mi fa sentire……. una vera puttana.” Poi girandosi a guardarmi mi baciò sfiorandomi la guancia. Allungò una mano in mezzo alle mie gambe. “Sempre duro eh, amore. Peccato per te. Se la telefonata arrivava più tardi saresti stato più fortunato. Pazienza, non è vero?” Annuii, e non mentivo. Ero veramente comunque felice ed eccitatissimo. Anche se non sapevo per quanto ancora sarei potuto resistere in quello stato. Arrivammo a destinazione Lei scese dopo avermi baciato. Io ero pronto ad ingranare la retromarcia, quando Lei ridendo mi disse: “cosa credevi, tu devi aspettare qui. Che io abbia finito i miei comodi.” Si voltò, poi si fermò e tornando sui suoi passi con quel sorriso che non prometteva nulla di buono. “Anzi dammi le chiavi e l’autoradio, ti chiudo dentro in macchina così non rischi di perderti e stai lì a riflettere sulla tua penosa situazione.” Mi chiuse in macchina con l’allarme inserito. Erano le nove. Avevo tempo per riflettere sulla mia situazione, parcheggiato sotto la loro alcova. Anche in questo caso il mio cazzo prese il sopravvento sul mio orgoglio. Rimasi lì, buono ed eccitato ad attendere pazientemente. A mezzanotte circa, dopo oltre tre ore di umiliante paziente attesa, Lei mi appare. Scapigliata e raggiante si avvicina alla porta della mia auto, sorride allegra, forse ha bevuto. Mi manda un bacio attraverso il finestrino. Poi mi apre la portiera, ormai ero anchilosato. Con le mani appoggiate al tettuccio si sporge con il busto dentro la macchina, come una prostituta che contratta una prestazione. E’ sudata, con un vistoso livido alla base del collo. “Allora, come va il mio prigioniero. Stanco?” Rispondo che non lo sono, Lei mi bacia sulla bocca, la Sua lingua mi esplora in profondità. Sa di sesso. “Beh, la tua attesa è finita, lui mi ha chiesto di rimanere qui a dormire. Deve avere parecchie cose ancora da farmi.” Ride sguaiatamente, il suo sguardo tradisce l’eccitazione dovuta al sesso ed al vino. Mi bacia ancora ed una mano scivola tra le mie gambe a verificare l’immancabile, quanto inutile, erezione. Poi scostando una spallina del vestito e scoprendosi di più la scollatura mi mostra un altro livido sul seno destro: “non è fantastico? Mi ha letteralmente massacrata, è un polipo, mi mette le mani ovunque.” Poi riprendendo lentamente il controllo si liscia i capelli all’indietro e si rivolge a me con studiata freddezza: “tu invece dopo tre ore di paziente attesa puoi anche andartene a casa a farti una sega pensando a me. Vienimi a prendere domattina alle 8.30. Puntuale.” E per sottolineare l’ordine mi assesta un piccolo nervoso schiaffo sulla bocca. E se ne va. La notte la passo insonne. Malgrado il vino che ho bevuto per dimenticare e due vigorose seghe penso solo a Lei. Alle 8.20 sono già sotto casa del vecchio professore. Che vedo uscire infatti alle 8.30. Non mi vede, comunque non mi riconoscerebbe, mentre io gli leggo in faccia la soddisfazione. Aspetto pazientemente. Sono ormai le 10 quando si affaccia da una finestra della villetta e mi chiama dicendomi di entrare. Lei mi aspetta sulla porta. Indossa una grande maglia maschile che gli arriva poco sotto le mutandine. Mi fa entrare, allegra. La casa è piuttosto anonima ed in disordine. Lei mi trascina sul divano e mi bacia. “ti farò vedere qualcosa. Meriti una ricompensa per l’obbedienza e la pazienza.”.- Si alza la maglia. I seni sono segnati da piccoli lividi bluastri mi permette di baciarLe i capezzoli. “Piano, stupido, che mi fanno ancora male.” Poi si abbassa un po’ le mutandine: il suo culo è segnato da sottili strisce rosse. “Mi ha frustata con la cintura. E legata al letto. Mi ha scopata tutta la notte. Davanti e dietro. E’ stato incredibile. Pensavo ci rimanesse.” Mi raccontava queste cose eccitata mostrandomi il suo corpo segnato, come una bambina divertita. “Dai non abbiamo tanto tempo. Gli ho promesso che avrei rimesso in ordine la casa. E ovviamente tu servi a questo.” Mi portò in camera dove nel letto c’erano ancora una cintura e delle corde. Sul lenzuolo celeste notai una evidente macchia scura di sperma. Lei se ne accorse e mi ci spinse con la testa sopra. “Lecca dai, è suo.” Dovetti ovviamente leccare con disgusto lo sperma seccato sul lenzuolo che emanava ancora un odore intenso Lei mi teneva la testa schiacciata sul lenzuolo e rideva. “Puliscii per bene, merda.” Poi risistemai il letto. Lei mi aspettava sul divano. Mi fece inginocchiare davanti a Lei e mi fece abbassare i pantaloni. Estrasse il mio cazzo giocandoci un po’ distrattamente. Poi allargò le gambe. Le Sue mutandine bianche evidenziavano un alone del tutto simile a quello del lenzuolo. “Visto che sei stato bravo, lecca anche qui.” Iniziai a leccarla in mezzo alle gambe in quel triangolino di stoffa a contatto con il suo sesso, denso dei suoi umori e di quelli dell’uomo che aveva avuto la fortuna di averLa. Poi Lei scostò le mutandine per farmi leccare dal vivo anche la sua fica. Era ancora piena di sperma. “Non mi sono lavata proprio per te. Lecca amore.” Intanto il suo piede mi sfiorava l’asta indurita. Mi prese per i capelli dietro la testa e mi staccò da Lei. “Ti piace leccarmi? Ti piace la mia fica?” Risposi che mi piaceva moltissimo ma che mi sarebbe piaciuto moltissimo poter riprendere la scopata della sera precedente. “Ora sono stanca. Ho scopato tutta questa notte, l’ultima l’abbiamo fatta stamattina. Sarà per un’altra volta, tu puoi aspettare.” Mi ordinò di masturbarmi davanti a Lei. Con pochi colpi, visto lo stato di eccitazione venni davanti al suo sguardo di compassione. Mi fece pulire tutto con un fazzoletto. Si vestì e ce ne andammo. Mi ritrovavo, insomma ogni giorno di più ad accertare la mia sempre più evidente inferiorità. Lei decideva quando e se vedermi. Lei decideva se dovevo o meno uscire la sera, se dovevo o meno pensare, parlare, se fosse dipeso dalla mia volontà avrebbe persino deciso se dovevo o meno respirare. Esistere. Ma la cosa “speciale” era che la mia condizione era semplicemente un dettaglio nei Suoi pensieri, ero solo un piccolo insignificante passatempo. Ne ero consapevole e morbosamente felice. Lei mi chiamava e dovevo accorrere da Lei, abbandonando tutti i miei impegni anche solo, perché doveva darmi qualche nuova assurda disposizione. Un giorno ad esempio mi chiamò, ordinandomi di raggiungerLa a casa immediatamente. Quando arrivai mi disse: “Vammi a comprare un bel completo di biancheria provocante, che stasera devo vedere un “amico.” Corsi in un negozio e comprai, consigliato da una giovane commessa un bellissimo completo bianco con tanga, reggiseno a balconcino e reggicalze e tornai immediatamente a casa. Lei mi fece mettere come al solito in ginocchio, pantaloni e boxer abbassati ed aprì la scatola. Io pregustavo intanto di poterLa ammirare nel nuovo completo e magari anche di poterlo “inaugurare” con una scopata. Ma mi sbagliavo di grosso. Rimase contenta, prendendo in mano il completo e mi disse: “beh almeno servi a qualcosa, hai soldi e buon gusto. Credo che sarò irresistibile stasera. Ho proprio voglia di fare la troia. Adesso abbassa la testa fino a terra che me lo provo e non voglio che tu veda niente. Visto che come al solito hai già quell’inutile cazzo duro.” Obbedii immediatamente mi abbassai fino a toccare con la fronte il pavimento così Lei poté provarsi il completo. Avevo le mani dietro la schiena e le ginocchia allargate come da precise istruzioni. Ascoltai il frusciare dei Suoi vestiti. “Bene, merda, sto proprio bene con questo. Visto che sei stato bravo ti concedo un piccolo premio.” Mi azzardai, sempre immobile nella mia posizione, a chiedere se mi avrebbe concesso di guardarLa e magari toccarLa. La sua risposta fu secca e negativa. “Nemmeno per sogno, bavoso, al massimo ti posso far annusare le mutandine che ho tolto. ” Me le gettò vicino al viso. Mi mise un piede sopra la mia testa tenendomela schiacciata a terra. Io con una mano avvicinai le Sue mutandine odorando i suoi umori eccitatissimo. “Dai, cretino, fatti una sega. Che se no scoppi. Io voglio tenermi pronta per stasera.” La situazione fece sì che con soli quattro colpi venni abbondantemente tra le Sue risa di scherno e lo sperma colò a terra. “Adesso pulisci il pavimento con la lingua e poi vai via, io vado a vestirmi. Sono stata anche troppo buona e paziente con te a sorbirmi i tuoi penosi spettacolini. Le mutandine puoi tenerle, lavale e riportamele. Prima di uscire apparecchiami la tavola che ho in programma una cenetta a lume di candela.” Ringraziai e leccai da terra tutto lo sperma che avevo spanto. Lei controllava divertita indicandomi tutti i punti dove dovevo leccare. Aspettai che fosse uscita dalla stanza per rialzarmi. Feci quello che mi aveva ordinato. Questo fu il Primo segnale di un nuovo regime di “castità” ed umiliazioni che mi stava preparando. Intanto metteva, alla prova la mia obbedienza e la mia pazienza nei modi più assurdi per eccitarmi e tormentarmi, ma almeno ciò si concludeva spesso in qualche modo con una soddisfacente scopata. Seppur condita di divieti ed umiliazioni. Dovevo immancabilmente ringraziare in ogni fase del rapporto, dovevo subire offese e risa di scherno, quando non ceffoni, per presunte insufficienze erettive o di resistenza, dovevo sempre pulire con la lingua ogni tipo di residuo, ma comunque tutto sommato avevo qualche soddisfazione finale per le mie fatiche. Le cose iniziarono a complicarsi seriamente quando iniziò a pensare che non fossi alla sua altezza e non meritassi nessun tipo di soddisfazione sessuale. Iniziò interrompendo bruscamente una scopata apostrofandomi così: “sono proprio stufa del tuo inutile cazzo, non capisco perché ti concedo ancora di mettermelo dentro di tanto in tanto, bisogna che riprendiamo le distanze, una merda come te non dovrebbe avere simili soddisfazioni. E che tu in qualche modo raggiunga i tuoi penosi orgasmi maschili mi ha proprio stufato. Sarà meglio che ti dia nuove regole e ti rimetta al tuo posto.” Non avrei tardato a capire cosa intendesse e soprattutto non avrei tardato ad adattarmi perfettamente alle nuove regole. “tutto sommato ho uomini senz’altro migliori di te da cui farmi sbattere quando ne ho voglia, non mi sembra giusto che tu nella tua posizione abbia certi onori.” Il cazzo mi era diventato letteralmente di marmo, Lei lo guardò e mi ordinò di mettermi immediatamente a finire il “lavoro” facendola godere con la mia bocca. Si distese allargando le cosce ed aprendosi il sesso con le dita disse “vieni a leccare cretino e metti via quel coso inutile, dovrai imparare a controllarti. Ti garantisco che non vedrà la mia fica mai più, e nemmeno quella di nessun’altra.” Pochi giorni dopo arrivò una Sua telefonata, dovevo tenermi libero, per una serata con Lei. Non sapevo se essere lusingato o preoccupato. Dall’ultima volta non mi aveva più chiamato e temevo di dover essere messo ancora alla prova. Arrivai, ovviamente puntuale per le 19.00. Mi aveva ordinato una cassa di champagne, ma di speranze che mi si prospettasse una serata tranquilla, ne avevo ben poche. Ed ovviamente non mi sbagliavo. “Come stai, tesoro.” Mi accolse, bellissima in accappatoio, appena uscita dalla doccia. Si accomodò sul divano ed io, senza che nemmeno dovesse dire nulla, ero già in ginocchio. Poiché solitamente dovevo mettermi in quella posizione con i pantaloni calati, iniziai a slacciarmeli. “Fermo, fermo non voglio vedere niente dei tuoi miseri “spettacoli”, piuttosto abbassa lo sguardo.” Si era lentamente alzata il bordo dell’accappatoio fino a pochi centimetri dall’inguine e la sua mano indugiava, sopra la stoffa, accarezzandosi il monte di venere. “Devo dire che l’ultima volta mi hai fatto quasi pena. Vederti in ginocchio a masturbarti annusando le mie mutandine. Ma poi nel corso della serata, quando ero con il mio amico, mi bagnavo ogni volta che ripensavo a quella scena. Se ne è accorto anche il mio amico del mio stato di eccitazione. E bisogna dire che ne ha approfittato, complice anche quel completo sexy che mi hai regalato.” Il Suo piede intanto aveva risalito la mia gamba, ed ora si strusciava sul mio cazzo durissimo, imprigionato dolorosamente nei jeans. “L’idea che ho avuto di negarti qualsiasi soddisfazione sessuale mi sembra eccezionale. Non trovi?” Mi limitai ad annuire con al testa. mentre il suo piede ora schiacciava forte, costringendomi ad arretrare sedendomi sui miei talloni. “Ho provato a parlare, in modo generale della cosa con lui, ma mi è sembrato non capisse. Mi piacerebbe farti assistere ad una mia scopata: a quello che tu vorresti tanto ma che non puoi più avere. Forse però è troppo presto. Ma prima o poi….” Si spostò sul bordo del divano per poter esercitare meglio la pressione del piede. Ormai mi faceva proprio male mi stava schiacciando e mi sorrideva eccitata. Muovendosi però l’accappatoio si scostò ed il mio sguardo fu meccanicamente attratto dall’ombra del Suo pube. Lei se ne accorse ed uno schiaffo mi fece riabassare immediatamente lo sguardo. “Che cazzo guardi, stupido, non è roba per te questa. Stasera lui ed un paio di amici verranno qui dopo cena. Tu dovrai preparare tutto, poi ti chiuderò da qualche parte, potrai uscire quando saranno andati via. E farai le pulizie.” Un calcio ben assestato fu il segnale che aveva finito con le disposizioni. “Io vado a prepararmi, tu mettiti al lavoro.” Ovviamente eseguii gli ordini, fortunatamente conoscevo bene la casa. Quando ebbi finito arrivò Lei, in minigonna ed una maglia aderente che esaltava le sue splendide tette. “Come sto?” Sfilò davanti a me lisciandosi la gonna ed accarezzandosi con le due mani il seno. Mi tastò in mezzo alle gambe sorridendo. Poi mi disse: “guarda qui, mi sono vestita come una volta tu mi chiedevi di fare.” Alzò un poco la gonna: aveva le calze autoreggenti e delle mutandine nere piccolissime. “Mi sento proprio in forma. Dì la verità cosa daresti per potermi anche solo toccare, merda.” “Inginocchiati.” Mi prese la testa per i capelli dietro la nuca. Con l’altra mano teneva sempre alzata la gonna. Mi spinse la faccia a pochi millimetri dal triangolino di pizzo nero che coprivano appena il cespuglio del suo pube. “Ti piacerebbe vero? Annusa, ho una voglia che non puoi avere nemmeno un idea.” Annusai cercando di avvicinarmi ma la sua mano mi teneva ferma la testa. “Dai tira fuori la lingua, cretino.” Cercai di avvicinarmi con la lingua, ma lei tenendomi per i capelli non mi permetteva di avvicinarmi troppo. Riuscii appena a sfiorare il pizzo con la punta della lingua. Lei rideva: “Ti piacerebbe…. ” Poi strattonandomi indietro: “leccami le scarpe.” Obbedii e scesi a leccarle le scarpe mentre Lei continuava a parlarmi. la dolcezza del suo tono non coincideva però con la durezza delle parole: “Vedrai che un po’ alla volta imparerai che tu non puoi più avere queste cose, rimpiangerai i vecchi tempi, e potrai al massimo masturbarti qualche volta quando te lo concederò.” Poi voltandosi a controllare il lavoro, mi carezzò la testa complimentandosi per come avevo preparato il soggiorno per l’arrivo dei Suoi amici. “Andiamo tra poco saranno qui e non voglio che ti vedano.” Mi portò nel magazzino interrato dove mi fece spogliare. Mi guardò con il Suo usuale sguardo beffardo. “Che palle! hai ancora il cazzo duro. Ma allora ti ecciti anche ad essere trattato da sguattero?” Da uno scaffale prese una scatola, dentro c’era una catena. Mi fece inginocchiare e mi legò con la catena il collo ad un termosifone. Fece per andarsene, poi tornando sui suoi passi, prese dalla scatola anche un paio di manette e mi legò le mani dietro la schiena. “Così non ti sfinisci di seghe tutta la sera, porco. Bene, ora stai fermo e buono. Buon divertimento.” Spense la luce e chiuse la porta a chiave dietro di sé. Sentii musica e risa per tutta la sera. Poi con angoscia mi accorsi che stavano uscendo, tutti. Per ore la casa rimase in silenzio. lei era uscita lasciandomi in quello stato. Solo a notte inoltrata, anche se non sapevo che ora fosse, la sento rientrare. Ma non è sola. Dalle voci sembra essere in compagnia di un’altra donna. Dopo poco viene ad aprirmi. Ero in ginocchio con la testa trattenuta quasi a terra dalla catena, ma cercai lo stesso di alzare lo sguardo verso di Lei. “Passata una bella serata?” Mi domanda ironica, mentre con un piede calzato in una bellissima scarpa nera con il tacco si era insinuata sotto di me tra le mie gambe. “Ho una sorpresa per te. Una mia amica dorme a casa mia questa notte. Le ho confidato qualcosa del nostro segreto. Sembra interessata a vederti.” Cerco di dirLe che non voglio che nessuno mi veda in quelle condizioni. Ho un nome ed una immagine, la mia foto e spesso sui giornali sulla pagina della politica. Ma Lei ride. “Tu fai quello che dico io e basta. Cerca piuttosto di comportarti bene. non vorrei doverti picchiare davanti a lei.” Mi slega, Ma tiene la catena legata al collo. Con quella mi trascina al piano di sopra nudo. Mi sbatte in ginocchio davanti ad una splendida creatura. Federica si chiama. Ha solo diciotto anni. Potrebbe quasi essere mia figlia. Bellissima occhi scuri, capelli a caschetto ed un fisico magro ma con tutte le curve a posto. Rimane a bocca aperta nel vedere un uomo nudo ed incatenato proveniente dalla cantina dove è rimasto per ore. Lei mi fa abbassare la testa fino agli anfibi di Federica ordinandomi di leccarglieli. Intanto racconta alla sua amica, con dovizia di crudi particolari il mio stato di schiavitù. Federica si sporge incredula a guardarmi mentre le lecco le scarpe, mormorando a Lei un “no dai lascia stare, cosa fai?”. “No Fede è bene che tu lo veda all’opera. Questa notte lo teniamo con noi poi se vuoi posso anche prestartelo qualche volta.” Mi mette un piede sulla nuca e continua a parlare mentre io ho ormai lucidato gli anfibi della Sua nuova amica. “E’ comodo ti fa da autista e da cameriere, ti copre di regali e tu non devi fare nulla in cambio. Io non gliela do nemmeno più e lui è contento lo stesso. Può servirti per sfogarti quando sei incazzata o eccitata. Quando vuoi giocare. Lui è sempre a disposizione.” Poi disse una cosa che mi fece letteralmente gelare. “E poi un uomo nella sua posizione ridotto in questo stato è ricattabilissimo. Conviene approfittarne.” Sgocciolii Non ebbi il tempo di riflettere su questa minaccia. Lei mi ordinò di risistemare il salotto mentre loro si preparavano per la notte. Quando ebbi finito Lei mi chiamò in camera. “Fede è sconvolta, non crede che tu sia divenuto mio schiavo per libera scelta. Diglielo tu.” Confermai. Erano tutte due in reggiseno e mutandine sul letto. Bellissime. In un primo momento credevo avessero intenzione di fare sesso tra di loro, ma poi capii che in realtà, per ora, volevano solo scherzare e giocare. Mi ordinarono di portare da bere e mi fecero mettere, al solito, in ginocchio ai piedi dl letto le gambe larghe, le mani dietro la schiena e lo sguardo a terra. “Dai Fede, lasciati andare. Non ti capiteranno altre occasioni di avere un uomo a tua completa disposizione. Divertiti un po’ con lui.” Io rimanevo fermo in attesa di ordini. Federica evidentemente anche per la sua giovane età si vergognava, ma sembrava anche molto intrigata dalla situazione. Lei invece non aveva nessuna intenzione di desistere. Voleva provare per la prima volta a cedermi a qualcuno. “Facciamo così, Fede, io scendo un’oretta a guardare la tv, tanto non ho sonno. Tu rimani qui con lui. L’importante è che tu ne faccia quello che vuoi. Senza limiti.” Federica scuoteva la testa. Era impaurita, ma non riusciva a dire di no. “Dai facciamo così. Te lo chiederà lui.” E rivolta a me con tono sprezzante: “diglielo, merda, che a te piace essere trattato così, che per me faresti qualsiasi cosa e che quindi anche Fede può avere gli stessi diritti.” Poi con un tono più dolce rivolta alla sua amica. “L’unica cosa Fede, non dargli nessuna soddisfazione sessuale. Fatti fare quello che vuoi, se ne hai voglia e se lui non ti fa schifo, l’importante è che lui alla fine rimanga a bocca asciutta e con il cazzo duro. A me piace così e non voglio si abitui male.” Confermai in un sussurro, ma con un calcio improvviso in mezzo alle gambe Lei pretese che ripetessi tutto ad alta voce. Lo feci. Prima di uscire rivolta a Federica disse: “e mi raccomando se non lo vedi abbastanza umile o ti disobbedisce chiamami vengo subito a sistemarlo.” Ed uscì. Seguirono momenti di imbarazzo. Io ero nudo, dolorante per il calcio ricevuto e, come da addestramento tenevo la testa bassa e le mani dietro la schiena. Federica era splendida, con un succinto completino intimo blu. Si alzò e cominciò a camminarmi attorno. “Non ho mai visto un uomo ridotto così. Devi amarla molto per accettare tutto questo.” Io annuii, lei iniziò ad accarezzarmi la nuca, afferrò i miei capelli, mi fece alzare la testa e mi baciò. Poi si distese sul letto e mi disse di alzarmi e raggiungerla. “Mi piaci, e poi questa sera ho bevuto qualche bicchiere di troppo. Vieni qui accarezzami e baciami.” Iniziai ad esplorare questo splendido giovane corpo, baciandola ed accarezzandola. Era stupenda e, sembrava disponibile. Abbassai una mano in mezzo alle sue gambe. Iniziai ad accrezzarla da sopra le mutandine mentre la baciavo. Cominciava a muovere il pube dolcemente. Era eccitata. Ma appena cercai di abbassarle le mutandine mi fermò la mano. “No, non toccare, credo che lei non vorrebbe.” Ma non sembrava convinta. Mi fece sdraiare e si mise carponi sopra di me, baciandomi e leccandomi la faccia. Poi allargò ulteriormente le gambe ed iniziò a strofinare il pube sul mio cazzo. Non resistevo più. “Peccato tu sia il suo schiavo, mi piacerebbe farmi una scopata questa sera, ma da quello che ho capito a te queste cose sono vietate.” Si slacciò il reggiseno facendomi pendere due splendide tette vicini alla bocca, iniziai a succhiargliele avidamente. La pressione del suo pube era forte e si muoveva come se stessimo scopando. Ero eccitatissimo, le continue prove cui ero sottoposto mi stavano per far esplodere. Presi il coraggio a due mani e le dissi che potevamo farlo, Lei non se ne sarebbe accorta. Un grande sbaglio. Non avevo capito nulla. Federica alzandosi di scatto si mise a ridere e a chiamare Lei. Era una trappola. Uno scherzo feroce. Lei infatti arrivò subito, le mani sui fianchi, chiedendo ironicamente cosa fosse successo. Federica le si avvicino ed indicandomi con un dito, come una bambina spaventata disse che avevo cercato di metterglielo dentro. Lei mi disse secca di alzarmi mi prese per i capelli e mi trascinò in soggiorno. Ridevano. Mi misero in ginocchio davanti al divano dove intanto si erano sedute. “Schifoso bastardo, ci hai provato?” Federica era rannicchiata addosso a Lei e sorrideva. Lei le accarezzava le gambe. Capii che era inutile qualsiasi difesa e mi scusai. “Eppure mi sembrava di essere stata chiara. Tu non sei più un uomo. Non ti devi permettere certe ambizioni. Credevi veramente che Fede volesse il tuo inutile schifoso cazzo.” La mano di Lei ora si era infilata sotto le mutandine di Fede, che mi guardava con un sorriso di sfida. Le carezza di Lei iniziavano ad avere effetto. Questa splendida ragazzina aveva la bocca semi aperta come pure le gambe che ora facilitavano le carezze di Lei con un lento sensuale movimento. Lei rivolta Fede chiedeva conferma delle accuse a mio carico: “ma davvero questo porco ci ha provato. Voleva scoparti?” Federica ormai eccitatissima confermava tutto. Diceva anche che quando lei mi aveva detto che non si poteva io avrei cercato addirittura di reagire e prenderla con la forza. Tutti e tre sapevamo che non era vero. Ma non era quello il punto. Cominciavo a temere come sarebbe andata a finire. Venni portato in camera, dove mentre le due splendide ragazze si scambiavano carezze sempre più audaci io venni legato ai piedi del letto. Le mani legate dietro la schiena alle caviglie. La bocca tappata dalle mutandine di Federica. Dovetti assistere ad un caldo rapporto tra le due ragazze che si leccavano e si accarezzavano a vicenda. Ad un certo punto Lei disse qualcosa all’orecchio di Fede che si mise a ridere annuendo. Lei si alzò e da un cassetto estrasse un vibratore che io ben conoscevo. Federica si distese a gambe larghe davanti a me. La sua fica, bagnatissima, era a pochi centimetri dalla mia faccia. Lei accese il vibratore, mi tolse le mutandine e mi infilò il manico del vibratore in bocca. Lei era dietro di me mi teneva la testa per i capelli e mi guidò lentamente dentro Federica. Dovevo tenere il vibratore con la bocca e muoverlo avanti e indietro, mentre la ragazzina godeva abbondantemente. Si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi: “guardati come sei ridotto. lo hai capito finalmente? Quello che stai facendo ora è il massimo che potrai fare in futuro. Sarebbe meglio per te che ti dimenticassi di avere un cazzo. Se non fosse che mi piace vederti sempre penosamente ed inutilmente in erezione mi piacerebbe farti castrare chimicamente così diverresti finalmente impotente del tutto.” Poi si distese al fianco di Federica e mentre io continuavo a svolgere il mio compito la baciava sulla faccia e sulle tette. Dopo che feci venire abbondantemente Federica mi venne tolto il vibratore dalla bocca e sostituito di nuovo con le mutandine appallottolate. Le due ragazze continuarono ad abbracciarsi ed accarezzarsi. Ogni tanto mi dedicavano uno sguardo. Anche Federica prese coraggio e su insistenza di Lei mi si avvicinò per accarezzarmi il cazzo che ormai era duro da più di due ore. Ero ormai vicino all’orgasmo quando intervenne Lei: “dai, Fede, dagli un calcio….prova.” Io ero immobile sempre con le gambe aperte in ginocchio. Federica allungò una mano per toccarmi le palle, indecisa. “dai, togliti questa soddisfazione….” E poi rivolgendosi a me: “tu stai fermo, cretino, abbassa la testa che la metti in imbarazzo.” Fù in quel momento che Federica prese coraggio. Mi diede un calcio. Mi sforzai di non cadere, il calcio non era forte, ma mi aveva colpito proprio nei testicoli. Mi piegai per riprendere fiato. Federica ormai immedesimata nel ruolo mi prese per i capelli e mi fece rialzare il busto insultandomi chiamandomi finocchio ed ordinandomi di continuare a guardare. Lei la accolse baciandola nel letto: “sei stata bravissima, Fede.” Solo dopo un’ora Federica stanca cadde addormentata e Lei mi slegò e mi portò in sgabuzzino dove venni legato nuovamente al termosifone, con le mani dietro la schiena. Si abbassò e prendendomi il mento mi alzò la faccia per guardarmi negli occhi. “Hai visto amore? Anche oggi tu sei rimasto a bocca asciutta. Il cazzo bello duro. Le palle ti staranno per scoppiare. Hai visto che bella la mia amica. Ma davvero credevi che ti avrei permesso di farci qualcosa insieme? Tu devi imparare meglio la tua inferiorità. Alla fine del mio trattamento sarai del tutto diverso. E lo so che lo vuoi anche tu.” Poi la sua mano scese sul mio cazzo, si accosciò per essere più vicina. Mi sussurrava nell’orecchio, il mio sguardo era ovviamente basso. “Con le mani legate così non potrai nemmeno farti una delle tue penose seghe.” Mi stava toccando il cazzo con tre sole dita. Le muoveva su e giù sfiorandomi appena la pelle attorno alla cappella, come se le facesse schifo o avesse paura di sporcarsi. “Che pena mi fai, amore, ma cerco di aiutarti.” Con uno sguardo gelido continuava a sfiorarmi il cazzo. “Cerca di venire in fretta, che non ho tempo da perdere.” Continuava con il suo movimento leggero di sole tre dita. Nel momento stesso in cui si accorse che stavo per venire si interruppe immediatamente, lasciando il mio cazzo ad eiaculare miseramente per terra. Mi avvicinò le dita alla bocca perché ripulissi, anche se in realtà i Suoi polpastrelli non si erano minimamente sporcati del mio seme. Poi prese la mia camicia che era lì vicino e la gettò sopra lo sperma colato a terra. E mentre con un piede usava la camicia come straccio per pulire mi apostrofò: “sono troppo buona con te. Ti rendi conto che fai pena.” Si annusò le dita con una smorfia di disgusto e si alzò per andarsene poi si ricordò di una cosa. Aveva un regalo per me. Tirò fuori da una scatola una ciotola, andò a riempirla di acqua e me la mise vicina. “Sei contento? Ora sei veramente il mio cane. E se hai bisogni da fare li farai li dove sei. Buona notte, amore.” Mi baciò sulla fronte, chiuse la porta e se ne tornò a letto con la su splendida amica. La mattina successiva venne a svegliarmi Lei e mi slegò. Ero ridotto uno straccio. Inoltre purtroppo avevo dovuto pisciarmi addosso perché non ero riuscito a resistere. “Che puzza sei proprio un animale. Vestiti che devi preparare la colazione a Federica. Lei sta ancora dormendo io devo uscire.” Pulii il pavimento e mi vestii. Salii di sopra Lei se ne era andata. Mi avvicinai ala camera: Federica dormiva ancora. Bellissima, supina, indossava solo le mutandine il lenzuolo era per terra e si succhiava il pollice come una bambina. Andai a preparare il caffè e glielo portai in camera. Federica si svegliò, raccolse il lenzuolo per coprirsi. Era evidentemente imbarazzata e nemmeno io sapevo cosa dirle. Mi ringraziò e mi chiese di uscire dalla stanza. Dopo pochi minuti era vestita. Venne a salutarmi. Era sorridente, ma molto più timida della notte precedente, inoltre vestita si vedeva che era proprio una ragazzina. Mi disse che le dispiaceva di quello che era successo e che non si era mai comportata così. Cercai di riuncuorarla dicendole che avevo scelto io di accettare questo genere di cose. Lei evidentemente non poteva capire, ma credo che tutto sommato non le fosse dispiaciuta per nulla la serata. Mi baciò sulla guancia dicendo che sperava, comunque, di rivedermi. Uscimmo insieme da casa, come due normali amici. Anzi forse sembravamo padre e figlia. La accompagnai alla fermata del bus poi presi la macchina ed andai a casa a riposare. Finalmente. Per due settimane Lei non mi telefonò. Io mi dedicai al lavoro cercando di non pensare a nulla. La sera uscivo spesso con amici e qualche volta avevo anche qualche occasione di distrarmi con qualche bella ragazza. Non riuscivo però ad andare oltre qualche chiacchierata. L’addestramento che avevo ricevuto mi immobilizzava al solo pensiero di avere un rapporto normale, paritario. Rimanevo insomma in paziente attesa di poter di uovo precipitare in quel vortice di emozioni che solo Lei riusciva a darmi. Era qualcosa che ormai, evidentemente, non aveva più a che fare con il sesso. La dominazione cerebrale aveva preso il sopravvento su tutto. Una sera stavo per andare al cinema con alcuni amici quando arrivò la Sua tanto attesa telefonata. Nessun preambolo o parola di circostanza. “Stai a casa stasera, devo passare da te.” Arrivò alle dieci e mezza. Da sola. Mi salutò appena e si diresse verso il telefono. Parlò fitto, a bassa voce per oltre mezz’ora con qualcuno. Qualcosa evidentemente non andava. Io rimasi in salotto ad aspettare. Quando tornò mi ordinò di prenderLe da bere e mi disse che doveva parlarmi. Le preparai un gin tonic e senza che dovesse dirmi nulla mi inginocchiai ai piedi del divano dove si era accomodata. “E’ successo un casino. Ieri la moglie del professore ci ha colti in fragrante. Ne ha fatto una tragedia. Ora lui è dovuto andare fuori di casa. Ho deciso che verremo a stare qui per qualche giorno per cui tu devi sparire. Lui non sa chi sei e sarebbe troppo complicato spiegare tutto. E poi non ne vali la pena. Non è vero?” Ovviamente annuii. Era pazzesco. Non ero assolutamente in grado di dirLe di no. Qualsiasi cosa mi ordinasse. Anche una cosa assurda come questa. “A casa mia non può venire. La moglie ormai sa dove abito. Quindi tu ti trasferirai in un albergo. Verrai qui solo quando ti chiamerò. A lui ho detto che sei un mio amico in viaggio all’estero.” Mi parlava con la sicurezza di chi sa che non avrei mai avuto il coraggio di obbiettare nulla. “Hai due ore per preparare la casa, vai a fare la spesa e riempi il frigo. Poi fatti una borsa e sparisci.” Poi alzandosi di scatto. “Dai cretino, non stare lì imbambolato muoviti. Io vado a casa di Fede, quando torno deve essere tutto pronto.” Lei uscì ed io non potei fare altro che preparare la mia casa per i due amanti. Comprai vini pregiati salmone ed ogni ben di dio. Mi preparai una borsa anche se non sapevo per quanto sarei stato cacciato da casa mia. Quando lei tornò era tutto pronto. Mi indicò l’albergo più vicino in cui sarei dovuto andare e poi con studiata indifferenza: “ah, guarda che ho promesso a Fede che vai a prenderla questa sera per portarla a cena è a casa da sola i suoi genitori sono in ferie. Cerca di comportarti bene in modo umile rispettoso che altrimenti me la paghi.” Mi diede il numero di telefono per chiamarla. E si raccomandò che la facessi divertire ma che non mi azzardassi a disobbedirle o, peggio a provarci. “Domani mattina il professore deve partire presto quindi tu alle nove devi essere qui per fare le pulizie. ” Mi accompagnò alla porta con le ultime raccomandazioni. “Attento con Fede, a quanto ho capito piace anche a lei avere uno schiavo, ma non ha la mia esperienza. Anche se la vedessi disponibile a concederti qualcosa ricordati e ricordale che a te queste cose non sono permesse. Fammi fare bella figura, ti conviene.” Andai a sistemarmi in albergo e da lì telefonai a Federica. Mi rispose allegra e gentile. “Ciao, ho sentito che sei stato sfrattato. Vieni a casa mia alle nove e prenota in un bel ristorante. Ci penserò io a distrarti. Un bacio, a dopo.” La cosa si metteva male. Temevo volesse mettermi ulteriormente alla prova e non mi sbagliavo. Arrivai a casa sua puntuale. Abitava in una splendida villa. Suonai al video citofono ed entrai. La porta era aperta ma non vedevo Federica, anche il resto della casa era molto bello. Mi chiamò dal piano di sopra mi disse di accomodarmi che sarebbe arrivata. Dopo pochi minuti scese le scale. Era uno schianto anche se evidentemente non era pronta. Indossava degli short minuscoli ed aderenti ed una maglietta corta che esaltava il suo seno sodo. Mi abbracciò con naturalezza. “Sono contenta di vederti. Ho sentito cosa ti è successo. Certo che la tua padrona le pensa proprio tutte per umiliarti.” Diceva queste cose con naturalezza ma anche con un tono tra l’eccitato ed il canzonatorio. “Vedo che ti sei messo elegante, vuoi salire che scegliamo assieme come mi vestirò?” La proposta era allettante, ma pericolosa, comunque accettai. Salimmo in camera sua. Era la tipica camera di una adolescente. mi fece accomodare su una poltrona ed iniziò uno studiatissimo spettacolino che aveva evidentemente l’unico scopo i eccitarmi e mettermi alla prova. Aprì un cassetto da cui estrasse un vero e proprio campionario di biancheria intima. Decidemmo per un completo di pizzo nero molto sexy. Lei lo indossò davanti a me, ma voltandomi le spalle. Poi si mostrò soddisfatta. Sfilando davanti a me. Era bellissima. Abbronzata e perfetta. Mi si avvicinò a pochi centimetri. Io ovviamente rimasi immobile. Mi prese la testa e cominciò ad accarezzarmi. Poi sempre in piedi mi alzò il viso e mi baciò a lungo. “Poverino immagino come ti sarai sentito l’altra notte dopo lo scherzo che ti abbiamo fatto. Immagino che la tua padrona ti abbia dato precisi ordini su come comportarti stasera.” Le raccontai che, infatti, avevo avuto precise disposizioni: di essere umile e sottomesso, di farla divertire ma di non provarci in alcun modo, nemmeno se invitato a farlo. Federica si sedette sopra di me eccitata e cominciò a leccarmi le labbra mentre strusciava il suo pube forte contro il mio. “Ah si, vuoi dire che se io ci provo tu non ci stai? Beh a sentire cosa hai in mezzo alle gambe non si direbbe. Comunque vedremo.” Si tolse il reggiseno dicendo che le dava fastidio. Poi indossò una minigonna inguinale ed un top che le copriva a malapena il seno. Scarpe con i tacchi alti. Tutto nero, era bellissima. Per me si prospettava una serata ad alta tensione. Nel ristorante lei fu molto provocante, mi faceva complimenti strusciava i suoi piedi sulle mie gambe e non perdeva occasione per mettermi sotto il naso le sue splendide giovani tette. Alla fine della cena ero eccitatissimo, lei disse che doveva recarsi in bagno. Tornò dopo pochi minuti si sedette. Guardò attorno che non ci fossero occhi indiscreti poi mi buttò tra le mani le sue mutandine con uno sguardo di sfida. “Un regalo per te. Annusale. Mi sono toccata prima di toglierle.” Annusale e mettitele in tasca. Furtivamente le annusai, avevano un odore intenso di sesso. Anche lei sorridendo si annusò il dito medio. “Sono bagnatissima. Andiamo a casa mia.” E si alzò. Sulla strada per il ritorno in macchina mi rimase attaccata tutto il tempo. Con una mano frugava dentro i miei pantaloni. Con la lingua esplorava il mio orecchio destro. Arrivammo a casa sua. Appena varcata la porta fece scivolare a terra la minigonna e mi abbracciò spingendomi contro il muro. Ci baciammo si strusciò allungando le mani verso il mio uccello. “E ora vediamo quanto sei addestrato….” Si distese sul divano e dopo avermi fatto spogliare completamente ed inginocchiare mi ordinò di leccarla in mezzo alle gambe. Era un vero e proprio lago. Premeva forte la mia testa contro di sé. “Lecca da bravo.” Dopo un pò mi fece staccare tirandomi per i capelli. Mi prese il cazzo tra le mani. “Voglio che mi scopi.” Le dissi che non potevo, che non mi era concesso, ma lei non voleva sentire ragione. Mi fece distendere e mi salì sopra. Fu in quel momento che per fortuna, o sfortuna, squillò il telefono. Era Lei. Come se fosse stata lì a vederci era evidentemente preoccupata di quello che poteva succedere. Federica andò a rispondere e ridiventò improvvisamente una docile bambina obbediente ai voleri della mia padrona. Non so cosa le disse ma quando Federica ritornò da me aveva cambiato espressione. Era sempre eccitata ma aveva una luce nuova negli occhi. Una luce inquietante. “Alzati e vieni qui.” Si era messa in ginocchio sul divano nero in pelle con il busto ripiegato sullo schienale, come se dovessi prenderla da dietro. Le gambe erano spalancate ed il culo in fuori per aprire meglio la fica. “Ti è andata male anche questa volta. Vieni a leccare.” Mi inginocchiai davanti a lei e tuffai il viso in quello splendore aperto davanti a me. Leccai, succhiai il clitoride. Lei si teneva, eccitatissima le natiche aperte per favorire il mio lavoro. Dopo un lunghissimo lavoro con la lingua mi disse di infilarle due dita e di farla venire. Lo feci. Lei mi incitava: “dai muovile come se fosse il tuo cazzo.” Venne gridando. Poi esausta si distese sul divano. Bellissima e soddisfatta. Io ero ancora lì in ginocchio. Lei notò che il mio cazzo ovviamente era ormai violaceo per l’eccitazione. “Di solito a questo punto la tua padrona cosa fa?” Risposi che a seconda delle occasioni o mi ordinava di masturbarmi, o di rimanere così. “Io sono buona, ti concedo di farti una sega davanti a me. Dai fallo. Ma aspetta che mi ricompongo, voglio godermi lo spettacolo.” Recuperò le mutandine e reindossò la maglietta togliendomi anche la piccola soddisfazione di guardarla nuda mentre mi masturbavo. Iniziai. Lei mi osservava attenta seduta con le ginocchia incrociate sul divano. Io in ginocchio nudo davanti a quella che poteva essere mia figlia mi stavo masturbando. Lei però mi fermò quasi subito. L’eccitazione era sparita dal suo viso. “Basta, mi fai pena e schifo. Rivestiti.” Io non ero ancora venuto. il cazzo mi faceva malissimo ma interruppì comunque. Lei ora era imbronciata, quasi fosse incazzata con me. Iniziai e rivestirmi. “Come fa un uomo come te ad essere ridotto così? Anche a me piace la tua padrona ma non le permetterei mai di trattarmi così. Sei patetico.” Io ero ormai umiliatissimo e lei iniziava ad avere un tono veramente irritato. Voleva ferirmi. “La donna che ami si sta facendo sbattere da un vecchio a casa tua e tu sei ridotto a farti una sega davanti ad una ragazzina come me.” Io rimanevo con gli occhi bassi ad ascoltarla. Diceva la verità. In quel preciso momento accadde una cosa che dimostrò definitivamente il mio stato di schiavitù ormai “naturale”. Mentre venivo insultato ed umiliato da questa splendida ragazzina mi accorsi che senza nemmeno toccarmi stavo venendo. Lo sperma colò tra i boxer ed i pantaloni lungo la mia gamba. Era il segno definitivo della mia sottomissione. Ero uno schiavo puro. puro come il cristallo. Tornai al mio albergo. Oramai non mi facevo nemmeno più domande, vivevo come perennemente in un sogno. O un incubo. Alla mattina mi svegliai presto per essere nella ormai mia ex casa puntuale alle nove. Suonai, non volevo usare le chiavi perché temevo di trovarli ancora letto. Il suo uomo infatti mi credeva all’estero. Il portone si aprì salii. La porta di casa era aperta ma non vedevo Lei. Dalla camera mi chiamò: “vieni qui, ho una sorpresa. Ovviamente molto preoccupato entrai in camera e quasi ebbi un malore per la triste sorpresa. Lei era a letto e con Lei c’era il Professore. mi girai di scatto per guadagnare l’uscita, ma Lei mi seguì: “dove vai? Non hai capito? Gli ho raccontato tutto di te, da vero porco qual’è, l’idea gli piace proprio. Ora abituati anche tu all’idea. Mi teneva per i capelli in corridoio parlandomi a bassa voce all’orecchio. A nulla ovviamente valsero le mie proteste. Aveva deciso di dilatare i confini della mia schiavitù. Mi riportò, sempre tenendomi per i capelli, in camera, dove mi fece inginocchiare ed il professore mi prese a scrutarmi con divertito interesse. Era un uomo di quasi sessant’anni con tutti i capelli bianchi ed una pancia decisamente pronunciata. Ancora non mi capacitavo come mai io ero in ginocchio, facevo lo schiavo e lui invece se la scopava allegramente. Fu Lei a fare le presentazioni: al Professore dovevo dare del lei ed obbedire in tutto e per tutto. Il Professore infine si rivolse con un tono canzonatorio e beffardo: “sono contento che il mio amore abbia uno schiavo personale e l’idea di approfittarne mi piace. Potrebbe dare nuova energia alle nostre scopate. Anzi a questo proposito esaudirò un desiderio del mio piccolo amore. Tu stai a guardare.” E rivolto a Lei con tono secco: -non volevi farlo assistere ad una scopata? Mettiti a quattro zampe e spalanca le cosce. Lei eccitatissima obbedì subito ed il professore si sistemò dietro. Con la mano si stava masturbando, evidentemente aveva qualche problema con l’erezione. E pensare che io qui in ginocchio avrei ben di che soddisfarLa. Dopo qualche minuto di “maneggiamento” preparatorio entrò ed iniziò a muoversi con colpi brevi ma veloci. Lei teneva le cosce spalancate e la bocca aperta. Si vedeva che era eccitatissima dalla situazione. Non tardò a dedicarsi a me. Mentre il Professore la scopava lei girò la testa verso di me che in ginocchio osservavo tutto. E cominciò a parlarmi. La sua voce era interrotta da gemiti e sospiri che andavano a tempo con i colpi di reni del Professore: “Vedi, lui si che è un vero uomo. Lui sa come si tratta una femmina. Abbassati i pantaloni cretino, che voglio vedere il tuo inutile cazzo.” Mi abbassai subito i pantaloni ed i boxer ero ovviamente eccitatissimo. Il mio cazzo era durissimo. Il Professore intanto ansimava dietro di Lei, troppo concentrato per seguire quello che stava accadendo. “Vedi come mi scopa, vieni qui vicino metti la faccia vicino al suo cazzo ed alla mia figa, annusa l’odore di sesso.” Mi avvicinai al cazzo del Professore che stantuffava la Sua meravigliosa fica. “Dopo ti faccio pulire tutto con la lingua, merda.” Era eccitatissima, la bocca aperta, ansimava, respirava forte dalle narici: “non puoi sapere cosa ti perdi, è bellissimo. Solo stanotte mi ha scopata tre volte, questa è la quarta.” Poco dopo il Professore venne e cadde disteso a letto sfinito. Lei invece era ormai una furia, voleva evidentemente continuare a a sfogarsi contro di me. Si alzò dal letto per prendermi per i capelli, il Professore guardava e rideva. Mi colpì con due schiaffi molto forti. “Ti è piaciuto lo spettacolino, amore. Era un pezzo che volevo farti questo. Ed è solo l’inizio” Poi abbassò lo sguardo a guardarsi in mezzo alle gambe. Lo sperma del professore le iniziava a colare lentamente dalla fica lungo le cosce. Mi guardò sorridendo indicando con un dito le goccioline che colavano. “Lecca tutto adesso.” Mi prese la testa e se la schiacciò contro di sè. Dovetti leccare tutto lo sperma che colava. Mentre il Professore rideva e rivolto a Lei: “Che schifo, ma come l’hai ridotto. Vieni qui bambina lascia in pace quel poveraccio.” Ma Lei, non mollava la presa e premeva la testa tra le sue cosce per farsi pulire, era ormai senza freni. “Ancora una cosa paparino ti prego, permettimi di far pulire anche te.” Sempre tirandomi per i capelli dietro la nuca mi trascinò dal lato del letto del Professore che intanto diceva: “Ma no che schifo non sono mica frocio. Io, per parte mia mi permisi di mormorare un no ti prego. Lei mi alzò la testa e mi sibilò: “Tu taci, nessuno ha chiesto il tuo parere.” E sigillò queste parlo con l’ennesimo schiaffo. E poi rivolta al Professore: “dai ti prego, hai detto che mi avresti fatta divertire, poi se vuoi te lo presto e ci fai quello che vuoi, ma adesso voglio che ti pulisca il cazzo.” Ed il professore, sbuffando: “ma io non voglio farci niente con questo qui. Comunque va bene basta che poi la pianti.” E dicendo questo alzò il lenzuolo e scoprì il cazzo già ammosciato all’ombra della sua pancia. Io ero terrorizzato, mi venivano letteralmente i conati di vomito solo all’idea di dove fare una cosa del genere. Anche se tutto sommato avevo dovuto leccare già due volte i suoi prodotti, farlo “dalla fonte” era per me impensabile, eppure. La cosa, semplicemente, mi ripugnava. Lui poi era un vecchio grasso decisamente poco attraente anche per il più affamato dei gay. Non ebbi però molto tempo per riflettere Lei mi aveva già trascinato vicino al suo cazzo. Chiusi gli occhi ed aprii la bocca. Pulii accuratamente l’uccello da tutti i rimasugli di sperma. Si mescolavano anche gli odori di urina e del sesso di Lei. Lei intanto controllava estasiata che eseguissi il compito alla perfezione. “Pulisci bene, succhia, non deve rimanere traccia. Non vorrai che il Professore debba alzarsi per lavarsi in bagno. Tu a cosa serviresti altrimenti.” Quando ebbi finito lei mi rimise in ginocchio ed abbracciò il professore ringraziandolo. Lui disse: “Ora basta però fai uscire il tuo uomo-cesso che voglio leggere. Lei mi ordinò di rivestirmi e di uscire. In salotto mi parlò con dolcezza. “bene, hai rotto anche questo tabù ora sei la servizio di ben tre persone, ma rimani pur sempre di mia proprietà. Ora vattene, il Professore non vuole averti intorno torna tra un’ora per fare le pulizie. E mi baciò sulle labbra.
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