Vieni stasera da me? Che palle! Mia sorella Enrica mi perseguitava: “Quand’è che vieni a conoscere Loretta? E’ una ragazza molto simpatica e carina, però è molto timida e non riesce a conoscere dei ragazzi. Le ho parlato di te, e sono sicura che andreste d’accordo…” Non era la prima volta che Enrica cercava di appiopparmi qualche squallida zitellona, e io non avevo nessuna voglia di fare da angelo consolatore per l’ennesima bruttona. Una sera però non riuscii proprio a trovare un pretesto valido per tirarmene fuori, e con la grande rottura di palle andai a casa di mia sorella a conoscer la famosa Loretta. Quando entrai, restai a bocca aperta come un cretino: altro che bruttona! Loretta era un figone pazzesco, con due tettine piccole e sode tutte da ciucciare e un paio di gambe ben tornite, e una boccuccia rossa che chiedeva solo cazzi da spompinare. Quattro chiacchiere, una tazzina di caffè; Loretta era simpatica, ma la presenza di mia sorella mi impediva di rompere il ghiaccio come avrei voluto. E invece alla fine fu propri Enrica a soccorrermi. Che mia sorella fosse una maiala lo sapevo benissimo, ma che quella sera avesse in mente un giochino a tre non mi era proprio passato per la testa: avrei dovuto pensarci, dato che non era davvero un mistero per me che oltre che troia fosse anche un po’ lesbica. – “Oh, Loretta, se sapessi che bell’uccellone ha il mio fratellino”. In una frazione di secondo mi abbassò la zip dei calzoni e mi snudò il manico. Feci per protestare, ma le sue dita calde ed energiche attorno alla mia asta mi zittirono. – “Ora vedrai che bestia diventa quando è duro…” Cominciò a smanettarmi, e in breve mi portò ad una erezione completa, malgrado l’imbarazzo che provavo nel sentirmi osservato da Loretta. Enrica chinò il capo sul mio cazzo e ne ingoiò golosamente la cappella, ciucciandomelo con una perizia da espertissima pompinara. Il colmo della troiaggine però lo raggiunse quando invitò Loretta ad unirsi a lei: – “Vuoi assaggiarlo anche tu?” – “Be’, non so se posso…” esitò Loretta, timida. – “Fai pure!” grugnii io, ormai arrapatissimo. Loretta si inginocchiò accanto ad Enrica e lasciai con gioia che la mia nerchia cadesse in balia di due bocche assatanate. Se Enrica succhiava e mordicchiava, Loretta non le era da meno leccandomi l’asta e la borsa dei testicoli. Mi abbandonai a quell’insperato, duplice pompino, almeno finché la mia porca sorella non suggerì all’amica: – “Perché non ti fai leccare la passerina da Mario?”. Loretta, che di minuto in minuto diventava sempre meno timida, si tolse in un baleno le mutande e venne ad accasciarsi sopra la mia bocca con la fichetta già umida di rugiada. Mi bastò sporgere la lingua per esplorare la carnosità frastagliata della sua vulva e il tenero bottoncino della sua clitoride. Doveva gradire, e molto, poiché il suo corpo cominciò ad essere scosso da un fremito. Nel frattempo, Enrica aveva cessato di spompinarmi e si era spogliata. Nuda, scosciata spudoratamente sulla moquette, si stava esibendo in un epico ditalino: era evidente che lo spettacolo di Loretta che si faceva succhiare la fica da me la eccitava fortemente, e il suo indice andava freneticamente avanti e indietro nella cavità slabbrata della sua passera bagnata. Ad un certo punto cessò di masturbarsi e si leccò lascivamente il dito, poi suggerì a Loretta: – “Cara, non sprecare quel bel cazzo turgido che è lì tutto per te! Sieditici sopra!”. Galvanizzata dalla leccata di fica, Loretta accettò con entusiasmo il consiglio e si accovacciò sulla punta della mia fava. Un attimo di esitazione, poi abbassò i fianchi lasciandosi penetrare fino in fondo alla vagina il mio stantuffo. Ci fu un attimo di resistenza poiché la fica di Loretta era stretta, non un passo carraio come quella di Enrica, ma poi i suoi tessuti cedettero al mio siluro invasore e la ragazza se lo pappò tutto fino in fondo con un gemito di piacere. – “Cavalcalo!” – la esortò mia sorella, riprendendo a masturbarsi – “stai in arcione finché non ti riempie di sborra!”. Che ne era stato della timida Loretta? Ora ad andare forsennatamente su e giù sull’albero della cuccagna del mio cazzo eretto c’era solo una femmina assetata di piacere che mi martoriava il membro nella stretta guaina muscolosa della sua bernarda ben lubrificata. Mi squassava, mi distruggeva, come se avesse una tremenda fame arretrata di cazzo. Ero già in procinto di spararle in pancia un getto di sperma quando mia sorella mi rimproverò affettuosamente allontanandomi con un buffetto: – “Golosaccio! Lasciane un poco anche a me di questa bella fichetta”. Non appena mi fui ritratto, Enrica si fiondò sulla passera di Loretta e cominciò a leccargliela avidamente, detergendola di tutte le secrezioni vischiose che vi si erano accumulate durante l’ingroppata. Arrapato com’ero, non trovai di meglio che ficcare l’uccello paonazzo nella boccuccia spalancata di Loretta. Bello, il pompino, però alla fine mi spazientì: ero o non ero io il manico della situazione? E poi, dalla bocca di Loretta avevo voglia di ritornare alla sua fregna, stretta come un tritacarne. Dissi così alla lesbicona: – “Sorellina dai a Cesare quel che è di Cesare e torna a farti i ditalini mentre io mi chiavo Loretta!”. Obbedì brontolando, e io misi Loretta a quattro zampe sul divano e la penetrai a pecorina. Due, dieci, cento colpi di cazzo dopo la portai a un orgasmo dirompente: la poverina urlò di piacere col viso rigato di lacrime di felicità mentre la mia mazza la portava al settimo cielo. Quando mi ritrassi dalla sua fica esausta e devastata, Enrica mi impugnò il cazzo e lo sentì ancora duro e pulsante. – “Mario, perché non le apri anche il culo giacchè ci sei? Sono certa che a Loretta piacerà molto!”. – “Non l’ho mai fatto…” mormorò la ragazza, timorosa. Enrica mi portò della vaselina, e dopo essermene unto abbondantemente la cappella divaricai con le mani le chiappe di Loretta le affondai nello sfintere il mio pistone di carne. Loretta si irrigidì ma tacque, e il mio uccello proseguì la sua corsa liscio come l’olio fino in fondo al suo ano. Loretta era scarmigliata, ansante, col viso imperlato di sudore. Dalle sue labbra semiaperte sfuggiva un rantolo sordo di godimento mentre io la sondavo fin nelle viscere con il membro durissimo. – “Lascia qualche goccia di sperma anche per me…” mi sussurrò Enrica, golosa. Mi ritrassi appena in tempo e rovesciai fiotti caldi di sborra sulle natiche e sulla schiena di Loretta, mentre quella porca di Enrica accoglieva con la punta della lingua i caldi goccioloni che correvano sul corpo dell’amica.
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