Dopo giorni e giorni di marcia nel deserto in continuo cammino verso sud, infine eravamo giunti alla città. La vidi ancora prima di avvicinarci, svettante nel deserto infuocato come una cattedrale inquietante di chissà quale divinità crudele. Le mura di mattoni gialli rilucevano alla luce del sole del mattino, decorate di arabeschi e piastrelle di ceramica di vivaci colori. La città era circondata da alberi di palma e oleandri, e l’oasi era brulicante di vita umana e animale: mercanti con le loro carovane di cammelli, uomini del deserto avvolti nei loro veli blu, neri seminudi che schiamazzavano e vociavano tra greggi di capre e oche starnazzanti. Prima di varcare le porte della città, l’uomo del deserto mi fece coprire completamente avvolgendomi in un ampio mantello scuro, e mi nascose il volto con un più sottile strato di garza, che mi lasciava una visuale scarsissima e mi soffocava: protestai debolmente, ma quello non volle sentire ragioni e dovetti sopportare quel trattamento. Il nostro piccolo gruppo si diresse con passo sicuro attraverso le stradine tortuose della città nel deserto, che mi parve molto simile alla città in cui ero stata venduta: era costruita con il medesimo stile architettonico, e popolata dalla stessa varietà di abitanti. Vi erano donne velate, bambini che giocavano nella sabbia, uomini dal volto arrogante che parlottavano tra loro, pigramente seduti fuori dai portoni delle loro case, e poi cavalli, muli, cani e galline che vivevano le loro vite mescolati agli eterogenei umani che popolavano quella sconosciuta città: noi camminavamo in silenzio, guidati dall’uomo del deserto che pareva avere molta familiarità con quel luogo, scivolando tra la folla senza badare a nessuno, scacciando i mendicanti con secchi gesti della mano sinistra, mentre la destra era saldamente serrata sulla mia spalla. Come per l’altra volta, non mi lasciò nemmeno un istante. Infine giungemmo davanti ad un grosso portone di legno istoriato, davanti al quale vi era un moro che faceva la guardia. L’uomo del deserto parlottò brevemente con il guardiano, indicandomi: e quell’altro allora aprì il portone. L’uomo del deserto mi diede una leggera spinta in avanti, ed io di nuovo venni colta da inquietudine: intuivo che qualcosa stava per cambiare, e l’incertezza di non sapere cosa mi tormentava. Ebbi qualche istante di esitazione, e una nuova spinta più forte mi fece barcollare in avanti, costringendomi a varcare quel portone. L’uomo del deserto varcò la soglia appena dopo di me, mentre il ragazzo rimase fuori coi due cammelli.Quando il portone si richiude dietro di noi, ebbi una fitta al cuore. Era come se sentissi che quel portone per me non si sarebbe mai più riaperto. Mi guardai fugacemente attorno, lanciando occhiate furtive da sotto il velo. Eravamo in un palazzo magnifico, dai lunghi corridoi decorati con mosaici e piastrelle, i pavimenti ricoperti di ceramica smaltata. Vi erano porte dalla forma tondeggiate e ampi cortili interni con fontanelle e giardini, che si susseguivano ad altri corridoi ove piccoli bracieri spargevano incenso profumato. In lontananza udii il suono di qualche strumento a corda, ma non vidi il suonatore né seppi riconoscere che strumento fosse: quel palazzo sembrava deserto, durante tutto il cammino non vidi nessuno ma di tanto in tanto qualche voce, maschile e femminile, mi fece capire che invece era popolato, che qualcuno viveva in quella splendida dimora. Anche qui, l’uomo del deserto sembrava a casa sua. Mi condusse con sicurezza attraverso quel labirinto di sale e di corridoi, fino a che non giunse ad una porta chiusa, più piccola delle altre, con una grata di ferro che permetteva di guardare attraverso. Una voce di donna parlò da dietro la grata, e l’uomo del deserto rispose. Allora la porta si aprì.Una donna nera, di età indefinibile, si affacciò dalla porta. Era coperta soltanto da un telo scarlatto che le avvolgeva i fianchi, i seni scuri erano nudi, e ornati da tatuaggi e anelli ai capezzoli. La donna aveva un turbante che le copriva il capo, e anche le orecchie e il naso erano traforati da anelli dorati, e gli occhi scuri mi scrutarono a lungo, indagatori, mentre parlava con l’uomo del deserto, da sotto il velo riuscivo a vederla mentre mi lanciava occhiate che mi fecero di nuovo essere preda della paura. Infine, dopo qualche istante ancora, la donna mi afferrò per un braccio e mi tirò con sé oltre la porta. Io lanciai un’occhiata disperata all’uomo del deserto, ma egli mi ignorò totalmente, sembrava che non esistessi più per lui, la merce era stata consegnata e il suo compito evidentemente era terminato; diede un ultimo saluto alla donna seminuda, volse le spalle e si allontanò a grandi passi per i corridoi silenziosi.La donna mi condusse in un’ampia sala, interamente piastrellata di maioliche di vari colori e disegni floreali, con al centro una enorme vasca rotonda colma d’acqua, al centro della quale zampillava una fontanella; la stanza era ammobiliata con poche suppellettili, qua e là vi erano cubicoli piastrellati sui quali si poteva stare seduti o sdraiati, e ai lati dei cubicoli vi erano orci e vasi che spandevano aromi di varia natura. Con modi spicci e anche un po’ bruschi la donna mi spogliò completamente, e mi fece sedere su uno dei cubicoli: e iniziò ad occuparsi del mio corpo, lavandolo con una spugna imbevuta d’acqua e un unguento profumato di rose, per poi passare ai capelli, che pettinò con cura, asciugandoli con un telo di lino per poi renderli luminosi impregnandoli di olio di mandorle. Le sue mani si muovevano rapide su di me, ed io rimasi docile e in silenzio, apprezzando quelle cure, anche se in cuor mio mi chiedevo a cosa sarebbero servite… Quella donna passò ore a ungermi il corpo con unguenti profumati, massaggiandomi sapientemente, indugiando a lungo sul seno e sulle natiche, come se fossero le parti che più erano degne di essere massaggiate e lisciate; mi ammorbidì le piante dei piedi con la pietra pomice, mi limò le unghie delle mani e dei piedi e le dipinse con uno smalto scarlatto; poi mi tinse i capezzoli con un belletto rosa, per rendere il colore delle areole più intenso, mi strofinò i denti con foglie di salvia e mi fece bere un infuso alla menta, che rese fresca la mia bocca; mi ammorbidì le labbra con burro di cocco. Poi mi fece sdraiare sul cubicolo, e con gesti decisi mi intimò di allargare le gambe… io eseguii, anche se provai una fitta di vergogna quando cominciò a tagliarmi parte della fine peluria bionda che avevo sul pube, lasciando soltanto un fine vello che ammorbidì a lungo con un unguento al profumo di miele. Mi unse anche le labbra del sesso e il clitoride, ridacchiando quando sentì sotto le sue dita la mia reazione ai suoi sapienti tocchi; indugiò anche sull’ano, ungendolo e massaggiandolo con movimenti circolari attorno al buchetto. Mi scrutò a lungo la fessura tra le gambe, scostando delicatamente le labbra per guardarmi dentro: e parve soddisfatta di ciò che vide. Non tralasciò neppure di esaminare l’orifizio anale, aprendomi le natiche con le mani e saggiando la resistenza e le dimensioni dell’orifizio con leggere pressioni di un dito, avendo cura di non penetrarlo mai totalmente. Man mano che proseguiva con le sue attenzioni, l’inquietudine dentro di me cresceva. Quella donna mi stava preparando per qualcosa che doveva ancora succedere… mi stava rendendo piacevole e attraente, occupandosi del mio corpo e in particolare di alcune parti, del mio corpo, che evidentemente sarebbero dovute essere presto il centro dell’attenzione di qualcosa, o di qualcuno… chiusi gli occhi, incominciando a capire quale sarebbe stato il mio destino. Fin da quello sventurato giorno in cui la nave di mio padre fu attaccata dai pirati, ero stata preservata dalla sorte peggiore per uno scopo… i pirati mi avevano mantenuto inviolata per potermi vendere ad un prezzo maggiore, e l’uomo del deserto si era accuratamente accertato della mia verginità, in quella piazza gremita di gente, prima di comprarmi… e ora anche questa donna, che mi scrutava nelle mie intimità per confermare ciò che l’uomo del deserto aveva garantito… mentre mi stava evidentemente preparando per l’incontro con colui che avrebbe goduto della mia verginità. Mi venne da piangere, ancora una volta fui assalita da un senso di disperazione e solitudine, mentre la donna terminò di dedicarsi al mio corpo e mi fece rialzare in piedi. Iniziò allora a vestirmi… mi cinse i fianchi di veli trasparenti, sovrapposti l’uno sull’altro per creare un gioco di ombre e che lasciava intravedere le mie forme ma senza rivelarle apertamente…mi coprì appena i seni con un corpetto di seta adornato di perline e pietre preziose, mi cinse le braccia e le caviglie di bracciali tintinnanti e mi infilò anelli d’oro nelle dita delle mani e dei piedi. Mi coprì il capo di una coroncina di catenine d’oro che ricadevano ai lati del mio volto, e vi sistemò un velo di pizzo trasparente, che non celava le fattezze ma che le velava appena; e mi cinse i piedi di morbidi sandali tempestati di perline. Infine, si scostò da me e mi osservò a lungo, annuendo compiaciuta. Rimasi in piedi, immobile, adornata di quelle vesti sensuali che evidenziavano le forme del mio giovane corpo liscio e profumato rendendolo ancora più attraente e invitante, mentre quella donna mi esaminava come si fa con un proprio manufatto appena costruito: poi si avvicinò a me e mi prese per un braccio, e mi condusse fuori dalla sala da bagno, attraverso un lungo corridoio terminante con una imponente porta chiusa, sorvegliata da due enormi uomini neri. Quando la porta si aprì, seppi che il mio destino si stava per compiere La grande porta di legno e ferro si aprì, e la donna nera che mi accompagnava mi spinse dentro, senza entrare, richiudendo immediatamente la porta alle mie spalle. Il tonfo che ne seguì fu per me il sigillo che segnò la definitiva chiusura con il mio passato. Ero entrata in un mondo nuovo, dal quale non sarei più riuscita a uscire. Rimasi immobile, in piedi, guardandomi attorno impaurita: mi trovavo in una sala dalle pareti e il soffitto smaltati, immersa in una diffusa penombra, con la fioca luce che filtrava dalle persiane di legno chiuse; la stanza era arredata unicamente con bassi divanetti, tappeti e cuscini ricamati con colori vivaci, oro e pietre preziose, e vi erano diversi bracieri che spandevano un odore dolciastro che mi stordì. Udii anche il suono di uno strumento a corda, e cercai di individuare la provenienza di quel suono. La stanza era piena di donne. Saranno state circa venti, sdraiate sui divanetti o sedute sui tappeti, appoggiate mollemente ai cuscini di seta, che fumavano da grossi narghilè sparsi in quantità sul pavimento. Fugacemente feci scorrere lo sguardo su quelle donne: erano more, brune, alcune dagli occhi di taglio orientale, altre dai lineamenti leggeri e la pelle più chiara, altre ancora quasi bianche, dai lunghi capelli scuri e lisci. Erano tutte giovani, e belle, alcune vestite di veli e sete sgargianti, altre ancora seminude, coperte solo da intrecci di catenine dorate da cui pendevano perle e pietre preziose. Mi stavano guardando tutte, sentivo i loro occhi puntati su di me, insistenti, alcuni sfrontati, altri ostentatamente ostili. Ebbi una fitta al cuore, di nuovo provai paura. Poi lo vidi. Era sdraiato su una coltre di cuscini e tappeti al centro della stanza, circondato dalle donne che quasi lo nascondevano alla mia vista: un uomo scuro, dal volto duro e dagli occhi taglienti, con una folta barba scura che gli celava parte del viso. Poteva avere circa cinquant’anni, ma davvero non riuscii a capirlo da quella prima fugace occhiata; era vestito con ampie stole di seta dai colori sgargianti, il capo coperto da un turbante. Stava placidamente fumando da un narghilè che una delle donne reggeva per lui: lei gli portava il beccuccio alle labbra, lui aspirava una boccata, e poi lei allontanava il beccuccio e aspettava che lui avesse finito di espirare il fumo acre e denso; poi riavvicinava il beccuccio alla bocca di lui, senza che questi le facesse alcun cenno, era lei che indovinava il tempo della boccata successiva, come un rituale che si ripeteva da anni, sempre uguale. La donna era vestita solo con una fascia di seta verde che le cingeva i fianchi, ed era inginocchiata accanto all’uomo, alla sua destra: l’uomo fumava e le accarezzava il seno, palpandola insistentemente con la mano aperta. Alla sinistra dell’uomo vi erano altre due donne seminude, accovacciate su di lui, con i volti che quasi sfioravano il suo inguine; la mano sinistra dell’uomo era posata sulle natiche di una delle due, e di tanto in tanto la spostava frugandola nell’intimità. La donna pareva gradire, inarcando la schiena per offrirsi ancora di più a lui. Molte altre donne erano sedute attorno, ed una tra esse, una mora dai lunghi capelli crespi che le scendevano fin sotto la schiena, era distesa sui tappeti del pavimento appena sotto il sofà dell’uomo, completamente nuda, mentre lui appoggiava i piedi su di lei, uno all’altezza del seno e uno all’altezza del ventre. L’uomo mi fissava e io non sapevo che fare. Ad un tratto l’uomo disse qualcosa in quella lingua che continuavo a non capire, ed una delle donne si alzò e venne verso di me. La guardai: era una ragazza dalla pelle chiarissima, coi capelli castani, lisci e lunghi fin sotto le spalle e gli occhi verdi e penetranti, la bocca piccola dalle labbra carnose, il nasino graziosamente rivoltato all’insù. Era davvero bella, il corpo sottile e flessuoso, le mani affusolate adornate di anelli e bracciali. “Inchinati, svelta!” mi disse, ed io sgranai gli occhi dalla sorpresa: mi aveva parlato in francese! “Ma dove sono….” le risposi usando la medesima lingua; fortunatamente mio padre mi aveva obbligato a studiare le lingue straniere, in previsione della cessione della sua attività a me e ai miei fratelli, e dunque capivo e parlavo perfettamente l’inglese, il francese e il portoghese. “Non fare domande, il tuo futuro dipende da ciò che farai ora, inchinati e fai sempre quello che ti dirò io!” La ragazza parlava veloce, in tono basso, e sembrava ansiosa che io obbedissi, il volto preoccupato mi lanciava occhiate significative. Mi inchinai, a quell’uomo sconosciuto che non smetteva di fissarmi. “Brava, così… ora avvicinati a lui, tieni sempre la testa bassa e non guardarlo mai negli occhi”. La ragazza aveva un tono dolce, rassicurante, mi prese per mano e mi guidò portandomi al cospetto di quell’uomo. Nuovamente venni presa dalla paura, sentivo gli occhi di tutte puntati addosso, mi sentivo scrutata, valutata, giudicata. Io le obbedii, stringendole convulsamente la mano. Avevo iniziato a tremare e non riuscivo a smettere. “Non avere paura, compiacilo in ogni cosa che ti dirà e andrà tutto bene” mormorò lei, avvertendo il mio timore… ma ciò che disse non mi rassicurò affatto. Giunsi infine a due passi da quell’uomo scuro, tenendo sempre la testa bassa così come mi era stato detto di fare. Egli mormorò qualcosa. “Ora spogliati… e ricordati che sei qui per lui. E’ il tuo padrone, la tua vita è nelle sue mani. Spogliati.” La ragazza mi sussurrò queste parole e mi lasciò la mano, scostandosi da me. Venni presa dalla disperazione… dunque ero nuovamente oggetto delle voglie lascive di un uomo, e questa volta dovevo volontariamente offrirmi a lui, mostrando il mio corpo che era stato unto e profumato apposta per lui, preparato come un oggetto prezioso pagato a caro prezzo… ma non avevo scelta, e dunque iniziai a levarmi i veli, uno ad uno, lentamente, mentre quell’uomo mi guardava senza parlare, circondato dalle sue donne che mi fissavano con chissà quali pensieri. E i veli caddero, e così anche il corpetto che mi copriva il seno… rimasi nuda, con addosso soltanto gli anelli e i bracciali che tintinnavano ad ogni mio movimento, e la coroncina di catenine dorate che incorniciava il mio volto. L’uomo mormorò ancora qualcosa, in tono pacato, mentre non smetteva di fumare dal narghilè, e il fumo acre giungeva fino a me e mi stordiva, mi sentivo strana, in quella sala fumosa e in penombra, pregna di un’atmosfera languida e lasciva. “Gira su te stessa… ti vuole guardare tutta” La voce della ragazza che parlava francese mi giunse da poco distante. Obbedii, compiendo un lento giro per poi ritornare di fronte all’uomo. Improvvisamente egli disse qualcosa e batté le mani, e le donne che gli stavano attorno si scostarono da lui; anche quella col narghilè si allontanò, deponendo l’arnese poco distante da lei. “Inginocchiati” disse la ragazza ” e avanza fino a lui. Non aver paura, io ti starò vicino. Mi ha scelta per aiutarti.” La sua voce era gentile e calma, e fu l’unica cosa che mi impedì di scoppiare in lacrime, mentre mi inginocchiavo al cospetto di quell’uomo e avanzavo carponi verso di lui, come un animale in presenza del suo padrone. Tenevo sempre lo sguardo basso, mentre ormai ero giunta così vicino a quell’uomo che il mio viso gli sfiorava le ginocchia; con la coda dell’occhio vidi che la ragazza dagli occhi verdi si era avvicinata e si era seduta accanto a lui. “Ora prenderà possesso di te” mi disse tranquilla, come fosse una cosa assolutamente naturale. “Fai tutto quello che ti dico e andrà tutto benissimo.” Mentre parlava avvicinò le mani all’inguine dell’uomo e gli scostò le vesti, che erano composte da molteplici strati di teli e si aprirono agevolmente, scoprendogli il membro già eccitato, scuro e diritto, circondato da ciuffi di peli nerissimi e ricciuti. “Rendi omaggio al tuo padrone… bacialo.” La ragazza scostò le vesti dell’uomo lasciandolo nudo dalla cintola in giù. “No… non posso, non posso!” Ebbi un fremito di orrore, scuotendo la testa con un singhiozzo. Avevo giù subìto l’inenarrabile, da quando la mia tragica disavventura era cominciata, ma fino ad allora ero stata costretta a farlo, non avevo mai dovuto volontariamente compiere certe cose… “Fallo, o finirai nell’inferno più nero che la tua mente possa concepire!” Furono le parole della ragazza, veloci e concitate, in aperto contrasto con il sorriso che manteneva sul suo volto pacato… credo che non volesse far capire agli altri ciò che stava accadendo, evidentemente solo io e lei conoscevamo il francese e questa fu la mia fortuna. Disperandomi, mi feci forza e mi avvicinai ulteriormente a quell’uomo, in ginocchio, fino a che la mia bocca non sfiorò quel membro eretto e in attesa, con i miei seni nudi che gli accarezzavano le gambe. Lo baciai, posando le labbra sul glande lucido e teso, ed il suo fallo ebbe un fremito. “Brava…” sentii che la ragazza mi stava accarezzando i capelli, mentre mi parlava con voce suadente. Poi staccò la mano da me e la abbassò a prendere delicatamente il membro di lui, sollevandolo quel tanto che bastava per portarle la punta contro la mia bocca. “Ora accoglilo in te” disse, mentre mi strofinava il glande sulle labbra. Chiusi gli occhi, cercando di ricacciare le lacrime, ed aprii la bocca… e la ragazza guidò quel membro duro ed eretto dentro le mie labbra, spingendomi poi delicatamente la nuca verso l’inguine dell’uomo, costringendomi a farlo entrare tutto dentro, fino a che le labbra non toccarono i peli ricciuti del pube. Mugolai e gemetti, mi sentivo soffocare ed ero umiliata e angosciata per ciò che stavo facendo… sentivo che l’uomo aveva iniziato ad ansimare, e stava grugnendo qualcosa di incomprensibile. “Non si aspetta che tu sia esperta, imparerai col tempo… tienilo in bocca, e lambiscilo da dentro con la lingua.” Mi sentivo una prostituta, che eseguiva gli ordini della maitresse con un cliente particolarmente importante. Eseguii, lasciando che la mia lingua lo accarezzasse, inumidendolo di saliva mentre lo sentivo farsi sempre più duro dentro di me, la mia bocca lo conteneva appena. “Sei bravissima… ora suggilo piano… continuando a leccarlo… fino a che egli lo vorrà” Feci come quella ragazza mi diceva, mentre sentivo che l’uomo mugolava con il respiro affrettato, mi sentii ancora accarezzare i capelli mentre inginocchiata e nuda compiacevo quell’uomo con la mia bocca. Fui costretta a tenerlo ancora a lungo, sembrava che non ne avesse mai abbastanza… mi sentivo dolere e soffocare, alle nari mi giungeva l’odore forte del suo corpo eccitato, mentre incessante lo leccavo e lo accarezzavo con le labbra, cercando di fare come mi aveva detto la ragazza. Poi finalmente grugnì qualcosa, e sentii la voce di lei che mi diceva: “Ora basta… sdraiati sui tappeti.” Ebbi un tuffo al cuore… mi scostai dal suo inguine facendomi scivolare fuori dalla bocca il suo fallo duro e lucido della mia saliva, mentre mi piegavo all’indietro, posando la schiena sui tappeti. Ora potevo vedere la stanza gremita di donne, mi stavano guardando tutte, riuscivo a scorgere le espressioni eccitate dei loro volti, gli occhi che lanciavano lampi mentre attendevano ciò che già sapevano che sarebbe accaduto. L’odore pesante e dolciastro che aleggiava nell’aria calda di quella alcova mi rallentava i pensieri e mi ottundeva i sensi… mi sentivo la testa farsi sempre più leggera e le membra pesanti, mentre mi sdraiavo supina come un passivo oggetto agli ordini altrui. “Offriti a lui.” Il tono più perentorio della ragazza quasi mi sorprese, mentre mi si avvicinava inginocchiandosi accanto a me. “Cosa sarà di me…” riuscii a mormorare, mentre lentamente flettevo le ginocchia avvicinando i piedi alle natiche. “Sei una schiava… sarà ciò che vorrà il tuo padrone. Dischiudi le gambe e offriti a lui.” furono le parole di lei, senza possibilità di replica. Allora allargai le ginocchia ed esposi la mia intimità alla vista di quell’uomo, fremendo. Il mio petto si alzava e si abbassava, avevo il respiro affrettato per la tensione, e per altre strane sensazioni che inaspettate si affacciavano alla mia mente… L’uomo si alzò dal divanetto, e avanzò verso di me. Era completamente nudo ora, tranne che per il turbante che ancora gli copriva il capo, e il suo fallo duro svettava eccitato sfiorandogli il ventre fino all’ombelico. Si inginocchiò di fronte a me, guardandomi insistentemente tra le gambe: inspirò forte, e disse qualcosa. La ragazza allora allungò una mano verso di lui, prendendogli il membro ed avvicinandolo al mio sesso. Sentivo il glande che sfiorava le mie labbra, insinuandosi piano per allargarle appena, ancora soltanto appoggiato alla mia fessura inviolata. “Stai per donargli il tuo bene più grande…” mormorò piano la ragazza. “La tua verginità gli appartiene, come tutto di te… offriti al tuo padrone, schiava…” Gemetti, mentre sentivo che il suo membro spingeva contro il mio sesso, cercando di insinuarsi nelle mie carni. “Mi fa male…” mi lamentai, quando con una spinta più decisa delle altre il suo glande mi allargò le labbra facendosi varco di poco. “E’ giusto che sia così” rispose tranquilla la ragazza. “Grida finché vuoi.. a lui piace. ” Sorrise e staccò la mano dal sesso di lui, tornando ad accarezzarmi i capelli. L’uomo mi afferrò rudemente per i fianchi, e spinse ancora una volta, strappandomi un urlo nel sentire il suo fallo che si faceva largo in me, aprendomi. Provai dolore, una sorta di lacerazione bruciante che mi attanagliava il ventre. “Brucia… mi brucia dentro….” gemetti, scuotendo la testa con una smorfia. L’uomo si piegò sopra di me, ora mi torreggiava addosso mentre le sue mani mi artigliavano le carni… osai guardarlo in volto, e vidi che aveva un ghigno compiaciuto. “Imparerai ad apprezzarlo… sei sua, ora.. e ti prenderà ogni volta che ne avrà voglia…” La ragazza era tranquilla, mi guardava con espressione dolce. L’uomo diede un’improvvisa spinta coi reni, tenendomi ferma per i fianchi: ed affondò di colpo tutto il membro dentro di me, facendomi urlare. Lo sentii duro e grosso che mi penetrava fin nel profondo, non avevo mai provato una sensazione simile, qualcosa che entrava dentro nel mio corpo e ne prendeva possesso, le mie carni si aprirono docili al passaggio di lui, forzate dal suo fallo impietoso. Gridai e piansi, vinta dal dolore: ma quell’uomo non si fermò, anzi continuò dandomi colpi continui con secche spinte dei reni, affondando e ritraendosi, e poi affondando ancora, eccitato dai miei gemiti. “Mi fa male.. basta… basta…” supplicai, mentre lui si stendeva su di me, sentivo il suo corpo scuro e sudato schiacciarmi a terra, sentivo i suoi ansimi sul mio collo, mentre freneticamente mi penetrava, e io mi guardavo disperatamente attorno, cercando un aiuto che non sarebbe mai potuto giungere… le altre donne erano lì a guardarmi eccitate, alcune si stavano accarezzando tra loro, nude e allacciate in osceni abbracci, mentre la ragazza dagli occhi verdi sorrideva serafica, continuando ad accarezzarmi la testa. “Sei bravissima… ” mormorò lei, mentre l’uomo continuava a possedermi sempre più violentemente, aprendomi con una furia spietata, mentre io cercavo di allargare le gambe quanto più possibile per facilitare quella frenetica penetrazione… le ondate di dolore lancinante erano progressivamente diminuite, ora percepivo che il passaggio del membro dell’uomo era reso più agevole dagli umori che avevano incominciato a uscire dal mio sesso… quel fallo duro e possente stava producendo strane sensazioni nel mio corpo… “Bas.. ta… ” ansimai, ma il tono di voce mi uscì molto diverso ora, inframmezzato da gemiti che non erano di dolore… guardai negli occhi la ragazza, e lei mi sorrise e non rispose, e rimase a guardare mentre l’uomo mi possedette ancora a lungo, mugolando e grugnendo, fino a che non sentii che il suo fallo era diventato ancora più grosso dentro di me… e improvvisamente l’uomo urlò selvaggiamente, inarcando la schiena per darmi un colpo fortissimo che mi strappò un grido, mentre le sue unghie affondarono nei miei fianchi artigliandomi… sentii una sensazione di caldo dentro, qualcosa di liquido che mi inondava, e capii che l’uomo aveva raggiunto il culmine del piacere…. gridai e ansimai, la testa mi girava e mi sentivo soffocare dal peso del corpo di lui, e gemetti mentre un improvviso fremito pervase il mio corpo, e un’ondata di piacere mi pervase… il respiro si fece più affrettato e l’ondata di piacere mi lasciò stremata.
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