L’infoiata che mi presi la notte che i miei, credendo di essere tranquilli pensandomi addormentata, si produssero in tali numeri che alla fine la mia povera passerina era tesa come le corde di un violino, si ripetè una seconda volta quando fui svegliata da un trambusto che mi preannunciava una delle tante scorribande di papà con mamma. Faceva caldo ed ero tutta nuda sotto il lenzuolo. Piano piano sbirciai come ero solita fare al di sopra del loro letto e questa volta mamma era sdraiata sul dorso con le cosce spalancate a mostrare una fica che aveva il pelo che le arrivava alle cosce e fin sotto l’ombelico: al bosto del bocciolo come ho io, aveva un clito rizzato alto almeno mezzo mignolo che papà con diligenza le succhiava. Lei si contorceva tutta di piacere sotto la bocca di mio padre che la lavorava a regola d’arte e la sentivo rantolare: con la mano libera papà le prese un seno e strizzò il capezzolo e dopo poco la sentii ansimare “….Adesso…. adesso vengo….. continua a leccare…. Mettimi dentro anche il dito….. tutto… tutto.. così…ah…ah..”. Sono scene che ti mettono in corpo una fregola da non riuscire a darti pace nemmeno menandotela; erano talmente occupati e presi a ciucciarsi a vicenda che non si accorsero che sgattaiolai fuori dal divano così , nuda com’ero, e uscii dalla camera dirigendomi verso quella dove dormiva Giovanni. Entrai senza far rumore e lo scossi piano fino a svegliarlo. Mi guardò sbigottito e gli feci segno di star zitto e di seguirmi. Tornammo insieme in camera di papà e gattoni gattoni io avanti e lui dietro entrammo. Giovanni nel sentire gli ansimi e nel vedere la scena, si eccitò subito e iniziò a baciarmi e slinguazzarmi il buchetto del culo indi più in basso la vagina già piena di umori.Più Arnaldo ed Evelina trombavano più lui ci dava dentro di lingua; io ero in uno stato di beatitudine: ad un certo punto sentii la sua cappella premere il mio accesso da dietro ed indietreggiai per facilitargli il compito. Con tutta la sbroda prodotta entrò come una lama calda nel burro, senza difficoltà e si diede a stantuffarmi strizzandomi le tette con le mani. Papà e mamma sbuffavano come treni e noi non eravamo da meno: un copioso clistere caldo mi avvisò che Giovanni era venuto e anch’io, che nel frattempo mi ero impegnata menandomi il clito, non fui da meno: In silenzio, dopo avermi baciata, se ne uscì ed io tornai al mio divano appena in tempo perchè mamma, probabilmente tutta un lago, scese dal letto per andare in bagno a farsi un bidet. Dopo queste avventure notturne, mamma si assentò un’altra settimana e papà riformulò l’invito a prender posto vicino a lui per la notte. Quando mio padre tornava a casa, il più delle volte dormivo. Ed ecco che una sera ricominciò. Eravamo andati a letto insieme, e cercandomi con la mano, tentoni, chiese: “Cos’hai fatto oggi tutto il giorno?”. “Niente di particolare, le solite cose…” risposi. Si stava insinuando nella scollatura della camicia, e io mi tenni le mani sui seni, “Sei stata a scuola?”. “Sì”. Cercò di scostarmi le mani per arrivare al seno. “Hai insegnanti nuovi?”. “Sì, pa’…”. “Beh…attenta ai maschi che ti possono palpare così…!”. Mi aveva agguantato un seno e ci giocava… “Ma, pa’…”. “E il prof di Educazione fisica…?”. “Abbiamo una prof, pa’…”. “Ah sì? Mi lasciò il seno e mi afferrò in mezzo alle gambe, così rapidamente che non feci in tempo a chiuderle, e tenne nella mano la mia fichetta calda. “Per favore, papà..” cominciavo a respirare con affanno, perché stava risvegliando la mia voglia “per favore… papà……”. “Sai…….” balbettò “sai…… se per caso Giovanni.. cominciasse di nuovo a giocare così con te…” e prese a lavorarmi per bene il clito “o se addirittura volesse far qual cosa del genere…” e tentò di ficcarmi dentro il dito “non permetterglielo”. “No, papà… no… ma lasciami…”. Chiusi le gambe, feci uno scarto col sedere e mi liberai. “Sì… sì,” disse “d’accordo…”. Il tarlo del dubbio ormai si era trasformato in certezza: papà ci provava. Avevo invece paura di me stessa. Quei palpeggiamenti mi eccitavano da morire. Ero pervasa dall’improvviso desiderio di chiavare, di ricambiare le sue carezze, e dalla brama di allungar la mano verso il suo magnifico uccello, e tutto questo mi dava ansia. Pensavo che sarebbe stato capace di strapazzarmi se solo mi fossi azzardata a manifestare quel desiderio. Credevo che volesse mettermi alla prova. Ma ecco che dopo un paio di notti ricominciò. Questa voltauesta voltaQ stavo dormendo profondamente e furono le sue carezze a svegliarmi. Era sdraiato molto vicino a me, mi aveva scoperto i seni e giocava con i capezzoli. Li toccava con una tal delicatezza che quelli stavano su, erti e duri. Finsi di dormire, ed ero curiosissima di sapere quel che intendeva farmi. Immaginavo dove volesse arrivare. Rimasi immobile. Ed ecco che mi afferra un seno e comincia a baciarne e a leccarne l’areola. Istintivamente un fremito mi attraversò tutto il corpo. Ma respirai profondamente, fingendo di dormir sodo. Leccava, succhiava, mi stringeva le tette, immobilizzandosi a ogni mio sussulto. Allora pensai che volesse verificare se ero sveglia, e finsi ancor meglio di dormire. D’un tratto sollevò il lenzuolo e m’alzò la camicia da notte. Il cuore cominciò a battermi forte, per la paura e il desiderio, ma continuavo a credere a una sorta di esame. Era un pensiero indistinto e confuso che mi dominava, confondendosi all’eccitazione dei sensi. Sedendo nel letto accanto a me, mi aprì con cautela le gambe. Lo lasciai fare, ormai priva di volontà. Ma quando mi passò la mano sulla passera non potei far a meno di reagire con un sussulto, e allora s’immobilizzò nuovamente. Simulai un lieve russare, come se niente stesse accadendo. E allora si pose tra le mie gambe oscenamente divaricate, e rimase sopra di me facendo leva sulle braccia e sfiorandomi solo con la punta dell’uccello. Non riuscivo a dominare l’eccitazione e quando il suo uccello caldo mi batté leggermente contro la passera, sobbalzai. Non smisi però di simulare quel lieve russare. Avvicinava la coda solo all’ingresso e, reggendola, la sfregava leggermente sulle labbra eccitandomi moltissimo. Attendevo… speravo ad ogni istante che me lo ficcasse finalmente ben dentro, ero quasi fuori di me. A quel punto, vuoi per la tensione vuoi perchè s’era accorto che colavo sugo in quantità rispondendo indirettamente alle sue stimolazioni, scaricò una quantità enorme di sperma. Quel flusso caldo mi annaffiò i peli e il ventre, e subito dopo lui si ritrasse da me, piano e con cautela, per non svegliarmi. Mi fu finalmente chiaro quali fossero le sue vere intenzioni. Mi parve però piacevole essere considerata da papà una donna desiderabile. Avevo, per così dire, una oscura sensazione, come se da quel momento non dovessi più temerlo: sì, come se tutto mi fosse permesso. La volte successiva non dormii, feci solo finta. Feci bene. Mio padre controllò se mi fossi addormentata. Quando cominciai a respirare profondamente, si avvicinò. Questa volta alzò subito la coperta e si stese accanto a me, avvolgendomi con la gamba. Dapprima rimase fermo, stretto alla mia coscia, perché giacevo supina. Mi alzò piano la camicia, e io sentii il suo cazzone che si rizzava lentamente. Continuò ad alzarmi la camicia, fin quasi sotto il collo. Poi prese di nuovo a giocare con i miei seni, baciò e succhiò i capezzoli, e io ero scossa dal desiderio. Pensai che anche quella volta avrebbe solo esperito un timido tentativo, eiaculando fuori, e che sarei andata ancora in bianco. Tuttavia non osai far finta di svegliarmi. Fece scorrere la mano verso il basso. Mi aprì ancora le gambe. Non gli fu difficile, perché le avevo istintivamente già schiuse. Quando mi sfiorò con le dita non mi trattenni e cominciai a dimenare un po’ il sedere. Dalla notte precedente sapevo che lui avrebbe comunque creduto che stessi dormendo. Il mio movimento lo eccitò al punto che mi montò subito sopra, e non appena sentii la grossa testa calda del suo arnese nei pressi della mia fichina, io, sopraffatta dal desiderio, cominciai a spingere più forte, e offrendomi abilmente cercavo di farlo scivolar dentro. Sarà che l’eccitazione gli aveva tolto ogni remora, sarà che pensasse che il mio sonno fosse davvero pesante, fatto sta che anche lui cominciò a colpire con più impeto della notte precedente. Io restituivo ogni colpo. I nostri sessi miravano a congiungersi, e d’un tratto lui mi fu dentro, fin dove gli fu possibile. Inavvertitamente esclamai: “Ahhhh… che….che…. bello”. Rimase immobile, con quel suo palo ben piantato per tre quarti dentro di me. Io ero ormai consapevole di non aver più niente da temere, e gli parlai, come se mi fossi appena svegliata mettendo a segno un paio di lievi colpi verso di lui. Si spaventò, ma non ebbe la forza di lasciarmi. “Papà…..che bello…sto sognando…sono tutta piena di te……” sussurrai con voce resa dolce e roca dalla foia.. E mentre così parlavo i miei colpi di culo si facevano più violenti. “Non faccio niente..che ormai ti possa far male….anzi….” sussurrò lui “Beh papà… stiamo…..chiavando……no.?”. “Non ricordavo che ci fossi tu…credevo fosse mamma….”abbozzando una scusa. Mangiai la foglia e risposi: “Beh, sono io… sono io, papà… sono Tina…non mamma”. Ma ad ogni “sono io”, stimolata dal suo manico, non potevo far a meno di dare un colpo ben assestato. . Ormai mi pesava addosso, mi afferrò i seni e, senza rispondermi, cominciò a menar colpi in piena regola e senza più remore. Io, tenendolo ben avvinto, gli sussurrai all’orecchio: “Questo è bello… papà… ma ho paura… ah… papà… ah, più forte… più forte… ah… così va bene… ma attento a… non inguaiarmi” “Non preoccuparti…,” rispose lui “sto attento….nessuno.. saprà… mai”. Colpì con maggior veemenza. “Sì… si… è così che si fa… sei in gamba Tina… in gamba…” Chiesi audacemente: “Papà….ti piace.?”. “Sì… sì… sì…” e mi cercò il seno con la bocca. “Ogni volta che tu vorrai… sarò pronta” sussurrai “scoperò con te…”. “Sta’ tranquilla.., sì… andrà bene…”. “vengo…… più forte… più forte… ah… così…!”. Ero al settimo cielo: mi resi allora conto che avevo atteso quel momento a lungo, e ormai mi sembrava che tutto mi fosse permesso. “Papà,…. dai…. vieni anche tu assieme a me…?”. “Sì, adesso… adesso… Tina… adesso… ah, è bello…” e venimmo insieme in un lago di umori mentre gli strizzavo le palle con una mano e con l’altra gli massaggiavo il buco del culo. Così allacciati ci addormentammo. Il giorno successivo mio padre si mostrò imbarazzato, come non era mai stato. Mi parlava a voce bassa e quasi senza guardarmi in faccia. Lo evitai e attesi la sera. Quando fummo a letto, strisciai accanto a lui. “Papi…” sussurrai “sei arrabbiato…?”. Gli presi la mano e la misi sul mio seno nudo. “No…” rispose “non sono arrabbiato…” “Oggi non mi hai parlato…” “Ah… ….stavo pensando…” disse. “A che cosa? ..”. “Beh, voglio dire…” rispose, e mi accarezzava i seni protesi su di lui “voglio dire, che ci vogliamo proprio tutti bene in questa famiglia…..anzi…”. Infilai la mano sotto la coperta e gli acciuffai l’uccello, che si ingrossò subito nella mia mano, come un tubo di tela quando si riempie d’acqua. “… se vuoi…. ancora… lo facciamo……..ora…”. “Volentieri…..” ansimò lui. Gli montai sopra cavalcioni e mi ficcai dentro l’enorme pispolo. Lui mi tenne per i seni, e in pochi minuti iniziò a sbattermi con tale foga che venni prima di lui e lo inondai tutto; anch’egli sentendomi scaricare, sprizzò più volte fino a concludere. Da quelle notti papà fu molto più gentile e premuroso: non perdeva occasione per darmi una palpatina ogni volta che mi passava accanto, e io gli strofinavo la patta dei calzoni con un rapido gesto. Mi parlava del suo lavoro e degli affari. Mi comperava tutto ciò che desiderassi e che lui poteva permettersi . Insomma, mi faceva sentire importante. Una notte gli chiesi: “Papà, ricordi di aver letto nel mio diario cos’altro ho fatto con Giovanni?”. Avevamo appena concluso una bella prestazione, ma solo una. “No…” disse “che cosa?”. “vuoi…. che ti faccia… vedere?”. “Sì… sarei curioso…”. Presi il suo pendolo afflosciato, abbassai la testa e me lo ficcai in bocca. “E bello…?” chiesi ciucciandolo e scappellandolo. “Sì… è bello.., ah… continua.., avanti…”. Ricorsi a tutta la mia esperienza, e lui ebbe di nuovo una erezione. “Pa’… però Giovanni l’ha fatto anche a me…” dissi. “Vuoi che te lo faccia anch’io…?” mi chiese. “Sì…” Si girò sul letto e un attimo dopo avevo la sua testa tra le gambe. E cominciò a leccarmi l’ingresso della passera con tanta veemenza da farmi mancare il respiro. Eravamo impegnati a darci reciproco piacere quando, pur infoiata al massimo, mi accorsi che una testa spuntava dalla sponda del letto e mi guardava con occhi pieni di desiderio: era Giovanni.…ma questa è un’altra storia; ve la racconterò la prossima volta.
Aggiungi ai Preferiti