File Inviato: Amanti (Parte II).doc ===> File ricevuto: Amanti_(Parte_II).docGia’ autoreNON autorizzo la pubblicazione dei mie dati personali come autore del testo inviato.IP: 80.181.46.238 SI, dichiaro, sotto la mia personale responsabilità, di essere MAGGIORENNE e che il racconto si riferisce ad: storia immaginariaVoti: Forma=3 Contenuto=2 Lunghezza=3 Originalità=3Categoria: EteroAmanti (Parte II)Leroyzxfv@katamail.comStavo guardando l’immagine che lo specchio rifletteva di me. Le occhiaie credo si adattassero bene alla nottata movimentata appena trascorsa. Subito dopo il suo rientro, Paola aveva insistito per raccontarmi tutto l’accaduto della serata, con la solita dovizia di particolari. Ed arrivata al punto della “classica” proclamazione del più carino del locale che tutte le volte lei e le sue amiche facevano tra loro, decidendo chi dei maschi presenti fosse il più “scopabile”, Paola descrisse il fusto con una certa veemenza, soprattutto quando parlò del gonfiore che si notava sotto i pantaloni.”Bello come un dio greco, ti dico. Magari un po’ rozzo, anche nel vestire, ma proprio bello. Un fisico…” “Quale parte del fisico vi ha convinto?” dissi io, in tono ironico. “Per la verità doveva avere un uccello davvero notevole… credo di poter affermare che ci siamo eccitate tutte, nessuna esclusa. Ed anche a ripensarci… senti un po’ qui…” Paola mi prese una mano e se la posò tra le gambe, dove trovai lo slip zuppo di umori. “Non dirmi che vuoi fare l’amore…” “ti spiace?” “Ma sai che ore sono?” “non mi è mai sembrato ti importasse dell’orario, a te…” e scomparve sotto le coperte, per sentirla arrivare con le labbra sul mio membro. La voce arrivò attutita dalle coltri. “Povero cocco, com’è piccolo… ora ci pensa la mammina…” Nonostante la serata trascorsa, le sue cure non tardarono a fare effetto, e nell’ora successiva ci dedicammo a noi. Solo dopo essersi presa la sua parte di piacere (ed una parte sostanziosa, peraltro) mi lasciò riposare.E la faccia che mi fissava dallo specchio era il risultato dei quattro orgasmi della serata precedente sommati a meno di quattro ore di sonno. “Mio dio, che schifezza di uomo…” mi dissi, mentre passavo la schiuma da barba sulle guance per radermi. Il telefono suonò, come di norma, nel preciso istante nel quale la lama del rasoio aggrediva i miei peli. “Ma porca…” “Lascia, vado io.” Paola rispose dalla camera. Si spostò verso il comodino con indosso un reggiseno nero e una calza autoreggente infilata, mentre l’altra le sventolava nella mano. “Se qualcuno ti vede dalla finestra gli viene un infarto…” le dissi, guardandola dallo specchio. “Spiritoso…” fece lei, facendomi la lingua. Si sedette sul letto, in un punto perfettamente visibile dallo specchio del bagno padronale, e sollevò la cornetta.”Pronto? Ciao, Laura!” Smisi di radermi nel sentire il nome. Drizzai le orecchie, come se assurdamente potessi riuscire a seguire la conversazione. “Com’è andata ieri sera? Tutto a posto? Bene, sono contenta. Allora pace fatta…” Ripensai a Laura che ballava di fronte a me, nella stanza dell’albergo. Sicuro, tutto a posto. “Solo una volta? Nel solito modo? Cara mia, non prendertela, sai com’è fatto Sergio.” E così anche lei aveva avuto il seguito erotico della serata… “Sì, Alex mi ha coccolato un po’, ieri sera…” Che diavolo le stava raccontando? La guardai dallo specchio. Era sul letto, con la schiena appoggiata alla testata e le gambe rannicchiate contro il petto. Dal pube le spuntava un ciuffo di peli scuri, che lei si accarezzava distrattamente con la mano libera. Quando si accorse che la stavo osservando sorrise ed allargò le gambe, poi prese ad accarezzarsi ostentatamente, come per prendermi in giro.”Che cosa gli è successo?” e poi, dopo un po’ “aspetta che chiedo.” “Senti Alex, Tu vai a Roma, stamattina, vero?” “Sì, ho un paio di appuntamenti.” “Sì, è oggi, ricordavo bene” disse nella cornetta. Poi tornò a rivolgersi a me “Senti, Laura è a piedi, la sua macchina è rotta. Ti spiace darle un passaggio? Dice che puoi lasciarla dove ti è più comodo, poi prende un taxi.” “Sì, ma per il ritorno?” “Sì arrangia con qualche autobus.” “Per me non c’è problema…” “Dice che non c’è problema. Allora passa da te appena va via, d’accordo. Tu sei pronta? Bene.”Poi loro presero a parlare di problemi di lavoro. Ed io a tagliarmi la faccia, nel tentativo di radermi mentre pensavo al viaggio che mi aspettava. Ed a come ci saremmo comportati io e Laura dopo la nottata precedente. Alla luce del sole le cose non sono mai come le ha disegnate la luna, questo lo sapevo per esperienza. Al diavolo, pensai, nella peggiore delle ipotesi non avremo il coraggio di guardarci in faccia per tutto il viaggio. Certo non succederà nulla, nessuno di noi due avrebbe tratto giovamento dal rendere pubblico quello che era accaduto.Mia moglie mi si portò alle spalle. “Laura ti aspetta a casa, lei è già pronta. Doveva andare con la sua auto, ma le si è rotta. E si è ricordata che le avevo detto che tu oggi andavi a Roma…” “Non c’è problema, te l’ho detto…” Paola appoggiò il petto sulla mia schiena, e sentii il pizzo della stoffa graffiarmi la pelle, poi mi cinse con le braccia ed una mano mi impugnò il membro, che intanto si era cominciato ad irrigidire. “Questo è dovuto allo spettacolo di prima o all’idea di stare solo con Laura?” “Sei una maialina, lo sai?” “Sì, e so che a te piaccio così…” ed era vero. Prese a masturbarmi strofinandosi nel frattempo con il monte di Venere sul mio sedere. “Paola, per favore, piantala…” “E perché mai?” “Perché è tardi per tutti e due, Messalina… hai visto che ore sono?” “O Gesù!”Paola corse in camera, blaterando qualcosa a proposito di appuntamenti, di ritardi, di vestiti che non riusciva a trovare e di me che dovevo smetterla di farla eccitare mostrando in giro per casa la mia pancetta incipiente ed i “leprottini” sui fianchi. “Tu sei tutta matta…” risi io, guardandola vestirsi con la classica fretta di tutte la mattine. E, come tutte le mattine, uscimmo miracolosamente in orario.Circa mezz’ora dopo accostai l’auto al cancello di ingresso e feci per scendere, ma non ce ne fu bisogno. Nel preciso istante nel quale aprii la portiera dell’auto il portoncino della villa si aprì e ne uscì Laura. Scesi dall’auto, feci il giro e le aprii lo sportello. Entrò in silenzio, sedendosi e tirandosi giù la gonna del tailleur grigio. Poi strinse le gambe e si posò la ventiquattrore in grembo, come ad ulteriore protezione. “Grazie…” mi disse a voce bassa, con un sorriso. Ma non mi guardò in volto. “Prego,” feci chiudendo la portiera ‘Cominciamo bene….’ Pensai, risalendo al posto di guida. Ripartii velocemente, immettendomi nel traffico mattutino. In silenzio uscimmo dalla città ed imboccammo l’autostrada. Decisi di rompere il silenzio. “Cosa è successo alla tua auto? Credevo fosse finita la benzina…” “Ti da’ fastidio accompagnarmi?” fece lei con un tono un po’ risentito. “Assolutamente no… scusami…”Ancora silenzio. Laura si stringeva al petto la cartella come per proteggersi da un pericolo. Guardava assorta di fronte a noi la strada che ci veniva incontro. Poi parlò. “Non è finita la benzina. Stamani Giorgio è andato farla riprendere ed il meccanico gli ha detto che qualcosa non va nell’elettronica.” Poi aggiunse, velocemente “avrei evitato volentieri di darti questo fastidio, stamani.” “Nessun fastidio, te lo assicuro…” risposi. Ma ci rimasi male. E lei dovette accorgersene, perché si affrettò a scusarsi. “Non occorre scusarti, Laura. Posso capirti benissimo.” Ed aggiunsi “Neanch’io mi sento pienamente a mio agio… dopo questa notte.”Lei si scosse, come colpita da uno schiaffo. “Senti, affrontiamo subito la cosa, ti va?” “Per me non c’è problema” le risposi. “Bene.” Prese fiato e fece una pausa, come a cercare le parole adatte. “Non so che idea tu possa esserti fatto di me, stanotte. Ma qualunque essa sia, ti prego di non giudicarmi solo da quello che abbiamo fatto…” Non riuscivo a credere alle mie orecchie. “…e poi non ero da sola, c’eri anche tu. E se abbiamo sbagliato lo abbiamo fatto insieme e…” “Stop!”Decelerai rapidamente ed accostai l’auto sulla corsia di emergenza. “Cosa succede?” disse Laura impaurita. “Succede che… forse sto sentendo male io, o non riesco ad interpretare quello che dici. Stai cercando di dirmi che tu credi che io ti giudichi una poco di buono per quello che è successo ieri? E’ questa la tua paura?” “In parole povere, sì…” rispose lei, a testa bassa. “Tu sei matta, completamente.” Mi misi a ridere. “Ed io che credevo tu mi stessi dicendo chissà cosa, che io ti avevo spinto a fare cose che non volevi o che!” Le presi il volto tra le mani, sollevandole il viso e guardandola negli occhi. “Senti, io avevo paura di essermi spinto troppo oltre, ieri sera. E che per questo tu non volessi più saperne… e tu te ne esci con una cosa del genere?”L’accarezzai, dolcemente. Ci guardammo per un po’, poi iniziammo a ridere. “Non è facile, il giorno dopo, vero?” mi disse. “Non mi era mai capitato…” Ci baciammo, e stavamo forse per spingerci oltre quando vidi nello specchietto una pattuglia della Polizia Stradale che si avvicinava all’orizzonte. “Andiamo via, non è il momento questo” dissi, riavviando l’auto. Pochi attimi dopo l’auto della pattuglia ci sfrecciò di fianco, rallentando e guardandoci per capire chi fossimo, poi si allontanò.In quel momento suonò il cellulare di Laura. “Pronto?” Sentii la voce di Paola dall’altra parte. “Tutto a posto?” “Sì, siamo già in viaggio. Tutto bene.” Laura si voltò verso di me, guardandomi. “A meraviglia” aggiunse. “E Alex come si comporta?” “Bene, non ha ancora cercato di toccarmi le gambe…” disse Laura. “Forse perché la gonna è troppo lunga…” rispose Paola, poi si salutarono.”In effetti, come ti sembra questa gonna?” “Beh, di per se è già lunga, e tu te la sei tirata ancora più in basso…” “Sì, ma è il modello. Castigato, non potevo vestirmi davanti a Sergio come se andassi a battere… e poi non sapevo ancora come sarebbe andata tra noi due.” La guardai, osservandola bene per la prima volta nella mattinata. Indossava un tailleur grigio fumo con una gonna appena sopra in ginocchio, stretta a tubino, ed una giacca avvitata. Sotto aveva una camicia bianca, di seta, con il colletto largo, come la moda richiedeva, portato fuori dalla giacca. Il trucco era eccellente, leggero quasi da sembrare inesistente, ma fondamentale per dare ancora maggior rilievo ai lineamenti perfetti del viso. I capelli erano raccolti in un’acconciatura bassa sulla nuca, creata con maestria per farla apparire impeccabile nella sua casualità, e trattenuti da un fermaglio elegante e sobrio. L’immagine complessiva era di una bellezza disarmante, austera ed inarrivabile. Di certo non era possibile, se non con molta fantasia, riconoscere in quella figura la donna che la sera prima mi si era data con passione e voluttà. Laura si accorse che la stavo osservando e sorrise. “Superato l’esame?” “Dipende…” “Da cosa?” “Se devi sembrare una fredda manager sei perfetta.” “Altrimenti?” Presi un respiro. “Beh, altrimenti per essere la puttana che volevi ieri sera… sei un po’ fuori strada.” “Ti piace di più la puttana di ieri?” Riflettei. “Non credo mi piaccia un tipo preciso…” D’improvviso Laura disse con un tono estremamente serio: “Hai carta bianca per trasformarmi in quello che vuoi.” Dopo un lungo silenzio le risposi. “Se è quello che vuoi, faremo così. Ma ad un patto.” “Quale?” “Io potrò chiederti qualsiasi cosa mi salti in mente. E tu dovrai farlo. Senza discutere. Ovviamente puoi rifiutarti, e non sarai costretta a proseguire. Ma il patto avrà termine in quel preciso momento.” E dopo una pausa, aggiunsi: ” E per sempre.””In pratica mi stai chiedendo di diventare la tua schiava, volontariamente…” “Sì, in pratica sì.” Laura iniziò a riflettere, per un tempo che mi sembrò eterno. Sentivo il cuore martellarmi nel petto. Poi parlò. “Posso porre anch’io delle condizioni?” “Sentiamole” “Non dovrò mai fare cose che possano mettere in pericolo il mio rapporto con Sergio facendomi scoprire, e non dovrò mai fare cose che mi facciano del male.” Dopo un attimo aggiunse: “o quanto meno che mi lascino segni addosso…” fissava la strada di fronte a noi. Il mio cuore andava a mille. “D’accordo, mi sta bene.” “Allora sta bene anche a me, sarò tua. Come dovrò chiamarti quando non ci sono gli altri?” Risi. “Tu hai letto troppe volte ‘Histoire d’O’, credo…” Rise anche lei. “Forse, ma mi piace quel libro…””No, nessuna cosa strana. Solo, se ti dico di fare una cosa, la fai e basta.” “Ci sto. E mi sto già eccitando…” “Bene… allora ti metto subito alla prova…” “A centosessanta all’ora? Vuoi farci schiantare?” Sorrisi. “No, non preoccuparti… ma apriti la gonna.” Laura eseguì. “Ora sfilatela.” Lo fece, anche se era titubante. Sotto indossava calze autoreggenti ed una stupenda mutandina di pizzo, molto sgambata.”Togli le mutandine” “Potevo farlo anche senza togliere la gonna…” “Cosa fai, reclami?” “No, hai ragione…” Sfilò l’indumento e si voltò verso di me. “Vuoi toccarmi?” “No, ho altre intenzioni…” Ci avvicinavamo a velocità sostenuta ad un camion. “Ora abbassa il finestrino e tira fuori il culo.” Laura mi guardò come se fossi impazzito. “Ma stai scherzando?” “No. E’ quello che voglio. Farti vedere dal camionista.” La vidi boccheggiare. Era pronta a fare cose strane, ma con me, non con altri. “Se vuoi sai che puoi rifiutare…” “Sei un bastardo.”Premette il pulsante per azionare il finestrino e l’aria esterna entrò in macchina, insieme al rumore. La situazione era perfetta. Sulla strada non si vedeva nessun altro oltre noi ed il camion. Laura si inginocchiò sul sedile, poi sporse il sedere fuori dal finestrino, e chiuse gli occhi. Io rallentai l’auto fino a poco più della velocità del camion, ed iniziai il sorpasso. Lentamente, il veicolo sfilava lungo il fianco della mia vettura, ed il mio membro sembrava volesse esplodermi. Arrivato all’altezza della cabina di guida feci un breve segnale con il clacson.”Bastardo…” mormorò Laura. Ci allontanammo lentamente dall’automezzo, che ora potevo controllare nello specchietto. L’autista, un uomo di mezza età, si sbracciava dentro la cabina, salutando e lampeggiando con i fari. “Sembra abbia apprezzato…” dissi a Laura. Per tutta risposta, lei allungò una mano fino a prendermi l’uccello attraverso i pantaloni. “Sei un bastardo… ma mi sto squagliando…” Rientrò nell’auto e mi si appiccicò addosso. “Ti prego, fermati. Non ce la faccio più… ho troppa voglia.” “Sull’autostrada non possiamo, lo sai…” “Ti prego… ho fatto quanto volevi, non merito un premio?” “Sì, lo meriti. Ampiamente. Ma ora siediti bene, o qualche pattuglia ci fermerà.”Sedette composta, come una scolaretta, con la schiena dritta e le mani appoggiate sulle gambe, con le palme sopra il pizzo delle autoreggenti. “Abbassa lo schienale.” Eseguì e si sdraiò. Era scomparsa dalla vista delle altre auto. Allargò le gambe senza che glielo chiedessi. Il respiro era pesante, gli occhi chiusi e le labbra, appena socchiuse, erano lucidate dalla lingua che le umettava di continuo. Era uno spettacolo sconvolgente, per metà vestita e truccata di tutto punto e per metà pronta per una notte di fuoco. Non si toccava, ma con le mani si accarezzava la parte delle cosce lasciata scoperta dalle calze. Tra i corti peli brillavano come perle le gocce della sua voglia.Allungai una mano, sfiorandole con i polpastrelli il ventre. Rabbrividì sotto il mio tocco. Ero eccitato come poche altre volte. Quel gioco mi era noto, con mia moglie lo avevamo fatto qualche volta durante i nostri viaggi quando eravamo più giovani e matti, ma era un po’ che non lo ripetevo. E comunque l’idea di averlo fatto con Laura faceva aumentare le mie pulsazioni a livelli preoccupanti. Ero arrivato a sfiorarle leggermente il pelo, che poi coprii con l’intera mano posando la punta delle dita sulla sommità del monte di Venere. I suoi respiri si trasformarono in gemiti sommessi, ma nonostante tutto restava perfettamente immobile. Iniziai a toccare le grandi labbra, passandovi sopra il medio. Era tanto bagnata che i suoi umori lasciavano una traccia perlacea che correva lungo l’interno delle cosce fino al sedile. La seguii con il dito. Arrivai a toccare l’inizio delle natiche, ed appoggiai il taglio della mano tra le grandi labbra. Mi mossi lentamente, e la sua vulva si aprì abbracciandomi con una sensazione di calore e di umido ben nota. Tornai lentamente su, strofinando contemporaneamente sia l’imbocco della sua intimità che la clitoride completamente esposta.Laura emise un gemito più forte degli altri ed iniziò a muovere il bacino strofinandosi sul mio polso. “Ferma, amore… non essere precipitosa… goditi tutti i momenti fino in fondo.” Si fermò, ma il suo corpo tremava. Poggiai un dito contro il suo ingresso ed iniziai un lento movimento circolare, una carezza estremamente localizzata, variando la pressione del polpastrello. I suoi umori mi guidavano dentro di lei, e la penetrai con dolcezza. Penetrai fino in fondo, poi tornai fuori, poi di nuovo dentro. Dopo un po’ unii un altro dito al primo, e ricominciai la penetrazione. Laura gemeva, scuotendo lentamente la testa da un lato all’altro. “Mio dio, è bellissimo… non fermarti… non voglio che finisca mai…” “Ti sei eccitata con il culo di fuori, vero?” “Si…” Infilai il terzo dito. Mentre li muovevo dentro e fuori li allargavo, esaltando la sensazione di riempimento che lei stava provando. “C’è un altro camion, davanti a noi. Vuoi farti vedere mentre godi?” “No, ti prego…” Laura aprì gli occhi, guardandomi. “Ho paura che sia qualche camion dell’azienda di mio marito…” “Non dovrebbe…” Iniziai a muovermi più velocemente. Con il polso le sfioravo la clitoride. Si accasciò sul sedile, chiudendo gli occhi ed ansimò: “Se vuoi fallo, sei tu che comandi…” Non lo feci. Mi mossi ancora più velocemente, entrando ed uscendo da lei con foga. Laura iniziò a muoversi, assecondando con i movimenti del bacino quelli della mia mano. “Un giorno ti penetrerò con l’intera mano, amore mio…”Venne. Urlò. Gli spasmi delle pareti della vagina mi stringevano le dita, poi i suoi movimenti incontrollati me la fecero perdere. Le mie dita uscirono da lei lasciandosi dietro una lunga striscia di umori. Pensai a cosa fosse successo al sedile… che si fottesse, si sarebbe asciugato. Laura continuava a godere, muovendosi più lentamente e gemendo a voce più bassa. Riuscii a posare nuovamente la mia mano tra le sue gambe, ma non la toccai direttamente. Sapevo che sarebbe stata troppo sensibile ora. Le contrazioni interne si potevano sentire attraverso gli spasmi dei muscoli pelvici, sotto il palmo della mano. Lentamente si quietarono, ed il suo respiro si fece più regolare. Io continuavo ad accarezzarle il ventre piatto, i fianchi, le cosce. Dopo alcuni minuti lei ruppe il silenzio. “Mi sento spossata… non posso andare al lavoro così…” “Tra pochi chilometri c’è un’area di servizio. Possiamo fermarci lì, e tu puoi darti una sistemata…” “Dovresti portarmi in braccio, non ce la faccio a muovermi…” “Sì, sarebbe un bello spettacolo… mi ti immagini che entro nel bar con te mezza nuda tra le braccia… ‘scusate, c’è una toilette?'”Ridemmo. Lei si stiracchiò, poi si tirò su. Avevo rallentato, l’auto procedeva tranquilla verso il Grande Raccordo Anulare. “Credo sia il caso di ricompormi…” disse. Prese la gonna e la guardò. Miracolosamente non aveva una piega. “Aspetta, non puoi metterla ora…” “Perché?” “Perché se ti siedi con la gonna sulla macchia che hai fatto sul sedile…” “Oddio!” Si tirò su come se fosse stata seduta su una stufa accesa, spostandosi sullo schienale reclinato. Al centro del sedile la pelle era bagnata. Presi dal cassetto dei fazzoletti di carta e pulimmo alla meglio. Poi lei si rivestì, sistemandosi come possibile, e pochi minuti dopo ci fermammo nell’area di servizio.Il resto del viaggio trascorse tranquillo, ed arrivati in piazza Esedra ci demmo appuntamento per pranzo.La mattinata trascorse velocemente, ed il ricordo dei gemiti di Laura mi accompagnarono fino ad ora di pranzo. Il cellulare squillò mentre attendevo il suo arrivo. Invece la sua voce mi avvertì che per una serie di contrattempi non avremo potuto pranzare insieme. “Se tu hai finito puoi ripartire, io prenderò un autobus più tardi… mi spiace di averti fatto aspettare.” “Ma a che ora credi di finire?” “Non prima delle 17.00. Per te è tardi, vero?” “Chi c’è vicino a te?” “Ora nessuno…” la sua voce si fece più bassa. “Io posso aspettarti. Ma avevo intenzione di fermarmi un po’ lungo la strada, al ritorno… per riprendere il discorso iniziato stamani.” “Smettila… e poi non posso davvero.” “Sai che non avremo molte possibilità, vero?” “Ti ho detto di smetterla…” “…scommetto che sei ancora bagnata…” “Alex, basta.” “ho voglia di sentire il tuo sapore…” Pausa… “…ed io il tuo…”Laura, Laura… “Ma puoi parlare?” “no…” “Ti vengo a prendere alle 17.00 all’uscita della sede, va bene?” “Si, ma sarà tardi. Lo sai, vero?” “Si, ma voglio stare ancora un po’ con te…” “Allora va bene, alle 17.00 qui sotto.” Chiamai Paola per avvertirla che sarei tornato più tardi. “Senti, non è che puoi riportare Laura? Ha avuto dei contrattempi in sede, e se puoi…” Mi stava praticamente spingendo nelle sue braccia… “Posso provarci… poi ti faccio sapere.” “Bene amore. Ti aspetto a casa, allora.” Sapevo cosa intendeva. Questa storia stava iniziando a distruggermi…L’uscita di Laura mi fu preannunciata dagli sguardi che i portieri gettarono verso l’atrio del palazzo. Uscì camminando a testa alta, muovendosi con grazia fino alla mia auto, seguita dagli sguardi dei maschi presenti. “Ma non ti da fastidio tutta questa attenzione?” le dissi quando salì in macchina. “Una volta si, ma ora inizia a farmi piacere…” Ci immettemmo nel traffico romano, che a quell’ora non era certo dei migliori. “Accidenti, non usciremo mai da questa bolgia…” “Ti spiace? Hai detto che volevi stare con me…” “Certo, ma non in queste condizioni…” “Perché, in che condizioni sei?” Laura allungò una mano e mi prese il membro sotto la stoffa. “Non sembri particolarmente eccitato…” Il gesto bastò a farmi avere un sussulto. “Tu stai correndo troppo, Laura… stiamo attenti o ci faremo male.”Cambiò discorso. “Sai che mi ha chiamato Paola? Praticamente è stata lei a farmi riprendere da te…” “Si, lo so. Mi ha avvertito.” “Si, e mi ha detto di non sciuparti troppo, perché ti aspetta a casa…” “Quella donna mi stupisce…” “La invidio, sai? Con Sergio non potrei neanche farmi venire in mente di dire una cosa simile…” “Per questa cosa abbiamo trovato un rimedio, no?” “Così sembra…” disse sorridendo.Imboccammo la Tangenziale Est ed il traffico, sia pur sostenuto, divenne più scorrevole. In pochi minuti arrivammo sull’autostrada. Le prime ombre della sera si allungavano nel cielo, rendendolo di un colore indefinito, un misto tra il blu notte ed il rosso carminio. Il paesaggio piatto della periferia romana presto si trasformò nelle verdeggianti colline abruzzesi. Parlammo del più e del meno, ma l’impulso di cadere l’uno nelle braccia dell’altra era forte. Il ricordo della mattina non mi aveva abbandonato un istante per tutta la giornata.Fu lei che parlò. “Esci, qui vicino c’è un bosco. Potremo appartarci lì.” Non provai neanche a controbattere. Sarebbe stato inutile, era troppa la voglia che avevamo entrambi. Imboccai la rampa di uscita, pagai e percorsi la strada che costeggiava la costa della montagna. A destra ed a sinistra gli alberi del bosco rendevano ancora più buio il paesaggio, rischiarato solo dalla luce della luna e dai nostri fari. Ad un certo punto, sul lato destro della strada, un sentiero si addentrava nel bosco. Lo imboccammo e poco dopo giungemmo ad una piccola radura, protetta alla vista da un folto gruppo di alberi tutto intorno. L’uso che di quel posto se ne faceva era testimoniato da una quantità decisamente elevata di fazzolettini di carta ed altro che era sparsa a terra. Fermai l’auto in uno spazio tra gli alberi, ai margini della radura, e arrestai il motore. I fari si spensero, lasciando che il buio si impadronisse di quel posto.”Hai paura?” chiesi a Laura. “Un po’ si… ma ho anche voglia. Troppa…” Ci stringemmo in un abbraccio e le nostre mani iniziarono ad accarezzare i corpi sopra i vestiti, intrufolandosi in ogni apertura possibile per venire a contatto con la pelle dell’altro. Sentivo la setosità del corpo di lei sotto i polpastrelli, era caldo, sembrava che un fuoco le ardesse sotto la pelle. Ogni tanto le dita si imbattevano negli indumenti intimi, infilandosi sotto le spalline del reggiseno, sfiorando il pizzo delle mutandine, percorrendo il confine meraviglioso dove il bordo delle autoreggenti cedeva il posto alla carne morbida e soda delle cosce.Dopo un po’ ci separammo ed iniziammo a spogliarci. Era una sensazione che non avevo più provato dai tempi delle prime avventure in auto, quando la giovane età e la mancanza di soldi rendeva le mie vetture delle alcove dove incontrare le mie amanti. Ci guardavamo alla poca luce delle stelle, affidando al tatto la conoscenza dei nostri corpi. Sotto le mie mani sentivo ogni centimetro della pelle di quella donna meravigliosa, le passavo le dita tra i corti peli del pube, la agguantavo per la stretta vita per avvicinarla a me, ci strofinavamo petto contro petto fino a sentirmi quasi graffiare dai suoi capezzoli orgogliosamente eretti.Arrivammo al punto in cui il gioco non bastava più. Laura si sdraiò sul sedile reclinato ed io le montai sopra, sostenendomi con le ginocchia e le braccia per non pesarle addosso. Lei infilò le sue braccia tra i nostri corpi, poi con una mano impugnò il mio pene e con l’altra si allargò le grandi labbra. Sentii la punta del membro strofinarsi contro la morbida carne della sua vagina, e rimasi immobile. Lei, ad occhi chiusi, dirigeva il glande sui punti dove il piacere era più intenso, strofinandolo come un grosso pennello. Dopo averlo bagnato per bene con i suoi umori iniziò a passarlo sulla clitoride. I gemiti divennero ansimi, sempre più forti. I seni si alzavano ed abbassavano muovendosi in sincronia con il suo respiro, reso corto dall’eccitazione. Il viso era stravolto, con gli occhi chiusi e le labbra aperte a pronunciare una vocale silenziosa e lunghissima. Io non riuscivo a muovermi, per paura di rovinare un momento così bello. Iniziò a tremare ed a gemere, prima lentamente, poi sempre più forte. Quando il gemito si trasformò in un urlo stava agitandosi sotto di me come se una corrente elettrica le attraversasse il corpo. “Ora scopami, sbattimi, ti voglio sentire dentro adesso…” Appoggiò la punta del membro contro l’orifizio e posò le mani sulle mie natiche, invitandomi ad entrare. Penetrai in lei con una facilità incredibile, era bagnata come mai l’avevo sentita, e intorno al mio pene la vagina continuava a contrarsi per gli spasmi dell’orgasmo ancora in atto. Iniziai un movimento veloce, e lei mi assecondava muovendosi con il bacino contro il mio, accompagnando i miei affondi.”Sbattimi forte, voglio sentirti nella pancia…” Ora i colpi erano violenti, i testicoli urtavano contro le natiche di Laura ad ogni affondo. Le sue contrazioni non erano mai cessate, anche se le sentivo diminuire di intensità, e questo mi rendeva difficile resistere oltre. “Cristo, non ce la faccio più…” “Sbattimi, scopami…” Mi piegai fino a raggiungere i seni con la bocca, poi presi uno dei capezzoli tra i denti e le labbra ed iniziai a succhiarlo, a morderlo ed a tirarlo senza interrompere la penetrazione, solo rallentando il ritmo.Laura inarcò la schiena sotto di me, ed io posai le mani sui glutei allargandoli, poi mossi le mani ancora più dentro fino a sentire sotto il mio dito la carne tra le cosce. Cercavo di arrivare allo sfintere ma non ci riuscivo, lei si muoveva senza sosta ed io cercavo di non interrompere ne la penetrazione ne i baci sui seni. Sentii che i suoi gemiti aumentavano, il respiro si fece più corto e le contrazioni interne ripresero a salire di intensità. “Laura, non ce la faccio più a trattenermi…” “Godimi dentro, non preoccuparti…” Iniziò ad urlare nel momento in cui il primo fiotto del mio sperma le colpì il fondo dell’utero. Io mi spinsi se possibile ancora più dentro di lei per un orgasmo incredibile che durò decine di secondi. Le crollai addosso, sfinito.Laura mi accarezzava la schiena madida di sudore, con un gesto meccanico, e mi venne da pensare a quante volte lo avesse fatto a Sergio… Respinsi il pensiero con un moto di fastidio, mi feci forza ed uscii da lei, ancora incredibilmente duro. Sfilandomi la punta del pene sfiorò la clitoride e Laura emise un gemito.”Non vorrai ricominciare…” mi disse. “Non posso, non mi hai detto che Paola mi aspetta?” Rimase in silenzio, e capii che non era semplicemente quel momento di assoluto vuoto mentale che assale dopo un orgasmo. C’era qualcosa.Dopo pochi minuti si sollevò a sedere, prendendo un paio di fazzoletti di carta che usò per tamponarsi la fuoriuscita di sperma dalla vagina. “Mi hai allagato…” “Scusami, sei stata tu a dirmi che…” “Si, non preoccuparti.” Gettò i fazzoletti fuori dal finestrino, poi si infilò le mutandine ed usò altri due fazzoletti come se fossero degli assorbenti. Rapidamente si rivestì in silenzio, ed io feci altrettanto.Sempre senza una parola rimisi in moto l’auto, uscii dalla piccola radura e rifeci il percorso al contrario, quindi riprendemmo l’autostrada.Il viaggio si svolse ancora per un po’ di tempo in un silenzio irreale, come quello che si viene a creare in un ascensore durante un tragitto troppo lungo in compagnia di sconosciuti. Avevo paura che iniziasse a parlare del tempo. Quando Laura parlò non era di metereologia che aveva intenzione di discutere, e me resi conto immediatamente. “Alex, ho paura che stiamo facendo una grossa fesseria.” “Perché dici questo?” “Non siamo liberi, nessuno di noi due lo è.” “Lo sapevamo anche prima di iniziare questa storia, Laura.” “Si, e devo riconoscere che mi hai anche avvertito…”Riandai con la mente alla sera precedente, nella pineta. Dopo un altro periodo di silenzio, Laura continuò il discorso. “Fino a quando la cosa rimane su un piano puramente sessuale, non ci sono problemi. Ma prima ho avuto delle sensazioni che non so spiegare… o forse si, posso spiegarmele. Ma farlo mi fa paura.” Io restavo in silenzio, e ricordavo il fastidio che avevo provato al pensiero di Sergio dopo la carezza sulla schiena. “Credo di capirti.” “So che non è giusto, ma l’idea che tu ora tornerai tra le braccia di Paola mi… da fastidio.” Potevo dirle che anch’io non ero certo felice al pensiero che una volta tornata a casa lei avesse trovato Sergio ad attenderla, ma non lo feci.Il resto del viaggio trascorse nel silenzio, solo le note della tromba di Miles Davis riempivano l’abitacolo. Mi sorpresi a riflettere su come un momento così bello potesse trasformarsi in un attimo in qualcosa di sgradevole. E mi sorpresi ancora di più quando quel pensiero si materializzò nella mia mente: “non voglio perdere Laura, non posso permettermelo”. Dannazione, la cosa stava andando nel peggiore dei modi possibili. Alla fine giungemmo a destinazione ed accompagnai Laura fino a casa. Dopo un attimo di imbarazzo mi voltai. “Beh, sembra che siamo giunti al capolinea…” Laura si girò verso di me, guardandomi fisso. “Non posso permettermi che questa storia rovini il mio matrimonio, ne il tuo. Né voglio perdere l’amicizia di Paola.” Poi aggiunse “ma non voglio perdere neanche te…” Solo la figura che intravedevo dietro le finestre mi frenarono dall’abbracciarla. Lei se ne avvide. “E’ dietro la tenda, vero?” “Si, ed ora sta guardando in strada.” “Si fa vedere solo perché ha riconosciuto l’auto. Se non lo avesse fatto sarebbe rimasto nascosto, e poi in casa sarebbe stato un putiferio.””E’ geloso, vero?” “Come Otello…” “Beh, lo capisco.” Sorrisi. “Si, ma è anche un idiota. Se non fosse stato così, noi non ci troveremmo in questa situazione…” Sospirai, poi le dissi: “Laura, ascoltami. Sai quanto ami mia moglie e sai che non la lascerei mai, neanche per te. Tu mi piaci da morire, ed anche a me non fa piacere farti scendere qui e tornarmene a casa tranquillo. Si, puoi anche chiamarla gelosia, forse…” sospirai di nuovo. “Voglio solo dirti due cose. La prima è che ho una voglia di baciarti da morire… e la seconda è un po’ più importante. Rifletti su questa situazione, Laura. Io l’ho fatto per tutto il viaggio di ritorno, e sono giunto ad una conclusione. Neanche a me piace questa storia così come si sta evolvendo ma ti voglio troppo per perderti, e pertanto la accetto così com’è. Sarà il tempo e la nostra capacità di ragionare che ci aiuteranno a portarla avanti. Ma la decisione spetta a te. Ora che sai come la penso io riflettici su, prenditi tutto il tempo che ti occorre. Sarai tu il giudice di questa cosa, ed io accetterò la sentenza senza battere ciglio. Anche se mi farà male…”Lei era rimasta a fissarmi per tutto il tempo, silenziosa. “Hai ragione, siamo grandi e capaci di riflettere.” Aprì la porta dell’auto. “Mi aiuti, per favore? Potresti portarmi la borsa o i fascicoli fino al portone?” Scesi dalla vettura e presi i due grossi faldoni di carte che Laura aveva riportato da Roma, quindi mi avviai dietro di lei. Giunti al portone di ingresso lei aprì e mi fece entrare nell’atrio della villa. Improvvisamente si avvicinò, mettendomisi di fianco e mi baciò a lungo, appassionatamente, rovistandomi con la lingua nella bocca e lasciandomi senza fiato. Poi si allontanò. “Puoi posarli qui, sulla cassapanca. Penserò io a sistemarli. Grazie Alex, oggi sei stato davvero un amore…” “Figurati, Laura, sai che non c’è alcun problema.” Poi abbassai la voce e le sussurrai “cosa vuol dire questa cosa?” “Avevo anch’io voglia di baciarti… e qui Sergio non può vederci” disse sottovoce. “ma ho comunque bisogno di riflettere. Ti prego, Alex, puoi aspettarmi?” “Si. Aspetterò le tue decisioni, e le rispetterò. Qualunque esse siano.” “Grazie…” Stava per aggiungere qualcosa, ma si voltò prima di finire la frase e si allontanò. All’improvviso tornò a voltarsi. “Non cercarmi, sarò io a farlo.” E senza attendere risposta scomparve dietro la porta a vetri. Vidi la sagoma della sua figura allontanarsi e farsi sempre più piccola, fino a scomparire nella luce della stanza al di la di quei vetri colorati.
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