Il Padrone, dall’alto, osserva soddisfatto. L’ammaestramento alla schiavitù procede bene. Sarà una brava cagna. Quando le scarpe sono pulite, non avendo ricevuto l’ordine di smettere, continua a leccare. Il Padrone la lascia fare per altri cinque minuti. “Sono pulite adesso?”. “Si Padrone”. “Anche sotto?”. “Sotto no Padrone”. “Allora sdraiati sulla schiena”. La schiava esegua con la dovuta sollecitudine. A questo punto il Padrone le pone la suola di una scarpa sulla bocca. La cagna lecca anche lì sotto fino ad eliminare ogni traccia di pipì. Poi il Padrone le porge l’altra calzatura. Anche per quella la pulizia viene eseguita perfettamente. Il Padrone pone a terra entrambi piedi, strattona la cagna indicandole di rimettersi nella sua ormai naturale posizione a quattro zampe. Entrano in casa. Il Padrone conduce la schiava in bagno dove può pulirsi il culo con la carta igienica. Prima però l’uomo urina nella tazza. Poi porge il cazzo alla schiava per farlo pulire da qualche goccia di piscia rimasta. Anche questa volta la bestia esita. Il Padrone le tira i capelli e la frusta sulla schiena. L’animale esegue. Estrae la lingua e beve le ultime gocce di pipì. Il Padrone tira la cagna fino ad un piccolo e buio sottoscala. L’uomo lega il guinzaglio con un lucchetto ad un anello infisso nel muro. Il guinzaglio è legato al collare con un altro lucchetto che fissa anche il collare. La cagna non può fuggire. Non lo farebbe comunque, dovrebbero poi pagare interamente il debito. Ma in quella posizione non può nemmeno alzarsi, andare in bagno, andare a bere (ha anche molta sete). E’ trattata proprio come una cagna e tale comincia a sentirsi. Si sente in balia del proprio Padrone del quale ha molta paura e soggezione. In quella umile situazione, trattata come una bestia, le farebbe piacere ricevere anche solo una carezza da parte del suo Signore e Dominatore. Piero intanto si è cambiato per recarsi a letto. Si sdraia comodamente e dimentica la cagna accucciata e legata in uno stanzino buio. Non se ne cura. Non la considera come una donna a lui sottomessa, ma proprio come un animale di sua proprietà. L’unica differenza è che si tratta di uno splendido esemplare di bestia, una cagna molto bella ed eccitante con la quale può divertirsi anche sessualmente se lo vuole. Si addormenta in un sonno profondo e riposante. La schiava intanto è sdraiata sul pavimento dello stanzino buio. Attende la giornata successiva. Sarà sicuramente umiliata ancora ed usata come oggetto od animale. Il suo Padrone si divertirà con il suo bellissimo corpo. Cerca di dormire e di riposarsi. L’attende una giornata sicuramente faticosa. Il mattino successivo il Padrone, prima di fare colazione, va a prendere il suo nuovo animale domestico. Apre la porta dello stanzino, stacca il guinzaglio dal muro e tira fuori la schiava. Questa si prostra a terra, lecca le scarpe del Padrone. “Buona giornata Padrone”. Poi segue il suo Dominatore che si reca in cucina. La schiava avrebbe voglia di scaricarsi dai residui notturni, ma sa che non può chiedere nulla. L’uomo si siede al tavolo per la colazione. La schiava, come una brava cagnetta, si accuccia sul pavimento ai suoi piedi. “Hai passato una buona nottata, bestia?” “Sì Padrone”. “Allora sarai riposata per potermi servire bene”. “Sì, Padrone, attendo i suoi comandi”. Intanto la cameriera porta sulla tavola la colazione del Padrone. Questi saluta la cameriera con una palpatina alle sue cosce. Quando la donna si piega per posare le pietanze, Piero nota i bei seni nella scollatura del vestito ed allunga una mano per accarezzarli. Luisa, sadicamente, con un piede schiaccia la mano della serva la quale sopporta in silenzio. La cameriera si allontana. Piero mangia un biscotto, poi subito lo sputa sul pavimento. “Che schifo, Luisa, ma questi biscotti sono raffermi. Non si possono mangiare”. Il Padrone si rivolge alla schiava. “Cagna, mangia il biscotto che ho sputato”. La cagna si sposta fino a raggiungere il biscotto masticato dal suo Padrone. Allunga una mano per prenderlo. Riceve immediatamente una frustata sulla schiena. “Schiava, vieni subito qui”. Tutta impaurita, la serva si porta ai piedi del suo Signore. “Forse non hai capito la situazione: tu sei una cagna, una bestia, un umile e stupido animale che si muove a quattro zampe; tu hai le zampe, non le mani; hai mai visto un cane mangiare con le zampe?”. “No Padrone”. “Le bestie come te mangiano prendendo il cibo direttamente con la bocca. Ora muoviti”. “Mi scusi Padrone”. La cagna si precipita a quattro zampe sul biscotto masticato. China la testa e con la bocca lo raccoglie. Le fa schifo mangiare un biscotto raffermo, raccolto dal pavimento e per lo più già masticato. D’altro canto sa che deve ubbidire senza riserve. Inoltre ha anche molta fame. Comunque, anche se si rifiutasse, riceverebbe tante frustate sino a che non decide comunque di mangiare. Ritorna ai piedi del Padrone, mastica il biscotto e lo ingoia. Il Padrone svuota la biscottiera contenente i biscotti vecchi e li getta tutti sul pavimento, comprese molte briciole. “Cagna, questa è la tua colazione”. La bestia si precipita sui biscotti e, raccogliendoli con la bocca, li mangia uno ad uno. Intanto la cameriera si avvicina portando un nuovo pacchetto di biscotti. Lo apre e li rovescia nella biscottiera. Luisa avvicinandosi, schiaccia con il piede, deliberatamente, alcuni biscotti sul pavimento. Allontanandosi, porta in giro sul pavimento alcune briciole. Mentre il Padrone mangia tranquillamente biscotti freschi e cappuccino caldo seduto a tavola, la cagna è costretta a mangiare biscotti raffermi raccogliendoli dal pavimento. Quando la bestia ha finito, si accuccia tranquillamente a terra. Il Padrone vede il pavimento ancora tutto sporco delle briciole. Prende la frusta e colpisce la schiena dell’animale. “Stupida bestia, guarda come hai lasciato sporco il pavimento. Lecca subito tutte le briciole, comprese quelle che la cameriera ha trasportato in giro per la stanza. Muoviti cagna”. Sottolinea ancora l’ordine con altri colpi di frusta. La cagna si precipita ad eseguire l’ordine, leccando bene tutte le briciole. Intanto il Dominatore ha terminato la colazione e, divertito, osserva la cagna che sta pulendo bene il pavimento. Quella scena ha l’effetto di farlo eccitare. Quando la schiava ha terminato, ritorna ai piedi del Padrone. Questi si alza, si avvicina al lavandino. Prende una ciotolina per cani, la riempie d’acqua. Torna a sedersi sulla sedia e pone la ciotolina ai suoi piedi. “Bevi cagna”. La bestia è un po’ restia a bere da una ciotola per cani. Comunque non si può sottrarre. China la testa e beve. Dopotutto ha tanta sete, e beve avidamente. Non essendo abituata a bere come i cani, alcune gocce d’acqua finiscono sul pavimento. “Stupida bestia, stai bagnando tutto in giro; asciuga immediatamente”. La cagna lecca il pavimento asciugandolo bene. La schiava finisce l’acqua e resta accucciata a terra. Il Padrone si alza, tira la bestia per il guinzaglio e si reca in camera da letto. Si veste bene per uscire. “Schiava, vai a prendermi un paio di scarpe nella scarpiera”. La cagna, a quattro zampe, esegue l’ordine impartitole. Prende le scarpe in bocca e le porta ai piedi del Padrone. Questi si siede. “Infilami prima le calze e poi le scarpe”. La bestia esegue. “Le scarpe sono tutte impolverate. Cagna, puliscimele bene”. L’animale si china e lecca le scarpe del Padrone fino a renderle ben pulite e lucide. Poi il Padrone fa mettere la bestia a quattro zampe di fronte all’armadio a specchio. Si siede pesantemente sulla sua schiena e si fa il nodo alla cravatta. Il suo Dominatore è pesante. Tuttavia la schiava sopporta il peso fino a che abbia finito. Il Padrone, anche se ha terminato, indugia sadicamente e non si alza dalla sua comoda sedia umana. Divertito osserva gli sforzi della serva per non cedere sotto il suo peso. D’altra parte è un po’ tardi. Ha fretta di uscire. Altrimenti si sarebbe trattenuto lì seduto fino a che la bestia non fosse caduta a terra sotto lo sforzo. A quel punto l’avrebbe severamente punita. Il pensiero lo eccita. Decide di rinviare quel divertimento ad altro momento. Ora deve andare. Chiama la cameriera. Questa lo raggiunge immediatamente. “Luisa, io devo uscire. Porta tu la cagna a fare i suoi bisogni. Io non ho tempo”. Il Padrone esce. Luisa si rivolge alla schiava ancora accucciata a terra. “Avvicinati cagna, stando prostrata”. La bestia, camminando sulle ginocchia e sui gomiti, si avvicina alla donna fino a porsi con la testa a pochi centimetri dai suoi piedi. “Cagna, hai forse bisogno di fare i tuoi stupidi bisogni?” “Sì”. La cameriera assesta un calcio nel fianco dell’animale. “Devi dire sì Padrona, stupida bestia”. “Sì Padrona, mi scusi Padrona”. “Bene, adesso però non ho voglia di portarti fuori. Devi resistere ancora”. La schiava ha la vescica piena, non ce la fa più. Comunque non le resta che sottostare ai capricci di chi la comanda. “Come Lei desidera Padrona”. Luisa va a sedersi su una comoda poltrona. Accavalla le splendide gambe. “Vieni qui subito e puliscimi le scarpe”. Nella solita posizione raggiunge nuovamente la sua Padrona. Giuntale vicino comincia a leccarle le scarpe fino a renderle entrambe ben pulite. “Adesso me le togli e mi lecchi bene i piedi. Capito stupida bestia?”. “Sì mia Padrona”. “Brava, allora muoviti”. La schiava allunga le mani per sfilare le scarpe. “Devi usare la bocca, animale”. Con un calcio nel fianco sottolinea l’ordine. La schiava prende in bocca il tacco e tira fino a sfilare la scarpa. Quindi prende in mano il piede e comincia a leccarlo. Oramai ha imparato. La lingua si insinua anche tra le dita. Sono trascorsi così circa venti minuti. La cagna ha la vescica che le sta per scoppiare. Finalmente Luisa decide di farsi rinfilare le scarpe. Prende il guinzaglio e fa mettere la schiava a quattro zampe davanti a lei. Le si siede sulla schiena. “Forza cavallo. Andiamo fuori in giardino”. Fortunatamente la cameriera è leggera. Dopo il primo momento la cagna comincia a portare la sua Signora. Con molta fatica raggiunge il giardino. Camminare sul prato le procura meno male alle ginocchia ed alle mani. Giunte vicino ad un cespuglio Luisa scende dalla schiena della sua cavalla. “Muoviti cagna, fai i tuoi bisogni”. La bestia si accuccia e comincia ad urinare mentre la cameriera la tiene per il guinzaglio. Terminato, la cagna si gira per annusare la sua pipì come le aveva insegnato il suo Padrone. Luisa osserva incuriosita la schiava nella sua operazione. “Cosa cazzo stai facendo?”. “Il mio Padrone mi ha detto che, poiché io sono una cagna, devo annusare come fanno tutti i miei colleghi cani”. Divertita la cameriera si avvicina alla bestia prostrata a terra per annusare. Le pone un piede sulla testa e le schiaccia il viso nella pozza di pipì. “Così va meglio, cagna?”. “Si Padrona”. Luisa toglie la pressione del piede, si risiede nuovamente sulla cavalla e si fa riportare in casa. Qui lega la cagna nella stanza adibita a studio del Padrone. Le assesta un altro calcio nei fianchi e si allontana. Sonia non ce la fa più a stare a quattro zampe. Si sente le gambe tutte anchilosate. Oramai sono tante ore che non sta in posizione eretta. Il collare è abbastanza lungo da consentirle di alzarsi in piedi. Non può fare lunghi passi, ma almeno può sciogliersi le lunghe e splendide gambe. In quel momento entra il Padrone. Lei non l’aveva sentito arrivare. Il suo Dominatore impugna la frusta, le si avvicina e la colpisce sui seni. “Stupida cagna, tu devi stare sempre a quattro zampe, anche se non ci sono io. Fino a che tu sarai mia schiava, dovrai sempre essere una bestia, e come tale devi assumere la giusta posizione. Ti puoi alzare solo dietro esplicito ordine del tuo Padrone e Dominatore”. La cagna cade subito in ginocchio, si prostra e comincia a leccare le scarpe del Padrone guaendo come una bestia. “Mi scusi Padrone, non capiterà più, sia buono, abbia pietà di una povera stupida cagna prostrata ai suoi piedi”. Il Padrone continua a frustarla sulla schiena. “Taci bestia”. Il Padrone si spoglia fino a restare nudo. Le scarpe e le calze sudate gli vengono levate dalla schiava. Ora il Padrone vuole divertirsi con la sua umile e sottomessa serva. “Bestia, leccami i piedi sporchi”. Da quando Piero ha al suo servizio una schiava non si lava più i piedi. La loro pulizia è curata dalla serva. Questa si china maggiormente e comincia a leccare bene i piedi del suo Dominatore. Sa che deve metterci passione nel suo lavoro. In caso contrario sarà severamente punita. Intanto il Padrone osserva divertito ed eccitato la splendida donna accucciata ai suoi piedi. Dopo qualche minuto la pulizia è effettuata. “Bestia, ora mettiti in bocca le mie calze sudate”. L’animale sa che non può utilizzare le mani. Così si sposta quel tanto da raggiungere le calze. China la testa fino a prenderle in bocca. Le giornate sono calde ed il piede del suo Padrone era molto sudato, così anche le calze sono ben bagnate. Non le resta comunque altro da fare che ubbidire. Quando entrambe le calze sono in bocca, la cagna ritorna prostrata ai piedi del Padrone. Questi la fa mettere a quattro zampe. Le si siede pesantemente sulla schiena a cavalcioni. Tira forte il guinzaglio facendole male al collo. Poi le ordina di sputare fuori le calze. “Cosa sei tu?”. “Sono la sua umile schiava, nobile Padrone; sono una stupida bestia al suo servizio; lei potrà usare il mio corpo per la soddisfazione di tutti i suoi desideri oppure per stare più comodo; sono una cagna fedele il cui posto è ai suoi sublimi piedi, Padrone”. L’uomo è soddisfatto. Si china prendendo in mano i bei seni della schiava. Li prende in mano strizzando forte i capezzoli. La schiava non osa lamentarsi per il dolore e passivamente subisce. Il sadico Padrone si accorge che la schiava sta soffrendo sia per il peso sulla schiena che per i capezzoli strizzati. Gode sia nell’infliggere dolore, sia nel fatto che la bestia sopporta in silenzio. Poi, sempre da quella comoda posizione, carezza il culo e le cosce belle lisce della cagna. Vi picchia sopra la mano bene aperta. Una, due, tre, cinque, dieci volte, fino a che il culo non diventa rosso. Sono ormai parecchi minuti che l’uomo usa la schiava come sedile. La bestia comincia a dare qualche segno di cedimento. La fatica è aggravata anche dalle torture ai capezzoli ed al dolore per gli schiaffi ricevuti sulle chiappe. Cerca comunque di resistere. Il Padrone di accorge delle difficoltà. Resta comunque seduto. Prende i bei capelli lunghi della schiava e li tira con forza. Si china alle orecchie dell’animale sotto di lui. “Penso che mi divertirò molto con il tuo splendido corpo”. “Come lei desidera nobile Padrone. Sono a sua completa disposizione. Lei può usarmi come meglio crede”. L’uomo si alza. Si reca ad un armadietto. Prende delle puntine da disegno. Ritorna a sedersi sulla sua comoda sedia umana. Infilza alcune puntine nelle chiappe ed altre negli splendidi seni. La schiava emette solo un gemito, riesce dunque a controllarsi. Dopodiché il Padrone prende nuovamente in mano i seni e li strizza bene. Così facendo le puntine procurano altro dolore. Il Dominatore infila il manico della frusta nel culo della schiava facendo forza. Quel buco era ancora vergine. L’azione dell’uomo ha procurato altro dolore. Il Padrone si alza, prende il guinzaglio e fa camminare la cagna a quattro zampe. “Forza cagna, cammina, adesso hai pure la coda”. Tirando il guinzaglio cammina velocemente per la stanza. La cagna fa fatica a stargli dietro a quattro zampe. “Cagna, abbaia”. La bestia ubbidisce mentre cammina. Poi il Padrone prende in mano un pezzetto di legno e lo lancia in fondo al locale. Stacca il guinzaglio dal collare. “Cagna, vai a prenderlo e riportalo qui”. La fedele cagna cammina il più velocemente possibile fino a raggiungere il legnetto. Si china e lo raccoglie con la bocca. Ritorna dunque ai piedi del proprio Padrone al quale consegna l’oggetto. Dopodiché si prostra ai suoi piedi in attesa di nuovi ordini. Il Dominatore lancia nuovamente il legnetto. Il gioco dura qualche minuto. Al termine la cagna è stanca. Il Padrone le ordina di avvicinarsi a lui. Le si siede nuovamente sulla schiena dopo avere preso due pesini collegati ognuno con una catenella, ad una pinzetta. Queste sono agganciate ai capezzoli della cagna che soffoca un gemito di dolore. Il Padrone si alza dalla sua comoda posizione ed ordina alla bestia di dirigersi verso la parete di fronte, alzarsi sulle ginocchia, appoggiare le braccia aperte al muro. La schiava esegue. L’uomo prende in mano la frusta e comincia a frustare la bella schiena della serva che passivamente subisce. I colpi fanno male. La frusta cade su ogni parte della schiena. Poi il Padrone si concentra sul bel culo e sulle splendide cosce. Intanto con la mano libera tira forte il guinzaglio ancora attaccato al collare legato al collo della cagna. Il cazzo dell’uomo è sempre più duro. “Bestia, ora girati”. Sempre stando sulle ginocchia, la cagna si gira per offrire i seni ai colpi della frusta. Le tette sono veramente splendide. Striature rosse si formano dove cade la frusta. Il Padrone è soddisfatto. Sputa sul pavimento. “Schiava, lecca lo sputo dal pavimento”. La bestia esita. La frusta ricomincia a colpire con forza i seni. Così, le ultime resistenze della schiava sono crollate. La bestia si getta sul pavimento. Camminando sulle ginocchia e sui gomiti striscia fino allo sputo. Giuntavi vicino, oramai senza esitazione lecca il pavimento fino a renderlo nuovamente pulito. Il Padrone è divertito. Sputa nuovamente camminando in giro per la stanza. Strisciando come prima, la schiava di volta in volta pulisce il pavimento con la lingua. “Avvicinati a me”. L’ordine è perentorio. Subito la cagna si reca ai piedi dell’uomo. “Sdraiati sulla schiena”. La schiava esegue. Il Padrone le sale sopra con entrambi i piedi. Uno di essi è posato sui seni che ancora hanno conficcate in essi le puntine da disegno. La bestia non riesce a trattenere un gemito di dolore. Non riesce quasi a respirare. Il suo Padrone è pesante. Finalmente questi scende dal suo comodo tappeto umano. Si porta vicino alla testa della schiava e le pone un piede sulla bocca. Subito la cagna comincia a leccare con energia. Prima un piede poi l’altro. Il Padrone prende in mano il guinzaglio e tira la schiava, che, alzatasi, lo segue a quattro zampe, fino al centro del locale. Al soffitto pende una carrucola e da essa una catena con attaccato, alla sua estremità, una sbarra avente ai lati due cavigliere. La schiava, appena vede l’attrezzo, comincia a tremare di paura. Il Padrone fa scendere la catena. Agli anelli lega le caviglie della serva. Questa poi alzata verso il soffitto in modo da restare a testa in giù. Viene alzata fino a che la sua bocca non è all’altezza del cazzo del suo Padrone. Questi infila il membro duro in bocca alla schiava la quale comincia a leccare ed a succhiare. Sperando di distrarre il crudele Padrone da altri divertimenti per lei più dolorosi, cerca di metterci molto impegno. Infatti sente il cazzo indurirsi ancora di più. Si concentra bene sul glande. Lo lecca con passione. In effetti il Padrone sta provando molto piacere. Ma prima di godere vuole divertirsi ancora. Si allontana un po’, impugna la frusta e con questa colpisce il sesso della schiava che ha le gambe bene aperte. Anche questa volta la bestia non riesce a resistere al dolore ed emette qualche gridolino che hanno il solo effetto di eccitare maggiormente l’uomo. Questi, tuttavia, non vuole danneggiare la fica della schiava. Questa gli servirà per godere bene. Quindi comincia a colpire nuovamente i seni e lo stomaco della bestia. Poi si avvicina nuovamente alla schiava. Le infila ancora il cazzo in bocca e lui lecca la sua fica. Dopo qualche leccata, anche il sesso della donna si bagna. La schiava, nonostante la scomoda posizione ed il dolore subito, trae piacere dalle leccate del Padrone. Le viene dunque istintivo nel metterci più passione nel suo pompino. Finalmente l’uomo fa scendere la catena e slega le caviglie della bestia che subito si pone nuovamente a quattro zampe ai piedi del Padrone. Questi osserva la sottomissione della sua serva e ne è soddisfatto. Piero va a sedersi sulla comoda poltrona. Tira il guinzaglio per farsi seguire dalla cagna. Si siede ed ordina alla serva di continuare il pompino. Prima però lei deve leccargli bene i piedi che si sono sporcati a contatto con il pavimento. La bestia si china e comincia il suo attento lavoro di lingua. Trascorrono così almeno cinque minuti. Il Padrone, sempre più eccitato, tira il guinzaglio per fare alzare la testa alla schiava. Questa ubbidisce e si infila subito in bocca il cazzo del suo Dominatore. Lecca bene il glande. Poi scende fino ai coglioni. Se ne infila uno in bocca mentre con una mano libera agita il cazzo. Lentamente sale con la lingua fino alla punta. Esce un po’ di liquido lubrificante che subito viene leccato ed ingoiato. L’uomo ha voglia di penetrarla. La fa girare. Mentre la schiava, ancora a quattro zampe, gli volta il culo, lui, stando sempre seduto, infila il cazzo nella fica. Mentre resta fermo, ordina alla schiava di muoversi in avanti ed indietro facendosi così scopare. L’eccitazione aumenta. Il Padrone si alza sempre lasciando il cazzo nella fica della serva e la scopa con foga come se lei fosse una cagna. Poi la fa sdraiare sul pavimento, le si sdraia sopra, la penetra nuovamente. Con una mano strizza un capezzolo. Si alza in piedi. “Leccamelo un po’”. La schiava si pone in ginocchio, prende in mano il cazzo e se lo infila in bocca. Comincia a succhiarlo ed a massaggiarlo con la lingua. Il Padrone si siede poi sulla poltrona. Ordina alla serva di sedersi sopra il cazzo infilandoselo dentro la fica. Nella sua posizione la schiava volge la schiena al Padrone. Questi le prende in mano i seni e strizza bene i capezzoli. Intanto prende due mollette che, preventivamente, aveva messo vicino alla poltrona. Queste sono apposte ai capezzoli della bestia che, in silenzio, sopporta il dolore. Sempre restando seduto, ordina poi alla cagna di girarsi verso di lui, sedersi nuovamente sul cazzo, e continuare a muoversi cavalcando il sesso duro per l’eccitazione. Da quella posizione può palpare e leccare i seni ai capezzoli dei quali vi sono sempre attaccate le mollette. Sta per venire. Poco prima fa alzare la bestia dal cazzo, estrae il membro e spruzza lo sperma sul pavimento. L’ordine è perentorio. “Schiava, lecca la mia sborra”. Subito la schiava si china ai piedi del Padrone per leccare lo sperma da terra. Intanto l’uomo si riveste. Poi si siede sulla poltrona ed osserva la bestia che è ancora intenta a leccare il pavimento. Quando ha finito si porta ai piedi dell’uomo. Questi le toglie le puntine che aveva ancora conficcato nei seni e nel culo. Ordina alla bestia di sdraiarsi sulla schiena ai suoi piedi e la usa come tappeto poggiandovi sopra i piedi scalzi mentre si concentra nella lettura del giornale. Il Padrone è soddisfatto. La schiava si sta comportando bene, è ubbidiente e molto remissiva. Pensa di avere fatto un ottimo affare. Mentre legge, ogni tanto, porge un piede alla bocca della serva per la leccatura. Entra la cameriera per annunciare che il pranzo è pronto. Il Padrone si fa infilare calze e scarpe dalla schiava ancora stesa sotto di lui. Si alza, tira la bestia per il guinzaglio e si dirige verso la sala da pranzo mentre la cagna cammina a quattro zampe. Il Padrone si siede a tavola e, come al solito, l’animale si accuccia ai suoi piedi. La cameriera serve il Signore che comincia a mangiare con appetito. La schiava spera che avanzi qualcosa dal pasto. Ha molta fame. Sinora ha mangiato poco, e servire il suo Signore le comporta un notevole dispendio di energie. Piero osserva divertito la bella donna prostrata a terra pronta ad eseguire ogni suo può perverso desiderio. Nonostante abbia appena goduto, sente ugualmente un fremito all’inguine. Mentre la cameriera si avvicina alla tavola il Signora le osserva i bei fianchi e le lunghe cosce. Piero accarezza una gamba di Luisa e, con la mano, comincia a salire verso l’inguine. La donna, per consentire al Signore di toccare meglio, poggia un piede calzato sulla schiena della cagna. Dopo qualche palpata, manda la cameriera in cucina salutandola con un colpetto sul culo. Prima di togliere il piede dalla schiena della cagna, Luisa conficca il tacco nella carne cagionandole dolore. La bestia non osa lamentarsi. La carne è buona, tuttavia alcune parti di essa sono un po’ dure e non buone da mangiare. E’ un peccato buttarle nella pattumiera. Così il Padrone getta sul pavimento i suoi avanzi ordinando alla schiava di mangiarli. La schiava non si fa ripetere l’ordine. La fame è troppa. Si getta sugli scarti di cibo e li divora con appetito. Dal resto del pasto nulla avanza. Entra nuovamente la cameriera per portare il dolce. E’ molto buono. Tuttavia la crosta è bruciata. Anche questa viene gettata sul pavimento affinché la bestia la possa mangiare. Naturalmente, al termine, il pavimento deve essere perfettamente pulito. Così la cagna lecca bene al fine di eliminare ogni più piccola traccia di sporco. Ritorna la cameriera portando, in un piatto sporco, gli avanzi del pasto suo e della guardia del corpo negra. Getta il tutto sul pavimento. Con un piede avvicina una crosta di formaggio che è caduta troppo lontana. La bestia si china e mangia tutto. Il Padrone osserva la scena divertito ed un po’ eccitato. “Schiava. Ti pare che la mia cameriera cucini bene?”. “Sì Padrone, il cibo è molto buono”. “Luisa, prendi la ciotolina dell’acqua, la cagna avrà sete”. La cameriera si dirige verso il lavandino e riempie la ciotolina d’acqua. La pone a terra ai suoi piedi. “Cagna, vieni a bere se hai sete”. La schiava ha molta sete. Strisciando sulle ginocchia e sui gomiti si avvicina ai piedi di Luisa. Giuntavi si china per bere. Non ha ancora imparato a bere come i suoi colleghi cani, così un po’ d’acqua cade sul pavimento. La cameriera pone un piede sulla schiena della bestia. Fa roteare il tacco appuntito. “Asciuga bene con la lingua”. La schiava esegue con la dovuta sollecitudine. “Brava bestia, ora torna da tuo Padrone”. Luisa toglie il piede dalla schiena ed assesta un calcio nel fianco dell’animale. La bestia si dirige, strisciando sui gomiti, verso il suo Signore e Padrone sino a che giunge ai suoi piedi. “Schiava, adesso andiamo in bagno perché io devo pisciare, e tu sarai la mia carta igienica”. Si alza, prende il guinzaglio e tira la cagna che lo segue fedelmente. Giunti in bagno, ordina alla bestia di alzare il coperchio della tazza. Si tira fuori il cazzo e lo dirige verso il cesso. La cagna abbassa la testa al pavimento in attesa di pulire il cazzo del Padrone con la lingua dalle ultime gocce di pipì. Il Padrone però, prima ancora di urinare cambia idea. “Anzi, schiava, ho deciso che sarà la tua bocca il mio water”. Tirando l’estremità del guinzaglio fa alzare la testa alla schiava. “Apri la bocca, animale”. La schiava obbedisce. Il Padrone infila dentro il cazzo. Tale operazione fa ribrezzo alla serva. Sente che non può farcela. Si getta ai piedi del Padrone e, leccandoglieli, lo prega di non farlo. “La scongiuro mio sublime Signore e Padrone, non mi costringa a fare questo; ubbidirò ad ogni altro suo ordine, ma non mi utilizzi come suo cesso personale”. Piero si spazientisce. “Tu sei una schiava, una bestia, non hai potere di chiedere cosa posso o non posso fare di te; io ti utilizzo come meglio credo; non mi importa se tu mi ubbidisci volentieri o meno; tu devi solamente eseguire senza esitazione alcuna ogni mio ordine, anche se non ti piace”. Dicendo ciò colpisce con la frusta la schiena dell’animale prostrato a terra. Neanche il dolore provocato dalle frustate ha l’effetto di farsi ubbidire. La schiava continua ad implorarlo. “La prego mio Signore e Padrone, sia buono con la sua umile e sottomessa schiava, non mi chieda questo”. Il Padrone continua a frustarla ed a tirare il guinzaglio verso l’alto. “Muoviti cagna, alza subito la testa e bevi la mia urina”. La cagna esegue. Il Padrone dirige nuovamente il cazzo verso la bocca del water umano. Anche questa volta la bestia non riesce. Si getta nuovamente a terra per scongiurare il Padrone che ora si arrabbia seriamente. Tira forte il guinzaglio e conduce la schiava nella sala che aveva fatto preparare per i suoi divertimenti. Fa porre la bestia, sempre in ginocchio ma con le gambe larghe, con il viso rivolto verso il muro. Le fa alzare le braccia allargate che vengono fissato al muro attraverso anelli di ferro agganciati ai polsi. Si allontana, prende in mano il frustino e comincia a colpire la schiena ed il culo della cagna. Le frustate sono tante. La schiava non riesce più a trattenere le proprie urla di dolore. Poi la fa girare e la lega nuovamente nella identica posizione. Comincia a frustarla sui seni, sull’addome e sulle cosce. I segni rossi cominciano a vedersi. Si avvicina alla serva che lo osserva intimorita. Prende in mano delle mollette che attacca ai capezzoli. Strizza bene i seni. Si allontana, prende delle puntine da disegno e le conficca nei seni ancora martoriati dalle precedenti strizzate. Dopodiché si allontana abbandonando la bestia in quella scomoda posizione. Passa qualche ora e la schiava è allo stremo delle forze. Le ginocchia le fanno male. Entra la cameriera. Impugna il frustrino e comincia a colpirla. Poi la slega, la fa sdraiare sul pavimento. Senza togliersi le scarpe le sale sulla schiena torturando la bestia con il tacco. Scende dal tappeto umano, sputa per terra e costringe la serva a leccare il pavimento. Luisa si avvicina alla bocca dell’animale ancora sdraiato e vi infila la punta della scarpa. Schiaccia verso il basso mentre la cagna è costretta a leccare la suola. “Adesso mettiti a quattro zampe”. La cagna esegue. Luisa le si siede sulla schiena e la utilizza come cavallo facendosi portare in giro per la stanza. L’animale è ancora stanco per i trattamenti sino ad ora subiti. Luisa è tutta eccitata per le torture inflitte all’essere inferiore ai suoi piedi. Va a sedersi sulla poltrona. La cagna la raggiunge strisciando sul pavimento come un verme e leccando ancora gli sputi che, lungo la strada, la cameriera ha fatto cadere sul pavimento. Finalmente la cagna raggiunge la sua Torturatrice. Questa si alza in piedi ed ordina all’animale di mettersi in ginocchio davanti a lei. La cagna esegue portando la testa a pochi millimetri dalle scarpe della donna. “Con i denti abbassami la lampo della minigonna e sfilamela”. La schiava alza la testa e, come può, esegue l’ordine impartitole. Poi, con i denti, tira la minigonna verso il pavimento. La cameriera alza prima un piede e poi l’altro. La cagna ha così modo di sfilare completamente l’indumento. “Adesso, sempre con la bocca, mi togli le mutandine”. La serva porta la bocca vicino alle nere mutandine di pizzo. Con i denti stringe l’indumento intimo e lo fa scendere lungo le belle gambe della sua Dominatrice. Quando arriva con il mento a terra, nuovamente Luisa alza alternativamente i piedi per farsi togliere lo slippino. A questo punto si siede sulla comoda poltrona. “Schiava, leccami la fica fino a farmi godere”. La cagna comincia a leccare il sesso della donna che è già tutto bagnato per l’eccitazione. Cerca di fare del suo meglio per farla godere il più presto possibile. Nel frattempo, per divertirsi ulteriormente, la cameriera frusta sulla schiena la cagna inginocchiata ai suoi piedi. Ogni tanto le afferra i seni e glieli strizza bene. La bestia infila più che può la lingua nella fica della donna. La percorre dall’alto verso il basso. Si concentra bene sul clitoride. Poi infila e sfila la lingua come se stesse scopandola. Nuovamente si dedica al clitoride. Finalmente Luisa gode. Si riveste e, prima di allontanarsi, lega nuovamente la schiava nella sua scomoda posizione al muro. Dopo un’ora circa ritorna il Padrone. Slega la cagna che si getta immediatamente ai suoi piedi. “La prego Padrone, abbia pietà”. “Taci bestia, non ti ho autorizzato a parlare”. “Mi scusi Signore e Padrone”. Piero prende la cagna per il guinzaglio e la tira per farsi seguire. Attraversano la casa. Escono in giardino. Il Padrone conduce la serva in un locale adibito a magazzino. Da tempo nessuno vi entra più. Il locale è buio e sporco, pieno di ragnatele. Il Padrone tira la cagna in un angolo. Lega il collare ad un anello infisso nel muro e, senza dire una parola, si allontana. La schiava è abbandonata lì dentro. Quando si abitua all’oscurità riesce a distinguere appena le cose che la circondano. Sente dei rumori lì vicino e teme che si tratti di topi, comunque non ne vede mai uno.
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