La primavera ha sempre esercitato una propizia influenza sulle capacità amatorie dei giovani, e, a questo proposito, voglio raccontare una piccola avventura capitatami nel maggio dello scorso anno, quando mi ero recato nel Sussex a far visita a certi miei cugini che io chiamo familiarmente “semplicioni” per la facilità, da parte mia, di ottenere favori e godimento in varie occasioni e circostanze. Quella di mio zio è una bella villa di campagna che si leva su un’ampia distesa di campi arati e pascoli; è circondata da boschetti con viottoli e sentieri ombrosi, lungo i quali non s’incontra anima viva all’infuori dei contadini. I miei cugini sono Annie, Sophie e Polly, le ragazze, e poi c’è Frank che ha diciassette anni come me ed è il fratello maggiore; le sorelle hanno rispettivamente sedici, quindici e quattordici anni.Il giorno stesso del mio arrivo, mentre dopo pranzo lo zio e la zia si concedevano un breve riposo, noi, cioè le ragazze con me e Frank, rimanemmo seduti sotto il pergolato Ero particolarmente attratto soprattutto dalla cugina Annie, bionda e ben fatta, con occhi di un azzurro intenso , labbra ben modellate e carnose, e un seno abbondante che mi dava l’idea di un vulcano di desideri repressi. Frank, da quel gran pigrone che era, amava fumare di nascosto dalla vista degli zii, mentre le sorelle, che lo adoravano, gli leggevano gli articoli del giornale o gli raccontavano le loro fantasticherie comprendenti quasi sempre fatti attinenti il loro piccolo mondo e le loro pulsioni. Dopo un po’ mi annoiai e chiesi loro di raccontarmi gli avvenimenti capitati in casa e in paese e poi di accompagnarmi a fare una visita in giro; non mettevo piede nella villa da diverso tempo e, in attesa della merenda, avrei voluto vedere i miglioramenti che erano stati apportati alla casa, ai campi e alle stalle. Inutile dire che Frank preferì non muoversi dal suo posto, affermando: “Mia sorella Annie è più qualificata di me per farti vedere certe cose e raccontarti quello che vuoi sapere” E soggiunse: “Io non noto mai nulla.” “Vieni, Annie, andiamo,” dissi prendendola per mano, “si vede che Frank è innamorato.” “No,” replicò lei, “sono certa che non pensa mai alle ragazze, tranne che a noi, sue sorelle; siamo in tre e gli bastiamo certamente” asserì con un sorriso malizioso.Quando fummo ben lontani e certi di non essere sentiti, mentre percorrevamo un sentiero ombroso, ripresi il discorso di prima. “Cara Annie,” le dissi, “posto che Frank non sia innamorato, tu lo sei di certo. Me lo dice il tuo corpo e come ti atteggi.” Lei si fece tutta rossa, ma evidentemente era un rossore di piacere, tant’è che replicò sorridendo: “Oh, Walter, smettila di provocarmi!” Eravamo ormai lontani dalla villa, a un passo da una complice panchina, e io ne approfittai per stringere a me la finta timida, baciarla sulle labbra e dirle: “Annie, sono tuo cugino, già compagno di giochi, e non posso resistere alla tentazione di baciare queste meravigliose labbra che quando eravamo ragazzini mi si offrivano così liberamente. E adesso tu mi devi confessare tutto, altrimenti non ti lascio andare.” “Ma io non ho niente da confessare, caro te,” rispose lei. “Non pensi mai all’amore, Annie? Guardami negli occhi e non avere timore; a parlarti non è un estraneo”. Lei volse il viso verso di me, soffusa più che mai di rossore, ma fissando il suo sguardo nel mio come alla ricerca dél significato nascosto delle mie parole. Ma io, anziché rispondere a quel suo muto appello, avvicinai il mio volto al suo e con voluta lentezza iniziai ad inalare la fragranza del suo respiro baciandola lievemente fino a farla tremare di desiderio. Mentre il sole calava oltre gli alberi, le mie mani accarezzavano la pelle bianca e morbida del suo collo, pian piano scendendo nella scollatura, verso i due rigogliosi, soffici ed invitanti seni. Infine sussurrai: “Che tette magnifiche ti sono venute dall’ultima volta che ti ho visto, Annie . Pensi qualche volta a me? Ricordi quanto liberi erano un tempo i rapporti tra noi? Non possono tornare a esserlo? Che male ci sarebbe?” Lei restava immobile fissandomi, con una mano sulla mia coscia, vicinissima al mio inguine: il mio cazzo intanto dava pressanti segni di risveglio premendo contro i calzoni fino a farmi male. Ma improvvisamente Annie balzò in piedi dicendo: “Non possiamo più restare qui ancora, sospetteranno qualcosa”. Ed io, in fretta: “Quando staremo ancora insieme noi soli? Mettiamoci d’accordo prima di rientrare.” “Domattina potremo fare una passeggiata prima di pranzo; Frank dorme fino a tardi, e questa settimana tocca alle mie sorelle aiutare la mamma ad occuparsi della casa, mentre la prossima toccherà a me”. La giornata seguente si presentò splendida e calda. Fatta la colazione, uscimmo per la nostra passeggiata, dopo che lo zio ci ebbe raccomandato di essere di ritorno in tempo per il pranzo. Ovviamente, lasciai scivolare la conversazione su temi quanto mai intimi, e la mia deliziosa cuginetta, tutta rossa ed accaldata, a un certo punto se ne uscì a dire: “Sei diventato un vero porco, Walter, dall’ultima volta che ti ho visto. Mi metti in imbarazzo, con le tue domande.” “Ma Annie,” ribattei, “che cosa ci può essere di strano nel parlare con te che mi conosci, di cose divertenti, come la bellezza delle gambe, dei seni e di tutto il resto del corpo? Quanto mi piacerebbe vedere le tue splendide cosce,” e così dicendo mi lasciai cadere sotto un albero ombroso, costringendola, ancora riottosa, a stendersi accanto a me; subito presi a baciarla mormorandole: “Oh, Annie, cosa c’è di meglio da fare se non conoscersi per darsi piacere reciprocamente”?Lei, che aveva risposto ai miei baci con ardore, all’improvviso si sciolse, abbassò gli occhi e sussurrò: “Che cosa vuoi dire, Walter?” “Oh, cuginetta, ma si può essere così ingenui? Metti qua la mano, senti che cazzo , impaziente dì sistemarsi tra le tue cosce,” e la costrinsi a porre la mano sul sesso vibrante che avevo prontamente estratto dai pantaloni. “Stringilo pure, mia cara, possibile che tu non sappia a cosa serve?” E lei, di fiamma fino alla radice dei capelli, impugnava tuttavia l’arnese, affascinata dall’improvvisa apparizione. Approfittando della sua confusione, le infilai la mano sotto la gonna e senza perdere tempo raggiunsì il suo monte di Venere e, per quanto serrasse le cosce, con l’indice cercai e trovai il clito turgido ed eretto. La sensazione che ne ebbi fu quella di immergere il dito in una grossa fragola matura. “Oh, no…, no, no…., Walter, ma cosa stai facendo?” “Questo è sesso, cara, apri un po’ di più le cosce e vedrai che piacere ti farà provare il mio dito”, continuai a sussurrarle, soffocandola di baci e accarezzandole le labbra con la punta della lingua. “Oh, ma tu mi fai male”, ansimava lei, e tuttavia allargò un poco le gambe senza più stringerle spasmodicamente come prima. Le mie labbra erano ancora attaccate alle sue, lei stringeva convulsamente il mio arnese, e le mie dita erano occupate tra clitoride e peli; l’unico suono udibile era un miscuglio di baci e sospiri – finché all’improvviso la sentii inondata, calda e cremosa, e io stesso le sprizzai sulle mani e sulla gonna tutto lo sperma che si era accumulato nei coglioni, in un godimento contemporaneo. Ansanti e sfiniti ci ricomponemmo e io le spiegai che quel godimento, per quanto sconvolgente, era nulla a paragone delle gioie che potevo offrirle inserendo il mio membro nella sua fessura. Come è risaputo che, la conquista di una donna, si effettua prima con la parola, così il mio persuasivo discorso e l’ardore dei suoi desideri ebbero ben presto ragione dei suoi verginali scrupoli. Per timore di rovinarle ancora il vestito e di macchiarmi d’erba le ginocchia dei pantaloni, la convinsi ad alzarsi in piedi ed appoggiarsi ad una cancellata che chiudeva il sentiero, permettendomi così di penetrarla dal di dietro. Annie nascose il volto nelle mani mentre io lentamente le alzavo la gonna. E quale divino spettacolo mi si presentò allora! In un istante, rieccomi in erezione, con l’uccello duro e turgido alla vista delle sue meravigliose natiche messe in risalto dal candore degli slip; dopo averli abbassati, e mentre le spalancavo il culo mettendo così a nudo un eccitante e magnifico foro, potei vedere le labbra della sua polposa e morbida fessura, deliziosamente coronate di morbidi peli castani, e le sue snelle gambe, e l’insieme era tale da causarmi un crescente pulsare del cazzo che si evidenziava con un leggero movimento di su e giù dell’asta provocato dalla involontaria contrazione della muscolatura che mi provocava un crescente piacere. M’inginocchiai e la baciai, ficcando la lingua in tutto quello che potevo raggiungere. Poi mi rialzai e mi accinsi a penetrarla, favorito da un mare di muco che lei sotto l’effetto dell’eccitazione aveva prodotto, quando, ahimè, un improvviso sussulto di Annie vanificò tutti i miei propositi, mentre a lei la gonna ricadeva come un sipario a conclusione di uno spettacolo teatrale.Tutta questa reazione era stata causata dalla presenza di uno stallone alla staccionata: era apparso inaspettatamente di là dal cancello, si era avvicinato e adesso si permetteva addirittura il lusso di avvicinare il morbido muso alla fronte di Annie, infilandolo tra le sbarre; evidentemente il finissimo olfatto della bestia aveva percepito il forte odore emanato dai nostri sessi infoiati e la reazione del cavallo si palesava con lo sfodero di un enorme bigolo che andava via via scendendo e lentamente risalendo tutto duro e curvo e di colore nero con all’estremità una cappella di un rosa carico con nel bel mezzo un meato di diametro pari alla circonferenza di un mignolo. Ancor oggi, a distanza di anni, mi è penoso il rivivere quella scena: non tanto per lo spavento che si prese la povera Annie, quanto per la vista di quel cazzo maestoso che in tutta la sua magnifica quanto brutale bestialità, contribuì a farmi ammosciare l’arnese, quasi che esso si fosse reso conto, come dotato del ben dell’intelletto, dell’impossibilità di un qualsiasi paragone con quello del cavallo: sarebbe stato come il voler paragonare l’altezza di un Watusso con quella di un nano: Oltre questo, se aggiungete la circostanza che l’animale si diede a slinguazzarsi l’enorme cazzo con ampi allungamenti del collo facendosi praticamente un pompino e indi eruttando litri di sborra bianca, capirete il perché della ritirata strategica del mio membro. Annie, mezza svenuta dalla paura, cominciò a strillare: “Walter! Salvami da questa schifosa bestiaccia!” La quietai facendole notare che non correvamo alcun pericolo perché lo stallone si era limitato ad una partecipazione alla nostra foia dandoci dimostrazione di tutto il suo gradimento con quella maestosa sega : questa spiegazione unita alla visione carica di erotismo dell’animale che sborrava copiosamente e i piccoli baci che mi prodigavo a darle dietro l’orecchio la chetarono e ce ne andammo alla ricerca di un posto più tranquillo, Scopertone finalmente uno all’ombra, le proposi: “Annie cara, sediamoci e riposiamoci: dopo quest’esperienza per te tanto terribile. Sono sicuro che ti senti ancora un po’ agitata, ma vedrai che io ho il mezzo per calmartì.” Sembrava che indovinasse che la sua ora era suonata. I tenui rossori si mutarono in ondate cremisi e, tenendo gli occhi bassi, mi permise di farla sdraiare sull’erba dove giacemmo a fianco a fianco, incollando le nostre bocche in un bacio fortemente sensuale: “Annie, oh, Annie,” ansimai, “dammi la tua lingua, amore.” Obbedì senza la minima esitazione, ma anzi facendo udire qualcosa che mi parve un profondo sospiro di deliziosi anticipi. Le tenevo un braccio sotto la testa, con l’altra mano andavo risalendo lungo le cosce. Terminata la lunga carezza le presi la mano e me la portai all’uccello già bell’e pronto che palpitava impaziente, e le dissi, per un istante cessando di succhiarle la lingua e le labbra: “Da brava, Annie, prendilo bene in mano e accarezzalo.” Lei lo strattonò all’inizio alquanto goffamente, innervosita, tuttavia mormorando: “Oh, Walter, mi vergogno, ma sento tanta voglia che non rinuncerei a questo momento per nulla al mondo” La sua voce era ormai ridotta a un bisbiglio. Intanto la sua mano, obbedendo alle pressioni della mia, si muoveva su e giù sul mio membro. Con quella che mi restava libera, cercavo di trovare la strada giusta sotto la gonna di Annie, e intanto non smettevo di lavorarle le labbra e la lingua. E finalmente la mia mano arrivò dove doveva, constatando che aveva una fica fradicia di umori, scivolosa e sericea con all’apice un clitoride di tutto rispetto. “Mia cara, devo assolutamente baciarti fra le cosce e sentire il tuo sapore!” esclamai, staccando le mie labbra dalle sue. E, cambiando posizione, cacciai il viso tra le sue gambe ormai vinte. Leccai il liquore che le usciva dalla vagina, poi la mia lingua si spinse più in su, a titillarle e succhiare il clitoride, cosa che decuplicò in Annie il desiderio di ulteriori godurie e infatti mi strinse la testa tra le mani schiacciando il mio viso sulla vulva quasi nel timore che smettessi di darle piacere, mentre le sue gambe erano percorse da un lieve tremore e il resto del corpo era immobile, in un’estasi di delirio. Mi inumidii il dito immergendoglielo nella sua fessura e poi lo inserii, senza difficoltà, nel foro bruno del culo, e questo la portò a una tale furia di desiderio, che mi afferrò il pene, portandoselo alla bocca e ciucciando a più non posso; mi posi a 69 sopra di lei per facilitarle il compito: la sua lingua roteava attorno alla cappella paonazza e i suoi denti di tanto in tanto mi regalavano deliziosi morsi che mi facevano lentamente montare la marea di sborra finora trattenuta.Fu l’acme del godimento. Lei venne di nuovo, con un flusso veemente, e io le inondai la bocca di sperma che lei succhiò con avidità. Poi restammo immobili ed esausti per qualche istante, finché non percepii la sua bocca che tornava a succhiarmi il cazzo. L’effetto fu elettrizzante, e in un istante mi ritrovai più duro di prima. “Ecco, Annie, è venuto il momento del vero amore!” Cambiai posizione, allargandole le cosce ormai docili e domate in modo da potermi inginocchiare nel mezzo. Annie giaceva lì, in uno stato di estatica anticipazione, le labbra leggermente aperte, muovendo le anche in un ritmo tumultuoso. Era fantastico, impazzivo dalla voglia, non potevo aspettare oltre. E addio verginità! Mandai il mio dildo all’assalto tra le labbra della vagina. Sembrò, al tocco della mia cappella, che una scossa elettrica le attraversasse il corpo; gli occhi le si aprirono e Annie mormorò con un dolce sorriso : “So che mi farai un poco di male, Walter, sii dunque cauto ma deciso” .E, gettandomi le braccia al collo, mi baciò sulle labbra, mi affondò la lingua in bocca con tutto l’abbandono dell’amore, in pari tempo sollevando il bacino per incontrarmi meglio. Le misi una mano sotto le chiappe e con l’altra guidai il mio cazzo verso il punto giusto; poi, spingendo piano ma con vigore, feci entrare il glande per un paio di centimetri, fino a incontrare l’imene. Annie sobbalzò leggermente ma i suoi occhi spalancati erano fissi nei miei, in uno sguardo estatico pieno di incoraggiamento. “Stringimi tra le gambe” ansimai per un istante liberatomi dalla sua avida lingua. Le bellissime cosce mi abbracciarono con spasmodica frenesia, e io diedi una spinta più decisa, mentre lei sollevava il bacino, e le fui dentro. Avevo sfondato l’ostacolo per il nostro comune godimento. Annie emise un piccolo grido, e io mi sentii in possesso delle sue più intime bellezze. Restammo così, fermi per qualche istante, e poi godemmo ancora. Le baciai il viso, la fronte, gli occhi, la bocca, in un trasporto. irresistibile, a suggellare una vittoria riportata così facilmente, e intanto sentivo la stretta guaina della sua vagina che si contraeva attorno al mio membro ed era una sensazione meravigliosa. Non potei resistere e sferrai un paio di colpi impetuosi, ma subito sul viso di Annie si disegnò una smorfia di dolore. Frenandomi allora procedetti con molta dolcezza, affondando piano dentro di lei, in uno stato di letargo amoroso, sebbene la mia voglia fosse tale che riuscii a stento a frenare uno spruzzo. Adesso la vagina era un lago, per cui potei procedere con minori precauzioni. Annie non soffriva più molto, le sue intimità irritate, una volta placate dall’ondata dei nostri liquidi, assaporavano, come se fossero un organismo autonomo, la deliziosa frizione del pene, e le sentivo fremere dal godimento mentre il mio cazzo, andando avanti e indietro, le faceva sentire tutto il vigore della virilità. Per tre volte ejaculai finché non fui completamente stremato e la pregai di moderare le sue voglie perché non ce la facevo più a reggere l’erezione. Poi, vedendo che ritiravo il mio giocattolo dalla vagina, disse sorridendo e arrossendo: “Scusa la mia rudezza, caro Walter, ma temo che tu ti sia ferito. Guarda il tuo coso, è tutto macchiato di sangue.” “Ah, piccola sempliciona,” dissi baciandola con calore, “questo è il sangue della tua verginità che adesso ti pulisco,” e le premetti piano il fazzoletto sulla fessura rigonfia, nettandomi poi con esso il membro. “Lo terrò a riprova del tuo amore,” dissi esibendole il fazzoletto insanguinato. Poi ci alzammo dal nostro morbido letto di muschio, e ci avviammo lentamente con la testa che ronzava come un alveare.
Aggiungi ai Preferiti