La visione saliva lenta e bianca dalle onde. La schiuma d’avorio l’avvolgeva come uno specchio. Nessuno avrebbe saputo dire cosa fosse, in quell’istante, il magico istante, toccato dalla mano fredda del destino. Il galeone era colato a picco al calar delle stelle. Altri erano gli astri che brillavano in quel blu. Vidi una testa di donna, un volto di perla, dai lineamenti perfetti. La sfera di cristallo non aveva mentito. I capelli erano lunghi e biondi, a boccoli, ricoperti morbidamente da un cappello rotondo, di feltro, decorato con una piuma d’airone bianco. Gli occhi erano di zaffiro. I muggiti dei flutti divenivano sempre più impetuosi, sapevano di bianco e di turchino, di candore e di smeraldo. Il gabbiano ripeteva il suo verso magico al vento. Vidi le spalle, nude e rotonde, vidi le braccia, lunghe, sode e senza veli. A ricoprire quelle membra, un lungo mantello nero, con fregi d’oro, che folate di brezza di mare facevano volare, insieme a quei capelli. Quelle pupille scintillavano di mistero. A tratti, l’improvvisa tempesta, scoppiata sotto nubi rosse come il ferro fuso, mi mostrava quel corpo. E lo scoprivo fatto per i baci, per il piacere ardente, per una mano, che brucia sulla pelle. Non potevo toccare. La bella era stata pirata, era stata sirena, così come un tempo era stata medusa. Mi lanciò il suo cappello piumato, ed io lo misi in capo, come si conviene ad un dono d’affetto. Allora ero un marinaio, salpato da un favoloso porto d’Oriente in cerca di fortuna. Una voce mi chiamava alle gioie. E una mano mi mostrava i seni grandi e statuari, l’ombelico minuscolo, il pube glabro, le cosce tornite, le ginocchia suadenti, che promettevano piaceri perduti. Un cocorito le si posò sul braccio: era rosso, giallo, blu, piume imperiali e ciuffate lo ornavano, e prese a ripetere ai venti un nome, quel caro e amato nome, che più non potevo ricordare. La bella posò le dolci labbra sul suo becco, come per un bacio, lo stesso che avrebbe desiderato regalarmi. Vidi una grande collana di perle e corallo che le ornava il seno, era decorata di conchiglie, ne udii il suono, vago, nell’etere immenso. E allora, oh, sì, allora, caddi, addormentato dal sogno. Un raggio di sole improvviso, che fendeva le nubi di ferro fuso, e il mare dalla schiuma di fuoco, mi abbagliò. Era una visione, sì, la visione di due corpi nudi e abbracciati, di un nero mantello che avvolgeva le mie membra e le sue, di seni nudi che danzavano frenetici, di bocche socchiuse, e amplessi fatati. Tutto questo, tra bagliori sfavillanti… Pareva che ovunque vi fossero diamanti. Le scrissi un messaggio, che racchiusi in una bottiglia e affidai alle correnti incantate. Il mare spumeggiava sugli scogli. Altro non ricordo…
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