Com’e’ diversa la realta’. Come è terribilmente, desolatamente diversa dal meraviglioso film in bianco e nero, e pathos, che ci si raffigura in testa delle volte. Come e’ tutto molto piu’ banale, piu’ rapido, piu’ stupido. E stupida si sente ora Teresa mentre realizza questa semplice verita’. Niente di quello che aveva creduto sta succedendo. E niente succedera’. La gente intorno chiacchiera, chiacchiera, mentre l’unica persona con cui le interessava parlare è dall’altra parte del tavolo, attratta da una scollatura e per di piu’ visibilmente, disgustosamente innamorata. Non era esattamente cosi’ che aveva progettato la cosa mentre veniva: guidava con la musica sparata nelle orecchie e pensava, Teresa, immaginava e il film si girava da solo nella sua testa, e le inquadrature migliori le riservava a se stessa, agli occhi di lui: lei che entrava nel ristorante, che salutava affabile tutti gli amici fino ad arrivare a lui, a intercettare il suo sguardo e allora la ripresa stringeva sugli occhi di lui che si abbassavano, emozionati. Guidava e immaginava, Teresa, che il momento in cui si sarebbero guardati, dopo tutto quel tempo, sarebbe stato denso, sospeso nel silenzio e nell’emozione. E qualcuno forse avrebbe notato quel tono leggermente diverso, quel ciao intriso di malcelata felicita’; altri invece, storditi dal vino rosso di bassa qualità, non avrebbero fatto caso alla mano di Teresa poggiata con disinvoltura sul suo fianco nel classico bacio da conoscenti ma un po’ troppo in basso, un po’ troppo a lungo. Si sarebbe seduta di fianco a lui, il posto sarebbe stato miracolosamente libero, e avrebbe riposto alle solite domande degli altri, come stai cosa fai quanto tempo che non ci vediamo, sentendo nettamente il suo sguardo adorante sulla pelle. Gli avrebbe rivolto qualche volta la parola, fingendo cordiale simpatia, e lui avrebbe parlato poco e bene, come suo solito, dicendo magari un’unica frase, ma importante; importante per lei sola. Com’e’ tutto schifosamente diverso, invece, e come fa male. Qualcuno le chiede allora come stai e lei dice bene tutto a posto, e invece non e’ posto un bel niente, un bel cacchio di niente. Lui la guarda ogni tanto, ma piu’ che altro guarda tutti: da un’occhiata in giro e in quella occhiata rientra anche lei. Qualcuno le dice quanto tempo che non ci vediamo e lei risponde che davvero e’ un peccato non sentirsi piu’ spesso non vedersi mai, e invece non e’ quello il problema, la sola cosa che le spiace davvero e’ non aver piu’ sentito lui, da un giorno all’altro. Di aver capito subito, dalla prima volta che le aveva parlato di lei, che stavolta si era innamorato davvero e che non avrebbero piu’ potuto giocare a fare gli stronzi. Le spiaceva davvero, e molto piu’ di quanto amava ammettere, aver perso quella intesa inaspettata, i giochi di parole e non, le confidenze sulle sue amanti che la divertivano e gratificavano: su questa nuova donna, questa ragazza tutta sorriso e tette che guardava orgoglioso come un qualsiasi ragazzino innamorato, su questa di certo non avrebbe mai scherzato. Ma come aveva fatto a non pensarci? Come aveva potuto immaginare che lei non sarebbe venuta stasera? A casa, mentre cercava di decidere cosa mettere per questa serata speciale, cambiando piu’ volte abito e biancheria intima, Teresa si calava in vari scenari, costruiva piccole scene e valutava se il vestito sarebbe stato adatto: approfittando di un attimo di calma lui le avrebbe detto che era bellissima, che era nera e scura come la notte con quel corpetto di raso e lei gli avrebbe sorriso dicendogli che l’aveva messo per lui, per ricordagli il suo ruolo; oppure le avrebbe detto che era stupenda, che quella camiciola leggera e fiorata gli faceva perdere l’appetito e lei avrebbe messo in bocca un grissino innocente si, ma solo per gli altri. Immaginava e si cambiava d’abito, Teresa, e gia’ pregustava quelle parole, quelle piccole occhiate che avevano significato solo per loro. Invece era cosi’ palese, cosi ovvio che sarebbe venuto con la testa, e molto altro, persa dietro quella donna. Era ovvio che non le avrebbe fatto nessun complimento, che non avrebbe avuto per lei nient’altro che qualche stupida domanda di circostanza. Come ora che sta parlando della sua ragazza dolcissima e bellissima e gli occhi gli brillano: racconta a tutto il tavolo cosa fa, com’e’ brava, e lei si schernisce, si prende un po’ in giro da sola e dice battute che fanno ridere tutti perche’ e’ davvero simpatica, e Teresa riesce solo a muovere le labbra in modo che sembrino un sorriso, che almeno non stonino con l’ilarita’ generale. E lui continua, ride e le tiene la mano, e si piega verso di lei con la voglia di morderle il collo, Teresa ci scommette… Aveva pensato proprio qualcosa del genere, quel pomeriggio immersa nella vasca da bagno a fantasticare, solo che il collo glielo avrebbe morso lei. Forse proprio all’inizio, avvicinandosi per salutarlo, avrebbe deviato dal solito bacio sulla guancia per fermasi sul collo e affondarci brevemente i denti. O forse no, sarebbe stato troppo evidente, forse sarebbe stato meglio dopo, in qualche occasione in cui sarebbero stati un attimo da soli: gli avrebbe detto che aveva un buon profumo per avere una scusa per avvicinarsi, oppure semplicemente l’avrebbe guardato e gli avrebbe detto che aveva voglia di morderlo. La mano le era andata da sola sul sesso mentre immaginava che no, la cosa migliore sarebbe stata dirgli di girarsi, farlo aspettare qualche secondo e poi, da dietro, avvicinarsi al quel punto bellissimo fra il collo e la spalla e leccarlo, per poi mordere piano ma a lungo. Aveva continuato a toccarsi, Teresa, immaginando il suo corpo tremante e disegnando nella mente le uniche parole che lui avrebbe avuto la forza di dire: ti prego…. E lei gli avrebbe detto ti prego ancora o ti prego smetti? Tutte e due, avrebbe sussurrato lui. Era venuta pensando a questo, e si era sentita un po’ sciocca, ma sorridendo. Non come ora, che si sentiva una cogliona, e senza sorrisi a rendere la cosa meno pesante. E nonostante tutto a tratti si diverte, Teresa. A tratti si lascia trasportare dai vecchi ricordi e dalla simpatia di alcuni, il gomito sul tavolo e la mano appoggiata al mento quasi a dargli la schiena che cuore non vede cuore non duole… Ride Teresa, e il buonumore le torna ogni tanto rendendola piu’ bella. Ed e’ proprio mentre ride, mentre riversa indietro la testa e i capelli, che ha la sensazione per un attimo di essere osservata e spera che sia lui, che la stia guardando anche solo per poco e che stia pensando a loro, a quel poco che c’era. Un altro dei suoi sogni inutili, di sicuro, un’altra delle sue fantasie destinate a perdere miseramente il confronto con la realta’. Si gira un attimo, giusto uno sguardo con la coda dell’occhio per levarsi la curiosita’ e lui effettivamente la sta guardando: non lo sguardo adorante e sottomesso che sperava pero’, la sta guardando con simpatia, con un sorriso per niente celato, per niente privato; e niente poteva essere peggio di questo. Gli sorride appena giusto per gentilezza e lui ne approfitta, giulivo, per presentarla alla sua fidanzata: mancavi solo tu, dice. E allora ciao, ciao, piacere Chiara, sorrisi e strette di mano e da quanto lo conosci e il panico piu’ totale e lui che interviene per levarla d’impaccio ma senza mentire, perche’ alle fidanzate, quelle vere, non si mente mai. Eppure Teresa spera che lui non le abbia detto tutto. Lo spera ma ci crede poco, perche’ quello sguardo, quello che riserva solo all’altra, dice molte cose ma soprattutto dice che ha perso quel poco che aveva di lui, perso e basta. E’ venuta a questa cena piena di aspettative, di inutili, stupide speranze, e ora si chiede cosa le avesse fatto pensare di riprendere le fila del discorso, cosi’, come se non fossero passati mesi di assoluto silenzio, come se non fosse sparito nel nulla da un giorno all’altro… Aveva sempre percepito la loro come un’intesa profonda, di quelle che non si possono costruire ma ci sono e basta, da sempre; e fra una battuta e l’altra, fra un non detto e l’altro, e anche questo le suonava cosi’ vero e banale allo stesso tempo, aveva scoperto una parte di se’ che non sapeva di avere; senza quasi accorgersene era successo che qualcuno si era denudato per lei mettendosi completamente in gioco, e aveva lasciato che lei gli guardasse dentro e vedesse riflessi i suoi stessi desideri, le sue stesse fantasie ma al negativo, uguali e complementari; questo qualcuno e’ li’ di fronte a lei, adesso, che le parla come niente fosse, e forse per lui davvero non e’ niente… Teresa si alza di scatto, il rumore della sedia spinta indietro attira qualche sguardo curioso. Cazzo, niente va per il verso giusto, stasera: voleva solo sparire un attimo da quel tavolo, materializzarsi da qualche altra parte senza dare nell’occhio, invece le tocca farfugliare qualcosa per giustificare quella ritirata frettolosa; inventa qualcosa su una telefonata, benedetto telefonino, e si allontana. Fuori si congela, ma almeno c’e’ silenzio, non deve sorridere per forza, non deve stare a sentire il mare di simpatiche cazzate tipico di una rimpatriata fra vecchi compagni di classe… Quando, una settimana prima, aveva ricevuto la telefonata di uno di loro che la informava della cena aveva subito chiesto chi sarebbe venuto, sorridendo intimamente al suo nome: finalmente l’avrebbe rivisto. Strana storia la loro: dopo essersi ignorati a scuola per 5 anni, si erano rincontrati in mail, quasi per caso, e poi si erano conosciuti davvero in chat, nell’ultimo anno; si erano visti solo un paio di volte, in quei mesi, ma l’atmosfera era stata troppo tesa, le emozioni troppo forti; in fondo preferivano scriversi, vedere le domande formarsi sul monitor, avere il tempo di nascondere meglio la verita’ dietro alle risposte: preferivano avere la possibilita’ di osare senza sentirsi troppo audaci o troppo infami. Si erano divertiti per un anno, poi il nulla: le aveva detto che si era fidanzato, le aveva parlato di lei ma solo in generale, niente a che vedere con i resoconti che le faceva per le altre. Da allora aveva pensato a lui abbastanza spesso e con una certa nostalgia, soprattutto sentendo certe canzoni, o quando si collegava e la chat restava irrimediabilmente vuota per ore. Nonostante tutto Teresa aveva immaginato, appena riagganciato il telefono, che avrebbero trovato il modo di parlare un po’, loro due, lontano dagli altri; magari lei si sarebbe alzata per prendere un po’ d’aria proprio come adesso e lui l’avrebbe raggiunta, le avrebbe sussurrato nell’orecchio: buonasera, mia signora, facendola sobbalzare. Si era sdraiata sul letto e si era toccata appena lasciando correre l’immaginazione: gli avrebbe solo sorriso e lui avrebbe continuato facendola quasi morire d’infarto: non mi hai ancora usato, – e avrebbe sottolineato la parola usato – stasera… Lei avrebbe escogitato qualcosa da fargli fare quando fossero tornati di la’, come andare al bagno e toccarsi, ma non era abbastanza, no, aveva pensato abbassandosi gli slip con una mano e muovendo il dito sul clitoride, gli occhi chiusi; gli avrebbe detto di masturbasi nella toilette, di starci fino a quando non fosse venuto, immaginando il suo imbarazzo se i tempi fossero stati lunghi, e di non pulirsi le mani al bagno ma di tornare a tavola e di pulirsi con il tovagliolo, davanti a tutti. La cosa la eccitava talmente tanto che era stata li li’ per venire, al pensiero, ma era troppo presto: si era fermata un attimo per allontanare l’orgasmo. Quando aveva ripreso a toccarsi lo aveva immaginato con dovizia di particolari mentre usciva dal bagno, si sedeva davanti a lei, allungava una mano sul tavolo per prendere il tovagliolo – e qualcuno forse avrebbe notato qualche goccia densa sopra – e si puliva, lo sguardo basso e un vago rossore sulle guance. Aveva immaginato tutto cosi’ bene, Teresa che non aveva potuto resistere oltre ed era venuta tendendosi tutta, come faceva fin da bambina. Poi aveva sorriso, chiedendosi quante accidenti di volte si masturbava pensando a lui, negli ultimi tempi… E invece eccola qui, appoggiata ad un lampione quasi come una puttana, senza sussurri nelle orecchie e senza brividi se non quelli di freddo.”Sapevo che ti avrei trovata qui”E’ fermo sulla porta del locale, molto piu’ lontano di quanto avesse immaginato Teresa quel giorno sul letto, eppure la fa sobbalzare lo stesso.”Dovevo fare una telefonata…””Bugiarda. Sono qui da 5 minuti e non hai fatto altro che guardare quel gatto vicino ai secchioni”Finalmente trova il coraggio di guardarlo, di fargli un piccolo sorriso. Non trova niente da dire, pero’, e il silenzio comincia a diventare imbarazzante.”Allora ti piace Chiara?” Com’e’ diversa la realta’. Come è terribilmente, desolatamente diversa…”Molto, si, molto” riesce a dire. Ancora silenzio. “Scusami se non mi sono piu’ fatto sentire… sono stato davvero molto impegnato, siamo andati a vivere insieme, lo sapevi?” “No, non ti scusare, dai, non serve, si, l’ho letto, sono davvero contenta…” Quasi gli parla sopra, Teresa. Poi tacciono ancora tutti e due. “A che pensavi qui fuori tutta sola?” Le chiede di nuovo accendendosi una sigaretta. Diglielo o non dirglielo? Se fossero stati in una delle sue fantasie lei gli avrebbe detto qualcosa come: sei sicuro di volerlo sapere? potrebbe farti male; e lui avrebbe risposto con un filo di voce: lo spero… Invece sono in questo vicolo sudicio, il freddo le sta addormentando i piedi e la tristezza e’ come una cappa che la avvolge, inesorabile. “A quando ci scrivevamo… alle cazzate che ci siamo detti” Lo dice quasi violentandosi, perche’ per lei niente e’ piu’ prezioso di quelle pagine di chat, di quei botta e risposta in cui si scrivevano tutto e niente, ma soprattutto il niente aveva significato… “Si, davvero, quante cazzate.” ridacchia lui. Poteva dire di peggio? No, Teresa crede di no. La cappa ormai pesa come un macigno e lei, di nuovo, desidera solo fuggire. Si gira per rientrare, per prendere il cappotto e andarsene ma lui appoggiato alla porta sta scrivendo con una matita di ikea sul retro di uno scontrino spiegazzato. Glielo porge con un leggilo dopo, e lei riesce ad infilarselo in tasca proprio mentre l’altra, Chiara, gli appoggia una mano sulla spalla chiedendogli che fine avesse fatto. “sono venuto a farmi una sigaretta” “se non la fumavi era meglio – dice lei carezzandogli il collo – sto cercando di farlo smettere” prosegue poi rivolta a lei con un gran sorriso.”auguri… ma sono sicura che tu ci riuscirai” risponde cercando di sembrare spiritosa, la mano serrata intorno a quel foglietto. Spera solo che il sorriso le sia venuto spontaneo, perche’ lei le sembra davvero una brava ragazza e non vuole essere antipatica… non troppo, almeno. La serata finisce subito dopo, per fortuna, e finalmente Teresa e’ sola in macchina. Ferma al parcheggio accende il riscaldamento al massimo e lascia che le sparisca la sensazione di gelo dalle ossa; non ha avuto il coraggio di aprire il foglietto accartocciato prima per paura di non riuscire a nascondere la delusione davanti a lui e agli altri se fosse stata qualche stupida frase di saluto, qualche numero di telefono senza nessuna importanza… Sono poche frasi, invece, ma da subito il cuore le sobbalza nel petto esattamente come quando si trovavano in chat e lui, con una parola, si rimetteva ai suoi desideri; un calore intenso e basso la invade come quando apriva una sua foto e vi trovava ritratti, in bianco e nero, perfetti, i suoi pensieri piu’ scabrosi. Liscia un po’ la superficie del foglietto sulla coscia poi rilegge, rilegge ancora una volta, carezza quasi la sua calligrafia con la punta delle dita poi chiude gli occhi, appoggia la testa indietro e sorride: le viene da piangere per la tristezza ma questa volta, almeno questa volta, la realta’ e’ molto piu’ bella della fantasia e, naturalmente, molto piu’ dolorosa…
Aggiungi ai Preferiti