Amavo le auto, la potenza del motore, il brivido del rischio. Lui, Carlo, lo sapeva e per me aveva scelto la sua potente auto sportiva. Quella sera venne a prendermi con un’aria più intrigante del solito. Aveva in mente qualcosa. La sua guida tranquilla non lasciava presagire nulla, finché d’un tratto non lo sentii inchiodare violentemente. Dal suo sguardo deciso intuii che quella sera stava per realizzarsi il desiderio che più mi assillava: trasfondere nel mio corpo le vibrazioni della velocità automobilistica. Il volante saldamente trattenuto con la sinistra, cominciò facendo scivolare l’altra mano sull’esterno della mia coscia. "Lasciati andare", mi sussurrò fissando la strada. Quasi non potevo crederci: si destreggiava tra curve, stop e semafori con l’abilità di chi non avesse fatto altro in vita sua. Mi sfiorava appena sollevandomi il vestito leggero e rimandando volutamente il momento di raggiungere con il suo tocco le parti più sensibili. Toccava me, spingeva sull’acceleratore. Entrò in tangenziale con uno sguardo quasi di sfida. "Lasciati andare e pensa solo al tuo piacere". Fissavo quasi inebetita i fari che mi venivano di fronte.Mi fece scendere la spallina, poi inchiodò di colpo: la cintura di sicurezza si tese in uno spasimo di dolore e piacere, accarezzando violentemente il capezzolo teso.Veloce scalo di marcia e forte spinta sull’acceleratore, la sua mano stringeva forte il seno scoperto, parole inarticolate si infrangevano contro il parabrezza lucido.Osservai per un po’ la sua guida tesa e veloce, il volante trattenuto appena, gli stacchi pericolosi della sinistra per cambiare, il resto teso unicamente a coordinare la sua velocità ed il mio piacere. Le sue mani contro il nero scivoloso tessuto che mi ricopriva appena mi fecero rabbrividire. Sollevò con le dita l’elastico degli slip, tirò dolcemente verso il basso.Intrappolata dalla cintura mi divincolavo per aiutarlo. D’un tratto mi liberai dell’indumento. In uno sfoggio di trionfale erotismo lo appese allo specchietto centrale.Divise le mie umide carni con un dito, scivolando all’insù e vibrando nel punto più immediatamente sensibile. Fissavo quasi con violenza le auto che ci sorpassavano.Appoggiò le dita appena al di sotto del Monte di Venere, inchiodò e spinse forte. Mi tirai contro il sedile con un gemito violento, al limite del piacere, ma decisa a prolungare la corsa."Ti piace ?". Tirai forte la cintura, in modo che mi bloccasse. "Accelera" imposi.Alternava vibrazioni forti, carezze accennate, frenate repentine e velocità folli. Più di un’auto ci evitò per un pelo, lasciando una scia di clacsonate nervose.D’un tratto si fece strada con le dita verso il punto più profondo della mia umida e morbida sorgente di piacere. Lo aiutai, puntando i piedi contro il fondo dell’auto.Mi rovesciai contro il sedile, apparendo semi svestita alla luce dei fari. Mi osservò, sbandò deliberatamente. Mi strinsi forte intorno a ciò che sentivo dentro, tesa. Avvertivo la velocità, la strada, le luci sferzanti della galleria artificiale che ci sovrastava. Quell’intermittenza divenne una sola cosa con me, con lui, con quell’auto. All’improvviso tutto si fuse in una sensazione di volo leggero, potente e prolungata. Mi rilasciai sul sedile, sfinita. Lui rallentò, la sua guida divenne più tranquilla. Dolcemente mi risollevò la spallina. "La notte c appena cominciata, amore", mi sussurrò sotto il cartello che segnalava la fine della tangenziale.
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