Come pareva innocente ed era perversa anche Nelly. Frequentava le medie superiori . Portava sempre un giubbetto alla marinara, la minigonna più su del ginocchio e scarpette basse. Era agilissima, giovanissima, freschissima. Si profumava con Atkinson for girl, e dava le vertigini per quel suo profumo di carne e di prati, per quel suo sapore di fanciullezza svelta, e per quella sua agilità che considerava l’amore come una ginnastica. Non si poteva negare che fosse un rigoglìo di salute fisica. Dopo di lei, io non ho visto mai una adolescenza così allegra e così schietta, così ingenua e così pervertita; così selvaggiamente scatenata e anche così ingenuamente generosa. Le ho voluto bene, a mio modo: tutto il bene di cui mi sentivo capace, a vent’anni. Ma Nelly considerava l’amore come una ginnastica. Era una limpida mattina di maggio. Bighellonavo come usano fare gli studenti universitari. Nelle vene, nei nervi, in tutto il corpo, sentivo un desiderio struggente: era il desiderio d’amare. Camminavo sotto i tigli, quando lei mi venne incontro con un passo più ubriaco e più agile del mio; una ragazzina perfetta, sottile, bionda, con grandi occhi sereni e le labbra rosse. Era una delle mie mattine di pace, quando la lotta per la vita non mi attanagliava, non mi stringeva nella morsa orrida dei doveri, non mi assillava… Lei camminava con il capo leggermente rovesciato all’indietro, come se bevesse il sole. La guardai mentre si avvicinava, e sentii farsi più forte quel desiderio naturale, innocente. Mi parve di non offenderla. Mi parve che in quella chiara mattina, noi due, soli, nella strada deserta , tra il profumo dei tigli, ci si dovesse per forza guardare, sorridere e fermare… E che noi due ci si potesse accostare, con semplicità, senza il cerimoniale dei convenevoli, perchè era maggio, e perchè c’era nell’aria quel desiderio d’amore. A quei tempi non era così facile come oggi; ma c’era maggior educazione. La ragazza bionda aveva evidentemente il mio stesso pensiero. Mi guardò, mi sorrise per prima, si fermò: con istinto, con naturalezza. “Ciao, dove vai a quest’ora?” le dissi, sorridendo anch’io.”Io vado alla lezione di ginnastica. E tu?” “Io?… Io, veramente, non so. Non so proprio dove stavo andando… qualche volta mi succede di non sapere dove vado. Ma adesso scommetterei che il destino mi aveva mandato a incontrarti. E tu, credo, adesso non andrai più alla lezione di ginnastica.””E perchè?” “Perchè verrai insieme a me “. “Dove? “”Dove vuoi. Dimmi il tuo nome. “”Nelly. E il tuo? “”Uh! Il mio è difficile, Io sono tedesco “. “Dimmelo lo stesso “. ” Hansen, con l’acca aspirata “. ” Hansen? … che strano. Hansen e Nelly “. Mi tese la mano, sorridendo. E per completare le formalità della presentazione senza intermediari, mi diede un piccolo, grazioso bacio sulla guancia. Presi quella mano piccola e tiepida e non la lasciai più. Continuammo a camminare, come dentro a un sogno indicibile, parlando di tante stupidaggini deliziose, guardandoci negli occhi, baciandoci con gli occhi. Arrivammo a un grande parco dove c’era un laghetto. Noleggiammo una barca. Si remò un po’, si arrivò al centro dello specchio d’acqua, e il sole che c’era nel cielo e che si rifletteva nel lago ci stordì, ci abbacinò. La barca andò alla deriva, dondolando due giovani ragazzi abbracciati, avviticchiati: due ragazzi che si amavano con il felice abbandono delle emozioni pure. Eravamo soli, il mondo girava attorno alla nostra passione. Mi stesi, per guardare l’azzurro del cielo, e vidi sopra di me la sua bella bocca che sorrideva prima di avvicinarsi alla mia. Poi non vidi altro. Io avevo cominciato a volerle bene. Nelly aveva la saggezza della vita nel sangue. Ma era frivola e allegra. La sua leggera volubilità non mi permetteva di amarla pienamente, di forzare i toni e salire dal capriccio alla stabilità, e dalla passione all’amore. Per lei l’amore era una ginnastica. Alle lezioni di ginnastica non andava più. Alla mattina, veniva da me, a svegliarmi. La ginnastica, il tennis e le amiche le servivano ormai soltanto come scusa per i famigliari. Veniva a svegliarmi, mi gettava un fiore sul letto, spalancava la finestra, rideva, si toglieva la camicetta con assoluta naturalezza. Si spogliava completamente, e veniva a letto con me. Quanto amore abbiamo goduto, nel fresco di quelle mattine, in quel letto. Dalla finestra aperta entrava l’aria e il profumo dei tigli. Ci lasciavamo accarezzare, completamente nudi, da quella brezza paradisiaca, mentre facevamo l’amore. Io contemplavo il suo seno piccolo e sodo, i capezzoli rosa che si rizzavano con allegria dalle corolle più scure. Erano già capezzoli superbi e deliziosi. Accarezzavo le piccole mammelle che stavano dentro il palmo della mano, le stringevo, mentre guardavo il viso di NelIy contrarsi per la gioia. Poi le alitavo sul ventre, fino all’ombelico rotondo, vi deponevo un bacio, e le mie labbra scendevano ancora, strusciando leggermente, accarezzandole la pelle, la dolce ed invitante peluria del suo sesso. Il suo profumo di ragazza mi faceva martellare le tempie e pulsare il glande: non saprei come descriverlo ma lo ricordo come una mistura di fragranza di sapone, conchiglia di mare e pipì. Unico, irrepetibile ed afrodisiaco. Con la lingua le vellicavo il clitoride ben evidenziato sotto il quale fuoriuscivano le ninfe che mi piaceva aprire sempre con la lingua per gustare il liquido d’amore che sapeva di sale. Lei sorrideva, estasiata ed ansante; e ripeteva il gioco con me. Mi premeva la sommità del sesso perché, diceva, che le piaceva vedere uscire la goccia dal meato e mi gratificava con piccoli baci e leccatine. L’affascinava la pelle del prepuzio e come, muovendola, scopriva la cappella lucida e violacea; non potevamo resistere a lungo: lei sotto l’effetto della mia lingua, inarcava le reni come per permettermi meglio di succhiarla e sospirando con forza emetteva un fiotto di liquido, improvviso, crollando poi sul letto; io le scaricavo in viso tutta la mia semenza. Ci abbracciavamo forte con le facce immerse nei rispettivi sessi quasi a suggellare quell’amore appena profuso, fino alla rinascita delle voglie di entrambi. Allora le piaceva sottomettersi, però tenendomi l’asta con la mano perché non voleva entrassi tutto, diceva, nella vagina: aveva timore di rimanere incinta come le aveva tante volte raccomandato la madre; solo che, stringendomi così, mi eccitava maggiormente ed io eiaculavo con forza mentre lei utilizzava il mio arnese quasi fosse un aspersorio. Si strapazzava il solco della vagina, il clitoride resi scivolosi da tutto lo sperma eruttato, .fino a quando l’apice del piacere le faceva smettere di masturbarsi col mio sesso. Ogni volta mi sembrava di conquistarla, mentre in realtà era Nelly che conquistava me. “Non scappare, aspetta ancora… un attimo.., è così bello, così bello…”. Stringeva le cosce, dopo, come per trattenere più a lungo il piacere. Allargava le braccia sul lenzuolo fresco, e guardava il cielo fuori della finestra; nei suoi occhi celesti c’era una calma infinita, un senso di soddisfazione completa e di bontà. Aspettavamo che la cameriera ci portasse il caffè-latte. E mangiavamo, saltando quando le briciole cadevano sul lenzuolo e venivano a farci il solletico. Mangiavamo, ancora nudi, con le gambe incrociate. Mordevo la brioche, e guardavo il ventre rotondo di Nelly, le sue mammelle deliziose, il suo sesso seminato di briciole. Mi piaceva toglierle con le dita, e poi tuffare il mio viso ridendo, nel grembo di lei ancora aperto al mio desiderio. Nelly era così diventata la mia sveglia mattutina. Ormai era diventata una stupenda abitudine. Ma una mattina non venne.Non riuscii a indovinarne la ragione. La mattina successiva, allegra e vivace come al solito, entrò nella mia stanza. Spalancò come sempre la finestra, gettò sul letto il solito fiore, e cominciò rapidamente a sbottonarsi la camicetta, a togliersi la gonna, le mutandine leggere e trasparenti. Spogliandosi, con la normale naturalezza, mi raccontava quel che era successo: ” Sai, ieri mattina non mi è stato possibile venire… Una rabbia, sapessi! Avevo una gran voglia di vederti e di fare l’amore. Ma ero già a metà strada, quando mi si è messo alle calcagna uno”. ” Uno ? E che voleva? ” chiesi. Lei non parve sentirmi e continuò:”Ma uno brutto, così brutto! E poi anziano, avrà avuto quarantacinque anni.., con la pancia, grasso, tutto rosso in faccia… Un orrore, ti dico. Ha cominciato a seguirmi, mi ha tanto seccata. Mi pregava, mi scongiurava… “. “Ti scongiurava?…. “” Ma sì, mi supplicava… Insomma, alla fine ho proprio dovuto andare con lui. Mi ha portata in un suo appartamentino tutto ben arredato e pieno di specchi e mi ha detto di mettermi a mio agio. Lui ha acceso la l’hi-fi e ha messo una musica dolce; poi si è seduto sul divano. Mi ha fatto segno di sedermi. Mi ha guardata e mi ha detto di non preoccuparmi che lui non mi avrebbe toccata neanche con un dito ma che, se l’avessi lasciato fare, avrei goduto come mai fino a quel momento avevo provato. La cosa mi aveva incuriosita ed eccitata allo stesso tempo e mi misi a guardarlo con fare interrogativo. Lui, dopo avermi accarezzato la guancia, mi ha chiesto di accarezzarmi fra le cosce così com’ero, senza spogliarmi, sopra gli slip”. Balzai a sedere sul letto, e spalancai gli occhi: “Hai dovuto!… ” pronunciai con enfasi mista a rabbia. ” Per forza, caro, che cosa potevo fare? Io non sono mica una ragazza maleducata… Come facevo a dirgli di no, poverino? Ha insistito tanto! “. Non sapevo cosa dire. Per me, era una scoperta, una rivelazione. Era il candore primordiale di una saggezza nuova: in quel momento, Nelly rappresentava la donna del futuro che distruggeva con una frase venti secoli di schiavitù femminile, anche se per crearne un’altra, capovolta. Il racconto di lei però iniziava ad eccitarmi e così la pregai di continuare. “Beh, proseguì, mi pareva una cosa semplice e sicura lì per lì, e lo accontentai. Divaricai le gambe , alzai un poco la gonna e mi misi comoda e appoggiata al divano, iniziando con due dita a toccarmi con movimenti rotatori il bocciòlo che subito mi fece bagnare. Lui intanto si era aperta la patta dei calzoni e aveva dato aria ad un randello molto tozzo e corto ma con una testa enorme, ricoperta dalla pelle. Iniziò anche lui a toccarsi ed eravamo entrambi affascinati dal nostro reciproco agire. Non ci guardavamo in viso; io guardavo sempre più eccitata la sua mano che si muoveva veloce sul suo bastone, e lui fissava con gli occhi strabuzzi le mie dita occupate a menare le mutandine e quel che vi era sotto”. ” Ah…..” mormorai io, con tono di voce comprensivo, ma basso, eccitato, diverso dal tono di prima, per via che il mio sesso si era completamente eretto e pulsava. Anche Nelly, raccontando, si era a sua volta eccitata: lo si notava dal luccicore della vagina aperta per via che era seduta in fronte a me con le gambe incrociate. “Continua….” le dissi vellicandola e titillandola delicatamente col dorso della mano, quasi ad incitarla nel suo raccontare pieno di libidine. Lei continuò: “sentivo che le gambe si facevano molli e che una scossa si trasmetteva dalla mia vagina al cervello; cominciavo a non capire più nulla e venni con un sospiro bagnandomi a tal punto che tutto il sugo mi colava lungo le cosce. Anche lui iniziò a zampillare una, due, tre volte, non ricordo quante. L’odore dei nostri sessi infoiati si era sparso per l’aria e fu in quel momento che lui mi chiese di non muovermi. Si alzò, e , con il pene che ancora gocciolava, andò in una camera fino a quel momento chiusa. Ne tornò accompagnato da un enorme alano arlecchino, magnifico, con gli occhi azzurri che mi fissava mugolando e leccandosi il muso “Non ti fa paura, vero Nelly ? ” mi chiese. “Lui è bravo, dolce e buono….ora vedrai”. ” Eh????… no…si.. che dici..ma che fa?… Non capisco….” dissi. “Togliti gli slip, mi disse e vedrai che bello….” ” Come un automa mi sfilai le mutandine che erano tutte bagnate e lui, presele, le diede da annusare al suo cane. Questo annusò con enfasi e le leccò. Io ero con le cosce allargate, la vagina che colava e mi batteva il cuore come non mi era battuto mai. Lentamente il grosso bestione mise una zampa sul divano ed abbassando il muso verso dove sentiva provenire il forte afrore di sesso, iniziò a leccare, leccare, leccare per un tempo che, prima mi parve dilatato e poi troppo breve. Mi sono abbandonata a quelle carezze di lingua che mai avevo provato, senza paura e difficoltà: mi stimolava nei più profondi anfratti del mio essere, tanto che mi veniva naturale spalancare sempre di più le gambe per permettergli d’arrivare ovunque. Il piacere era immenso, imparagonabile e pareva non finire mai. L’enorme lingua mi si infilava tra le chiappe e risaliva nella vagina e sul bocciòlo come se la bestia si abbeverasse. Ebbi non so quanti orgasmi, uno vicino all’altro , sempre più violenti: il clitoride sporgeva smisuratamente ed era violaceo come la cappella di un cazzo, ed emisi tanto sugo da indurlo a leccare sempre di più, con costanza. Quando, inebetita dal piacere, con le gambe che non sentivo più e tremavano come fossi stata colpita da un delirio parossistico, spalancai gli occhi, l’alano si era immobilizzato: il suo padrone si era sdraiato sotto di lui e gli succhiavava il cazzo: un affare mai visto tale in vita mia, di forma strana ma enorme. Gliel’aveva afferrato con una mano, e, stringendolo saldamente nella parte più grossa, a forma rotonda, come una strana palla, lo ciucciava e se lo passava sul viso, mentre con l’altra mano libera, si menava il suo bigolo con furore tale che i testicoli gli ballavano su e giù, strattonati dal movimento”. L’alano gli spruzzava in bocca, sulla faccia, in testa tanto di quello sperma che mai avrei immaginato potesse essere possibile. Continuò a sgocciolare fin tanto che il suo padrone non sprizzò e lasciò la presa”. Il racconto di Nelly aveva prodotto i suoi effetti su ambedue: io le succhiavo il clitoride che era eretto come un piccolo mignolo, lei roteava la lingua sulla mia cappella. Passammo tutta la giornata ad amarci, prenderci, violarci in tutti i modi possibili, come mai più feci in tutta la mia vita, fino ad oggi. Oggi, che il tempo ha addolcito e stemperato i ricordi, ma resa più acuta la nostalgia degli avvenimenti ormai inesorabilmente trascorsi, mi rammento ancora del pensiero che allora, alla fine dei bagordi, le esternai: ” Già…. capisco. ….come facevi a dire di no a quell’invito a tre? “. Si fa sera, i ricordi sono finiti, e mi avvio verso casa riflettendo su come siamo strani noi uomini: siamo degli imbecilli; abbiamo sempre voluto mettere la morale e le regole dove, specialmente nelle faccende di sesso, tutto dovrebbe essere libero, senza sovrastrutture: soltanto il piacere per il piacere, secondo o contro natura, ma sempre il piacere, dovrebbe essere libero di esprimersi pienamente, senza falsi pudori e remore di sorta.

