Dora e io cenammo tranquillamente. Avevo scacciato per un po’ l’ombra che ormai dominava le mie azioni e guardavo mia moglie con amore mentre sistemava la cucina. Poi mi chiese. – Cosa facciamo? – E d’improvviso il mio lato oscuro riprese il controllo di me. Ricordai che Sergio e Roberto, i due colleghi di Dora che la ricattavano, le avevano chiesto di andare, accompagnata da suo marito, in un cinema di periferia per l’ultimo spettacolo della sera. Mi eccitai all’idea che volessero scoparla nei bagni del locale mentre io l’aspettavo in sala. Presi tempo per rispondere. Mia moglie fraintese, pensando che stessi cercando il modo di non andare all’appuntamento. Mi suggerì. – Domani potrei darmi malata e sostenere con i due bastardi che sono stata male già stasera. Cosa ne dici? – Ma non era per evitarle un’avventura sgradevole che stavo riflettendo. Anzi, il mio cazzo si era già indurito all’idea di spiarla mentre la usavano nel cesso di un cinema di infimo livello. L’unico timore era che i due mi riconoscessero. Già, perché ero stato io, mentendo sulla mia identità, a dare ai due l’opportunità di ricattare e di violentare mia moglie. L’avevo consegnata a loro per il semplice gusto di vederla sottomessa e usata. E mi immaginavo a masturbarmi ferocemente, mentre sottostava alle più turpi richieste. Pensai che entrando a spettacolo già iniziato e uscendo poco prima della fine, avrei ridotto al minimo il rischio di essere riconosciuto. Non volevo assolutamente rinunciare a quella morbosa opportunità. Usando un tono di circostanza, fingendo di essere restio alla cosa, le dissi. – Mi sa che poi sarebbe peggio. Si vendicherebbero alla prima occasione. O magari potrebbero diffamarti in qualche modo, per punirti. Ma devi essere tu a decidere. Io farò quello che vuoi tu. – Ero veramente un essere viscido. Dora si avvicinò, abbracciandomi. Ci ripensò. – Hai ragione. Rischierei troppo. Anche se, non conoscendo il locale, potremmo avere qualche sgradita sorpresa. Non credi? – Non avevo idea di cosa avremmo trovato. Ma l’idea mi eccitava ancora di più. La tranquillizzai. – Guarda che anche i tuoi colleghi hanno qualcosa da perdere. Non credo che vogliano rischiare più del necessario. Ti vorranno scopare in un locale equivoco, giusto per rendere ancora più marcata la tua sottomissione. Niente di più. In fondo hai superato indenne ben altre avventure, no? – Annuì. Mi baciò e disse. – Allora vado a prepararmi. Ovviamente mi vogliono pronta all’uso. Devo indossare un’ampia gonna nera, stivali alti e una camicetta bianca. Nient’altro. – Ebbe un ultimo dubbio. Lo manifestò. – Ma non ti pesa? Non sei preoccupato? – La convinsi definitivamente. Sorridendo e accarezzandole il viso, le sussurrai. – Ti ho seguita e osservata in situazioni al limite. E ti ho vista uscirne sempre da protagonista. Sarà così anche questa volta. Mi fido di te. – La feci sentire così sicura, che salì in camera a prepararsi cantando. Da qualche parte la mia coscienza brontolava. Ma si spense appena la vidi scendere le scale e alzarsi la gonna per mostrarmi gli stivali. Il mio uccello si indurì. Sembrava che volesse scoppiare. Dora notò la cosa e mi canzonò. – Ecco, sei il solito. Ti è bastato vedermi così per avere una reazione immediata. Resisti. Ti prometto che appena torneremo a casa mi prenderò cura di te, amore mio. – Era così provocante, che provai il violento desiderio di prenderla. La camicetta, che aveva solo pochi bottoni allacciati, conteneva a malapena le grosse tette, le cui forme e i capezzoli erano ben visibili a causa del tessuto quasi trasparente. La gonna nera, che contrastava con il bianco della camicetta, arrivava al di sotto delle ginocchia. Alzandola, Dora mi aveva mostrato gli stivali, che arrivavano alle cosce, evidenziando il bianco della sua pelle e creando una splendida cornice alla sua figa. Riuscii a trattennermi, soltanto perché immaginai quello che avrei potuto vivere di lì a poco. La abbracciai e uscimmo da casa. Arrivammo nelle vicinanze del locale in leggero anticipo. Mancavano alcuni minuti all’ora dell’appuntamento. Parcheggiai un po’ distante per poter entrare a spettacolo già iniziato. Solo davanti all’ingresso mi accorsi che si trattava di un cinema a luci rosse. Non c’era alcuna locandina esposta, né alcun titolo. Solo il cartello che vietava l’ingresso ai minori. All’interno, nei pressi della biglietteria, c’erano appesi i poster di alcune famose pornostar. Mia moglie si strinse forte al mio braccio. Era naturalmente impaurita. E io me ne compiacevo. Non c’era anima viva. Né all’esterno, né nell’atrio dell’ingresso. Lasciai Dora un po’ in disparte e mi avvicinai allo sportello, dietro il quale c’era una grassa cassiera. Mentre pagavo mi disse, con atteggiamento complice. – I due signori vi aspettano all’interno. Hanno preso posto in ultima fila. – La ringraziai con un cenno. Abbracciai Dora per sostenerla e sospingerla verso l’ingresso della sala, ma non le dissi nulla. Superammo un pesante tendaggio che proteggeva la zona della proiezione dalla luce esterna. Sullo schermo scorrevano dei titoli accompagnati da una musica di sottofondo. C’era un forte odore di chiuso e di fumo. Appena riuscii ad abituare gli occhi all’oscurità riuscii a distinguere le file di posti a sedere e vidi che non c’erano molti spettatori. Quelli seduti saranno stati una decina, sparsi per il locale. Qua e là, sui lati e sul fondo della sala, c’erano altre figure appoggiate ai muri. Un’altra decina. Sospinsi Dora verso la penultima fila, che era completamente vuota. Stando davanti ai due, che a detta della cassiera si trovavano in ultima fila, non avrei corso il rischio di essere riconosciuto. Ci sedemmo. Erano sedili duri, di legno, consumati e rovinati dall’uso. Qua e là per terra si vedevano fazzoletti, mozziconi e altro. Dora tremava. Sullo schermo era già cominciata la prima scena hard. Una non più giovane biondona in pelliccia succhiava in ginocchio il cazzo di un giovane aitante poliziotto. Lui le diceva qualcosa di una multa da saldare con gli interessi. All’improvviso sentii la voce tagliente di Sergio alle mie spalle. Parlava sottovoce – Buonasera, signori. E’ un piacere vedervi qui. Lei, signore, non mi conosce, vero? – Era allusivo. Cominciai a temere il peggio. Che sapessero già tutto. Continuò. – Se non risponde è come dico io. Chi tace acconsente. E quindi, non avrà niente in contrario se il mio collega verifica l’abbigliamento di sua moglie. E, soprattutto, se è in buona salute.. – Ero immobile e fissavo lo schermo. Speravo ancora di avere il controllo della situazione. Anche se cominciavo a temere che, in qualche modo, mi avessero scoperto. Roberto si sedette di fianco a noi, dal lato di Dora. La sentivo gemere impaurita. Cominciò ad alzarle lentamente la gonna. Quando il bianco della sua carnagione fu ben visibile, nonostante il buio, le allargò le gambe e le mise una mano sulla figa, accarezzandola con decisione. Dora lasciava fare, continuando a tenersi attaccata al mio braccio. Roberto disse, sottovoce. – Eccola qui, la nostra lurida vacca. Hai talmente voglia dei nostri cazzi che sei venuta fin qui per goderteli. Ma stai tranquilla. Questa sera ne avrai una bella razione. – Sergio si sedette dietro di lei. La staccò da me, facendola aderire allo schienale del seggiolino. Le sbottonò completamente la camicetta. Poi impugnò con le mani i seni di Dora e, mentre li stropicciava e le strizzava i capezzoli, le parlò nell’orecchio, sempre sottovoce. – Sei contenta, bella troiona, che mi prendo cura delle tue grosse mammelle? Chissà se il cornutone che hai al tuo fianco lo sa che le vaccone come te hanno bisogno di essere munte ogni giorno. Ne va della salute delle tue tette. Una di queste volte gli facciamo vedere come ti piace quando te le picchio con la cinghia. Deve imparare a darti quello che desideri, se vuole farti godere sul serio. Ora rilassati. E tu, cornutone, tira fuori il cazzo e comincia a masturbarti. O sarà peggio per te. Esitai. Un ragazzo si sedette al mio fianco. Sergio disse. – Giorgina, pensaci tu. Ma non farlo venire finché non te lo dico io. – Ero eccitatissimo dalla situazione. I due maiali si stavano lavorando Dora. E, intanto, un frocetto di periferia mi avrebbe dato l’alibi per godere, senza rendere evidente il mio desiderio di partecipazione. Dora mi guardò, implorante. Le lacrime le scendevano sul viso. Quanto l’amavo. Sergio intervenne subito. – Smetti immediatamente di piangere. Sai cosa rischi se non obbedisci. E non sperare nell’aiuto di tuo marito. Credo che abbia capito in che situazione vi troviate. E che dovete evitare il peggio. Se ce ne andiamo e vi lasciamo qui, queste bestie vi faranno la festa. E senza il nostro controllo sanno essere veramente cattivi. Ma se farete entrambi quello che vi diciamo, ce ne usciremo di qui soddisfatti. Hai capito, puttana? – Dora obbedì all’istante. Si asciugò le lacrime con il dorso di una mano e cercò di rilassarsi. Roberto dichiarò la sua soddisfazione. – Sei proprio una vacca docile e obbediente. Come piace a noi. E adesso fammi sentire che apprezzi il trattamento. Voglio sentire che ti bagni. Se non succede al più presto ti faccio inculare dal primo che capita. – Dora chiuse gli occhi. Mi disse, poi, che pensò a noi due che facevamo l’amore, per riuscire ad eccitarsi. Bastarono pochi minuti. Roberto riprese a complimentarsi. – Oh, ecco che cominci ad essere partecipe. Lo sai che ti conviene. Ma non provare a godere senza il nostro permesso. Potremmo anche frustarti la figa se non ti comporti come una brava troia obbediente. Sergio fece un cenno con la mano, poi avvisò Dora. – Adesso devi servire con la bocca questo nostro amico. – Un uomo si staccò dal muro laterale e si avvicinò. Era un tipo di colore. Tirò fuori un bastone nero e lungo. Un odore sgradevole mi colpì le narici. Sergiò ordinò. – Ingoialo. E bevi tutto. – Dora aprì le labbra e accolse l’uccello dell’uomo. Non capivo più nulla. Dora stava facendo un pompino ad uno sconosciuto, mentre Sergio le torturava le tette e i capezzoli. Intanto Roberto le aveva infilato due o tre dita nella figa e la stantuffava roteando il polso. Il ragazzo che mi succhiava il cazzo era davvero bravo. Appena il mio uccello si ingrossava annunciando un prossimo possibile orgasmo, interrompeva il lavoro di bocca e mi massaggiava con le mani. Poi, lo ingoiava di nuovo. Il nero ebbe quasi subito un orgasmo. Teneva la testa di Dora contro il suo pube e grugniva dicendo parole incomprensibili. Sergio accompagnò l’ingoio. – Manda giù tutto. Ti faremo riempire lo stomaco per bene, vedrai. Sappiamo quanto ti piace la sborra. E vogliamo che tu ne faccia una scorpacciata. Ci ringrazierai, alla fine. Lo so. – Tenendomi sul filo dell’orgasmo, riuscirono ad allontanarmi completamente dalla realtà. Qualunque persona di buon senso avrebbe cercato di reagire, di intervenire. Ma lo stimolo che provavo era ben altro. Volevo godere di tutto quello che avevano in mente. Tutto accadeva come in un sogno. Erano fantasie della mia mente. Non poteva essere vero. Il primo uomo si era appena allontanato che ne arrivò un secondo. Poi un terzo, un quarto. Poi smisi di contarli. Dora eseguiva il lavoro a regola d’arte. Li lavorava con la bocca e si aiutava con le mani. Poi ingoiava tutto. Teneva gli occhi chiusi, però. Con la mente continuava a vivere una dimensione parallela. E fu per questo, credo, che ad un certo punto ebbe un orgasmo. Durante la serie dei pompini, Roberto e Sergio si alternarono con i soliti pesanti apprezzamenti. Ma fu Roberto che, accorgendosi che Dora stava godendo, disse. – Allora ti sei dimenticata che devi chiederci il permesso per godere, lurida vacca. Adesso ti diamo una bella lezione. Dora aveva in bocca l’ennesimo cazzo, il decimo forse. Roberto staccò l’uomo da lei e la alzò a forza dal sedile. La trascinò fuori dalla fila e la costrinse a sdraiarsi per terra. Poi mise le ginocchia sulle sue braccia, tenendola con le spalle inchiodate a terra. Altri due le tenevano le gambe allargate e leggermente alzate. La figa era oscenamente esposta. Attorno a Dora si formò un piccolo gruppo di uomini che si masturbavano. Alcuni vennero quasi subito imbrattando il corpo di mia moglie. Cercai di alzarmi ma qualcuno dalla fila posteriore mi obbligò a restare seduto. Riuscii a vedere comunque. E intanto il ragazzo mi lavorava senza sosta. Un vero professionista. Sergio si fece largo e si posizionò di fronte a Dora, tra le sue gambe allargate. Si tolse la cintura dei pantaloni con un gesto studiato. Si girò verso di me. Un ghigno trasformò il suo volto. Mi disse. – Vedi, cornutone. Adesso dobbiamo insegnare alla tua vacca che non può decidere di godere in piena libertà. Questa non era una situazione alla pari. Lei doveva solo servire da contenitore per la sborra dei nostri amici. Guarda e impara. – Alzò il braccio che impugnava la cintura e lo abbassò con rapidità. La cinghia colpì Dora tra le gambe. La sentii piangere. Altri due colpi. Poi Sergio le ordinò. – E adesso, alzati e vai in bagno a darti una lavata. Ma non uscire. Verremo noi da te. La liberarono. Vidi mia moglie alzarsi e raggiungere, barcollante, l’unica porta illuminata a lato dello schermo. Nel film, intanto, era successo di tutto. Ma ciò che avevo vissuto da vicino non era nemmeno paragonabile. Molti dei presenti avevano goduto nella bocca di Dora. Altrettanti si erano masturbati sborrando sul suo corpo mentre Sergio la frustava. Mano a mano che godevano, abbandonavano frettolosamente il cinema. I pochi rimasti se ne andarono rapidamente ad un preciso ordine di Roberto. Mentre sullo schermo scorrevano le immagini di un’orgia, Sergio si rivolse di nuovo a me. – Tra poco, riempiremo per bene anche tua moglie. Potrai assistere se ci assicuri di non fare casino. E, se preferisci, Giorgina ti darà il suo culo. Ti assicuro che vale la pena di provarlo. Comunque, avrai capito che sappiamo chi sei. Non credo che tua moglie sappia che sei tu che l’hai venduta a noi. Non mi interessa sapere il perché. Ma ti avviso. Sei stato tu ad iniziare questa cosa. Ma non sarai tu a decidere quando finirla. Ci siamo capiti? – Non aspettò la risposta. Mi disse. – Adesso mettiti in quell’angolo buio vicino all’uscita, se vuoi vedere come va a finire senza che tua moglie veda quanto sei marcio. Così potrai anche uscire e raccontare alla tua troia che eri già fuori quando è tornata dal bagno. E poi, vedi tu come vuoi goderti Giorgina. Tanto a lei piace prenderlo in bocca quanto nel culo. – Mi spostai insieme al ragazzo nella zona d’ombra che mi aveva indicato. Mi accorsi che nel cinema, oltre al ragazzo e a me, erano rimasti Sergio, Roberto e un terzo uomo. Era lui che mi aveva bloccato tenendomi alle spalle. Tutti gli altri clienti se ne erano andati. Roberto andò a prendere Dora. La portò di nuovo in sala. La spingeva tenendola per la nuca, mentre lei cercava di coprirsi il petto con le braccia. Si era riabbottonata la camicetta e risistemata la gonna. I tre uomini la circondarono. Sergio, che le stava di fronte, diede il primo ordine. – Togliti la gonna. – Dora obbedì. La gonna cadde ai suoi piedi. Il terzo uomo non parlò e non mostrò mai il viso. Rimaneva sempre in ombra. Fu Roberto ad impartire il secondo ordine. – E adesso, mostraci le tue grosse poppe. Lo sai che le vacche non devono mai nascondere le loro tette. – Dora si sbottonò e si tolse la camicetta. Ero in piedi a ridosso del muro. Il ragazzo continuava a lavorarmi di bocca. Avevo il cazzo gonfio al limite. Sentivo che l’orgasmo poteva esplodere con violenza da un momento all’altro. Guardai Dora circondata dai tre figuri, che, pur rimanendo vestiti, avevano tirato fuori gli arnesi e si masturbavano guardandola. Indossava solo i lunghi stivali che le inguainavano le gambe fino alla coscia. Era spossata ma fiera. Le sue spalle alte e dritte e le sue tette la rendevano bella e desiderabile. Roberto si stese a terra. Gli altri due presero Dora e la calarono sul cazzo svettante che si infilò rapidamente nella figa. Mentre Sergio si posizionava davanti alla bocca, lo sconosciuto si mise dietro di lei e la inculò, di colpo. Dora urlò. Ma durò poco. Sergio le infilò il cazzo in bocca, trasformando l’urlo in un verso gutturale. Non ce la facevo più. Girai Giorgina, che intuendo si calò rapidamente i calzoni, e la inculai. Il culo del ragazzo era morbido e accogliente. Chiusi gli occhi. Mentre lo stantuffavo i suoi muscoli interni si contraevano, probabilmente in modo volontario. Venni quasi subito, riempiendogli l’intestino di una quantità di sborra incredibile. Mi sembrava che l’orgasmo non dovesse finire mai. Giorgina, che nel frattempo aveva preso a masturbarsi, sborrò subito. Riaprii gli occhi e vidi che i tre stavano ancora godendo di mia moglie. Mi rivestii e scivolai fuori, rapidamente. Rimasi ad aspettare in piedi, sul lato della strada opposto a quello del cinema. Poco dopo vidi uscire il ragazzo che se ne andò correndo. Passò una buona mezzora prima di vedere uscire i tre uomini. Sergio mi si avvicinò, mentre gli altri due salivano su un’auto parcheggiata. Si mise davanti a me, a gambe larghe. Sibilò. – E allora, cosa si prova a vedere la propria donna trattata come una bestia? Ti capisco, sai. Non hai mai avuto il coraggio di trattarla come si merita e hai voluto trovare qualcuno che le insegni a stare al posto suo. Sai, non ho mai incontrato una vacca come lei. E credimi, ne ho di esperienza. Credo che ci divertiremo a lungo con lei. E magari ti invitiamo qualche altra volta. Comunque, stai attento: se ti viene in mente di farci qualche scherzetto, ricordati che se le raccontiamo cosa le hai fatto per te è finita. Dora non potrà mai perdonarti. – Poi, mi salutò. – Ciao, cornutone. – Salì anche lui sull’auto e se ne andarono. Dopo un altro quarto d’ora uscì anche Dora. Le andai incontro. La abbracciai e la accompagnai sostenendola. Nessuno di noi due parlò, né lungo il tragitto, né a casa. Ero addolorato e colpevole. E terrorizzato che avesse capito qualcosa. Mentre si lavava, cercai di pensare a cosa avrei potuto dirle questa volta. Ma non ne ebbi la possibilità. Mi addormentai di colpo e non mi accorsi di nulla quando Dora si sdraiò accanto a me.
Aggiungi ai Preferiti