La mia famiglia si occupa d’antiquariato da molti anni, con alterne fortune. Il nonno di mio nonno fu il primo ad intraprendere questo tipo di commercio e, di generazione in generazione, il negozio di famiglia è ora giunto sino a me. Io non credo di avere il fiuto per gli affari che avevano i miei predecessori, però sono dotato di spirito d’osservazione e d’intuito quanto basta per riuscire a comprare qualche bel pezzo antico a buon mercato, per rivenderlo con un considerevole margine di guadagno. I miei acquisti di solito li faccio alle aste, ma oggi c’è troppa concorrenza, nei mercatini, dove tra il ciarpame si nascondono dei veri tesori, o direttamente da privati, che desiderano liberarsi di vecchie cose, ritenendole prive di valore, infine, da qualche tempo, prendo in blocco il contenuto di soffitte o cantine. Non si può credere quanta roba di valore sia gettata nei rifiuti ogni giorno, senza che il proprietario si renda conto dello spreco. Una mattina di dicembre del 1998, ricordo perfettamente che ero impegnato a fare l’inventario in magazzino, squillò il telefono del mio ufficio. -Drrriiin, drrriiin-Il primo pensiero fu di non rispondere e continuare quello che stavo facendo ma, dopo i primi squilli a vuoto, lo sconosciuto seccatore non si era ancora arreso, così mi apprestai a rispondere, deciso a scoprire la causa di tanta molesta insistenza. “Pronto ?” risposi, con la voce scazzata.”Buongiorno parlo con L’Antiquario?” disse una voce di donna, che poteva avere una sessantina d’anni.”Sono il titolare, dica pure, come posso aiutarla?” continuai, pensando già di rifilarle qualche bel pezzo antico. “Mi hanno detto che lei svuota le cantine e le soffitte, è vero? Perché avrei una piccola soffitta da liberare dalle cianfrusaglie che ha lasciato il vecchio proprietario” mi espose le sue necessità.”Eccone un’altra che mi prende per una discarica” pensai, mentre le rispondevo, “L’hanno informata bene, però io svuoto i locali integri e non dopo che qualcun altro s’è preso i pezzi di valore”.”Le assicuro che da quel locale non è stato preso niente. E’ tutto come l’ha lasciato il proprietario, se vuole venire a vedere potrà rendersene conto di persona”.”Si può fare, diciamo oggi pomeriggio, se le va bene, alle tre?”.”Perfetto, allora l’aspetto per le tre, arrivederci” mi disse dandomi l’indirizzo dello stabile in questione.Alle tre mi presentai puntuale, trovando ad attendermi una signora elegante sulla sessantina, come avevo immaginato dalla voce, che mi fece strada sino alla soffitta in questione. L’ascensore salì lentamente sino all’ultimo piano della vecchia costruzione in stile liberty, dandole il tempo di spiegarmi in dettaglio la situazione:” La soffitta fa parte di un appartamento di mia proprietà, lasciato libero dal mio vecchio inquilino, che è mancato improvvisamente dopo una breve malattia. I mobili ho deciso di tenerli, per affittarlo ammobiliato, ma la soffitta deve essere vuota perché possano usarla i nuovi inquilini “.”La vecchia sa dove stava il suo interesse”, pensai tra me, mentre la seguivo in solaio sino alla porta giusta, che aprì mostrandomi quello stanzino. Il locale non era molto grande, una dozzina di metri quadrati in tutto, ma era stipato di vecchi mobili e scatoloni. Uno spesso strato di polvere ricopriva tutte le superfici libere, mentre grosse ragnatele scendevano dal lampadario e dagli angoli, dando a tutto l’ambiente un aspetto spettrale.”Come vede sono anni che nessuno viene quassù ” sottolineò, accendendo la luce in modo da illuminare quella lugubre stanza.La cosa poteva essere interessante, così, dopo aver dissimulato il mio interesse, ci accordammo senza problemi, ritenendoci entrambi soddisfatti dell’affare: io con tutte quelle cose da catalogare e controllare e lei con il locale svuotato senza costi aggiunti.La mia lunga esperienza nel settore mi permise di sbrigare la faccenda senza troppe lungaggini, svuotando il locale in soli due giorni e trasferendo tutto il suo contenuto nel mio magazzino, per poterlo catalogare e valutare con calma.I mobili non erano di gran pregio però erano di noce massello e potevano fruttare bene lo stesso, dopo una sapiente lucidata e un ritocco nei punti più logorati. Negli scatoloni trovai un po’ della solita vecchia roba che tutti tendiamo ad accumulare nel corso della vita. C’erano vestiti, soprammobili, vecchie monete, stoviglie e libri. Moltissimi libri, alcuni molto interessanti e di valore. In mezzo a tutto questo materiale trovai, seppellito in fondo ad una vecchia scatola di latta, un libricino rivestito di pelle nera, chiuso con lo spago. A prima vista non gli avevo attribuito alcun valore, per questo l’avevo scartato mettendolo tra le cose di scarso interesse, mentre mi occupavo dei libri che potevano fruttarmi qualche bel soldo. Finì così che lo dimenticai. Lo lasciai ad impolverarsi sulla mia scrivania per qualche settimana quando, in un pomeriggio noioso che sembrava non voler finire mai, lo presi tra le mani, incuriosito dalla strana decorazione, appena intuibile, che recava sul dorso. La prima volta non mi ero accorto di niente, tanta era la voglia di curiosare tra quelle cose, ma adesso la vedevo bene. Era un simbolo antico, dal significato sinistro, che evocava morte e distruzione. Presi la forbice e tagliai il vecchio spago che lo chiudeva, sfogliandolo velocemente. Era scritto a mano con calligrafia fitta e sicura, molto elegante. La lingua utilizzata, come mi aspettavo, era il tedesco.Il diario iniziava così:Obersturmführer Otto MajerRSHA I-VQueste erano le parole che occupavano il frontespizio del libretto, mentre la seconda pagina continuava con la prima annotazione:”novembre 1929″La nomina è arrivata. Finalmente. Da domani sarò uno degli eletti, un fedele servitore del paese e del popolo germanico. Noi, la razza ariana, domineremo il mondo.Il mio tedesco non era molto allenato, così c’impiegai un po’ a decifrare quegli scritti farneticanti. La mia attenzione, da subito, venne rapita da una serie di quesiti, che cominciarono ad arrovellarmi la mente, distraendomi dalla lettura.”Come avrà fatto questo diario a finire qui, e l’autore che fine aveva fatto? Era il vecchio inquilino, o forse non sapeva neppure di averlo?”. Quelle domande dovevano avere una risposta, così provai a rivolgermi all’unica persona che poteva fornirmi qualche dettaglio. Suonava libero ed attesi.”Pronto?”, riconobbi la voce della mia cliente.”Buongiorno signora, sono l’antiquario, si ricorda?” le rammentai il nostro incontro di pochi giorni prima.”Si certo, cosa vuole?” tagliò corto.”Avrei bisogno di sapere qualcosa di più sul proprietario della roba che ho recuperato nella soffitta” le spiegai.”Cosa vuole sapere? Era un vecchio signore senza famiglia, molto riservato, che abitava in quella casa da più di quarant’anni, senza mai un ritardo sull’affitto o una lamentela. Un vero gentiluomo””Ma non aveva proprio nessuno? Un parente, un nipote?””Per quello che so io non aveva nessuno, ma sa, non era di Milano, forse al suo paese, in Svizzera, ma non saprei dirle da dove venisse veramente. Non amava parlare delle sue cose personali, ma perché tutto quest’interesse?””Semplice curiosità, la ringrazio dell’aiuto, non la trattengo oltre, arrivederci” e chiusi la telefonata.”Il vecchio Otto si era rifatto una vita a Milano dopo la guerra”, pensai fra me, vivendo un’esistenza riservata e comoda in una grande città, dove era stato facile passare inosservati. Ripresi la lettura del manoscritto.”1 giugno 1933″Siamo usciti di pattuglia ieri notte alla ricerca dei sovversivi, che ancora si aggirano per le strade della città. La nottata è fiacca. Non si vede nessuno in giro. Svoltiamo l’angolo della strada e vediamo un’auto partire a razzo. Il nostro mezzo è già lanciato e dopo un breve inseguimento la fermiamo.- Lasciapassare- intimo al guidatore, bussando sul finestrino ancora alzato. Mi sta già antipatico con quella sua aria da borghese. Li odio quelli come lui. Invece di scendere resta seduto e mi passa il foglio. Lo esamino, è in regola.-La signorina?- indico la passeggera seduta accanto a lui.-E’ la mia fidanzata- risponde.-Documenti- taglio corto io.-Sta con me- risponde, come se la cosa potesse valere qualcosa.-Documenti- ripeto, mentre la mano corre alla fondina sul fianco, dolce peso che voglio sentire fra le dita.La ragazza infila una mano dentro il soprabito per recuperare i documenti personali ed è allora che la vedo. Ha la stella di david. E’ un’ebrea.-Scendi- le ordino, impugnando la pistola. Il ragazzo prova a scendere ma gli blocco la porta con il mio corpo.-Scendi, non lo ripeterò più- dico puntando la Luger contro di lei – e tu sparisci, o preferisci venire in prigione?-.La ragazza scende, timorosa, perché sa d’averla fatta grossa. In giro senza permesso, senza riconoscimento sul soprabito. Ha commesso abbastanza reati per inguaiare chiunque, ma lei ha l’aggravante della razza. E’ una giudea.Il borghesuccio ha perso tutto il coraggio e non esita a ripartire, lasciando la ragazza a sbrigarsela da sola. Capelli e occhi scuri, il viso pallido per la paura che le si legge chiaramente in volto. Non è molto alta, sembra una ragazzina, anche se dice di averne 21.-Vieni con noi- le dice il mio sergente, afferrandola per un braccio.-Ma cosa volete farmi, lasciatemi vi prego- supplica in vano.-Ti portiamo alla centrale per accertamenti- le rispondo io, ed è anche troppo per lei.La carichiamo sul mezzo, facendola sedere su una panca tra due militi. Batto due volte sulla cabina e l’autista riparte.La guardo, fissandola, sino a farle abbassare gli occhi, che teneva puntati sul fregio del mio berretto. La testa di morto.E’ decisamente bella. I militi ridono fra loro, anche il sergente ride.-Questa volta tocca a Manfred- dice uno dei piantoni, riferendosi all’autista.-E’ giusto, una volta a testa. Chi guida si perde sempre il divertimento- risponde, scoppiando a ridere, l’altro gendarme.Il mezzo compie una brusca manovra e i due finiscono addosso alla ragazza. Approfittano dell’occasione per palpeggiarla. Li vedo allungare le mani per strizzarle il seno, mentre uno tenta d’infilare la mano tra le cosce, strette, della donna. Lei non dice nulla, finge di non essersi accorta della manovra e di come la guardano i due uomini che le siedono accanto.La tensione cresce ad ogni istante. Nessuno parla. Il silenzio incombe, pesante come un macigno. Basta un niente per far precipitare la cosa.Tenta la fuga. Invano, cerca la salvezza gettandosi giù dal furgone. E’ tutto inutile. Mani addestrate a vincere uomini la bloccano con estrema facilità.-Giù- ordino, e i miei uomini obbediscono, pronti.Il sergente la tiene per i polsi e le blocca la bocca, mentre i militi le tengono aperte le gambe. Afferro la gonna e la rovescio con un rapido gesto, scoprendo le gambe, inguainate dalle calze di seta, e il reggicalze di pizzo. Accarezzo le cosce nude. Sento i muscoli che si tendono nello sforzo disperato di chiudere le gambe. Allungo la mano sino alle mutandine, da cui fuoriescono alcuni peli scuri.La mia mano corre al pugnale. La lama scintillante s’infila sotto il pizzo per tagliarlo all’altezza dell’inguine. Leggo l’iscrizione incisa sull’acciaio “il mio onore si chiama fedeltà”, mentre mi accingo a prendere l’onore di questa troia. Indossa ancora le mutandine ma adesso ci mostra tutto, senza possibilità di nascondere la propria intimità. La fica e il culo sono lì, a nostra disposizione, pronti per essere presiI miei uomini sono eccitatissimi, e allungano le mani sulle cosce vogliosi di sentirla, prima di strappare la camicetta e il reggiseno che copre le sue tettine.Lei è tutta rossa in volto per la vergogna e cerca ancora di lottare, senza sapere che le sue resistenze c’eccitano ancora di più, spingendoci a continuare quel gioco.-Avanti, tenente, le dia quello che si merita- m’incita il sergente, dimenticando la gerarchia.-Calma. Questa signorina merita un trattamento speciale- lo zittisco, mentre allungo la mano toccando la fica. Il pelo folto, mai tagliato, nasconde la vagina, così lo carezzo in modo da scoprirla. E’ rosa, sottile e molto stretta. La tocco con la punta delle dita, carezzo il monte di venere e poi allargo le grandi labbra, saggiando il passaggio verso la vulva. -E’ vergine- dico ai miei uomini, che accolgono la cosa con entusiasmo. Nessuno di noi gradisce mettere l’uccello dove è già stato un subumano. Continuo ancora per qualche minuto a toccarla con le dita, mentre i miei uomini le tormentano i seni, toccandoli e strizzandoli come vogliono. Le nostre carezze combinate non la lasciano indifferente. Il suo corpo risponde eccitato dalle nostre attenzioni, gonfiando i capezzoli e bagnandosi giù tra le gambe. La sento umida e lubrificata. Pronta per essere presa. Tiro fuori l’uccello, duro e voglioso. Lo vede chiaramente dalla sua posizione mentre mi piego sopra di lei. Lo sente appoggiato alla vagina per un secondo, prima di cominciare ad entrare in lei. Le grandi labbra che si aprono. Lotta, ancora, disperata. Sento una resistenza e affondo deciso, sverginandola. Una fitta le sale dal basso ventre, dal profondo del suo corpo, che segnala come tutto sia vano. Inutile. La sua purezza è stata presa, per sempre. Smette di resistere di colpo. Piegata e vinta si abbandona nelle nostre mani. Anche i miei uomini si rendono conto della cosa e lasciano la presa.La monto con calma scopandola come voglio. Non ho fretta. Voglio godermela per bene. La stantuffo, deciso, mentre succhio le tette. I capezzoli sono grossi e li mordo facendola gemere. Tento di baciarla, ma non vuole. La forzo anche a quello, cacciando la mia lingua nella sua bocca. La sbatto sino a farla gemere di piacere. Gode di fronte a noi e allora mi lascio andare e vengo dentro lei, allagando la fica con la mia sborra.Il sergente, secondo in comando, prende il mio posto sopra di lei. Ha un membro tozzo, corto e grosso. La prende senza un istante d’esitazione. La scopa brutalmente incitandola a muoversi.-Dai troia che ti piace, fammi godere- le ripete ossessivo, sino a godere in pochi minuti.A questo punto è il turno dei militi, che la scopano con slancio. Il più giovane dei due, per la poca esperienza, finisce presto, venendo quasi subito. Il più vecchio, ha cinquant’anni, ci mostra tutta la sua raffinata tecnica amatoria. La monta da sopra nella classica maniera ma, dopo alcuni minuti di trattamento, le solleva le gambe, piegandole contro i seni, scopandola in quel modo sino a farla godere per la seconda volta in quella sera.Possiamo essere soddisfatti e torniamo a sederci sulle panche. Lei giace sul pianale del camion, sconvolta. Tenta di risistemare i vestiti lacerati, di riprendere una parvenza di rispettabilità. -Però ha un culo mica male- fa il sergente, rivolgendosi a tutti noi, mentre lei si riveste.-Fa un po’ vedere- le dice, alzandole la gonna.Ha proprio un bel sederino. Rotondo e slanciato. Il sergente allunga le mani e strige quella carne compatta, strizzando tra le dita i lombi sodi.-Stai giù- ordina, e la costringe a poggiare ginocchia e mani sul pianale del camion. Le allarga le cosce, forzando le chiappe, in modo da scoprire il bruno forellino. Mi guarda per avere il mio permesso, prima di procedere. Acconsento. Infila un dito nella vagina e poi cerca di affondarlo nell’ano.-Pietà- implora la poveretta. Ma in noi non c’è pietà. Urla mentre il sergente le sonda il sedere con il dito.-Se vuoi metterlo nella merda di quella giudea, fallo in fretta- gli dico, irritato dalle urla della ragazza.Il sergente sputa tra le cosce della ragazza, per lubrificarla un po’ di più prima di prenderla. Urla, contorcendosi dal dolore, mentre il grosso cazzo del sergente le apre il culo. Lo sente sfondarla da quella parte, in un modo che non aveva mai neppure pensato fosse possibile.-Vi prego, lasciatemi- ci scongiura piangendo.La prendo per i capelli e la tiro verso di me.-Vediamo se così starai zitta- le dico, mentre le spingo l’uccello in bocca. Non può far nulla per impedirmelo, lo sa, così si lascia mettere il cazzo anche da quella parte. Da come succhia non è la prima volta. Lecca veloce la cappella, lasciando colare la saliva sull’asta prima di riprenderla con la lingua. Mi muovo in lei, spingendo l’uccello sino a toccarle la gola. Ha un conato, ma resiste. Si aiuta con una mano menandomi l’uccello e strofinando la punta contro la guancia, che si gonfia ritmicamente, pulsante sotto le mie spinte. Vengo, costringendola ad ingoiare il mio sperma, mentre il sergente le farcisce il culo.I due militi sono pronti per un secondo giro. Il vecchio si stende a terra, coricandosi sotto la ragazza che, docile e obbediente, si mette a cavalcioni sopra di lui, prima di sedersi sul membro eccitato. La fa ballare sul cazzo, costringendola a scoparsi da sola. L’altro milite le scivola dietro, la fa piegare un po’ in avanti, in modo da scoprire il posteriore e la incula, con forza, senza trovare resistenza dopo il passaggio del sergente. La possiedono assieme, godendosela come vogliono, prima di uscire da lei. Si mettono di fronte con i cazzi in mano. Li menano veloci per schizzare sul suo bel visino i loro getti densi. La colpiscono sulle guance e sulla bocca, e poi sugli occhi e sulla fronte, coprendola di schizzi biancastri, che colano lenti sulla pelle del viso.Siamo tutti soddisfatti, così lanciamo i suoi vestiti giù dal camion costringendola a scendere in corsa, senza rallentare.Sono sicuro che non uscirà più la sera senza permesso.”7 giugno 1933″Una denuncia anonima ci porta a questo palazzo della zona più ricca della città, quella dei signori, che non si sono mischiati con noi al momento opportuno ed ora sono invisi al partito. -Gestapo- la parola basta a far aprire tutte le porte.-Cosa volete a quest’ora? Questa è la casa del colonnello Von Trepper- dice la cameriera, che ci apre la porta, come se la cosa non ci fosse nota, o potesse aver importanza per noi.-Il tuo padrone dov’è?- urla il sergente, mentre i militi cominciano a frugare per i locali.Una porta si apre ed appare il colonnello, con indosso i pantaloni della divisa ed il monocolo. Retaggio di una tradizione inutile.-Sono qui, cosa volete?- esordisce sicuro l’anziano ufficiale. E’ della vecchia scuola, ha fatto la grande guerra nella guardia imperiale, ma non ha imparato a tacere.Lo guardo senza emozioni mentre mi avvicino a lui.-Vi arresto nel nome del paese e del popolo per alto tradimento. Qualsiasi resistenza verrà considerata come un’aggressione e sarà trattata con il massimo rigore- dico questo aprendo la fondina della pistola.-Non ho mai tradito nessuno, tantomeno il mio paese- risponde, con fierezza.I miei uomini si sono avvicinati e, senza complimenti, gli mettono le catene ai polsi.-Aspettate, dove volete portarlo?, non ha fatto niente- urla una giovane donna.Sposto il mio sguardo verso il fondo del corridoio per vedere l’origine di tale richiesta. Una giovane donna si sta avvicinando a noi. È molto bella, lo vedo bene. Bionda con i capelli mossi, tenuti raccolti per la notte. Indossa una vestaglia di seta damascata, molto preziosa ed elegante, che ne fascia la figura slanciata. Deve essere la moglie, quando, da una seconda porta, appare un’altra donna, non meno bella della prima. La nuova venuta ha i capelli ramati ed indossa una vestaglia azzurra di raso. Ha un’aria più matura della prima e, ora che le posso vedere assieme, tutto mi è chiaro: sono la figlia e la seconda moglie del colonnello. -Gestapo- ripeto, sicuro che quella parola sia sufficiente a chiarire la situazione.-Ma è un oltraggio. Protesto vivamente- ribatte la rossa.-Con chi ho il piacere di parlare?- le domando, tendendo la mano sia per presentarmi sia per ricevere i documenti.-Sono la baronessa Von Trepper, la moglie del colonnello- risponde sicura di se, come se la cosa non mi fosse già nota o potesse impressionarmi in qualche modo.-Obersturmführer Otto Majer- mi presento a mia volta, con calma.I miei uomini hanno provveduto ad ammanettare il colonnello e stanno spingendolo verso le scale.-Karl- urla la donna,- Non lascerai che questi sgherri ti trattino come un criminale?–Papà- lo invoca la figlia, che, la voce rotta dal pianto, sino a quel momento era rimasta in silenzio ad osservare la scena. -Andiamo- ordino ai miei uomini e mi appresto a seguirli.-Non potete farlo fermatevi. Deve esserci uno sbaglio, ne sono sicura- singhiozza la figlia. I suoi pianti ci lasciano del tutto indifferrenti e in pochi minuti siamo già in strada.-Avviatevi subito al comando. Müller, voi siete responsabile del prigioniero- ordino ai miei subordinati.-Ja, Obersturmführer–Helka, voi resterete con me- sentenzio.Mentre l’auto di servizio si avvia, io e la scorta ritorniamo sui nostri passi e rientriamo in casa del sospettato.Il maggiordomo non osa più parlare, dopo aver visto il suo padrone trascinato via in manette, così si affretta ad aprire la porta, per poi sparire dalla mia vista.-Cosa volete ancora?–Dobbiamo perquisire questo covo di traditori- rispondo secco, mentre comincio ad aprire i primi cassetti e le ante di un armadio.-Tutto questo non ha senso- ripete madame, ma io non l’ascolto. Le mie ricerche non si fermano davanti a niente ed anzi la cosa mi da una certa gioia. Poter mettere il naso nei cassetti privati della gente mi eccita. Mi piace violare la riservatezza d’alcuni luoghi, dove sono celati segreti, piccoli e grandi. La perquisizione mi autorizza a frugare tra la biancheria intima di queste signore e, con la scusa della sicurezza nazionale, butto all’aria corsetti, guêpiere, reggicalze e mutandine di pizzo, che farebbero eccitare anche un eunuco. La qualità degl’indumenti che mi capitano fra le mani lascia trasparire una certa vena di fine lussuria. In un cassetto, dissimulati sotto alcuni libri, trovo finalmente qualcosa d’interessante-Eccoli qui, come mi aspettavo- dico stringendo in pugno alcuni volantini di chiara matrice politica e delle lettere.Guardo un istante la baronessa e mi avvio verso la porta seguito dal suo sguardo.Al comando il colonnello non ha impiegato molto per capire che non ha possibilità di ingannarci, così dopo pochi minuti d’interrogatorio, ci firma una piena e spontanea confessione delle sue attività politiche. La sua fine è segnata, in ogni caso, se sfuggirà alla morte sarà inviato ad un reggimento speciale di punizione per essere rieducato.Al mattino di quello stesso giorno il tribunale speciale ha già emesso la sua sentenza: reggimento speciale. La sorte è stata benevola con questo traditore, ma solo perché non siamo ancora in guerra. La sua famiglia non ha potuto assistere al processo che, come da regolamento, si è svolto a porte chiuse, per ciò mi offro di informarle di persona. In realtà voglio rivedere la baronessa. Quella donna mi ha stregato e sono deciso ad averla. Voglio piegarla ai miei capricci e so già come fare.Il portiere, molto servile, si affretta ad aprirmi la porta senza chiedermi da chi sto andando. Lo sa bene anche questo vigliacco il motivo della mia visita, di certo le voci sono corse e già al mattino tutti sapevano dell’arresto del colonnello. Salgo le scale facendo i gradini a due a due, tanta è la voglia di accelerare i tempi per poter avere nuovamente di fronte a me quella donna. Busso alla porta, con due colpi secchi dati con il palmo della mano che quasi abbattono la porta: la Gestapo non sa aspettare e neppure vuole farlo, mai.La porta si apre ed appare un maggiordomo:-Desidera?- mi chiede con i suoi modi affettati, tipici della servitù berlinese.-La tua padrona, dov’è? Devo parlarci, subito- rispondo spingendolo oltre l’uscio ed entrando a mia volta.-La padrona non vuole ricevere nessuno- risponde, cercando di trattenermi-Come osi, cane, toccare un ufficiale del Reich. Ti potrei uccidere nel pieno dei diritti ma….-La mia frase rimase sospesa dall’intervento della baronessa -Ancora lei. Cosa vuole dalla mia famiglia?-.-Sono qui per informarvi che vostro marito è stato riconosciuto colpevole di cospirare contro il governo e contro il popolo. Per questo è stato condannato ma, nella sua eccessiva grazia, la legge nazionale gli ha dato il privilegio di poter servire ancora il paese come soldato, semplice, in un reggimento speciale- La baronessa sviene sentendo la sorte toccata al marito, ma questo non m’impressiona affatto. La sua disperazione e la sua sofferenza fanno gioco ai miei propositi così, mentre la servitù l’accompagna nel salottino e provvede a rianimarla, io le sto addosso, pronto a sferrare il mio attacco personale al momento opportuno.Riprese conoscenza dopo qualche minuto e mi vide lì davanti a lei. La mia presenza non lascia prevedere nulla di buono per lei, lo capisce perfettamente così decide di arrivare subito al sodo-Voi, lasciateci soli- ordina ai servitori- voglio palare con l’Obersturmführer in privato-Attendo che i servitori siano usciti dalla stanza e, non appena hanno chiuso la porta alle loro spalle, parlo-La vostra situazione non è delle migliori. Come ufficiale inquisitore lo so perfettamente, anzi, per dirla in tutta franchezza le vostre vite dipendono da me. Basterebbe che il mio rapporto sulla perquisizione di ieri sera fosse molto scrupoloso per farvi tradurre seduta stante in prigione–mio Dio, la prigione no- implora la baronessa, pallida in volto.-Siete dei criminali e come tali dovete essere trattati però….- e mi fermo-però cosa?C’è una speranza?- si rivolge a me con la voce implorante. Ha perso tutta la sicurezza e l’arroganza che aveva al nostro primo incontro.-Dipende da ciò che dirà tra qualche minuto–Cosa vuole sapere?-Mi avvicino a lei, ma, dopo aver fatto qualche passo nella sua direzione, devio il mio cammino verso la finestra, scostando le tende per ammirare il panorama.-Magnifica visuale questa e panorama stupendo–Certo- esita un attimo prima di rispondere, non sapendo se è quello ciò che voglio sentirle dire.Mi volto verso di lei e mi riavvicino alla poltrona dove è seduta. Lei dalla sua posizione mi volge le spalle così, quando le metto una mano sulla testa, rimane sorpresa dal mio tocco, ma ancora di più lo è volgendo la sua attenzione verso di me. La mano sinistra stringeva il mio membro già eccitato e pronto a ricevere e a donare piacere. Spigo il bacino verso di lei in maniera inequivocabile, come se quella situazione fosse del tutto naturale o una normale consuetudine, da non poter avere altra interpretazione che quella che lei aveva afferrato al volo. Non disse nulla, ma dischiuse semplicemente le labbra permettendo al mio glande di scivolare nella sua bocca accogliente. Lo spinsi dentro di lei sino alla gola, appoggiando l’asta sulla lingua calda e morbida mentre la punta del membro le sfiorava il palato, solleticandolo. Lasciai il mio uccello ben piantato nella sua bocca per qualche minuto, gustandomi il piacere che quella nobile bocca sapeva regalarmi quindi lo tirai fuori, tutto lucido di saliva-Brava, era proprio quello che mi aspettavo che dicessi, ma adesso vai avanti con il discorso e vediamo se sei in grado di convincermi a non denunciarti-Lei si protese in avanti aprendo la bocca per ingoiare nuovamente il mio uccello, mentre con le mani mi accarezzava alternativamente i testicoli e il membro, masturbandomi con forza e maestria. La baronessa era una maiala esperta nell’arte della fellatio così non le ci volle molto per riuscire a farmi venire nella sua bocca, che, da vera intenditrice, rimase ben chiusa e stretta attorno al glande che eiaculava, per non perdere neppure una goccia di quel bianco latticello.-Veramente notevole- mi complimentai con lei, richiudendomi i calzoni della divisa, prima di sedermi comodamente sul divano.Lei teneva lo sguardo in basso per sfuggirmi ma non aveva nessuna possibilità di farlo. Attesi qualche istante, lasciandole il tempo di riflettere su come si erano evoluti gli avvenimenti, prima di metterla di fronte alla sua nuova realtà.-Ho sempre desiderato infilarmi nell’alta società ma voi tendete ad escludere chi non è ricco e di nobili origini. L’avete sempre fatto e cercate di farlo ancora ma adesso le cose sono cambiate. Solo ieri sera mi avete gettato in faccia il vostro “Von”, come se la cosa potesse fare differenza di fronte alla legge, e oggi avete preso in bocca il mio cazzo nel salottino privato di casa. Siete una puttana, ripetetelo-Il silenzio totale regna nella stanza, solo il ticchettio regolare della pendola segnala il trascorrere del tempo.-Sono una puttana- ripete piano, dopo qualche minuto.-Più forte, voglio sentirlo chiaramente–Sono una puttana- ripete con voce chiara e ferma.-La mia puttana dal sangue blu. Da oggi farai quello che ti dirò e io manterrò il silenzio sui tuoi crimini, ma non dimenticare che in ogni momento potresti trovarti internata in un campo di rieducazione–Ho capito- risponde.-Lo spero vivamente perché non tollererò errori. Ad ogni mio volere dovrai scattare come una molla o non avrai il tempo di pentirtene–Sì, ho capito–Vediamo. Dai puliscimi gli stivali-I miei stivali di pelle fatti a mano in Italia sono lucidi più di quelli nuovi ma voglio vederla ai miei piedi.Lei si alza e senza esitare si accuccia ai miei piedi per pulirmi gli stivali. Usa la manica del vestito e la stoffa della gonna. Lascio che proceda nel suo lavoro per qualche istante prima d’intervenire-Non così. Quel sistema potrebbe usarlo solo una donna per bene, ma tu sei una puttana e quindi devi usare la lingua. Dai fammi vedere come sei brava a leccare il cuoio degli stivali-Esita, ma non può e lo sa bene. Tentenna ancora un istante, mentre cerca di vincere la repulsione naturale ed istintiva che prova per quella cosa. Ancora un istante e poi si piega in avanti, verso i gambali che lambisce con la punta della lingua. Una leccata veloce, poi un’altra e un’altra ancora. Lecca i miei stivali. Lascio che continui per qualche minuto prima di fermarla.Rido mentre mi rivolgo a lei-Brava puttana, hai superato la prova d’obbedienza. Oggi non ho tempo per trastullarmi con te, ricordati però che da oggi ogni volta che verrò a trovarti o c’incontreremo da qualche parte tu sarai a mia completa disposizione-Detto questo mi avvio verso la porta senza sprecare altro tempo con lei pensando “O farà quello che voglio o l’accuserò di complicità col marito”.
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