Luca l’aveva posata! Dopo che lui si era alzato ed era uscito dalla sala, Cinzia era rimasta per un po’ seduta cercando di seguire il film, ma la testa correva altrove: cosa avrebbe fatto dato che era rimasta sola? Alla fine si era decisa ad uscire recandosi nel bar del cinema. Lì aveva cercato un telefono a gettoni ed aveva fatto un numero, mentre aspettava che rispondessero fremeva per l’ansia. “pronto?” “ciao Marcello, sono Cinzia. C’è tuo fratello?” Per fortuna il suo compagno di scuola non aveva fatto troppi problemi e gli aveva chiamato Giacomo al telefono, né lui aveva fatto troppe storie per andarla a prendere, cinque minuti dopo lei era in strada ad attenderlo. Era rimasta tutto il tempo appoggiata con una mano ad un palo pubblicitario e, quando lo aveva visto arrivare con la macchina del padre, aveva alzato il pollice fingendo di fare autostop. Era stata l’occasione per iniziare subito a scherzare. Lui aveva fermato l’auto al suo fianco e, sporgendosi dal finestrino, aveva finto di trattare con una squillo. “Se ti do ventimila che mi fai?” La risposta era stata a tono. “per quella miseria mi vieni in mano. Cinquanta te lo prendo in bocca.” E, ridendo, era salita in auto. “allora facciamo cento e ti scopo.” Si erano dati un bacio sulle labbra e lui si era avviato. Venti minuti dopo fermava l’automobile in uno spiazzale del parco cittadino; c’erano altre macchine posteggiate ma gli occupanti erano lì per gli stessi motivi loro e, anche se c’era ancora luce, nessuno era interessato a guardare gli altri. Giacomo era sceso, aveva girato intorno all’auto e si era presentato dinanzi lo sportello, dal lato di Cinzia. Non si erano scambiati una parola. Lei aveva aperto lo sportello e, rimanendo seduta, aveva poggiato i piedi all’esterno della macchina. “Insomma li vuoi questi soldi o devi farmi impazzire con la sola vista delle tue gambe?” “ora me li dai veramente!” gli aveva risposto e, prima che potesse fiatare, si era ritrovata centomila lire in mano e il pene di Giacomo che si strofinava sulle sue guance. Era felice! Mentre lui le accarezzava i capelli, rimanendo comodamente seduta con le gambe accavallate, aveva imboccato quel cazzo che le era sembrato decisamente più bello di quello del suo ex, le era parso che avesse pure un buon sapore. Era risalita e scesa lungo tutta l’asta, gli aveva imboccato una palla per volta succhiando come se le volesse strappare dalla sacca, aveva tentato di imboccare qualcosa in più della sola cappella senza che lui glielo chiedesse e, dopo qualche sforzo, era riuscita nell’intento. “peccato che non lo hai mai fatto, perché ti scoperei veramente.” Era stata costretta ad interrompere il bocchino, continuando ad agitarlo con una mano, per spiegargli quel che era successo dopo essere stata con lui e Giacomo l’aveva invitata a raccontargli tutti i particolari dell’incontro col professore di filosofia. “gran bel tipo” aveva concluso “dobbiamo incontrarlo insieme qualche volta”. Le aveva preso una mano fra le sue, aiutandola a scendere dall’auto e facendole poggiare le braccia sullo sportello, poi era andato dietro di lei. Si era sentita alzare la mini e spostare di lato le mutandine, subito dopo la punta di quel grosso cazzo le premeva sull’ingresso della fica. Lo voleva, non aspettava altro che sentirsi quel bastone dentro di sé e Giacomo l’aveva accontentata subito. Aveva iniziato a trombarla con vigore, spingendo il suo fallo sino in fondo e muovendo il bacino in modo che lei potesse sentire mentre avanzava dentro. Aveva continuato con un ritmo sempre più indiavolato, poi l’aveva fatta sedere sul cofano e aveva ricominciato a stantuffarla, sembrava che dovessero concludere così ma lui aveva altre idee per la testa. La voleva schiacciare col suo peso, voleva che lo sentisse sino all’ombelico e l’aveva presa per farla distendere in terra a pancia sotto. A gambe unite, Cinzia non poteva nulla contro il vigore del suo nuovo uomo, né aveva voglia di farlo smettere. Era rimasta immobile in attesa che lui la montasse da dietro e aveva urlato di dolore e di godimento quando si era sentita penetrata sino in fondo dal suo cazzo. Come lo amava!! Gli spasmi dell’orgasmo l’avevano raggiunta pochi attimi dopo e, mentre ancora si dimenava, lui era uscito per avvicinarsi alla sua bocca ma non era riuscito a spingerlo dentro che una pioggia di sperma le aveva invaso il viso, dai capelli al collo. Con Giacomo non era durato a lungo. Dopo il primo mese di euforia, di sesso e di mille piccole attenzioni, sia lui che Cinzia provavano stanchezza l’uno per l’altra. Si incontravano, facevano l’amore, ma senza un briciolo di passione. Si sentiva nell’aria che ognuno aveva per la testa qualcosa di diverso, eppure continuavano a stare insieme. Finché.. … Erano le quattro di un pomeriggio e Cinzia aveva davanti a sé il libro di filosofia. La materia era uscita tra quelle per gli esami di maturità e, vista la sua particolare amicizia col suo professore, intendeva proporla come sue preferita. Ad un certo punto era stata interrotta dalla madre, “Cinzia, al telefono. C’è un certo Sandro per te.” “Chi?” Era andata a rispondere senza sapere chi fosse questo Sandro e, per capirlo, c’era voluto un po’ di tempo: un collega di Giacomo. Quello arrivato da meno di una settimana da Firenze e che aveva incontrato – almeno, così diceva lui, perché lei proprio non lo ricordava – due sere prima durante la partita di calcio tra colleghi. Sta di fatto che si era mostrato abbastanza simpatico al telefono ed era riuscita ad incuriosirla sino al punto di farle accettare di uscire insieme per una passeggiata pomeridiana. Un’ora dopo era suonato il citofono e lei era scesa. Non aveva avuto molto tempo per sistemarsi, né aveva avuto voglia di farlo, ed aveva indossato un vestitino rosso, corto sul ginocchio e tenuto da due bretelline sottili; una cosa semplice semplice. Era stata lei a rimanere piacevolmente sorpresa. Ad attenderla, su una macchina sportiva nera, un’alfa spider, era un ragazzo bruno, dai lineamenti perfetti, con una maglietta che rendeva onore ai suoi muscoli. “Ciao Cinzia, sei bellissima.” Era sceso per salutarla con un piccolo bacio sulla guancia e per aprire lo sportello dal suo lato, facendole prendere posto. Nella mezzora successiva l’aveva trattata da principessa, accontentandola in tutto ma senza mai darle l’impressione di essere uno scemo ai suoi servigi e così, come se fosse la cosa più naturale da fare, si erano ritrovati con la spider ferma dinanzi al mare, ad osservare il tramonto. Cinzia sentiva dentro di sé mille brividi e non per il clima – era Maggio e la serata era già calda come ogni anno – ma Sandro le dava l’impressione di non avere i suoi stessi pensieri. Le parlava, con fare calmo e allegro, della sua città, della sua ragazza, che avrebbero dovuto sposarsi al suo rientro. Lui aveva ventinove anni, le aveva detto, ed era tempo di mettere su famiglia. Poi, all’improvviso, l’aveva abbracciata, tirandola verso di sé ed aveva poggiato le labbra su quelle di lei. “Ma.. Sandr..” non era riuscita a finire la frase. Si era staccata appena un attimo e subito si era sentita nuovamente attratta da quell’uomo; e questa volta aveva consentito che la baciasse, senza porre la minima resistenza. Non sapeva nemmeno lei il perché, ma desiderava che quello sconosciuto le facesse sentire la forza e la delicatezza delle sue mani sulla pelle; voleva che potesse giocare con le parti più intime del suo corpo e non avrebbe posto alcun ostacolo alla sua avanzata; basta che si sbrigasse. Era rimasta ad assecondarlo nel bacio in attesa di sentirsi stringere il seno o che le dita dell’uomo scivolassero sotto il vestito in cerca delle mutandine da spostare, da sfilare, e, quando lo aveva sentito abbassare un braccio, aveva istintivamente allargato un po’ le gambe, ma era rimasta perplessa, solo per un attimo. Lo aveva sentito armeggiare, ma non la toccava, non era su di lei che stava operando. Un attimo dopo, si era staccato dalla sua bocca e, sorridendole e poggiandole la mano sulla nuca, le aveva chiesto di succhiarglielo. “Giacomo non fa altro che dire delle tue doti. Mi ha messo addosso tanta curiosità. Fammi vedere se sei più brava della mia donna.” Avrebbe dovuto incazzarsi, urlargli che era un depravato, invece era stata felice di sentire che Giacomo apprezzava le sue capacità. Non lo amava, ormai ne era sicura, ed il fatto che parlasse ai suoi colleghi di quel che facevano a letto non le aveva dato alcun fastidio, anzi. Si era chinata, rimanendo seduta dal suo lato. Sandro si era abbassato jeans e mutande sino alle ginocchia e il suo cazzo svettava verso l’alto. Le era sembrato un bel palo, lucido, ancora pulito da umori, e con un buon profumo. Lo aveva impugnato per tastarne la consistenza e subito, continuando a stringerlo alla base, aveva iniziato a regalargli brevi colpetti di lingua sulla punta e per tutta l’asta. Due minuti dopo, mentre Sandro rimaneva seduto comodamente, con la schiena poggiata al sedile, limitandosi ad osservarla, lei era in piena pompa. In più, il fatto di essere su una spider la faceva sentire come se fosse stata per la strada, con tutti che la potevano vedere in ogni momento. Vero! Avrebbero potuto vederla, magari andarlo a raccontare a Giacomo, ai suoi.. ma non le importava più di tanto. Leccava, succhiava, baciava, mordeva e stringeva, dando il massimo di se stessa. Giacomo aveva parlato bene di lei e non voleva deluderlo e … e poi a lei piaceva veramente sentirsi la bocca piena di quei pali di carne. Impazziva all’idea di avere il controllo assoluto di quei cosi, di anticipare cosa avrebbero gradito i loro proprietari e quando era il momento di farli esplodere. Cazzo, se era brava a sbocchinarli!! Continuava nella sua opera mentre sorrideva con se stessa per questo pensiero che le gironzolava per la testa quando Sandro l’aveva interrotta. “Giacomo ha ragione, sei grandissima.” “meglio della tua donna?” quella sfida le piaceva. “mille volte meglio. Ma ora spostati, voglio sapere cosa c’è qui sotto.” Per un attimo aveva sentito la sua mano premerle in mezzo alle gambe, da sopra il vestito, ma Sandro aveva un’idea diversa dal rimanere seduti in auto, almeno non per come erano stati sino ad allora. Aveva pigiato un tasto della plancia e gli schienali dei due sedili avevano iniziato ad abbassarsi, sino a giungere la massimo livello. A quel punto, l’aveva aiutata a spostarsi verso il retro della spider, facendola sedere, a gambe aperte, sul vano della cappotte, quasi a margine col portabagagli. Lui era rimasto sui sedili, chinandosi immediatamente per farle sentire il contatto della sua lingua tra le cosce. Le era piaciuta quella posizione. Aveva apprezzato tutte le attenzioni riservatele dalle dita e dalla lingua del ragazzo, sino a quando non aveva raggiunto un lungo, intenso, orgasmo. Si era agitata con tutto il corpo, saltellando sul sedere e sentendo sotto di se il freddo della lamiera della carrozzeria, poi, appena si era calmata, Sandro si era alzato sulle gambe, le aveva preso la gamba sinistra all’altezza della caviglia, portandosela sulla spalla destra, ed aveva avuto vita facile nel penetrare una gnocca fradicia dall’orgasmo appena avuto. L’aveva sbattuta in quella posizione senza darle un secondo di tregua. Sentiva ogni colpo, lui andava in profondità. Botta su botta lo estraeva sino alla punta e, subito, la infilzava sino a che le palle aderivano al suo inguine. All’inizio i colpi erano stati distanziati, poi la frequenza era diventata frenetica, impossibile da mantenere per chissà quanto tempo, ma tale da regalarle una seconda, abbondante venuta. Poi, Sandro si era calmato. Aveva sfogato la sua voglia, bagnandole la pancia con una pioggia di sperma ma le aveva chiesto di non smettere, di spostarsi e basta. Si era disteso lui sul posteriore dell’auto, facendola salire di sopra e, così, lo aveva cavalcato per tutto il tempo che aveva voluto lei, comandando i ritmi e i movimenti. Era giunto il suo terzo orgasmo e Sandro le aveva chiesto di farlo venire in bocca, non poteva non accontentarlo. Si erano ritrovati fuori dall’auto, finalmente con i piedi sul suolo, con lui poggiato alla carrozzeria e lei, in ginocchio, davanti le sue gambe. Era stato un bocchino veloce e frenetico, mirato solo ed esclusivamente alla venuta finale e Cinzia non aveva dovuto attendere molto per sentirsi la gola invasa da quel liquore. Era dal sapore troppo acido, non le era piaciuto, ma aveva preferito ingoiare tutto in fretta, stringendo gli occhi, e non staccarsi e sputare a terra il tutto. Quando aveva finito, aveva alzato gli occhi verso il! ragazzo, fiera di se stessa. “Allora, sono in gamba?” “Cazzo, Cinzia, sei unica!!! Basta che me lo consenti che ti fai tutta la squadra.” “Ci penserò” Però, l’idea mica era tanto male per una sbarbatella come lei.
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