Dopo l’avventura della casa di riposo, ci fu un breve periodo di tranquillità. Dora e io lavoravamo durante il giorno e la sera e i fine settimana, appena potevamo, ci dedicavamo al nostro passatempo preferito: fare l’amore. Rivivere i particolari delle avventure vissute da Dora, poi, ci aiutava a tenere molto viva la passione. L’unica ombra era rappresentata dalla mia difficoltà di parlare del mio lato oscuro. Non avevo ancora trovato la maniera di confidarmi con lei. Temevo che, raccontandole di come mi ero comportato con la ragazza al supermercato e con le due donne a casa di Duilio, si potesse compromettere il nostro rapporto. In quelle occasioni avevo prevaricato quelle donne, approfittando della loro difficoltà, costringendole a subire le mie voglie. Non sapevo come Dora potesse giudicarmi. Così, continuavo a rimandare, cercando la maniera e il momento giusto per parlargliene. Una domenica andammo al matrimonio di una collega di Dora. Dopo la cerimonia, ci recammo presso una grande villa d’epoca fuori città. Al piano terra era stato ricavato un grande ristorante per ricorrenze e cerimonie. Al primo piano era ancora in corso la ristrutturazione. Tutt’attorno c’era un grande giardino dove era stato allestito il buffet con l’aperitivo. Mentre si attendevano gli sposi, che si erano fermati lungo il tragitto per le foto di rito, gli invitati si erano sparsi per il giardino formando piccoli gruppi che trattavano i soliti argomenti, tipici di quelle situazioni. Eravamo in compagnia di altre due coppie e stavamo parlando delle prossime vacanze, quando mia moglie mi strinse improvvisamente un braccio, scusandosi con la compagnia, e mi trascinò verso il buffet allontanandosi da tutti gli altri invitati. Mi disse. – Vedi quell’uomo alto con la barba in compagnia di quegli altri due tizi, vicino al vialetto? – Mi girai con noncuranza e scorgendo il terzetto descrittomi, le risposi. – Si, perché? – Era agitatissima. – Lui è Sergio. Ti ho parlato di lui. E’ quello che ci prova con tutte. E che sostiene che sotto, sotto, tutte le donne sono delle grandi puttane. – Ricordai i vari racconti e, con un filo di ipocrisia, mi finsi scandalizzato. Dora, continuò. – Ebbene, uno degli altri due è Mauro, l’infermiere della casa per anziani. Quello che mi ha scopato insieme allo zio di Aldo. – Realizzai la situazione. L’odore della paura di mia moglie mi faceva eccitare. Il mio cazzo prese a pulsare violentemente. Se avessi dato spazio al mio lato oscuro, quel noioso ricevimento si sarebbe trasformato in un’ennesima avventura sessuale. Ma la richiesta esplicita di aiuto mi costrinse ad assumere un comportamento equilibrato. Domandai, prendendo tempo per riflettere. – E il terzo, chi è? – Dora era sempre più tesa. Mi spiegò. – E’ Roberto. Lavora all’ufficio personale. Anche lui è un porco maschilista. Davanti a noi dipendenti donne è obbligato a comportarsi in modo civile. Ma se è in compagnia di soli uomini si lascia andare a battute volgari e offensive. Se Mauro mi riconosce e gli racconta qualcosa per me è finita. Dobbiamo andarcene subito. – Era sull’orlo di una crisi di nervi. Teneva talmente tanto alla sua rispettabilità e al suo lavoro. Decisi di agire. Le dissi. – Facciamo così. Tu te ne vai alla toilette a rinfrescarti e a riprenderti. Aspettami lì. Io li avvicino e cerco di capire se l’infermiere ti ha già notato. Poi, ti raggiungo. – Dora, sconvolta, annuì senza riflettere e corse verso l’interno della villa. Mi avvicinai al terzetto. Usai un tono di circostanza. – Salve. – I tre smisero di parlare e mi guardarono. Fu Sergio a fare le presentazioni stringendomi la mano. – Ciao, io mi chiamo Sergio. – E, indicandomi i suoi compagni, disse. – Questo è Roberto e questo è Mauro. – Mi presentai con un nome falso. Chiesi. – Siete parenti? – Fu Roberto a rispondere. – Sergio e io siamo colleghi di lavoro della sposa. – E Mauro aggiunse. – Io sono cugino della sposa. E tu? – Mentii con naturalezza. – Sono un amico dello sposo. – Cominciammo a parlare del più e del meno. In modo apparentemente casuale, spostai la conversazione verso l’argomento che mi interessava. – Queste cerimonie sono un po’ pallose. Meno male che possiamo rifarci gli occhi. – Indicando una donna a caso che indossava un vestito leggero e scollato, dissi. – Guarda quella! – Sergio colse la palla al balzo. – E’ Francesca, della contabilità. In ufficio è tutta casta e pudica. Qui si è vestita come una zoccola. Se potessi le darei una bella razione.. – Roberto lo interruppe, fingendosi scandalizzato. – Sergio! Cerca di controllarti. Non puoi sapere come la pensano i nostri amici. – Mauro rispose per primo. – Non conosco la tipa. Ma, per esperienza, so che più o meno tutte desiderano una cosa sola. – Fu il mio turno. Colpii con decisione. – E’ vero. E’ solo questione di tempo e di occasioni. Prima o poi la loro troiaggine viene a galla. – A quel punto Roberto si rivelò. – Allora è inutile avere remore. Non potevo immaginare che siete anche voi come Sergio e me. Sapete, a volte ci è capitato di essere considerati degli animali. – Lo provocai. – E perché? – Rispose muovendo nervosamente la mascella. – Ci sono uomini che non hanno il diritto di farsi chiamare così. Stanno lì a pensare a come compiacere le donne e diventano deboli e sottomessi. Dei veri schiavi. Mentre le donne hanno bisogno di essere trattate per quello che sono. – E Sergio aggiunse. – Troie. Se le metti nelle giuste condizioni ti dimostrano la loro vera natura.- E iniziò a raccontare la sua ultima avventura. – Pensate che l’altra sera ho rimorchiato una tipa in un bar. Mi ha raccontato di essere sposata, madre di due figli e residente in un’altra città. Era in trasferta per lavoro. Ho capito subito che, lontana dal suo ambiente e dalla sua famiglia, aveva voglia di vivere una storia di sesso in piena libertà. L’ho fatta bere un po’ per farle perdere le ultime inibizioni. Saliti in auto le ho infilato subito la lingua in bocca e una mano tra le gambe. Era già bagnata. Pensate: mentre guidavo verso casa mia, mi ha cominciato a leccare il collo e a tastare il pacco. – Roberto fece un apprezzamento esplicito. – Una vera troiona. – Sergio era soddisfatto di raccogliere la nostra approvazione. Mauro sottolineò. – Al solito. Se sono nel loro ambiente sembrano pure e integre. Poi, basta poco e diventano delle vere vacche. – Dovevo sembrare allineato. Non mi costò, però, troppa fatica. Dissi sorridendo. – E a casa l’avrai sistemata per le feste.. – Sul viso di Sergio apparve un ghigno. – Gliel’ho messo dappertutto. Aveva una tale fame di cazzo. Continuava a godere. A dire che ne voleva ancora. Alla fine l’ho riaccompagnata in albergo e le ho lasciato il mio numero. Le ho detto che la prossima volta che viene, se mi avvisa, invito anche degli amici. – A questo punto dissi. – E’ proprio vero. Più sono sposate e più diventano puttane. Non trovate? – Roberto fece una battuta scontata. – Bisognerebbe avvertire lo sposo.. – Scoppiammo a ridere sguaiatamente. Domandai provocatoriamente – Perché, anche la vostra collega è una disponibile? – Sergio si sentiva ormai padrone e affermò. – Quasi tutte le nostre colleghe hanno assaggiato l’uccello di Roberto e il mio. Spesso lavoriamo in coppia. – Ridemmo di nuovo. Chiesi. – Quindi anche la sposa? – Roberto tornò sulla difensiva. – Non possiamo dirtelo. Sei amico dello sposo. Poi glielo vai a raccontare. – A quel punto, finalmente, Mauro si prese il suo spazio. – Anche a me capita di farmi qualche vacca, di tanto in tanto. Faccio l’infermiere in una casa di riposo. – Roberto fece l’ennesima battuta scontata. – Ah, qualche vecchia bavosa con fame di cazzo arretrata.. – Fu solo Sergio a ridere. Io preferii mantenermi neutrale. Mauro continuò. – No, non è come pensate. La casa dove lavoro è un po’ particolare. Ospita un personaggio importante che ogni tanto riceve qualche ragazza per sollazzarsi e far divertire i suoi amici. E capita che coinvolga anche noi del personale. – Lo sollecitai. – Dai, racconta! – Sorrise. E raccontò nei dettagli di quando lo zio di Aldo lo aveva coinvolto nella scopata con Dora. Ovviamente non conosceva la donna, né il suo nome. Ma descrisse nei dettagli il corpo di mia moglie e raccontò delle sue prestazioni. Concluse. – Una troia come mai ne avevo conosciute. L’abbiamo presa in mezzo a forza e ha goduto come una cagna. E dovevate vedere come si è presa in gola il cazzo del vecchio. – Il mio uccello era di marmo. E anche Sergio e Roberto erano in uno stato di evidente eccitazione. Non ragionavo più. Proposi. – Ma perché non ci diamo da fare e ci divertiamo un po’? Potremmo dedicarci a qualcuna delle troie del vostro ufficio. – Roberto, nonostante l’evidente gonfiore dei pantaloni, conservava ancora un minimo di razionalità. Disse. – Già, si potrebbe. Se non fosse che sono tutte in compagnia. E poi, rischieremmo di provocare uno scandalo. Fino ad ora Sergio e io siamo riusciti a godercele senza pubblicità. – Insistetti. – E come avete fatto? – Sergio mi spiegò. – Beh, è semplice. Roberto lavorando all’ufficio del personale ha avuto occasione di scoprire delle irregolarità negli orari o nella gestione delle provvigioni. E presentando nella giusta maniera le cose, le troie hanno avuto poca scelta. Hanno preferito darla via, pur di evitare richiami formali o, addirittura, il licenziamento. Io gli faccio da spalla, raccogliendo le confidenze delle colleghe che mi raccontano tutto per gelosia o invidia delle più meritevoli. – E Roberto concluse. – E il meccanismo, dopo un po’, ha preso ad alimentarsi da solo. Le sputtanatrici si sono trovate presto a essere sputtanate. E così, ce le siamo trombate. – Ridemmo ancora. Non mollai la presa. Feci leva sulla loro eccitazione. – Potremmo piazzarci nelle vicinanze dei bagni delle donne. – Proposi. – Tanto manca ancora parecchio all’inizio del pranzo. Se arriva una delle vostre colleghe, lontano dai loro accompagnatori non potrà rifiutarsi. La potremmo portare al primo piano e godercela. Che ne dite? – I tre si guardarono tra di loro. Mauro disse subito. – Mi sembra una grande idea. Ma dovete dire voi se può funzionare. – Roberto guardò con aria interrogativa Sergio che annuì. Poi, sorridendo, affermò. – Mi sa che questa palla di matrimonio diventerà una festa memorabile. Andiamo. – Mentre camminavamo verso la villa, dissi. – Devo, però, avvisare gli amici con cui sono venuto. Non vorrei che mi cercassero. Andate avanti. Vi raggiungo subito. – I tre annuirono, non potendo sospettare nulla. E poi, erano talmente infoiati che il loro unico interesse era di scopare al più presto. Li seguii a distanza, senza farmi notare. D’altronde camminavano così spediti verso la villa, senza guardarsi né indietro, né attorno. La villa aveva un ampio ingresso che introduceva al grande salone dove si trovavano i tavoli apparecchiati. Sul lato sinistro c’era la cucina e sul lato destro c’era l’indicazione dei bagni. Arrivarono a pochi metri dalle porte d’ingresso quando Dora, per pura combinazione, uscì dal bagno. Mi spostai su un lato dietro una grande colonna, per osservare la scena. Naturalmente c’era un po’ di movimento e Dora non li notò subito. Mentre Mauro la riconobbe immediatamente. Diede di gomito agli altri due e, sicuramente, gli disse che era la donna del racconto. I due si guardarono per un breve istante. Fu Sergio a muoversi rapidamente. Prese bruscamente Dora per un braccio, mentre gli altri due si misero ai suoi fianchi, coprendola quasi per intero. Se non avessi saputo la verità poteva tranquillamente sembrare un gruppo di amici. Mentre mi passavano vicino, dirigendosi verso la scala di servizio che saliva al piano superiore, vidi lo sguardo terrorizzato di mia moglie che si guardava attorno disperata. Sicuramente mi stava cercando. Mauro chiese. – Ma non aspettiamo il tipo? – Roberto rispose con una voce dura. – Se vuoi aspettare quel fesso, fai pure. Noi andiamo a divertirci anche per voi. – Salirono la scala. Nella confusione generale, probabilmente, nessuno li notò. E, in ogni caso, poteva sembrare che salissero a visitare il piano superiore. Li seguii a distanza. Qualcosa, dentro di me, faceva ancora resistenza. Ma mi ero spinto troppo in avanti. Il mio lato oscuro prese completamente il sopravvento. Il cazzo era talmente duro da farmi male. E l’istinto animale desiderava soddisfazione. Arrivati al piano superiore si mossero tra le impalcature, i detriti e i materiali ammassati. Dora cercò di impietosirli. – Vi prego, lasciatemi. Mio marito mi aspetta. – Sergio non mollò la presa. Ridendo le disse. – Se è vera solo la metà delle cose che ci ha raccontato Mauro, quel cornutone ti aspetterà a lungo. – E Roberto aggiunse. – In ufficio facevi la superba e la sostenuta. Sembravi incorruttibile. E poi scopriamo che sei una grandissima vacca. Tutto questo tempo a sbavarti dietro. Ma adesso ci prenderemo tutto con gli interessi. – Entrarono in un locale che aveva una finestra senza vetri, con le persiane chiuse. Sergio la avvisò. – Se urli o non fai quello che ti diciamo, ti sputtaniamo con tutti gli invitati. E, ricordati: ci sono anche i nostri colleghi e i nostri capi. Ti conviene comportarti come una brava puttana. Per cominciare, spogliati. – Mi posizionai appena fuori della porta, dietro ad alcune assi appoggiate di traverso. Potevo vedere e sentire tutto, senza essere visto da loro. All’interno il locale era perfettamente sgombro. Molto impolverato e in penombra per la poca luce che filtrava attraverso le persiane. Si erano messi attorno a mia moglie che dava le spalle alla finestra. Mi disse, poi, che ebbe le tentazione di chiamare aiuto. Ma pensò alla sua reputazione. Sarebbe stata rovinata per sempre. Scelse il compromesso. E, in fondo, sperava che io, accorgendomi della sua assenza arrivassi da un momento all’altro. Non poteva immaginare che fossi già lì. Si levò il vestito. Lentamente. Intanto i tre tirarono fuori gli arnesi e cominciarono a smanettarsi. Anch’io feci lo stesso. Mia moglie era vittima di un ricatto. Tra poco l’avrebbero violentata. E io ero lì a pochi metri che mi masturbavo. Dora si tolse le scarpe e rimase in reggiseno, collant e mutandine. Si vedeva che era terrorizzata. Per la prima volta sembrava davvero vittima della situazione. Ero sempre più eccitato. Anche i suoi colleghi sembravano fuori di testa. Si sentivano finalmente padroni di una femmina che non aveva mai voluto sottostare alle loro richieste. E ora era costretta a fare tutto quello che volevano. Sergio, in particolare, sembrava il più accanito. Le disse. – Adesso tira fuori quelle grosse tette da vacca. Mi hanno sempre fatto impazzire. Ricordo quando ti sfiorai in ascensore e tu mi guardasti con disprezzo. Ora vedrai. Avrei potuto essere gentile con te. Ma non volevi la mia gentilezza. Mauro ci ha raccontato di come ti ha trattato il vecchio. E’ così che li vuoi gli uomini. Sei una troia che vuole sentirsi sottomessa. Avanti vacca, cosa aspetti? Ti ho detto di tirare fuori le tue grosse mammelle. E tienile bene in alto con le mani. – Dora obbedì. Si tolse il reggiseno. Il suo bellissimo seno era completamente esposto. Impugnò una tetta con ognuna delle due mani e le avvicinò alzandole. Sergio si sfilò la cintura e le ordinò. – Inginocchiati. Continua a tenere per bene quelle tette da vacca che hai. Se ti muovi o se soltanto ti lamenti aprirò quelle persiane e ti mostrerò a tutti. Hai capito? – Dora annuì. Si inginocchiò. Teneva i seni ben esposti e, pur sapendo che cosa sarebbe successo, si preparò senza esitare. L’alternativa le sembrava inaccettabile. – Al primo colpo la sentii gemere. Si mordeva il labbro. Sergio la colpì con violenza, usando la cinghia. Le assestò altri tre colpi. Poi si fermò. Le strisciate rosse erano molto evidenti. Dora, dopo il primo colpo, non aveva emesso alcun suono. Ma le lacrime le colavano lungo il viso. Mauro intervenne. – Mi sembra che stiate esagerando. Se fate così io non ci sto. – Roberto aveva una voce dura, tagliente. – Allora levati dai coglioni. Sparisci. – Mauro si rivestì, scuotendo la testa. Disse. – Siete pazzi. – E se ne andò. Quando mi passò vicino, qualcosa in me, una voce lontana, mi diceva di fare come lui. Di reagire. Di farli smettere. Ma il lato oscuro riprese immediatamente il controllo delle mie azioni non appena Sergio parlò di nuovo. – E adesso vai da Roberto e succhiaglielo. Vacci a quattro zampe. Sei una vacca e ti devi comportare come tale. – Quando vidi Dora muoversi come le avevano ordinato, accelerai i movimenti della mano sul mio cazzo e scomparve dalla mia testa l’idea di aiutarla. Arrivata vicino all’uccello di Roberto si alzò leggermente e lo ingoiò con facilità, nonostante fosse di discrete dimensioni. Mi accorsi che invece Sergio era particolarmente dotato. Il suo cazzo era lungo, nodoso e di diametro notevole. Se lo menava con due mani, osservando Dora che serviva Roberto. Quest’ultimo le prese le tette ancora doloranti e si mise a stropicciarle. La incitò. – Avanti, succhiacazzi. Di tutte le dipendenti dell’azienda, sei sempre stata la più fredda. Quando ritiravi la tua busta paga non davi confidenza a nessuno di noi del personale. Tu che sei ispettrice, ispezionami questo, adesso. Sei solo una vacca. Con due grosse tette da mungere. – E intanto le tirava i capezzoli con forza. Dora continuava a piangere. Sergio si spogliò completamente e le si avvicinò. Le prese i capelli con forza e la obbligò ad ingoiare completamente l’uccello di Roberto. Le disse. – Devi ingoiarlo tutto. Come hai fatto con il cazzo del vecchio. Avanti. E smetti subito di piangere – E intanto le spingeva con forza la testa. Vidi le labbra di mia moglie arrivare alla base del cazzo di Roberto. Le era sicuramente arrivato in gola. Obbedì e smise di piangere. A quel punto Sergio le lasciò i capelli e fu Roberto a impugnarle la testa con entrambe le mani. Cominciò a fotterla con foga, come se la bocca di Dora fosse una figa. Diceva. – Ti scopo la gola, bella troiona. Ti scopo fino a riempirti di sborra lo stomaco. Ingoierai tutto. Come ho dovuto ingoiare io le tue lamentele, le tue critiche, il tuo essere altezzosa e gelida. – Sergio si spostò dietro a Dora. Prese i collant e li strappò, aprendo un varco. Era una visione incredibile. Dal mio punto di osservazione vedevo Dora a quattro zampe che veniva scopata in gola da Roberto che le teneva la testa, mentre le tette ballavano sotto di lei. Facevo fatica trattenere l’orgasmo. Fui costretto a smettere per un po’ di masturbarmi. Non volevo godere prima di loro. Il collant strappato faceva da cornice al bellissimo culo di Dora. Il filo posteriore del perizoma bianco era scomparso tra le sue chiappe. Sergio lo strappò e, dopo essersi sputato sulla cappella, infilò con forza il suo enorme coso nella figa di mia moglie. Lei cercò di sottrarsi a quella penetrazione. Ma Sergiò impugnò i suoi fianchi e la trattenne dando un deciso colpo di bacino. Il grosso cazzo entrò completamente. Dora aprì la bocca per cercare di gridare ma l’arnese che aveva in gola le soffocò completamente l’urlo. Mentre Roberto grugniva come un maiale aumentando la forza dei colpi e la velocità, Sergio la apostrofava con le peggiori offese. – Non sei altro che una lurida vacca. Una puttana di prima categoria. Che vuole solo cazzi in quantità. Le conosco le troie come te. Tante arie e poi non sapete fare a meno di veri uomini come noi. Scommetto che prima della fine riuscirai a godere come una cagna. Vedrai. Quel cornuto di tuo marito sarà contento. Riuscirà a scoparti più facilmente adesso che ti ho aperto per bene. E la prossima volta voglio farti il culo. E mentre te lo rompo per bene, dovrai avere la bocca libera. Per dirmi che ti piace essere inculata, lurida vacca. – Ripresi a menarmelo. Cominciai a venire proprio mentre Roberto si inarcava, dicendo. – Vengo, vengo. Senti che ti sto riempiendo, bella porcona. – Dora teneva le labbra alla base dell’asta e le mani dell’uomo le tenevano la testa bloccata con forza. Anche Sergio sborrò proprio mentre Dora ebbe un orgasmo non desiderato. Sentendo le contrazioni della vagina, l’uomo ghignando l’apostrofò. – Sei proprio la cagna che pensavo. Godi anche senza volerlo. Ti basta prendere un po’ di cazzo per avere un orgasmo. Sei una vera vacca da monta. Ma, non ti preoccupare, ti monteremo spesso. – Si staccò da lei. Lei restò in ginocchio e riprese a piangere. Sarebbe bastata la violenza. Ma la vergogna dell’orgasmo la fece stare ancora peggio. I due uomini si rivestirono. Sergio le dettò le condizioni. – Adesso ti rivesti e ti sistemi. Poi scendi e dici a tuo marito che non te la senti di restare. Saluti gli sposi e te ne vai. Mi raccomando: non una parola con tuo marito su quanto è successo. Ti assicuro che se farai quello che vogliamo nessun altro saprà dei tuoi vizietti. – Roberto continuò. – E da domani vieni in ufficio senza slip e senza reggiseno. Continuerai ad indossare i tuoi completi grigi, casti e completamente abbottonati. Ma sotto non dovrai più portare la biancheria intima. Potrai usare solo autoreggenti o calze e reggicalze o collant di quelli che lasciano scoperta la figa e il culo. In altre parole sotto al vestito dovrai essere sempre scoperta e pronta. Hai capito? – Mia moglie annuì. – Sergio concluse. – E mi raccomando le scarpe. Con il tacco alto, a spillo. E dovrai appesantire il tuo trucco. Non annuire. Rispondi, parla! – Dora rispose. – Farò come volete. Mi vestirò come chiedete. Ma non rovinatemi, vi prego. – I due uomini non erano ancora soddisfatti. Le ordinarono di ripetere per bene le parole che le suggerivano. Sentii la voce di Dora dire. – Sarò sempre disponibile e pronta per voi. Come una vera vacca da monta. Farò tutto quello che mi ordinerete. Non dirò nulla a quel cornuto di mio marito. Vi ringrazierò ogni volta che mi darete i vostri cazzi. E berrò con gioia la vostra sborra. In ufficio non farò più discorsi a favore della autonomia delle donne. Anzi, sosterrò che essere sottomesse ad un uomo è il miglior destino per una femmina che vuole realizzare i suoi sogni. – Mi sembrava veramente troppo. Ma non potevo certo intromettermi. Erano proprio due maschilisti, convinti che le donne vivano solo per una cosa. Ed io avevo consegnato proprio a loro la mia dolce compagna. Adesso che tutto era finito mi resi conto di che tunnel avessi fatto imboccare a Dora. E naturalmente anche a me. Scesi rapidamente, dopo essermi ricomposto. Rimasi nel giardino ad una certa distanza dall’ingresso della villa. Gli sposi erano arrivati e gli invitati si stavano accomodando ai tavoli. I due violentatori si sedettero al loro posto, mentre Dora usciva per raggiungermi. Avendo indossato il vestito e avendo ricomposto trucco e capelli, sembrava certamente molto sciupata, ma non si poteva immaginare quanto fosse accaduto. Con il tono più falso e suadente che potessi trovare le chiesi. – Ma dove sei stata? – Mi rispose. – Mi hanno violentato. Andiamocene, subito. – Raggiunta l’auto, cercai di avere altre spiegazioni. Dentro mi sentivo un essere spregevole. Ma ero arrivato al punto di non ritorno. Se avesse saputo, sarebbe finita. Mi disse, duramente. – Non voglio parlarne ora. Andiamo a casa. Voglio ripulirmi e dormirci sopra. Domani vedremo se riuscirò a parlarne. – E cosi andò. Arrivammo a casa. Si fece un bagno e si mise a letto. Per pura circostanza, cercai altre due volte di infrangere il muro di silenzio. Senza successo. Quando Dora salì in camera, mi misi sul divano del soggiorno. La sentii piangere. Avevo oltrepassato un limite e avevo provocato un profondo dolore a mia moglie. Per un po’ mi sentii veramente male. Poi, rivivendo le immagini della violenza, tirai fuori il cazzo e mi masturbai ferocemente. Ero molto più bestia e più spregevole dei violentatori di Dora. Ma l’orgasmo e il successivo sonno mi allontanarono da questi pensieri.
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