Apri gli occhi e non vide nulla. Tutto era buio e freddo. Cercò di muovere le braccia e le gambe ma forti legacci annullarono ogni tentativo. Era nuda, distesa supina sulla dura e fredda pietra, braccia allungate dietro la sua testa e gambe ben divaricate. Sia gli arti inferiori che quelli superiori erano fermamente legati e assicurati alla pietra stessa. Rimase immobile ed in silenzio nell’oscurità. Sentiva lo scorrere di acqua, come di piccoli ruscelli e il continuo stillicidio di acqua. L’umidità era percettibile nell’aria che affannosamente respirava. Non ricordava nulla di come potesse essere finita lì. Tutto era confuso e buio come il posto in cui si trovava. D’un tratto le sembrò di scorgere un movimento nell’oscurità. Non era sola, qualcuno la stava osservando; ne avvertiva la presenza. “Chi c’e’?”, domandò urlando inquieta e spaventata. Cercò ancora di divincolarsi ma non riusciva a fare che piccoli movimenti scomposti con il corpo. Ancora un movimento di fronte a lei, qualcosa le sfiorò un piede. Cercò d’istinto di ritrarlo ma i legacci le vanificarono lo sforzo. Respirava sempre più affannosamente, sempre più in preda alla paura di chi poteva esserci con lei in quell’antro. Un altro respiro si unì al suo confermando la presenza di qualcuno. “Chi sei? Cosa vuoi da me?” domandò gridando senza ottenere risposta. Passarono ancora minuti senza che succedesse null’altro. Sembrava un’eternità. Solo buio e silenzio. E inquietudine. Qualcosa di viscido le toccò i piedi, cominciando lentamente a risalirle entrambe le gambe contemporaneamente. Sembravano umidi tentacoli che la accarezzavano attorcigliandosi attorno a lei. Cominciò a gridare nel buio invocando aiuto mentre quelle cose la avvolgevano sempre più. Cercava invano di dimenarsi nel tentativo di respingerle ma queste inesorabilmente continuavano a farsi strada sul suo corpo nudo. In pochi secondi raggiunsero le sue ginocchia mentre altri viscidi tentacoli si facevano strada lungo le sue braccia, verso il suo corpo. Urlava terrorizzata cercando disperatamente aiuto. Ben presto furono all’altezza delle coscie. Una le si insinuò sotto il sedere avvolgendole le natiche. L’altra si insinuò fra le coscie giungendo ai suoi organi genitali. Dall’alto delle sue braccia altri tentacoli raggiunsero la sua faccia, accarezzandole le guancie. Poi, come mosse all’unisono, la penetrarono contemporaneamente in tutti i buchi possibili: un tentacolo le si infilò nell’ano, l’altro nella vagina e l’ultimo in bocca strozzandole in gola le urla disperate. L’ultimo scese fino al costato avvolgendole i prosperosi seni in una morsa strettissima che quasi le impediva di respirare. Sentiva quelle pretuberanze viscide muoversi vogliosamente nelle sue viscere spingendo sempre più verso l’interno. La vagina ed il culo si dilatavano sempre più, fino a quasi scoppiare, man mano che quelle mostruosità cercavano di affondare la penetrazione. Il tentacolo che si era infilato in bocca premeva verso la gola provocandole conati di vomito e difficoltà a respirare. Lei emetteva gemiti soffocati, dimenandosi per quel che poteva; la pressione sul seno si faceva sempre più insopportabile. D’un tratto tutto si fermò e quelle cose rimasero immobili dentro di lei. Passarono eterni secondi prima che, contemporaneamente, i tre serpenti cominciarono a stantuffare come in un triplice rapporto sessuale. Ogni colpo accentuava la penetrazione, provocandole sofferenze inaudite. La vagina ed il sedere erano aperte al limite della sopportazione; la bocca era completamente spalancata da quella specie di serpente che le si infilava in gola. L’agonia durò per un tempo interminabile. Le tre bestie continuavano a stantuffare ad un ritmo sempre crescente, come in preda da un crescente orgasmo. Le sentiva pulsare di eccitazione dentro di lei. Strinse i pugni per resistere a quel supplizio mentre le bestie continuavano a violentarla. La donna era agonizzante al limite dello sfinimento quando il suo corpo fu contemporaneamente invaso da una triplice eruzione di un liquido viscido. Lo sentì allagare la vagina ed le sue viscere, inondarle l’intestino e la gola. Dopo pochi secondi i tre serpenti uscirono da lei lentamente, sparendo nell’ombra da dove erano venuti. La pressione sul seno sparì. La donna tossì quasi soffocata, eruttando quel liquido immondo che le riempiva la bocca e che si riversò sulle sue guance, sul suo mento, nel suo naso. Riprese a respirare ansiosamente alla disperata ricerca di aria. Il suo corpo violato era completamente sudato e tremante. La vagina e l’ano, pieni della stessa sostanza, erano dolenti dall’eccessiva dilatazione subita.
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