Uno psichiatra? pensò Gianni. Era questo di cui aveva bisogno? Quante costose sedute sarebbero state necessarie prima che lui riuscisse a liberarsi dei suoi ossessivi desideri?E c’era poi un altro problema.Voleva veramente esserne liberato?’Certo che voglio liberarmene’, disse a se stesso con stizza. ‘Cosa diavolo pensi che io sia? Certo che voglio liberarmene.’Ma non era del tutto convinto.Sublimarli. Questo era l’altro suggerimento di Landoni. Riudiva ancora le parole del grassone. ” …La possibilità fornita dal Club… Lì una persona è in grado di dominare, di infliggere sofferenza, di avere completo potere sugli esseri umani… La maggior parte di quelli che hanno le sue stesse inclinazioni si riterrebbero più che soddisfatti… “Sì, si sarebbe dovuto accontentare del Club. Non c’erano proprio altre possibilità. Decise di chiamare Viviana.Viviana era una delle più attraenti frequentatrici del club, una bellissima e voluttuosa bionda di ventisei anni. Era l’amante di un ricco uomo d’affari che la manteneva in un lussuoso appartamento, ma che non sapeva nulla del suo carattere masochista. Gianni non era mai andato con lei, ma l’aveva vista partecipare a un paio di esibizioni e quando avevano parlato, la donna gli aveva fatto chiaramente capire che sarebbe stata disposta ad incontrarlo in ogni momento.Pensare a ciò che avrebbero potuto fare insieme lo eccitava moltissimo. Prese il telefono e chiamò il suo numero che aveva segnato nella sua agendina. Dopo qualche istante lei rispose.* Gianni! Che piacere sentirti! E’ da un secolo che speravo che tu mi chiamassi, ma stavo quasi per rinunciarci. -* Chi aspetta sarà ricompensato, – disse lui. – Ho pensato che forse, se sei libera, potremmo vederci. -* Splendido, – disse lei, la sua voce era rauca. – Perchè non vieni quì da me? Saremo perfettamente tranquilli. Walter viene solo martedì e venerdì. -* Benissimo, – disse. – Facciamo alle otto? -* Alle otto, e… Gianni? -* Si? -* Che cosa faremo? -* Lo sai benissimo cosa faremo. -* Dimmelo, tesoro, – mormorò lei. – Voglio sentirlo dalle tue labbra. Cosa mi farai? Mi farai gridare? -Gianni le disse cosa le avrebbe fatto. Le descrisse i particolari e ciò che anche lei avrebbe dovuto fare. Parlò di come l’avrebbe colpita con le mani nude, e poi con la frusta. Le promise che l’avrebbe fatta gridare.Poteva sentirla ansimare affannosamente mentre lui parlava.Continuò, inventando particolari fantastici, immagini degradanti, azioni di fiammiferi accesi e aghi acuminati. Lasciò libera la sua immaginazione. Quando tacque, lei sembrava dover soffocare.* Oh Gianni, – disse come se le dovesse mancare il respiro da un momento all’altro. – Mi fai impazzire parlando in questo modo. Non posso aspettare! -* Alle otto, – ripetè lui, e posò la cornetta.’Dio che donna’, si disse. ‘Bisogna essere matti per volere più di così.’Pensò a lei durante tutto il pomeriggio. Quando si avviò verso il suo appartamento la sua eccitazione aveva raggiunto l’acme.Gianni Marelli non aveva l’aria di un uomo che possegga vizi considerati bizzarri. Aveva, da poco, passato la trentina e il suo aspetto fisico era abbastanza piacevole. Capelli scuri e lineamenti regolari, fisico atletico e asciutto. Un uomo come tanti altri.Era un uomo comune anche per altri aspetti. Conduceva una vita rispettabile, anche se in un certo senso brillante. Aveva un gran numero di interessi, molti amici e una deliziosa e intelligente fidanzata.Ma aveva anche una anormale inclinazione per la sofferenza. La sofferenza degli altri. Per essere precisi, la sofferenza da infliggere a una donna.La cosa lo aveva sempre eccitato e più di tutto era l’idea di poter far del male a una ragazza giovane e carina che gli faceva drizzare l’uccello: l’idea di avere completo dominio su di lei, di farla urlare.Si chiedeva spesso quali potessero essere i motivi di questa aberrazione nella sua psiche per altri lati convenzionale. Da ciò che aveva letto qua e là circa le tendenze sadiche, l’opinione generale degli psicologhi era che la cosa dipendeva dal fatto che uno voleva vendicarsi della propria madre. Lui non ci credeva. Non aveva mai avuto alcun sentimento ostile nei confronti della propria madre. Sua madre era una graziosa, vecchia signora che viveva in un piccolo sobborgo di Prato e gli scriveva regolarmente ogni due settimane. Ogni tanto lui le rispondeva, e le telefonava in occasione del suo compleanno quando se lo ricordava. Se qualcuno si fosse permesso di far del male a sua madre, o a qualunque vecchia signora, la reazione di Gianni sarebbe stata quella di dargli un calcio nei denti.Ma una ragazza giovane…Nuda e impotente…Legata, terrorizzata…Che pianga, che si lamenti, che preghi…Era per questo motivo che si era iscritto al Club. Si trattava di una organizzazione segretissima, naturalmente. Vi era stato introdotto da un amico fidato e per mezzo di lui era stato messo in contatto con Landoni, il proprietario e organizzatore.A parte le esibizioni, il Club forniva, ai suoi membri, l’opportunità di incontrare gente del sesso opposto disposta a soddisfare i desideri reciproci. Nascevano relazioni, alcune temporanee, altre durature.E tuttavia il senso di insoddisfazione cresceva in Gianni. Il guaio era che le femmine del Club si divertivano a che si facesse loro del male. Si divertivano per ciò che lui faceva loro esattamente come lui si divertiva a farlo.E per questo motivo, pensava Gianni, il piacere estremo andava perduto. A dispetto di se stesso lui ne voleva di più. Voleva il potere sopra una vittima non consenziente, voleva vedere il terrore, e la vergogna, e l’agonia che non era piacere. Voleva…Basta! Andò a trovare Landoni.Il grassone si tolse gli occhiali dalla pesante montatura e li pose sopra la scrivania di fronte a se guardando Gianni perplesso.* Una richiesta interessante, – disse. – Ma tale, ho paura, che perfino io stesso non sono in grado di soddisfarla. – Si lasciò andare sullo schienale della poltrona.* Cerchi di capire, mentre è perfettamente vero, come lei sa, che mi procuro da vivere soddisfacendo i desideri insoliti della gente, la maggior parte dei quali di natura sessuale, tutti i miei, per così dire, clienti vengono da me di loro volontà; vuoi per piacere, come nel suo caso, o per desiderio di denaro. Non ci si può legittimamente attendere che una giovane signora possa diventare una vittima senza che lo desideri lei stessa. Lei lo capisce, non è vero? -Gianni si schiarì la gola.* Avevo pensato che forse… lei sa della tratta delle schiave bianche e di tutta la faccenda… – Landoni scosse la testa.* Non fa parte del mio stile, signor Marelli. Io tratto con i denari e con i desideri, non con la forza. – Gianni annuì.* La colpa è mia, – mormorò. – Tutta la faccenda è idiota. Il fatto è che sono stato così ossessionato dalla cosa, negli ultimi tempi… -* Se mi permette vorrei mostrarle qualcosa e sono molto curioso su quali potrebbero essere le sue reazioni. -* Certo, – disse Gianni.* Bene. – Alzò la cornetta di un citofono dalla scrivania. – Mi chiami la signorina Berti, per favore. – disse.Si lasciò andare nuovamente contro lo schienale.* La signorina Berti è una delle mie segretarie. Alcuni mesi fa, per soddisfare la richiesta di un mio cliente che è un ipnotizzatore dilettante, ho chiesto se c’era qualcuno tra i miei dipendenti che, per un’adeguata ricompensa, era disposto a sottomettersi a un trattamento di ipnosi. La signorina Berti ha accettato. A titolo personale, ho chiesto poi a questo mio cliente di condizionare il soggetto in modo che, allo schioccare delle mie dita, esso fosse immediatamente colto dall’orgasmo. -Gli occhi di Gianni si spalancarono. Landoni sorrise.* Si, interessante, non è vero? Non credevo che potesse funzionare e invece l’esperimento è riuscito benissimo. Qualche volta la faccenda ha creato imbarazzo alla povera ragazza. Ma, poichè le dò un salario, per così dire, principesco, lei preferisce restare al mio servizio. Il denaro, lei sa, è molto importante… -Venne interrotto dalla porta che si apriva. Una graziosa ragazza di circa vent’anni e dai capelli scuri fece il suo ingresso nella stanza. Indossava un vestito azzurro e portava, con sè, un taccuino e una matita.* Ah, signorina Berti, – disse Landoni. – Prego si accomodi. Signorina Berti, il signor Marelli. – I due annuirono reciprocamente.* Non ha bisogno del taccuino, mia cara, – disse il grassone. – Vorrei solo dimostrare al signor Marelli quel nostro piccolo trucco, ha capito? -La ragazza spalancò gli occhi e divenne pallida. Scosse la testa.* Oh, no, – disse a voce bassa. – No signor Landoni, la prego. La prego, no. Non davanti a… -* Ma invece si, cara, – disse Landoni sorridendo. – Proprio qui sta il bello. – Alzò lentamente la mano dal ripiano della scrivania. La ragazza si irrigidì.* No, – disse. – Non voglio. Non può farlo! – ma sembrò poi incapace di distogliere gli occhi dalla mano di Landoni che si sollevava.Lui fece improvvisamente schioccare le dita.La ragazza cominciò a tremare. Il suo respiro si fece più affannoso. Il taccuino e la matita caddero sul pavimento. La sua bocca si spalancò. Gli occhi persero espressione.Gianni guardava stupito. Non c’era dubbio che il fenomeno che stava accadendo davanti a lui era genuino. Sentì la sua eccitazione premere contro la stoffa dei pantaloni.Ora la ragazza cominciò a piagnucolare, il suo tremore era aumentato e il suo seno sobbalzava sotto il vestito. A tentoni afferrò una poltrona e si lasciò cadere su di essa. Il suo piagnucolio divenne un gemito, le sue anche cominciarono a muoversi, il suo corpo scivolò a metà fuori dalla poltrona e la sua gonna, a causa di ciò, venne sospinta in alto sulle cosce. Le gambe si tesero in avanti, allargandosi e lei afferrò con violenza i braccioli della sedia e strinse impotente. Gemeva forte, adesso, mentre il suo capo si muoveva incontrollabilmente contro lo schienale della poltrona.Il respiro si fece affannoso, le sue anche si sollevarono e ricaddero ancora, e poi cominciarono a ruotare in un movimento convulso, mentre dalla bocca della ragazza uscivano gridi soffocati. Alla fine, si abbattè sulla poltrona singhiozzando.* Grazie, signorina Berti, – disse Landoni. – Questo è tutto. -La ragazza si riprese e si alzò in piedi, accomodandosi il vestito. Il suo volto era rosso di vergogna. Raccolse da terra il taccuino e corse fuori dalla stanza. Il grassone si rivolse verso Gianni.* Lei ha potuto assistere, signor Marelli, – disse, – a un esempio di come si possa usare un potere su un soggetto non consenziente senza l’elemento del dolore fisico. Ne è rimasto soddisfatto? -* Si, – ammise Gianni.* Molto? – * Si. -* Nella stessa misura, diciamo, in cui lo è stato nell’ultimo spettacolo a cui ha assistito, al Club l’altra sera? – – ….. -Le sopracciglia di Landoni si sollevarono.* Capisco, – disse. – Molto interessante. Bene, signor Marelli, mi dispiace di non poter soddisfare i suoi desideri. – Fece una pausa. – Almeno non in maniera diretta. -* Cosa vuol dire con questo? – domando Gianni.Berti fece girare la poltrona per guardare nuovamente fuori dalla finestra.* Il mio consiglio, – disse, – è naturalmente quello di che lei si sforzi di sconfiggere questi desideri. Come anche lei stesso ha osservato, si tratta di desideri pericolosi. Se non riesce a sublimarli con l’aiuto del Club o in qualche altra maniera, si rivolga a uno psichiatra…. Ma per qualche ragione… – fece ancora una volta ruotare la poltrona tornando a fissarlo, – per qualche ragione, non credo che lei lo farà. No. Non credo che questo faccia parte del suo carattere. Penso invece, che lei abbia intrapreso una strada che potrebbe… ma non importa. Non c’è nessun senso a parlare di ciò; se comunque lei decidesse di tentare di soddisfare questo suo supremo desiderio, nonostante ogni rischio, io potrei, in qualche maniera, esserle d’aiuto. -* Come? – chiese Gianni trepidante.* Oh, dandole dei consigli… delle informazioni… Ma non parliamone adesso. La prego invece di pensarci bene e a lungo prima di giungere a una decisione in questo senso. -* Si, farò come lei mi consiglia, – disse Gianni. – E quasi certamente non ne farò nulla. Non voglio essere imprudente. – Si alzò.* Bene, – disse Landoni. – La prudenza è sempre benvenuta tra la gente del nostro giro. – Strinse la mano di Gianni.* Arrivederla e a presto. – gli disse accomiatandolo.E adesso, mentre guidava verso la casa di Viviana, ripensava ancora al colloquio con Landoni e alla ragazza che stava andando a raggiungere.Anche Viviana aveva pensato a lui. Quando aprì la porta, Gianni vide immediatamente il desiderio nei suoi occhi, vi vide il bisogno.Entrò nell’appartamento e rimasero a guardarsi l’un l’altra, senza parlare, mentre la loro passione aumentava sempre più.Viviana indossava una camicetta verde chiara che metteva in risalto le vurve del suo seno, e una stretta gonna che faceva risaltare lo splendore dei suoi fianchi e nascondeva ben poco delle sue meravigliose gambe. I suoi lisci, scuri capelli biondi erano raccolti in una sorta di coda di cavallo che le arrivava quasi alla vita.Gianni lasciò che i suoi occhi corressero lentamente e deliberatamente sul corpo di lei. Si inumidì le labbra. Respiravano affannosamente tutti e due, adesso, anche se nessuno aveva fatto un movimento.Finalmente lui parlò.* Vieni quì, – disse con voce roca.Lei scosse la testa lentamente.Così avrebbero giocato. Bene, non gli dispiaceva certo. Avanzò verso di lei, con calma. Lei indietreggiò.Lui continuò ad avanzare e lei ad indietreggiare attraverso la stanza fino alla parete, finchè non potè andare più oltre. Lei rimase immobile, senza che i suoi occhi lo lasciassero un istante.Lui sapeva ciò che lei voleva. E sapeva anche cosa voleva lui stesso.La schiaffeggiò sul volto con tutta la forza che aveva.Il colpo fece il rumore di uno sparo. La testa della donna fece un violento movimento di lato. I suoi occhi sembrarono doversi sciogliere, la bocca si spalancò.* Oh, Gianni, – sospirò lei.Lui la colpì ancora, col dorso della mano.Questa volta lei gridò.* Tesoro, – disse ancora.Lui la schiaffeggiò ancora una volta.* Amore, -Un altro schiaffo.* Dolcezza, -Ancora uno.Questa volta ciò che disse suonò incomprensibile. Lei gli si fece sotto, premendo il suo corpo contro il suo, le gambe aperte. Le loro bocche s’incontrarono, si fusero, le loro lingue si cercarono.Lui fece scorrere le proprie mani sul corpo di lei. Le schiaffeggiò le natiche con forza e lei gridò dentro la sua bocca. Si separarono respirando affannosamente.* Spogliati, – disse lui brusco.La sua bocca tremante accennò a un lieve sorriso. I suoi occhi brillavano.* Scopami, – sospirò.Lui allungò la mano e l’afferrò per il polso. Glielo piegò dietro la schiena, obbligandola a voltarsi e spingendolo poi verso l’alto. Continuò ad aumentare la pressione finchè lei non cominciò a piagnucolare.* Spogliati… spicciati. – disse ancora lui.Lei scosse la testa.Lui spinse il braccio ancora più in alto, torcendole contemporaneamente il polso. I piagnucolii divennero gemiti. Sarebbe caduta in ginocchio per il dolore, ma la pressione contro il suo braccio la teneva in piedi.* Adesso vuoi fare ciò che ti ho detto? – mormorò lui.Il volto della ragazza era contorto dalla sofferenza, ma scosse il capo testarda, il labbro inferiore stretto fieramente tra i denti.Doveva sconfiggerla. Con l’altra mano lui le afferrò le dita e gliele torse indietro con tale forza che sembrò quasi dovessero spezzarsi. Lei emise una specie di gorgoglio.* Oh, sì, – gemette. – Si tesoro. -La sua mano libera corse alla camicetta e cominciò ad aprire i bottoni.Lui mantenne la stretta, non allentandola di nulla finchè lei non ebbe sganciato tutti i bottoni e la camicetta si aprì, mettendo in mostra il reggiseno ricolmo, di colore nero.* Anche la gonna, – disse lui e aumentò un poco la pressione.Lei ebbe come un sibilo, e la sua mano corse ad aprire la cerniera della gonna. Un attimo dopo, l’indumento cadeva sul pavimento. La visione improvvisa delle sue gambe gli asciugò la gola dal desiderio. Anche le mutandine erano nere.La lasciò andare e lei si voltò fronteggiandolo, massaggiandosi il braccio.* Sei un selvaggio, – sibilò, ma era quasi un moto di tenerezza. Si fece scivolare dalle spalle la camicetta, ma non fece alcun movimento per togliersi anche il reggiseno e le mutandine.Anche lui cominciò a togliersi i vestiti, studiando la perfezione del corpo di lei mentre si spogliava. Osservò il suo ventre perfetto ed elastico che si sollevava durante la respirazione. La sua carne sembrava soffice e invitante. Quando fu nudo, senza alcun preavviso, le sferrò un pugno nello stomaco.L’aria fu spinta fuori dai polmoni della ragazza e lei cadde all’indietro abbattendosi seduta sul pavimento. I suoi occhi erano aperti per la sorpresa e la sofferenza.Lui si mise tra le sue gambe divaricate e afferrò con una mano i suoi capelli guidando la sua testa contro il proprio inguine. Lei rispose immediatamente e le sue labbra trovarono il suo pene duro allo spasimo.Era molto brava. Era bravissima. Lui era affondato nella sua gola e le aveva tolto il respiro e così doveva inspirare profondamente attraverso il naso, ma continuò nonostante ciò a succhiarlo. A lui questo piaceva moltissimo. Affondò ambo le mani nei capelli di lei e la lasciò lavorare.* Ora togliti il reggipetto, – le disse dopo un minuto. – No, non fermarti, continua a fare ciò che stai facendo. Mantieni il ritmo, ma togliti il reggipetto. -Lei obbedì. Senza rompere il ritmo della bocca, si pose ambo le mani dietro la schiena e staccò il gancetto aprendo il reggiseno. Poi se lo fece scorrere dalle spalle e lo fece cader via.Dalla sua posizione, lui non poteva vedere il suo seno molto bene, anche se poteva sentirlo contro le sue gambe. Desiderava moltissimo poterlo guardare. Si domandò se avesse dovuto fermarla o lasciarla continuare. Sarebbe stato bello lasciarla… Ma decise di no. Non adesso. Forse più tardi. La spinse via.Lei si alzò in piedi, respirando affannosamente ma sorridendo. Lui contemplò il suo seno pieno, colmo, perfettamente rotondo, splendido. Le tette ondeggiavano pazzamente, bianchi globi di carne sovrastate dagli appuntiti capezzoli bruni.L’afferrò per un braccio e la fece rialzare, la sospinse verso il divano e la costrinse a sdraiarsi. Mise una mano sulle sue splendide tette e le fece ruotare sotto i suoi palmi, godendo alle sensazioni della loro elasticità. Le sue mani batterono poi su tutto il corpo della ragazza, facendola sobbalzare.Strinse fortemente i suoi seni e Viviana sussultò. Lui l’artigliò con ancora maggior violenza affondandole le dita nella carne. Il corpo di lei, a metà disteso sotto il suo, cominciò a tremare.* Oh tesoro, – sussurrò lei. – Mi fai male in maniera così deliziosa! -Un’ondata di rabbia lo sommerse. Così deliziosa, non è vero? Lasciò andare il seno di lei e le afferrò i capezzoli prendendone le punte tra il pollice e l’indice. Il corpo della donna si arcuò e lei gemette pietosamente tentando poi di liberarsi dalla stretta. Lui tenne duro e strinse più forte che potè. La testa di lei si agitava disperatamente quà e là.Pensava forse ancora che era “delizioso” adesso? Non poteva saperlo.* Le mutandine, – disse tra i denti. – Toglitele. -Ancora lamentandosi, lei allungò le mani arcuando il corpo sotto quello dell’uomo, si spinse via le mutandine sopra i fianchi e poi giù lungo le cosce oltre le ginocchia. Le calciò poi lontano muovendo e aprendo le gambe.Il movimento di quelle splendide gambe lo eccitò oltre misura. Si aggiustò nel mezzo delle sue cosce tremanti e trovò l’obiettivo. La penetrò con violenza.* Oh, Dio! – disse lei a bassa voce. Le sue gambe si sollevarono e gli circondarono la vita. Lui sentì l’intera lunghezza di quelle splendide colonne di carne che lo stringevano nella sua morsa. Si mosse all’indietro e la penetrò più profondamente. In risposta, lei spinse con violenza contro di lui.Lui intanto continuava a stringere ancora i suoi capezzoli, strizzandoli al ritmo del movimento del coito.* Oh, tesoro! – gemette lei. Il suo ondeggiare divenne frenetico. – Oh, amore. Fammi male, è così bello, così bello. Uccidimi… Ooooh!… Oh sì!… Oh, Gianni… Giaaanniiiii… -Gianni sentì che stava per venire, questa ragazza era fantastica! Si abbandonò al rapido montare del suo orgasmo.Quando anche lei si avvicinò al momento di godere, il fiume delle sue parole divenne una vera e propria sequela di oscenità e ambedue si eccitarono furiosamente finchè non esplosero la propria gioia in un parossismo di piacere.Dopo alcuni minuti Gianni sentì le labbra di Viviana che gli stuzzicavano le orecchie.* Sono piena di disappunto, mio caro, – sussurrò lei. – Mi avevi promesso che mi avresti fatto gridare, ma così non è stato. Non ho urlato neppure una volta. -Lui mise una mano a coppa sopra uno dei suoi seni.* La notte non è ancora finita, tesoro. – le rispose.* No? – la sua mano si impossessò del pene moscio di lui. – Sembra che per te lo sia, mi pare. – rise sommessamente.* Attenta, – disse lui. – Vuoi che ti faccia più male di prima? -* Si tesoro, – gli rispose. – E’ esattamente ciò che voglio. -La sua mano lo masturbò lentamente, poi gli pose una gamba sopra la sua e strusciò la coscia contro il pene che stava lentamente riacquistando dimensioni. Lui sentì che stava di nuovo eccitandosi.* Mmmmmm… – mormorò lei. – Ti piacciono le mie gambe, non è vero? Assaggiale un po’ tutte e due. – Si mosse per distendersi sopra di lui e lo baciò sulla bocca, muovendosi contro i suoi fianchi.* Bene, – mormorò poi sentendo il suo membro, di nuovo duro, strusciarle contro la pancia. – Forse la tua serata non è finita, dopo tutto. -Fece scivolare il suo corpo con lentezza verso il basso, toccandogli con la lingua tutta la lunghezza del torace e lasciando una lieve traccia di saliva. Lui sentì il tocco del seno di lei contro il suo pene, e lei indugiò per sfregarvelo sopra usando i capezzoli.Continuò poi il suo viaggio erotico. Lui sentì la stuzzicante sensazione del seno di lei che gli carezzava l’inguine, poi il soffice tocco delle sue labbra, lieve, sulla sua verga. Si spostò per mettersi più vicino a lei. Ma lei gli consentiva solo un breve contatto.* Devo finire ciò che ho cominciato poc’anzi, tesoro? – disse lei in un soffio. Avvertiva il respiro di lei sul proprio pene, mentre parlava. – Ti farebbe piacere? – Baciò l’asta eretta con maggior continuità. – Vuoi veramente che lo faccia? -Lui avvertì il veloce tocco della lingua di lei, il suo intero corpo era come irrigidito.Poi, all’improvviso, lei si alzò in piedi. Rimanendo a fianco del divano, sorrise mentre lui la guardava stupito.* Scommetto che ti piacerebbe, – disse. – Bene, non ho alcuna intenzione di farlo. Non mi va. -Lui balzò a sedere in un impeto di rabbia. Viviana emise un piccolo grido, semi impaurito e semi giocoso a un tempo, e corse dall’altra parte della stanza, mostrando il suo culetto rotondo che splendeva in tutta la sua bellezza. La vide che frugava nel mucchio dei suoi vestiti che lui aveva gettato sul pavimento. Per alcuni istanti non riuscì a capire ma poi Viviana si voltò e tutto fù chiaro.Aveva preso la cintura dei suoi pantaloni e la teneva in mano.Negli occhi di Gianni balenò di nuovo la rabbia: la stessa rabbia che lo aveva posseduto quando era arrivato all’appartamento, ma più forte. Lei gli porse la cintura.* E’ questo che voglio, tesoro, – gli disse ansimando. – Mi avevi promesso che l’avresti usata su di me, ricordi? -Gettò la cintura di cuoio attraverso la stanza, lui la raccolse e la fronteggiò. Lei indietreggiò con le spalle alla parete. Avvertì come una corrente di calore attraversargli il corpo, e la sua lussuria crescere. Era stata lei a provocarlo, ma era lei che aveva il bisogno sessuale più forte, il sangue gli pulsò nelle vene.Strinse la fibbia, arrotolò la cintura attorno al palmo e lasciò che il cuoio penzolasse. Guardò gli occhi di lei che seguivano i suoi movimenti come un uccello ipnotizzato fissa un serpente.* Se vuoi che ti faccia questo, avvicinati. – le disse gelido. – Non sarò certo io a venirti a prendere. -Lei respirava affannosamente, il suo seno si alzava e si abbassava. Lentamente, con gli occhi che fissavano ancora la cintura, lei si staccò dalla parete e cominciò a muoversi verso di lui.* Aspetta! – la fermò lui alzando una mano. – Ho un’idea migliore. Mettiti a quattro zampe. Avvicinati come una cagna. -Lei rimase immobile a guardarlo.* Mettiti giù e avvicinati, – ripetè lui. – Lentamente, sulle mani e sulle ginocchia come una brava cagnolina. Fammi vedere quanto desideri che io ti frusti. -* Oh Gianni, – sospirò lei, così piano che potè appena udirla.Si abbassò sul pavimento, e cominciò a muoversi lentamente attraverso la stanza sulle mani e sulle ginocchia, il suo seno penzolava qua e là e le sue natiche sfregavano una contro l’altra, lascivamente. Emetteva suoni sommessi con la gola mentre si avvicinava.* Oh, Gianni, per favore, – sospirò, accucciandosi, con gli occhi fissi sulla cintura. – Per favore! Frustami, non posso più aspettare. -* Sulla pancia, – disse lui.Le fece compiere il resto della distanza che la separava da lui strisciando sullo stomaco, come un serpente, col seno che strusciava contro il pavimento. Alla fine, lei lo raggiunse e cercò di afferrare la cintura, ma lui si ritrasse indietro.* Girati, – ordinò.Lei rotolò sulla schiena e rimase immobile, fissandolo umile.Facendo penzolare la cintura dalla mano, ne stuzzicò il corpo di lei con la punta, torturandola. Lei uggiolò e si contorse, mentre il cuoio strusciava sulla sua pelle. Lui la fissò tremare sotto quella sua gentile carezza e si divertì a far scivolare la cintura intorno alle sue tette e al suo stomaco. Lei emise una serie di lamenti mentre lui continuava quella tortura interminabile, portando la punta della cintura lungo le sue gambe. Il corpo della donna si girava di qua e di là a secondo degli impulsi erotici che riceveva.Viviana cercò, ancora una volta, di afferrare la cintura e lui la lasciò fare. Si premette la punta contro la carne emettendo sordi lamenti, se la strusciò contro il seno, passandosela sui capezzoli, se la fece scorrere lungo lo stomaco arcuando il corpo tremante, poi se la portò tra le cosce, carezzandosi da sola.E, infine, se la infilò nella vagina.Lui la osservò mentre lei si masturbava, osservò il suo corpo scosso dai tremiti e udì il rumore lubrico che lei faceva. Dopo un minuto tirò a se la cintura, anche lui respirava affannosamente adesso. Il sangue gli pulsava alle tempie.* Okay, bambolina, – disse con voce roca. – Te lo sei guadagnato. Ora prenditelo. – Alzò la cintura e la fece ricadere con tutta la sua forza contro il seno di lei. Un forte lamento le eruppe dalla gola. Il suo volto si contorse in uno strano miscuglio di agonia e beatitudine. Lui abbassò nuovamente la cintura, colpendola, questa volta attraverso la morbida, indifesa carne dello stomaco. Si udì lo schiocco sulla pelle. Un altro lamento uscì dalla sua bocca.Voleva che lei gridasse. Glielo aveva promesso che l’avrebbe fatta gridare e, per Dio, ci sarebbe riuscito. La colpì di nuovo sullo stomaco. * Grida, maledetta te, – le gridò rauco. – Grida, maledetta puttana! -Ma era abbastanza chiaro che lei stava facendo di tutto per non gridare. Voleva proprio che lui glielo strappasse, quel grido. Lui la colpì ancora con forza sui fianchi. Lei si lamentò attraverso i denti serrati.La colpì allora sul seno con tutta la forza del braccio: il corpo della donna si arcuò, come se un grido stesse per uscirle dalla gola, ma lei riuscì, in qualche modo, a soffocarlo.Come impazzito, Gianni cominciò a frustarla senza pietà sulle gambe, lasciando su di esse una serie di strisce rossastre. Lei stava singhiozzando rumorosamente, adesso, i suoi fianchi iniziarono a sollevarsi e ad abbassarsi e il suo corpo si tese, come se cercasse qualcosa che solo la cintura poteva darle.I suoi movimenti divennero sempre più frenetici, i singhiozzi e i lamenti sempre più alti, mentre lui continuava a sferzare il suo corpo. Poi, dai denti serrati, le uscì un suono lamentoso, mentre il suo corpo veniva scosso da una serie di spasmi quasi epilettici. Alla fine, la donna ricadde sul pavimento e giacque immobile lamentandosi sommessamente.Aveva avuto quello che desiderava, aveva preso il suo piacere dalla frusta. Il suo piacere!Gianni sentì un miscuglio lacerante di rabbia e lussuria. La ragazza giaceva esausta ai suoi piedi, le gambe divaricate, dopo il violento orgasmo che l’aveva scossa, il corpo rilassato. Con un mugolio selvaggio lui la colpì con la cintura, più forte che potè, in mezzo a quelle cosce aperte.Questa volta lei urlò.E poi continuò a urlare mentre lui scudisciava il suo corpo ancora e ancora, con rinnovata violenza. Lei urlò forte ad ogni colpo ed era musica per le sue orecchie.Non ebbe pietà e la colpì pazzamente sulle cosce, sulle spalle, sullo stomaco, sui seni e persino sulla faccia. La sua gola era ormai roca per il gran gridare.La fece poi voltare, spingendola con la pianta del piede e facendola rotolare fino a farla mettere a pancia sotto. Col tallone la pressò sulla spina dorsale schiacciandole il seno e il suo corpo contro il pavimento e facendo di nuovo ondeggiare la cintura.Tutto ciò che lei potè fare fu di lamentarsi e urlare ancora mentre lui le lasciava una serie di marchi rossi sulla tenera superficie delle natiche e sul retro delle sue cosce delicate.Improvvisamente gli tornò alla memoria una conversazione che aveva avuto con Viviana al Club. Una conversazione nella quale le aveva chiesto in che modo spiegasse, al proprio ricco amante, i segni della sua violenta attività. Lei gli aveva risposto, con un sorriso, che fortunatamente Walter aveva gusti antiquati e faceva l’amore solo al buio. Bene, Walter avrebbe dovuto essere cieco per non notare i postumi di quella notte.Finalmente lui gettò la cintura in un angolo e si buttò letteralmente sopra di lei, deliziato dal suo grido di dolore per quella sofferenza che si sommava alle altre. Gli sembrò, quasi, di dover esplodere. Sentì la soffice carne delle sue natiche sotto di se e spinse ciecamente alla ricerca del suo ano.* No! Gianni no!… Ti prego questo no! – gridò lei divincolandosi per sfuggirgli.Quando riuscì a penetrarla affondò in lei senza misericordia, selvaggiamente. La sentì urlare pazzamente, straziata e godette della sua sofferenza.Le afferrò i suoi lunghi capelli biondi e li tirò con forza, obbligando la sua testa ad andare avanti e indietro.* Hai imparato la lezione? – le disse respirando affannosamente.* Si!… Si!… – Riuscì a stento ad articolare lei piangendo.* Farai quello che ti dico, da ora in avanti? – le urlò, spingendosi in lei con furia cieca.* Aaaaah!!….Maledetto!… – lei uggiolava, in preda al dolore violento che le attanagliava le terga.* Lo farai? Rispondi! – insistè lui.Lei cercò di annuire con la testa, ma lui le tirava i capelli e non le consentiva alcun movimento, mentre continuava a sodomizzarla.* Aaah!…. Mi sfondii!!… Si!… Siiii!!… – ansò lei.* Qualunque cosa? -* Oh, si… – si lamentò. – Qualunque cosa, ma per favore smetti, mi stai uccidendo. -* Dì. ‘Si, Gianni’. -* Si, Gianni. -* Si, padrone. -* Si, padrone… Aaah, basta! -Nello stesso tempo lui si muoveva, penetrandola con forza nel retto. Ma ad un tratto si fermò colpito da un idea. Afferrò entrambi i polsi della ragazza che piangeva sotto di lui e li strinse uno contro l’altro, incrociandoglieli dietro la schiena. L’afferrò poi ancora una volta per la capigliatura, tirandole brutalmente indietro la testa e attorcigliò i lunghi capelli biondi ai suoi polsi legandoli in uno stretto nodo. Poi, per quanto la sua eccitazione fosse al massimo, si sfilò dal suo sfintere e si alzò in piedi.Trovò lo spettacolo eccitante. Giacendo sul proprio stomaco arcuato, Viviana si trovava nella posizione più sconfortevole che si possa immaginare, con la testa forzata all’indietro dai capelli legati ai suoi polsi tesi dietro la schiena. Per quanto lei potesse muovere un poco le braccia, questo permetteva alla sua testa di spostarsi in avanti solo pochi centimetri.Viviana stava mugolando tra i propri singulti, ma non diceva una parola. Si rotolò di lato per alleviare, almeno un poco, lo sconforto della propria posizione. Gli occhi di Gianni si soffermarono di nuovo sopra il suo corpo nudo, un corpo che toglieva il respiro tanto era bello, anche se ricoperto di lividi e di abrasioni.Ora non riusciva più a controllarsi. S’inginocchiò accanto a lei e fece scorrere la sua mano sopra la sua pelle morbida.* Adesso mi farai un piccolo favore, Viviana tesoro, – disse. – Quello di cui stavi parlando prima. E’ tempo adesso. Quì, lascia che ti aiuti. – Afferrò le sue mammelle con le mani e tirò verso l’alto facendola alzare. Gridando e lamentandosi, lei riuscì a mettersi sulle ginocchia.Lui la lasciò e le fù sopra, guardandola dall’alto in basso inginocchiata ai suoi piedi, le mani legate dietro la schiena, che la costringevano a sporgere il seno in avanti e a tenere la testa all’indietro e la bocca spalancata.* Perfetto, bambina mia, – esclamò lui muovendosi verso la donna, lo sguardo fisso sulla sua bocca, da cui usciva un respiro affannoso. – Proprio perfetto. – le fu sopra. – Avanti, Viviana, avanti. Ora finisci ciò che hai promesso. -Le infilò il membro, rigido allo spasimo, fino in gola provocandole conati e colpi di tosse e cominciò letteralmente a scoparla nella bocca muovendo i fianchi, mentre lei, per non soffocare, cercava di tirare il respiro col naso e si dava da fare con la lingua per farlo venire in fretta.La sua eccitazione era ormai arrivata al limite e infatti dopo pochi colpi le riversò in fondo alla gola tre, quattro fiottate abbondanti di sperma facendola tossire convulsamente per non soffocare. Lei ne ingoiò la maggior parte, ma un poco le si riversò fuori colandole sul mento e poi sul seno.La lasciò andare un po’ più tardi.Dopo che l’ebbe liberata, la obbligò a vestirlo e si gloriò nella sensazione di essere il suo padrone.Ma mentre se ne stava andando, lei aveva detto qualcosa che, in un certo senso, gli aveva tolto una parte del piacere provato. Ancora nuda, lei lo aveva baciato per salutarlo sulla soglia dell’appartamento.* Grazie, tesoro, – aveva sussurrato.Quelle parole lo perseguitavano, adesso che stava andando a casa. In realtà non era mai stato il suo padrone. Lui le aveva solo dato ciò che lei desiderava. Aveva…Basta! Interruppe i suoi pensieri bruscamente. Finiscila adesso! Che cosa continui a rimuginare? Sei appena uscito dal più selvaggio rapporto che mai ti sia capitato con una bellissima bionda, sexy e passionale, su cui ti sei potuto sfogare picchiandola nel modo e con la forza che desideravi! Non è forse abbastanza? Non sei ancora soddisfatto?Ma la risposta fu no.Un mese era passato. Negli ultimi tempi era stato persino incapace di concentrarsi sui suoi affari o qualsiasi altra cosa. Aveva anche frequentato il Club, un paio di volte, ma sempre ne era uscito con la rafforzata convinzione che era qualcosa di più quello che lui cercava.Si era convinto che, dopo tutto, farsi aiutare da Landoni era il modo più sicuro di condurre in porto la faccenda; sapeva poi benissimo di non avere, da solo, nè la forza nè il coraggio di organizzare la cosa come sarebbe stato necessario. Aveva combattuto a lungo, nel suo cuore in tempesta, terrorizzato egli stesso dall’immensità di ciò che stava per compiere. Molte volte aveva rinunciato definitivamente all’idea che lo perseguitava. Ma ora sapeva che era tutto inutile, anche volendo non aveva più potere sopra se stesso. La sua ossessione aveva sconfitto la volontà.Avrebbe dato a Landoni tutti i quaranta milioni che voleva se lui gli avesse offerto un piano possibile. Al diavolo, perchè no? Perchè mai avrebbe dovuto mettere da parte del denaro? Non c’era nulla che desiderasse, nulla di cui avesse bisogno… eccetto ciò che Landoni poteva vendergli.Chiamò Landoni al telefono per informarlo della sua decisione. Il grassone emise alcuni grugniti e gli disse che gli avrebbe fatto sapere qualcosa.Passò all’incirca un’altro mese.Gianni cominciava già a pensare che l’altro si fosse dimenticato della faccenda quando una sera Landoni lo chiamò per fissare un appuntamento.* E’ tutto a posto? – chiese Gianni.Non sapeva in quel momento se la risposta che desiderava era sì o no. Le sue mani tremavano.* Pazienza, signor Marelli. Ho trovato qualcosa che potrebbe andare bene e vorrei discuterne con lei, ma non al telefono. Può venire da me domani alle quattro? -* Certamente, verrò -Il giorno dopo Gianni giunse alle quattro in punto nell’ufficio di Landoni e fu fatto accomodare immediatamente.* Ah, signor Marelli, – lo salutò il grassone. – Come se l’è passata durante tutto questo tempo? – Mi dispiace del ritardo, – aggiunse subito dopo, – ma ho dovuto cercare una situazione che rispondesse esattamente alle sue necessità, cosa, come lei certo comprende, non troppo facile. Ad ogni modo, attraverso uno dei miei canali di informazione, sono venuto a a sapere di una combinazione di circostanze che sembra rispondere perfettamente a quello che lei si propone. Direi che sarebbe pressochè impossibile trovarne un’altra così favorevole. Certo è lei che deve decidere, ma il mio consiglio è quello di farlo… C’è comunque una circostanza da sottolineare, una circostanza che lei può considerare o non considerare come negativa. Ci sono tre donne in questa faccenda. -* Tre? – chiese Gianni stupefatto e Landoni annuì.* Tre. Ma lei avrà abbastanza tempo per… ehm… utilizzarle tutte. Il numero la scoraggia? -Gianni esitò alzando le spalle.* Non so, – disse alla fine. – Non avevo pensato a questa possibilità… ma mi dica dove si trova il luogo. -Landoni si tolse gli occhiali.* Alcuni chilometri, giù lungo il litorale, – cominciò, – vicino a T*******, c’è una grande villa abitata da quattro persone. Si tratta di un area molto aristocratica, costituita principalmente di ville dotate di parco, in modo che non esistono altre abitazioni nelle vicinanze. Il padrone della villa è un importante dirigente di una ditta internazionale di costruzioni; lui e la famiglia sono andati ad abitare lì solo due mesi fa. Il resto della famiglia consiste nella seconda moglie del dirigente, una bella donna di circa trentasette anni, una figlia di ventidue avuta dal suo primo matrimonio e un’altra figlia di diciotto. -Fece una pausa, e poichè Gianni non diceva nulla, continuò.* Ambedue le ragazze, mi informano, sono molto belle. – Si rimise di nuovo gli occhiali e si lasciò andare contro lo schienale della poltrona nel suo gesto abituale.* Ora, la settimana prossima a partire da questo lunedì, si aprirà a Chicago, un congresso internazionale di ingegneria. Si tratterrà di un congresso che durerà almeno sette giorni, e l’uomo, una persona molto importante nel suo campo, parteciperà a tutta la durata della riunione. Inoltre, hanno deciso di concedere le ferie annuali al personale di servizio proprio in questo periodo in modo che il capofamiglia non debba soffrire disagi a causa della sua assenza. La casa, come ho già detto, è isolata; e poichè la famiglia è lì solo da due mesi è molto improbabile che abbiano avuto occasione di fare molte conoscenze tra i vicini. Sarà perciò molto difficile che ci siano visite. Insomma, una situazione così vicina alla perfezione come sarebbe difficile trovarne. -Dopo aver pensato qualche istante, Gianni chiese:* Come è venuto a conoscenza di tutto ciò? -* Non ha nessuna importanza, – disse il grassone scuotendo il capo. – Le avevo detto circa l’alta qualità delle mie fonti d’informazione. Forse, signor Marelli, quando l’ho informata sulle mie tariffe, lei può aver pensato che la somma fosse, in un certo modo, eccessiva. Ma sono costretto a far pagare molto a causa della natura rischiosa dei miei affari, per non parlare delle spese per il mantenimento dell’organizzazione. Comunque, come lei ha potuto constatare, mi preoccupo di offrire ai miei clienti il corrispettivo del loro denaro. -Gianni rimase per un po’ silenzioso.* Questa non è proprio la situazione che mi aspettavo, – disse alla fine. – Ma credo… lei dice che io dovrei andar là e fare queste tre donne prigioniere per una settimana? – * O per meno, se vuole, – rispose Landoni. – Naturalmente, sarebbe pericoloso tentare di far tutto da solo. Come già le dissi, lei avrà bisogno di una certa assistenza. Anche in questo, sia io che lei siamo stati fortunati. Ho potuto ingaggiare due signori molto familiari con questo genere di imprese, e che inoltre condividono le sue inclinazioni riguardo ai rapporti con il sesso femminile. Cosa, questa, che mi ha consentito di ingaggiarli per una somma molto inferiore a quella che di solito viene richiesta per tali prestazioni. Date le circostanze favorevoli, se non vengono commessi errori, tre persone sono più che sufficienti. Per maggior sicurezza ho cercato di prendere contatto con una quarta persona ma, fino ad adesso… -* Non voglio troppa gente in questa faccenda, – l’interruppe Gianni scuotendo il capo. – Se questi signori riscuotono la sua fiducia, come lei mi assicura, per me và benissimo. -* Devo perciò desumere che la situazione è di suo gradimento e che lei desidera agire? -Gianni restò ancora una volta silenzioso. Dopo alcuni istanti respirò profondamente e disse:* Si, desidero agire. – * Benissimo, – disse Landoni. Fece la solita giravolta per guardare fuori dalla finestra. – La prossima cosa da fare sarà quella di presentarle i suoi due aiutanti e fornirle alcune istruzioni generali. Ma prima di andare avanti, c’è un aspetto della faccenda che lei forse non ha considerato. -* E sarebbe? -* Cosa ha intenzione di fare delle donne quando avrà finito con loro? – chiese Landoni. Gianni lo guardò privo di espressione.* Che cosa vuol dire, cosa avrei intenzione di fare? – chiese.* Bene, ci pensi, – disse il grassone con un moto d’impazienza. – Lei avrà tenuto queste donne prigioniere per giorni, avrà imposto loro la sua volontà, le avrà presumibilmente violentate e avrà abusato di loro; pensa veramente di potersene andare così e lasciare che esse chiamino la polizia? -* Be’, certo bisognerà sistemare la cosa in qualche modo per impedire che escano di casa o chiamino aiuto prima che… -* No, – interruppe Landoni. – Bisognerà impedire che chiamino la polizia in ogni modo. E’ troppo pericoloso. -* E come potremo impedirlo? -* Bisognerà che siano eliminate. – disse l’uomo.Gianni lo guardò inorridito.* Lei è matto, – balbettò alla fine.Landoni scosse la testa. * Sono realista. E’ l’unica maniera per essere sicuri. Sopprimerle e farne sparire i corpi; i suoi aiutanti potranno occuparsi della faccenda senza che lei abbia problemi. In questo modo nessuno potrà sapere quello che è successo. La polizia si troverà di fronte a un caso di scomparsa o di rapimento delle vittime, investigherà ma non avrà modo alcuno di scoprire il bandolo della matassa. Lei non potrà mai essere implicato. -* Ascolti, – disse Gianni, – è fuori discussione. Posso essere una sorta di maniaco sessuale, lo ammetto, ma non sono un assassino. -* Pochi lo sono, – disse Landoni. – Eppure molti vengono assassinati. Dopotutto, signor Marelli, quando lei entrerà in quella casa, si lascerà alle spalle ogni rispetto per la legge così come per la vita e la personalità di quelle donne. Considerando quello che lei ha intenzione di fare non sarebbe del tutto arbitrario voler impedire un assassinio? -* Non so. Forse. Ma è proprio lì che io devo fermarmi. -* Ma ho invece paura che lei non possa fermarsi lì. Se si vuole fermare si deve fermare in questa stanza. Lei capisce, signor Marelli, che sarebbe estremamente rischioso lasciare che le donne raccontino tutta la storia alla polizia. Esse potrebbero descriverla, ricordarsi di qualcosa che lei ha fatto o detto, capace di aprire una traccia. O supponiamo che un giorno tra un anno, o cinque per esempio, una di queste donne la incontri per strada?… No! Non ci sono alternative. -* A parte ogni altra considerazione, – disse Gianni, – saremmo condannati all’ergastolo, se venissimo presi. -* Certo lei si rende conto, signor Marelli, che se lei venisse arrestato per un crimine simile, la sua vita sarebbe comunque finita anche se, scampato l’ergastolo, lei riuscisse, dopo anni, a uscire di prigione. Così, ovviamente, la cosa più ragionevole è ridurre al minimo i rischi di essere preso, non di aumentarli. -Gianni scosse il capo.* Non posso farlo. Non sono un assassino. -* Non vuole? – Landoni lo guardò con aria astuta, poi scosse le spalle. – Bene, allora mio caro signore ho paura che non ci si possa mettere d’accordo. Dopo tutto, io pure partecipo al rischio, anche se non così direttamente come lei. In questo caso non se ne fa nulla. Mi dispiace di averle fatto perdere del tempo e di averne perso anch’io, naturalmente. -Gianni esitò, poi si alzò in piedi. Si diresse lentamente verso la porta. Ma quando la raggiunse si fermò e si volse. Landoni lo stava fissando sorridendo.Si rese conto, di colpo, che quel grasso bastardo non aveva mai pensato che lui se ne andasse.* Lei lo sapeva benissimo che non sarei uscito di qui, non è vero? – disse.* Lo sospettavo fortemente. -* Sono andato troppo in la per tornare indietro, non è vero? -* Si, credo proprio di si. -Gianni annuì.* Il cielo mi aiuti, – disse, e si prese il volto fra le mani.
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