La giornata sembrava non finire più. Il sole infuocava con tutta la sua potenza estiva, trasformando la fabbrica in una sauna gigantesca. Ancora continuavo a chiedermi perché avevo accettato di venire al lavoro anche la domenica pomeriggio. Me lo aveva chiesto il direttore, che mi aveva promesso una buona percentuale di straordinario sulla prossima busta paga se fossi venuto qualche ora a portare avanti il lavoro per la settimana seguente. In reparto sarei stato da solo, quindi la responsabilità era tutta mia, anche se la macchina che avrei usato la conoscevo come le mie tasche, quindi non ci sarebbe stato nessun problema. Nel reparto a fianco il mio c’era anche un mio collega, Paolo, che aveva accettato la stessa richiesta che il direttore aveva fatto a me. Non ero molto in confidenza con lui, giusto qualche parola, e un ciao quando ci trovavamo uno di fronte all’altro. Ma quel pomeriggio ci eravamo tenuti compagnia durante le frequenti pause che facevamo in mensa per ristorarci dalla calura asfissiante. Tra una sigaretta ed un’altra chiacchieravamo del più e del meno, dei colleghi, di come le cose andassero nello stesso modo nei due reparti. Mentre parlavamo, iniziai a guardare Paolo sotto una luce diversa. Notai che era veramente un bel ragazzo, alto, moro, muscoloso e, particolari che per me erano tutt’altro che trascurabili, aveva il pizzetto e gli occhi di un blu profondo che sembrava rubato alle profondità oceaniche. Cercai di allontanare quei pensieri dalla mia mente, ma era assai difficile non fare caso alle sue natiche inguainate dai pantaloni blu della divisa, alle sue cosce muscolose che ne tendevano la stoffa e ai bicipiti che sembravano strappare le maniche della maglietta bianca che indossava sopra. Poi c’era quel grosso rigonfiamento tra le sue gambe, quel pacco che sembrava promettere un’abbondanza fuori dal normale. Ero turbato mentre stavo con lui, lo ammetto, ma non ci davo credito, dato che sapevo della sua fama di latin lover, ormai diffusa in tutti i reparti della fabbrica. Finalmente arrivò l’ora di andare a casa. Uscimmo assieme e Paolo chiuse la porta inserendo l’allarme, che avrebbero attivato i nostri colleghi la mattina seguente quando sarebbero montati col turno della mattina, e ci avviammo verso gli spogliatoi. Grazie al cielo, il suo armadietto era in una fila opposta alla mia e no riuscii a vederlo mentre si spogliava. Dimenticai però che sarei stato costretto a fare la doccia assieme a lui. Mi agitai di colpo, mentre il mio arnese iniziava inevitabilmente a muoversi verso l’alto, indurendosi di brutto. Ma poi cercai di non pensarci e mi spogliai anch’io. Mi avviai verso le docce e me lo trovai davanti. Mi porgeva le spalle, larghe e muscolose, una schiena ampia sovrastava il più bel paio di chiappe che avessi mai visto. Non c0era ombra di pelo sul suo corpo e sembrava un modello uscito da qualche rivista per sole donne. Mi avvicinai a lui e aprii il rubinetto della doccia. L’acqua fresca iniziò a lambire il mio corpo spegnendo per un attimo i bollori che mi assalivano. Di colpo sentii qualcosa di strano, la sua mano che si posava delicata e timida sul mio culo. Mi massaggiava lentamente quasi che avesse timore di toccarmi. Io non capivo più niente. Il respiro e il battito del mio cuore iniziarono a prendere velocità, mentre mi giravo a cercare con lo sguardo i suoi occhi. Li incrociai subito e vidi che l’aspetto de suo viso era tutt’altro che timido. Mi sorrideva e mi scrutava con un’espressione libidinosa e maliziosa, ma allo stesso tempo rassicurante. Allora la sua mano divenne più sicura, le palpate divennero più robuste e in un attimo mi ritrovai stretto in un suo abbraccio. Iniziammo a baciarci furiosamente, mescolando le nostre lingue sotto il getto d’acqua della doccia, mentre sentivo il mio uccello che stava quasi per scoppiare e il suo enorme randello che premeva contro il mio addome. Mi lasciai andare completamente, ancora non capisco come abbia fatto, ma ero deciso a farmi una scopata memorabile. Dopotutto quando avrei avuto l’occasione di fare sesso con uno stallone del genere? Gli pizzicavo i capezzoli e gli infilavo la lingua fino in gola, mentre lui mi stringeva il culo e rispondeva ai miei baci mozzafiato. Di colpo me lo ritrovai davanti in ginocchio, le mani che mi tenevano per i fianchi e la sua faccia sul mio cazzo. Fu un pompino meraviglioso, un lavoro all’unisono di bocca, lingua e mani che mi fece perdere la testa sul serio, mi stuzzicava il buco del culo, mi leccava le palle e poco ci mancava perché esplodessi in un orgasmo senza pari. Lui lo capì, mi diede una strizzata di palle per bloccare il tutto e si alzò di nuovo. Mi fece sentire il sapore del mio nerchione con un bacio da soffocamento e poi fui io ad abbassarmi. Afferrai il suo bastone e le sue palle, mettendoci la mano sotto e mi esibii in un pompino da gola profonda che lo fece sballare. I gemiti riempivano la stanza, mentre mi godevo quel delizioso cazzo circonciso che mi solleticava le tonsille, infilandomelo in gola tutto. Lo feci poi girare, dedicandomi un po’ anche al suo meraviglioso didietro. Gli spalancai le chiappe sode e dure come il marmo, trovando un buchetto sicuramente non più vergine, ma voglioso e palpitante. Lo slinguai sapientemente, ricordando quello che avevo visto fare nei film porno, e lo feci urlare di piacere. Infilai dentro tutta la lingua, per sentire il muscolo palpitare di piacere intorno ad essa. Con l’altra mano gli menavo l’uccello per tenerlo in vigore. Mi fermò e mi fece mettere alla pecorina. Lui s’infilò di sotto e ci esibimmo nel sessantanove più erotico del mondo. La sua lingua mi ripassava il culo ancora meglio di come avevo fatto io, mentre mi divertivo con la sua nerchia sempre più grossa e tosta. Le sue palle gonfie mi annunciavano una futura esplosione degna d’essere inserita nel guinness dei primati!!!! In men che non si dica, mi trovai steso su un asciugamano sul pavimento, fra le file degli armadietti. Le gambe erano all’aria e il mio culo era aperto e umido, voglioso del suo bestione. Lui però ci mise dentro due dita, ben lubrificate e mi stimolò a dovere, menandomi contemporaneamente il cazzo. Io ero in estasi, e quasi esplosi quando sentii che si accingeva ad infilarci il suo arnese. Non mi diede tregua, mi salì sopra e iniziò a pompare con tutta la forza che aveva in corpo. Me lo mise dentro in tutte le posizioni, facendomi godere alla grande, ma avendo modo di scoprire la mia bravura nell’usare il mio bel culo. Il top lo raggiunsi nella mia posizione preferita. Lo feci stendere sul pavimento, gli afferrai l’uccello e gli srotolai sopra il quarto goldone. Poi mi misi a cavalcioni sul suo palo e mi allargai al massimo le chiappe. Lui lo teneva dritto, afferrandolo alla base, stiracchiando in basso le sue palle enormi pronte sicuramente a inondarmi di sperma. Piano piano me lo infilai dentro tutto, arrivando a sedermi sulla sua pancia. Iniziai a muovermi in modo circolare, sentendolo dentro di me, e poi iniziai a cavalcarlo con tutta la foga di cui ero capace. I suoi gemiti e le sue urla mi facevano capire che gli piaceva, allora io aumentai il ritmo, deciso a farlo scoppiare. In pochi istanti, sentii le mie palle che ribollivano. Mi piantai allora tutto il cazzo nel culo e mi piegai all’indietro, lo strinsi con forza, mentre lo sperma risaliva lungo la mia canna e iniziava ad eruttare nell’aria, senza che mi toccassi, solo stringendomi le palle. I movimenti convulsi del mio sfintere portarono lo stallone al limite dell’estasi e sentii che il suo orgasmo stava per arrivare. Mi alzai e levai il preservativo dal cannolo, deciso a farmi un’indigestione di sperma e iniziai a manipolarlo con forza. Con una mano lo masturbavo e con l’altra gli palpavo le palle, mentre con la lingua davo piccoli colpetti sulla cappella umida. In poco tempo iniziò a inarcare la schiena gemendo come un vitello che va al macello e caldi fiotti di crema bianca iniziarono ad uscire dal cazzo. Tutto quello sperma finì nella mia bocca, che avevo appiccicato alla cappella, in modo da non perderne neanche una goccia. Alla fine glielo ripulii per bene, prima di risalire annusando il suo corpo sudato e baciarlo in bocca. Il culo mi bruciava, ma ero contento di aver goduto come un maialino, mentre il mio collega era più che esausto per la cavalcata finale. Ci alzammo sempre baciandoci e ci infilammo di nuovo sotto la doccia, stavolta solo per lavarci e togliere i residui di crema bianca che erano appiccicati sul nostro addome. Da quel giorno ci vediamo una volta alla settimana, a casa sua, dato che abita da solo, e il sesso che facciamo rischia di incendiarla ogni volta che lo facciamo.
Aggiungi ai Preferiti