Mi risvegliai sul divano, il giorno dopo della violenza subita da mia moglie al matrimonio della collega d’ufficio. I suoi due colleghi l’avevano presa con la forza, ricattandola. Ero stato io, presentandomi a loro senza rivelare la mia vera identità, a fornirgli l’opportunità. Facendo da regista a tutto lo svolgimento della cosa, per poi assistere e godere delle violenze inflitte a Dora, masturbandomi. Ero un essere spregevole. Ma la sera prima, rientrati a casa, mentre mia moglie piangeva nella nostra stanza, mi ero nuovamente masturbato rivivendo quella situazione. In poche parole, il mio lato oscuro aveva preso il sopravvento. Mi alzai dal divano, mi lavai e mi cambiai. Poi, preparato il caffè, salii in camera per svegliare mia moglie. La trovai ancora a letto, ma sveglia, seduta con la schiena contro la testiera e le gambe raccolte. Non piangeva, ma si vedeva che era in uno stato di agitazione. – Dove sei stato? – Mi chiese, appena entrai nella stanza. Mentii. – Sono rimasto giù in soggiorno per lasciarti sola a riprenderti. – Mi guardò, sospettosa. Disse. – Pensavo che mi saresti stato vicino, dopo una simile avventura. – Incrociai i suoi occhi. La tranquillizzai. – Lo sono. – E l’abbracciai, stringendola a me. Pianse, dolcemente. Sulla mia spalla. Poi, bevuto il caffè, si riprese. Mi spiegò. – Ieri alla villa, quando sono uscita dal bagno, ho visto i miei due colleghi, Sergio e Roberto, e Mauro, l’infermiere della casa di riposo. Sono rimasta indecisa sul da farsi. Un istante dopo mi spingevano verso la scala che saliva al piano superiore della villa. Poi in una stanza isolata. Mi hanno fatto spogliare e Sergio mi ha picchiato con la cinghia. Guarda. – E mi mostrò i segni sui seni. Continuò. – A quel punto Mauro se ne è andato. E i due porci mi hanno violentato. Ciò che mi ha segnata di più è che ho avuto un orgasmo e che loro se ne siano accorti. Non so come sia successo. Forse il desiderio di scaricarmi di tutta la tensione e la paura. Ho temuto che volessero farmi del male. Per vendicarsi del modo in cui li ho sempre trattati. Ma adesso? Per non rovinarmi la reputazione dovrò sottostare alle loro continue richieste. In più dovrò anche modificare il mio atteggiamento e avere opinioni positive nei confronti della superiorità e supremazia maschile. Dovrò sostenere, nelle parole e nei fatti, la parte della femmina sottomessa. Infine dovrò vestirmi come vogliono loro e, soprattutto, mi hanno chiesto di tenerti tutto nascosto. Come faremo? – La mia parte era già scritta. Le domandai. – Ma come vogliono che ti vesta? – Sembrò stupita. Le facevo una domanda che sottintendeva l’accettazione delle condizioni. Ma mi rispose. – Niente slip e niente reggiseno. Dovrò continuare a indossare i miei completi da ufficio casti e abbottonati. Ma, sotto, nulla. Anzi. O autoreggenti o calze con relativo reggicalze o quei ridicoli collant senza il cavallo. Insomma tette, figa e culo a contatto con il vestito. Pronta all’uso. Così hanno detto. Ah! E, naturalmente, tacchi a spillo. Che ne pensi? – Finsi di scherzare. – Hanno buon gusto. – Ma Dora non era certo in vena di battute. Proseguii. – Mi sa che dobbiamo guadagnare tempo. Cercherai di assecondarli e nel frattempo troveremo una soluzione. Ufficialmente io non saprò nulla. Non so se questa volta è il caso di rivolgersi ad Aldo. Vorrei provare ad uscirne senza il suo aiuto. Noi due soli. Cosa ne dici? – Era scettica. Disse – Speriamo. Ma promettimi che, se mi trovo in una situazione insopportabile andiamo subito da Aldo. Va bene? – Ostentai sicurezza. Le risposi. – Va bene. Ma non sarà necessario. Vedrai. – Mi guardò con aria preoccupata. Disse. – Quindi stamattina vado a lavorare vestita, si fa per dire, come vogliono loro? – Le confermai. – Si. E’ meglio di si. – Mi sentivo pienamente nel ruolo di regista. E già pregustavo il racconto di mia moglie, al rientro la sera. Si mise d’impegno. Rimasi nella stanza ad osservarla. Indossò un paio di calze autoreggenti grigie a rete, la gonna a tubino e la giacca aderente a quattro bottoni. Poi le scarpe nere con tacco a spillo e un trucco notevolmente più pesante del solito. Rosso fuoco per le labbra e mascara carico sugli occhi. Capelli sciolti. – Come sto? – Mi chiese, ostentando un sorriso forzato. Fui sincero. – Una favola. Fai attenzione a come ti muovi. Se ti pieghi, dallo spacco posteriore della gonna, che è al limite, si vede tutto. E tra i bottoni della giacca un osservatore attento può accorgersi che sei nuda. – Cercò di scherzare. – Meno male che non uso i mezzi per andare in ufficio. – Un pensiero maligno si fece strada in me. Ma lo scacciai subito.Mi baciò e uscì. L’avrei rivista al rientro alle otto. Mi preparai evitando di pensare a quello che sarebbe accaduto a Dora. Volevo evitare di farmi una sega. Volevo conservare la tensione sessuale per la sera. Mi preparai e andai al lavoro. Tornai a casa di corsa. Alle sette ero già sul divano ad attendere il rientro di mia moglie. Mancavano dieci minuti alle otto, quando fece il suo ingresso in casa. Notai che camminava in modo un po’ faticoso. L’abbigliamento era perfetto come quando era uscita. Il trucco e i capelli erano identici al mattino. Non parlai. Lasciai che si spogliasse. Si tolse le scarpe, lasciò cadere i vestiti. Rimase solo con le autoreggenti a rete. Si girò. Aveva delle striature sulle chiappe e le calze a rete erano leggermente strappate. Questi erano gli unici segni evidenti di un’attività non propriamente da ufficio. Si sedette vicino a me e mi baciò. Continuai ad attendere senza parlare. Fu lei a rompere il silenzio. – Ciao, amore. Non mi chiedi nulla? – Allargai le mani e alzai le sopracciglia. Toccava a lei. Iniziò. – Sono arrivata in ufficio presto. Almeno un quarto d’ora prima del solito. Mi sentivo strana con quell’abbigliamento. Ma come sai, non ero a disagio. Tutt’al più un po’ turbata. Ad ogni movimento mi sembrava che si potesse vedere che sotto ero nuda. Ma nessuno si è accorto di nulla. Sergio e Roberto non si sono fatti vedere fino alle dieci. Sono venuti ad invitarmi per un caffè. Fuori. Le colleghe sono rimaste meravigliate. E’ stata la prima volta che ho accettato. Mi sono alzata e sono andata verso l’ascensore con loro. Dal decimo piano, dove lavoro, fino a piano terra mi è sembrato che ci volesse un’eternità. Hanno prima controllato che avessi obbedito alle richieste, facendomi aprire i bottoni della giacca e alzare la gonna fino in vita. Mi hanno lasciato così fino a pochi istanti dall’arrivo rischiando, tra l’altro, che qualcuno ci facesse fermare ai piani intermedi. Per tutto il tragitto Roberto si è divertito a torturare i miei capezzoli e la mia bocca infilandoci le dita. Sergio mi ha messo prima un dito nel culo poi ne ha aggiunto un secondo, masturbandomi la figa con l’altra mano. Sono riuscita a sistemarmi prima dell’arrivo, ma ero un po’ frastornata per il trattamento subito. Attraversando la strada verso il bar, si sono complimentati dicendo che sono proprio una bella puttanona. Mentre prendevamo il caffe al tavolo, mi hanno detto che a pranzo e nel pomeriggio sarei stata libera. Avevano altro da fare. Ma che dovevo soddisfarli a turno nel bagno del bar. Ho protestato perché temevo che qualcuno notasse la cosa. Sergio ha detto che mi avrebbe insegnato subito a non protestare. Si è alzato e si è avviato verso il bagno. Roberto mi ha ordinato di raggiungere il socio. Mi sono alzata timorosa che il gestore o uno degli avventori potesse accorgersi della manovra. Appena entrata, mi sono trovata nell’antibagno dove Sergio mi aspettava. Ha chiuso a chiave la porta e si è sfilato la cinghia. Mi ha ordinato di appoggiarmi al lavandino dell’antibagno e di alzarmi la gonna completamente. Poi, raccomandandomi di non emettere alcun suono, mi ha assestato tre colpi secchi, duri, sulle chiappe. Ho sentito un male incredibile, ma ce l’ho fatta a non urlare. A quel punto mi ha toccato la figa constatando, con piacere, che ero leggermente bagnata. Mi ha detto che come lezione poteva bastare e si è complimentato per la mia troiaggine. Poi, si è sputato sulla mano e mi ha infilato di botto tre dita nel culo per prepararmi. E, dopo essersi messo della saliva sulla punta del cazzo, mi ha inculato. Lentamente. Avendo l’accortezza di aspettare, dopo ogni spinta, che mi adattassi a lui. Devo dire che averlo nel culo non mi ha lasciato indifferente. – Intanto Dora, trovandosi al mio fianco sul divano, mi estrasse l’uccello che era già bello duro e iniziò a farmi una sega. Dolcemente. Con l’altra mano si accarezzava. Continuò. – Si, quel porco ci sa fare. E ne è consapevole. Me ne diceva di tutti i colori. Ha voluto che dicessi che mi piaceva essere inculata da lui. L’ho fatto, sottovoce. Mi ha messo una mano sulla figa e ha cominciato a venirmi nel culo. Sono venuta sulla sua mano mentre mi riempiva l’intestino. Poi l’ha tirato fuori e se l’è fatto pulire. Ha voluto che lo ringraziassi per avermi inculato e per avermi riempito. Mi ha detto di aspettare nel cesso delle donne ed è uscito. Quando ho sentito bussare, ho aperto. C’era Roberto con l’uccello già fuori. Mi ha fatto appoggiare nuovamente al lavandino e mi ha scopata. Con furia. Questa volta non ho goduto. Anche perché il maiale è venuto subito attaccandosi alle mie calze e strappandole. Ho dovuto ringraziare anche lui per avermi dato il suo cazzo e la sua sborra. Poi si è fatto ripulire anche lui ed è uscito. Mi sono sistemata e sono tornata al tavolino. Hanno pagato e siamo tornati in ufficio. Questa volta salendo c’erano altri colleghi in ascensore e, quindi, mi hanno lasciata in pace.A pranzo, quando sono andata in mensa, Sergio e Roberto non c’erano. In compenso mi ha avvicinata il responsabile dell’ufficio legale che mi ha detto di passare dal suo ufficio, dopo pranzo, per bere un caffè. Così, finito di mangiare, ho lasciato i colleghi e sono salita da lui, all’ultimo piano. Ha un ufficio molto ampio con una grande finestra con vista sulla città. Mi ha fatto accomodare sul divanetto degli ospiti, mentre lui si è seduto dietro alla scrivania. La segretaria ci ha servito il caffè e poi è uscita chiudendo la porta. Ero un po’ nervosa perché era la prima volta che mi trovavo nel suo ufficio e, per giunta, con un abbigliamento non proprio adatto a farmi sentire tranquilla. Mi ha messo subito a mio agio. Stefano, così si chiama, mi ha proposto di chiamarlo per nome e di darci del tu. Ho accettato di buon grado. Abbiamo bevuto con calma il caffè, mentre mi faceva domande apparentemente casuali sulla mia vita e sull’ambiente di lavoro. La mia curiosità era all’apice, quando mi ha chiesto a bruciapelo se avessi subito delle molestie da qualche collega. Sono rimasta indecisa sul da farsi. Ho scelto, come tu mi consigli sempre, di prendere tempo e, fingendomi molto sorpresa, gli ho chiesto perché mi facesse una simile domanda. Mi ha risposto che ultimamente gli erano state riportate delle voci relative ad episodi di molestie e, in alcuni casi, di vere e proprie violenze. Gli ho detto che non ne sapevo nulla. A quel punto ha cambiato argomento, dicendo che si era informato sul mio rendimento. Ha aperto un cartellina che aveva sulla scrivania. Mi ha detto che era la mia scheda personale e che da lì risultava che ero un’impiegata modello, che avevo sempre svolto coscienziosamente il mio lavoro e che ero prossima a ricevere un aumento di stipendio. Sai quanto io tenga ai riconoscimenti in campo professionale. Quando mi ha chiesto di avvicinarmi per vedere con i miei occhi il contenuto della scheda. L’ho fatto con entusiasmo. Mi sono messa in piedi dietro alla scrivania al suo fianco, piegandomi leggermente per leggere il contenuto dei documenti. Stefano, ad un tratto, mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto lavorare nell’ufficio legale della società. Sai che dai tempi della laurea in giurisprudenza ho sempre sperato in una simile opportunità. Ero così raggiante che appoggiandomi con i gomiti sulla scrivania, gli ho chiesto quando potevo cominciare. E’ stato un gesto spontaneo e, dimenticando la condizione del mio abbigliamento, non ho pensato alle conseguenze. Stefano, seduto sulla sedia, ha avuto subito la piena visione del mio petto nudo, attraverso le aperture della giacca. Quando ho realizzato, aveva già infilato una mano e mi stava palpando una tetta, mentre con l’altra mano aveva raggiunto rapidamente la mia figa nuda attraverso lo spacco posteriore della gonna. Ero confusa. Stefano è un uomo affascinante e di successo, molto ammirato da noi dipendenti. In più, aveva manifestato l’interesse a farmi lavorare nel suo ufficio. In più mi stava trattando con estrema delicatezza e dolcezza. Ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata andare. Continuando ad accarezzarmi tra le gambe, mi ha slacciato i bottoni della giacca, sfilandomela, e della gonna, che è scivolata a terra. Sono rimasta nuda, sempre appoggiata con i gomiti alla sua scrivania. Si è alzato e, inginocchiandosi dietro di me, ha iniziato a lavorarmi con la lingua. Poi ha tirato fuori l’uccello e, rimanendo vestito, ha iniziato a scoparmi lentamente. A momenti aumentava il ritmo, per poi tornare a muoversi più piano. Avevo sul lato un grande specchio. Era una visione molto eccitante. Io, completamente nuda con le sole calze a rete e le scarpe, riversa sulla scrivania. Lui, completamente vestito e impeccabile nel suo completo blu, che mi scopava con maestria tenendomi per i fianchi. Nessuno di noi ha più parlato. All’improvviso ho avuto un orgasmo bellissimo. Mi ha lasciato godere fino in fondo. Poi si è staccato, facendomi girare e inginocchiare davanti a lui. Mi ha guidato con le mani. Ho capito che voleva la mia bocca. L’ho servito e, quando è venuto, ho ingoiato tutto e l’ho ripulito per bene. Poi si è ricomposto, mi ha fatto rivestire e mi ha baciato sulla guancia, ringraziandomi. Mentre mi accompagnava alla porta mi ha detto che presto avrei cominciato a lavorare con lui e i suoi. Sono tornata al mio ufficio, stravolta da tutte le emozioni provate. Il ricatto e la violenza di ieri e di oggi, uniti alla sorpresa e al godimento della scopata con Stefano e la nuova prospettiva di lavoro. Un misto di paura, dolore e piacere. Fortunatamente, come promesso, Sergio e Roberto mi hanno lasciata stare per il resto della giornata. Mi hanno telefonato, però, quando stavo uscendo e mi hanno ordinato di andare al cinema stasera. Mi hanno detto dove e a quale spettacolo. E vogliono che ti chieda di accompagnarmi, dicendoti che voglio fare un’esperienza trasgressiva. Hanno deciso di scoparmi nei cessi del cinema mentre tu sei in sala. Secondo me sono un po’ fissati. Non so quanto accetterò di vivere così. – E senza lasciarmi il tempo di replicare, Dora si chinò su di me, dicendo. – Non ti ho ancora fatto scopare la mia gola. Vuoi? – E presomelo in bocca me lo risucchiò spingendoselo fino in fondo. Provavo una sensazione nuova. E mi lasciai andare guardandola occuparsi del mio cazzo mentre si masturbava. L’orgasmo fu travolgente. Non avevo mai provato un pompino simile. Mentre godevo la sentivo muoversi in modo frenetico. Godeva anche lei. Godevamo insieme. Mentre ci rilassavamo mi sorrise, dicendo. – Beh, tutto sommato le ultime avventure mi hanno permesso di fare esperienze utili, non trovi? – E mi baciò in bocca. La baciai con passione. L’amavo. Ma avevo ormai troppi segreti per sentirmi sereno, mentre lei continuava a considerarmi degno delle sue più intime confidenze. L’avevo tradita. Le avevo mentito. E l’avevo usata. Non avrebbe mai potuto perdonarmi se l’avesse saputo.
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