L’odore di bruciato ed elettricità mi vengono incontro mentre scendo le scale per prendere la 8 verso Crèteil. Spero sia la direzione giusta per scendere all’ Opéra, altrimenti non avrò abbastanza tempo per comprare quella sciarpa di seta e velluto, prima di prendere l’autobus per Orly. I collegamenti sotterranei in questa città sono incredibilmente lunghi e tanti. Cammini per decine di minuti da una linea all’altra, sali, scendi, non ti rendi conto e alla fine della giornata hai percorso chilometri, pensando invece di esserti spostata da un quartiere all’altro, velocissimamente. Preparo due monetine da 10 franchi; lo so, sono circa seimilalire, ma qui non mi sembra poi tanto. Fra un angolo o due incontrerò certamente un suonatore di sassofono, o di violino, o di chitarra elettrica…Ce ne sono così tanti, e non li scambierei con barboni. Non dormono per terra. Partono da casa la mattina con tutta l’attrezzatura, il loro strumento, un minimo di amplificazione, qualcuno ha anche le basi su cui improvvisa…E poi scelgono l’angolo giusto, quello con l’acustica migliore, in modo da inondare di note il maggior numero di corridoi pulsanti di gente e mattonelle lucide e colorate, specchi, manifesti, pubblicità di ogni tipo, piccoli annunci, venditori indiani di rose. Uno tra gli altri è il mio preferito. Il suo sassofono suona sempre "Misty", e a volte, quando lo sento da lontano senza vederlo, non posso fare a meno di andare a cercarlo. La gente và piano, qui. Pochi corrono, pochi hanno fretta. E poi, quando sono seduti, non li vedi dormire per recuperare il tempo o le forze. Si guardano, ti guardano. Chiacchierano, si lasciano il posto, sembra che siano sempre seduti al tavolino di un bistrot. Ieri sera faceva quasi freddo. C’era un po’ di vento, piano, pianissimo. E ogni tanto goccioline di pioggia trasparente, tipo nebbia, tipo Londra… ma sono tanti anni che non ci torno… chissà se ci sono ancora quelle meravigliose bancarelle di frutta con i prezzi indicati per pezzo unico… Ma queste goccie di pioggia non sono gelide come quelle londinesi. Le osservo scivolare giù lentamente sul nero del mio giubbotto di pelle. Lo illuminano. E se mi concentro meglio posso vedere, come in un minuscolo specchio, le luci sfacciate dei locali a luci rosse, e i riflessi eleganti delle trombe di suonatori jazz a Saint Germain des Prés. Ci sono molti cimiteri qui, pieni di tombe di personaggi illustri, famosi. Scrittori, poeti, pittori, uomini politici, grandi pensatori e musicisti. Ma uno in particolare vorrei visitare, è quello che accoglie Jim Morrison. Forse solo per vedere i suoi riccioli biondi e le sue labbra gonfie. Ci andrò, prima o poi. Mi sono avventurata nel museo dell’erotismo, a Pigalle. Roba da turisti, ma non del tutto, comunque poco, in confronto al negozio di scarpe hard per travestiti, dal numero 42 in su. Sono stanca. Mi siedo. Guardo fuori le mattonelle che corrono e il buio delle gallerie. Da quando sono arrivata qui, continua a girarmi in testa "Have you seen the saucers", eppure la California è tutta da un’altra parte, e quell’elleppi dei Jefferson Airplane non lo ascolto da un mucchio di tempo. La prima cosa che farò appena tornata a casa. Tengo ferma tra le caviglie la mia piccola valigia, e al collo la macchina fotografica. L’ho portata ancora con me, anche questo weekend, perchè ogni volta questa città mi stupisce. C’è sempre qualche taglio che mi prende, e allora devo fissarlo. Arriviamo a Madeleine, e al contrario dei miei vicini io ho quasi gli occhi chiusi. Ma la frenata è così stridente, che li spalanco in un attimo. Guardo fuori, il muro più in là, dietro la gente che sta salendo. Un mega poster, enorme, che copre tutta la volta della stazione. Lo osservo dal basso verso l’alto. "France Soir" si è rifatta il look, e una frase del tipo "…avremmo voluto stupirvi con effetti speciali…" firma la base del manifesto. Dietro i caratteri rossi dello slogan inizio a intravedere i peli di una carnagione chiara. Seguo la linea di due gambe maschili divaricate, perfette, i fianchi stretti, il petto appena muscoloso, un collo teso, e sopra un viso con un sorriso angelico da "gioconda". Capelli quasi biondi e occhi forse azzurri, o verdi, chissà. E le braccia, che si accompagnano alla linea di quel corpo abbandonato, nudo, sul manifesto. Guardo meglio. Il correttore fotografico ha fatto un gran bel lavoro. Al posto del pube, e più in basso, una piccolissima foglia di fico, verde. Non basterebbe a coprire il pene che tutto il resto di quel corpo mitico mi fa immaginare. Risalgo al viso. Ma…sorpresa…. ti conosco, … mascherina… Cosa ci fai, tu, il magnifico…adorato Rocco S., su questo manifesto nei "bassifondi" parigini ? Ti sei anche firmato, in basso a destra: Rocco S…. Non mi sono sbagliata, sei proprio tu… Meraviglia delle meraviglie !!! Ma è proprio me che stai guardando ? Sì. Non c’è nessun’altro su questo metrò. Mi giro indietro, assolutamente nessuno. Sono sola. Sola. Con te sulle mattonelle lucide. Sto bene qui. Il tuo sguardo è così rassicurante. Sei così disponibile… Ma… hai parlato ? Sei stato tu a parlare ? " Ciaooooooo…" e la bocca ti si allarga e resta aperta e ferma, mentre lo dici, tanto da farmi vedere la tua lingua invitante. I tuoi occhi birichini si aprono e chiudono, le ciglia sù e giù … Quanto sei troia, caro… una vera, grande, meravigliosa troia. " Mi sei piaciuto sai in Romance…peccato tu abbia avuto solo una piccola parte…" " Hei…lascia stare… robetta. Tu mi conosci in parti migliori… no ?" " Certo…" " Sei la prima che si accorge di me…" " La prima ?!? Accidenti, Rocco ! Non posso credere che tu riesca a passare inosservato…" Alzi un braccio e ti avvicini a quel ciuffo di capelli che ti hanno lasciato sulla fronte prima di scattarti la foto. Lo sollevi con delicatezza come se fosse di vetro, lo guardi dal basso, e soffi verso l’alto. Il ciuffo risponde al tuo solletico, e poi scende giù di nuovo. " Che noia…" " Non è molto che sei qui…ieri sono passata, ma non c’eri…" "Altri cinque minuti così, e non riuscirò più a riprendermi. E poi, hai visto che cosa hanno fatto al mio passerotto ?" " Sei una meraviglia così…" " Uhmm… non mi stuzzicare carina… ho una certa voglia di scendere da qui…" " Scendere ?" E lo fai. Come Superman, quando si strappa i vestiti e svela la sua vera identità e tutta la sua forza di supereroe, allo stesso modo, ti strappi la piccola foglia di fico, e nella metropolitana deserta esplode in tutta la sua bellezza il tuo bellissimo cazzo… imperiale! Anzi, spaziale. " Mio Dio…!!!" Sono in pieno delirio. Di tutto mi sarei aspettata da questo weekend, ma Rocco in tutta la sua magnificenza no,…proprio no. Arrivi, stai arrivando proprio qui… da me… Non so che fare…il tuo passo da gatto mi paralizza… cammini verso di me e posso quasi già sentire il tuo odore…e lui… ondeggia di qua e di là, come la coda di un leone che sta per caricare… " Allora tesoro… cosa dicevi… ?" Sei entrato dentro, ed ora ti sei appoggiato all’asta verticale che c’è qui, proprio davanti a me. Cominci a muoverti, inarchi la schiena, fai strisciare il tuo sedere sul metallo freddo come la migliore delle spogliarelliste, ondeggi e mi spari davanti il tuo mitra che ormai mi sembra infuocato come un vulcano… vorrei improvvisarti una cascata del Niagara di biglietti da cinquecentomila ma non credo sia necessario… In un attimo mi prendi per il collo e stringi. Stringi e mi manca anche l’ultimo respiro. Forse sto perdendo i sensi, anzi forse li ho già persi. "Aiuto… " " Perchè ? … piccola vagabonda da sola nel metrò… cercavi il lupo… " " Io…" "Tu che ? vieni… cappuccetto rosso…" Nelle tue mani improvvisamente luccicano un paio di forbici. Con una mano afferri la mia gonna e la tiri giù. Forse cadono a terra le mie cose, ma non posso farci caso, perché nel frattempo mi hai sollevato e mi tieni davanti a te mezza svestita e barcollante. "Apri bene le gambe…" Forse obbedisco, mentre tu ti avvicini e tiri il mio collant tanto da riuscire a ritagliare un bel foro intorno al mio pube. Non ti basta e afferri in fretta lo slip. Altro taglio, altro regalo. "Girati…" Mentre mi giro, mi spogli di giubbotto e camicia, sento i bottoni cadere un pò ovunque… e ora ti occupi del mio sedere e dell’ultimo lato rimasto integro del mio povero collant. "No, così non mi piaci abbastanza…" Non rispondo, nessun suono può uscirmi dalla gola. Mi levi definitivamente i rimasugli di collant e slip. Nelle tue mani un piccolo rasoio. Guardi i miei peli, li guardo anch’io e mentre lo faccio li vedo ricoprirsi di schiuma, bianca e morbida. Sono pronta, ora puoi depilarmi. Hai finito la tua opera. "Ora…. sei bellissima…" La testa mi gira, dondolo. Spalanco completamente le gambe, e forse sono per terra, ora. Finalmente. Ci siamo. No. Mi prendi in braccio come se fossi un mazzo di tulipani gialli. Sono in cielo e volo. Tu avvicini il viso ai miei capelli e inizi a cantare sottovoce una ninna nanna. Mentre lo fai inizi a camminare, stiamo uscendo fuori nella stazione. Apro gli occhi e sopra di me il tuo viso che guarda avanti e la volta della stazione che si allontana. Le scale. L’uscita del metrò. Siamo fuori. E non c’è nessuno. Non un auto. Non un negro con la sua radio. Non un vecchio con la sua baguette. Forse è giorno, forse è notte. "Ti porto via…" "Dove ?" " Vedrai…" Sulla riva sinistra del fiume, vicino alla stazione dei bateau-mouche, c’è un barcone fermo da sempre, coperto di piante di ogni tipo, un piccolo giardino galleggiante. E sul ponte le luci. Appoggiato a uno sgabello il suonatore di sax: Misty è la canzone che sta suonando. Sollevo la testa e mi giro… Tu mi sorridi con il tuo sorriso di gioconda. "Tesoro… ti piace ? suonerà per te, solo per te questa sera…" Mi lasci scendere da te, ora. Sono nuda, come te. E ferma di fronte. Mi fissi come un santone indiano ed io mi sollevo, levito. Allargo le gambe e tu prendi le mie caviglie, ti avvicini ed entri. Ed io sono profonda, infinita. E tu mi riempi, e continui a riempirmi. Mi parli, e dalla tua bocca solo le note di Misty. Nei miei occhi tutti i colori del viaggio. Sono in acido. E forse vengo, mentre entro nella luce bianca del mio paradiso.
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