Era da tempo che la osservavo, mi piaceva la sua espressione di madre affettuosa e premurosa, ma mi piaceva anche la femmina che vedevo in lei. Portava spesso i suoi figli alla fermata dello scuolabus, facevo di tutto per trovarmi ogni volta nelle vicinanze, ed ogni volta i nostri guardi si incrociavano. Ci scambiavamo dei sorrisi. Il suo sembrava un sorriso di cortesia, ma intravedevo in quel luminoso viso, in quegli occhi splendenti, un’espressione di malcelata curiosità, che la rendevano intrigante. Una volta azzardai un timido approccio, gli andai vicino per chiedergli una semplice informazione, la vidi restringersi nel suo impermeabile scuro con il bordo di peluche. Poi mi rispose con un sorriso, più sorriso degli altri. Mi fermai lì, non andai oltre. Mi piaceva moltissimo, sempre di più, continuai a guardarla con sguardi sempre più audaci, ma non osavo di più. Poi, capitò che per motivi di lavoro, la vedevo più spesso del solito, gli incontri divennero più frequenti, ed anche il suo comportamento divenne più aperto del solito, più ammiccante. Fu allora che cominciai a capire che anche io le piacevo. Un giorno di Luglio, mentre parlavamo vicino casa sua, gli dissi che la desideravo, che avrei voluto baciarla. Lei, con le gambe tremanti, mi disse che era da tempo che aspettava questo momento, che anch’io le piacevo, e che provava gli stessi sentimenti per me. Avrei voluto abbracciarla, lì in mezzo la strada, l’avrei voluto con tutto me stesso, ma più tardi, incapace di trattenere il mio ardore, l’attirai dentro il mio casotto, e finalmente sentii il calore del suo corpo ed il sapore dei suoi baci. Era molto calda, rispondeva ai miei baci con una passione incredibile, sembrava che non facesse l’amore chissà da quanto tempo. Anche il mio impeto era straordinario, lo avrei scopata furiosamente alla pecorina, se non ci fosse stato il pericolo, che qualcuno avesse potuto scoprirci e rovinare tutto. Nei giorni seguenti fui preso da una passione travolgente, la desideravo in ogni momento, pensavo sempre a lei. I giorni passavano, senza avere la possibilità di poter stare insieme, appartati, e poter dare sfogo alla mia ed alla sua passione. Poi partì per le vacanze al mare, e per me furono 30 giorni di inferno, il tempo non passava mai. La notte prima di addormentarmi, immaginavo di fare l’amore con lei. Era una sensazione magnifica. La desideravo con tutto me stesso. Finalmente ritornò dalle vacanze, ed io ero lì, ad aspettarla, ero proprio davanti la sua casa il giorno che ritornò, mi sembrò più bella che mai. La salutai, salutai anche suo marito, poi mi congedai soddisfatto di averla rivista, pregustando gli incontri dei giorni futuri. Inaspettatamente mi fece una bella sorpresa, mi telefonò, dicendo che aveva bisogno di stringermi e di baciarmi, e mi chiese di poterci incontrare, anche solo per un minuto. Furono attimi di passione straordinaria, i nostri corpi si incollarono, le nostre bocche si unirono in baci forti e profondi, le lingue si cercavano e si toccavano come piccoli serpenti agitati, le nostre mani frugavano dappertutto, alla ricerca di ogni lembo di pelle inesplorata, e di sensazioni mai provate. Con delusione di entrambi, dovemmo lasciarci dopo pochi minuti. Né il luogo, né l’ora, ci permettevano di andare oltre. C’erano i nostri obblighi di persone sposate che ci impedivano di infischiarci di tutto e di tutti.Poi anche io andai in ferie, con la famiglia, sul mare sull’Adriatico, e quindi per qualche giorno non ci vedemmo. Il periodo estivo offre poche occasioni per amanti come noi, con la famiglia, ed i figli.Ci sentivamo per telefono, e parlavamo dei nostri sentimenti, di come avessimo bisogno uno dell’altro, dei progetti per il futuro. Una sera, mi telefonò dicendomi che era sola a casa e che avremmo potuto vederci. Letteralmente, mi precipitai da lei, mi ricordo che per la prima volta in vita mia, spinsi la mia macchina alla folle velocità di duecento all’ora, tanto era la voglia di vederla. Non ci eravamo mai visti di notte, Fantasticai, ero eccitatissimo, era come stare in un sogno, in un bellissimo sogno. Finalmente arrivai al suo paese. Al segnale convenuto, usci di casa, e salì nella mia macchina, che parcheggiai nei pressi della sua casa, non c’era l’illuminazione, non c’era la luna. Era buio pesto. Non passava nessuno. Stavamo rischiando molto, ma non ci importava di niente, in quella notte scura c’eravamo solo noi, con la grande voglia di amarci. Il mondo non esisteva. Non sapevamo come muoverci, all’interno della mia auto. Ci avvinghiammo in baci caldissimi, le nostre mani sbottonavano quello che c’era da sbottonare, mettendo in luce in breve tempo i nostri sessi. La voglia e la paura di essere scoperti, non ci fece perdere tempo in tanti preliminari. Le mie mani si immersero nella sua passera ormai bollente, ed abbondantemente bagnata dei suoi umori. Toccarono in profondità ogni centimetro di quella rosa, di quella delizia. Lei gemeva per il piacere, la testa reclinata all’indietro, gli occhi chiusi per assaporare meglio le sensazioni che io gli procuravo. Cercai la sua clitoride, la titillai col mio indice, facendola morire di piacere. Mugolava sempre di più, i suoi gemiti divennero grida di piacere, la testa sempre più all’indietro, il bacino si muoveva come a simulare un amplesso. Le sue braccia mi stringevano sempre più, cercavano posti inesplorati, e trovò la mia asta, ormai più dura che mai. Alzai di più la sua T-shirt , e scoprii i seni, erano bellissimi, sodi, grandi, che “guardavano” all’esterno, la mia bocca, avida, prese a succhiare i suoi capezzoli. Li leccai come gelati alla crema. Succhiai i capezzoli, alternativamente, prima l’uno, poi l’altro. Li mordicchiai dolcemente facendola vibrare come corde di violino. Lei gridava sempre più di piacere. Mi soffermai lungamente su quei monti dolcissimi, li baciavo, li leccavo, li succhiavo, ne accarezzavo con le labbra la morbidezza della pelle. Mi piaceva stringerle sul mio viso, non tralasciai un minimo lembo di quei guanciali. Quasi automaticamente, alla ricerca di qualcosa di più succulento, cominciai a scendere, il suo ventre aveva la stessa morbidezza delle sue mammelle, lo morsi teneramente, più volte, tutt’intorno, sulla pancia, sui fianchi, ogni volta lei “saltava” e gridava di piacere, supplicandomi di continuare, di non smettere quel gioco. La girai, ed affondai il mio viso in quella valle, sita fra due globi di lussuria. La mia lingua saettò in avanti tracciando un solco di saliva, fino ad arrivare in quel punto proibito, che la fece fremere enormemente, tanto era il piacere. Mi soffermai in quel punto, poiché le piaceva molto, e piaceva anche a me. Lei smaniava sempre di più. La rigirai di nuovo perché volevo finalmente abbeverarmi alla sua “fonte”. Annusai il suo fiore. Era buono il suo profumo. Rimasi inebriato dal suo fragore. Annusai ancora, poi la mia lingua cominciò a leccare. Leccai quelle labbra, ricevendone delle sensazioni meravigliose. Poi scesi più in profondità, insinuandomi direttamente nella fessura, assaporando il nettare di cui era cosparso. Più volte leccai quella delizia, per un tempo indefinito. Lei impazziva di piacere. La sua clitoride si era indurita, e troneggiava come una regina, fra i petali della sua rosa, le mie labbra la cinsero e la succhiarono, la mia lingua cominciò a torturarla, con colpetti roteanti. Anche il mio piacere aumentò a dismisura, mi sentivo scoppiare, avrei voluto gridare tutto il mio piacere, ed arrivare all’orgasmo. Era ancora presto. La paura di essere sorpresi mi colpiva come una lancia nel cervello, ma il piacere di far durare ancora quel godimento era uno scudo efficace. Continuai a leccare quella figa bruciante, calda e umida come, la notte di quell’estate africana. Lei si dimenava sempre più, ormai il piacere lo stava divorando, mi implorava di continuare, le sue mani si muovevano nervosamente sul mio pene. I suoi gemiti erano dei suoni sempre più forti e irrazionali, capii che stava per arrivare all’orgasmo tanto desiderato. Accelerai sempre più i movimenti della lingua, le mie mani strizzavano i suoi seni, le dite strinsero forti i capezzoli, finché lei emise un urlo più forte e più continuo degli altri, come quando si cade dall’alto del grattacielo e si atterra su un materasso di piume. Il corpo ebbe un fremito e poi si irrigidì. Era passato un ciclone. Seguirono istanti di dolcezza, il suo volto aveva assunto un’espressione di beatitudine, era rilassata, mentre le mie mani continuavano ad accarezzarla e la mia bocca la copriva di baci. L’eccitazione non ancora svaniva, io ero eccitatissimo, la mia verga turgida reclamava la sua parte di felicità. Fu così che lei mi spinse verso il mio sedile, i suoi occhi brillavano di una luce di lussuria. Sembrava mi dicessero “adesso ti faccio morire”. Mi si avvicinò, le sue labbra sfiorarono le mie, la sua lingua saettò nella mia bocca, schermando con la mia. Chiusi gli occhi, pregustando chissà quali sorprese e mi abbandonai ai suoi voleri. Sentii la sua lingua percorrermi il corpo, baciarmi i capezzoli, poi un calore forte, intenso ed improvviso mi pervase tutto il corpo. Le sue labbra avevano catturato la mia verga. Mi abbandonai completamente alla sua arte. La sua lingua roteava sulla mia cappella procurandomi sensazioni mai provate prima. Ora leccava l’asta tutta intera, ora l’avviluppava con la sua bocca. Non stanca di questo esercizio, scese più giù. Un brivido mi corse lungo la schiena, quando prese una ad una le palle in bocca succhiandole avidamente. La sua lingua correva dappertutto, mi leccava l’asta per tutta la sua lunghezza, la cappella con movimenti rotatori della lingua, scendeva sotto lo scroto leccandomi fino al buco del culo, poi imboccava tutto facendolo scomparire nella sua bocca. Nel mio cervello si avvicendavano sensazioni incredibili, ero tutto in subbuglio. Mi pareva ora di volare come un uccello, ora di nuotare come un pesce in mezzo al mare. Volevo liberarmi del mio essere, non ce la facevo più. Sentivo sempre più vicino il precipizio, il momento dell’esplosione. Ancora pochi istanti del suo sapiente tocco, pochi colpi della sua lingua, e vidi tutt’intorno i fuochi d’artificio. Un brivido intenso partì dal cervello, mi attraversò la schiena, facendomi vibrare come corde di contrabbasso, fino ad arrivare al limite più basso e schizzai nella sua bocca tutto il mio piacere. Non perse niente del mio nettare. Leccò tutto fino all’ultima goccia, come prendesse l’energia che fuggiva via da me. Fu un orgasmo intenso, mai provato prima. Mi abbandonai sul sedile, in uno stato di beatitudine, mentre lei continuava a coccolarmi la verga, con le sue morbide labbra e la sua lingua. Ci sdraiammo sui sedili, in cerca di un pò di pace, mentre osservavamo le stelle in quella splendida notte di metà agosto. Nessuno di noi parlava, parlavano per noi i nostri corpi esausti ma soddisfatti. Fu una serata stupenda ed inaspettata. Poco dopo le luci delle macchine che rientravano ci costrinsero a lasciarci. Lei rientrò a casa, proprio mentre il marito ritornava…………………
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