Miriam scostò la tendina e abbassò lo sguardo sui tetti delle case. Il villaggio, dolcemente illuminato dalla luna quasi piena, giaceva disordinato su entrambe le rive del fiume, come i giocattoli di un gigante bambino al termine di una lunga ed estenuante giornata.La ragazza scostò una ciocca di capelli neri che le era ricaduta sul volto e si appoggiò distrattamente alle spesse sbarre di acciaio che si incrociavano nel vano della finestra.Ridacchiò tra se e se, rendendosi conto che i suoi concittadini l’avevano relegata in quella stanza, che per quanto confortevole fosse in realtà era una cella vera e propria, non tanto per impedire a qualche malintenzionato di molestare la Sposa di Primavera, quanto per evitare che fuggisse dal suo destino.Sporgendosi il più possibile, quasi incuneando la testa tra i gelidi pezzi di metallo, riusciva a vedere il patibolo sul limitare del bosco. Gli abitanti di quelle misere casupole raffazzonate alla bell’e meglio si ostinavano a chiamarlo Altare, ma pur sempre di un patibolo si trattava. Su di esso, centinaia di giovani ragazze vergini erano andate incontro al loro crudele destino.Miriam lasciò ricadere la tendina e si allontanò dalla finestra, distendendosi sul giaciglio alla fioca luce tremolante della candela.Si appoggiò le mani in grembo e chiuse gli occhi chiedendosi se quelle che l’avevano preceduta, la sera prima di salire sul patibolo, fossero rimaste distese, completamente sole, ad attendere con ansia e terrore quello che sarebbe accaduto la sera successiva.Ciò che più le creava turbamento era l’assoluta mancanza di paura per quello che le stava per accadere. Avrebbe dovuto essere terrorizzata, persa nel panico più totale a causa dell’ignota fine di tutte le fanciulle che l’avevano preceduta, a causa di quanto i suoi concittadini mormoravano a bassa voce riguardo allo scempio dei corpi ritrovati, a causa dell’ignota minaccia che si aggirava nel folto della Foresta.Ma lei era diversa, diversa nella mente e diversa nel corpo.La ragazza tornò a ridacchiare mentre le sue mani risalivano dal ventre piatto per appoggiarsi al turgore dei seni. Attraverso la pregiata stoffa della camicetta che le avevano fatto indossare, sentì i capezzoli gonfiarsi ed ergersi svettanti mentre le prime avvisaglie del liquido e famigliare calore le invadevano il basso ventre.Si, lei era differente!Ogni sette anni, al sorgere della prima luna piena di Primavera, una fanciulla del villaggio, scelta tra le più avvenenti, ed ovviamente tra le vergini, avrebbe placato con il suo sacrificio la furia devastatrice della Bestia.Solo una volta il sacrificio fu ignorato e, seppur a decenni di distanza, la gente del villaggio ancora parlava tremando di paura delle terribili conseguenze dei quella violazione del Rito.Miriam abbassò le mani, facendole scivolare nuovamente lungo il ventre piatto fino a raggiungere le gambe, ricoperte dall’ampia gonna. Con movimenti lenti, le dita iniziarono a sollevare la stoffa, raccogliendola in grembo, scoprendo lentamente le ginocchia e le cosce.I polpastrelli entrarono in contatto con la sericità della pelle delle gambe, ne saggiarono al levigata compattezza, affondarono leggermente nei fasci di muscoli sottostanti quasi a volerne saggiare la forza e l’elasticità. Infine, con un movimento delicato quanto un palpito di ali di farfalla, si accostarono al fulcro della femminilità di Miriam.Un lungo brivido di voluttà percorse il corpo della ragazza che, come tante volte aveva fatto, iniziò a darsi piacere da sola. Quel piacere che tanto aveva agognato fin da quando il suo corpo si era fatto sufficientemente maturo da capirne il significato, il piacere che l’aveva portata a rinnegare gli insegnamenti pregni di timore di Dio della madre e delle zie, il piacere che l’aveva costretta a lunghe notti insonni trascorse ad agognare le membra virili di un uomo che la stringessero, il piacere che l’aveva portata a compiere il gesto più nefando e imperdonabile che una futura Sposa di Primavera avrebbe mai potuto fare. Miriam gorgogliò, soffocando un gemito, mentre le sue dita affondavano nel suo stesso corpo, in una misera parodia di ciò che i ricordi facevano rivivere davanti all’attento occhio della sua mente.Era un viandante, un mercenario, uno dei tanti uomini dediti a vendere il proprio braccio e la propria spada al miglior offerente, fosse esso un misero villaggio minacciato dai briganti razziatori o un ricco signore proprietario di vasti territori da difendere armi in pugno; ma era bello, dalle larghe spalle coperte dalla cotta di maglia di ferro, i lunghi capelli neri raccolti nella stretta crocchia tipica di coloro i quali indossano un pesante elmo per la maggior parte della vita. Le braccia, coperte di cicatrici, erano forti e muscolose e la strinsero con passione mentre il volto ruvido di barba si incuneava nell’incavo del suo collo per baciarla. L’uomo sapeva di selvatico, di foresta, di mille battaglie, di strepito d’arme e di morte, ma era un profumo balsamico per le narici di Miriam, che al solo sentirlo si era sentita sciogliere l’anima. Lo aveva stretto a se con quanta forza aveva nelle braccia di giovane donna, quasi ad impedirgli la fuga, quasi a volergli precludere qualsiasi ripensamento. E ripensamento non c’era stato, l’uomo l’aveva sollevata come un fuscello e deposta su un mucchio di paglia poco distante, poi le sua mani rese ruvide e callose dal maneggio delle armi, l’avevano esplorata come un territorio sconosciuto, facendola rabbrividire di piacere. Ed infine era affondato in lei, facendole esplodere nella mente e nel corpo le fiamme del piacere, infrangendo la tanto preziosa verginità di Sposa di Primavera.Il corpo di Miriam si inarcò sul giaciglio, mentre il fuoco divampava nel suo bassoventre, scuotendole le membra e inondando il suo giovane corpo di sudore. Ma ben misero surrogato erano le sue dita. I muscoli si rilassarono e lei tornò a ricadere sul letto, ansimando leggermente, come sempre appagata ma lo stesso ancora affamata. Non aveva mai saputo il nome di quel mercenario, ne le sarebbe interessato conoscerlo: tutto quello che agognava di lui era il membro turgido che l’aveva deflorata, che le aveva scavato nel ventre il solco incolmabile che ora palpitava anelando di essere nuovamente riempito.Miriam si passò il dorso di una mano sulla fronte madida di sudore, sospirando mestamente. Ormai era troppo tardi. L’indomani tutto si sarebbe compiuto.I villici l’avrebbero legata saldamente all’altare, immolando il suo giovane corpo di donna alla Bestia per ottenere in cambio altri sette anni di pace, ed ignorando che la loro offerta era avariata. Una mela che nascondeva nella sua polpa succosa un piccolo verme, intento a roderla internamente pur lasciando intonsa la stupenda buccia.Se avesse parlato, se avesse detto di aver perduto la tanto preziosa ed ambita verginità, la purezza che tanto preziosa sembrava essere per la Bestia, molto probabilmente l’avrebbero uccisa sul posto, rapidamente, con un secco colpo di spada, risparmiandole in tal modo il supplizio di venir legata all’altare e di dover affrontare l’orrore ignoto della belva.Avrebbe potuto essere una via alternativa, una rapida fuga da quanto le stava accadendo. Molte volte Miriam aveva meditato se compiere quel passo e sempre qualcosa dentro di lei aveva detto di no, urlando la sua contrarietà fino a farle bruciare le carni. Quel qualcosa continuava a ripeterle che a lei era riservato un altro destino.Miriam aveva taciuto e si era preparata sotto gli sguardi attenti dei Saggi, compiendo le purificazioni rituali come loro volevano, mentre gli sguardi degli uomini le accarezzavano lascivamente le carni nude, la rotondità dei seni, la morbidezza dei fianchi, la sinuosità delle forme, ben sapendo che da li a poco, quel magnifico corpo sarebbe stato profanato, smembrato e violato dall’oscura bestia.Eppure lei non aveva paura: attendeva quasi con trepidazione il momento culminante di tutti quei preparativi, quando avrebbe avuto di fronte l’ignoto.Come ignote sarebbero state le conseguenze per il suo villaggio ed i suoi abitanti, per quel dettaglio tanto importante da lei taciuto.Si scoprì a provare un moto di pietà per i suoi carnefici ma poi, senza rendersene conto, sprofondò nel sonno, i capelli neri e scarmigliati quasi a formare un’oscura aureola attorno alla sua testa appoggiata al cuscino, con la gonna ancora alzata ed una mano mollemente appoggiata a coprire la sua femminilità. – Che il tuo destino si compia!- sentenziò l’Anziano Sacerdote, osservando per un ultima volta le forme prosperose di Miriam, legate all’altare ed a malapena coperte dalla sottile stoffa candida della camicetta e della gonna, diligentemente e sapientemente ricamata dalle donne del villaggio durante i sette anni di pace tra un rituale e l’altro.Lei guardò l’uomo negli occhi, fissandolo con espressione priva di emozione. L’uomo resse per qualche istante lo sguardo, poi fu costretto ad abbassare gli occhi. Nessuna Sposa di Primavera si era mai comportata come Miriam, e lui nella sua lunga vita ne aveva viste altre nove salire all’Altare, dapprima come ragazzino curioso nascosto dietro le gambe della madre, poi da giovane uomo frammisto nella folla, in seguito come Officiante, infine da Anziano Sacerdote.Niente grida isteriche, niente movimenti inconsulti, non si era dibattuta tra le mani degli Officianti che la guidavano verso l’altare, non si era appesa alle corde che la legavano nell’ultimo tentativo di liberarsi e salvare la vita.Quella ragazza dagli occhi e dai capelli neri aveva camminato a fronte alta, quasi altera, tra gli Officianti, senza proferire parola e senza versare una lacrima. Giunta davanti all’altare aveva avuto un attimo di esitazione, e lui si era aspettato l’improvviso crollo della ragazza. Ma lei si era limitata ad osservare quasi con interessa le due colonne di pietra in mezzo alle quali sarebbe stata legata.Poi, stupendo tutti, era avanzata decisa ed aveva preso posto. Tanto repentino ed inaspettato era stato quel gesto, da sorprendere gli Officianti, che si videro costretti a rincorrerla come altrettanti allocchi.Un basso mormorio attraversò la folla radunata per la cerimonia, ma un perentorio gesto dell’Anziano Sacerdote aveva riportato immediatamente il silenzio.Mentre egli iniziava il suo lento salmodiare, la sua preghiera alla Bestia affinché essa accettasse la loro offerta, concedendo altri sette preziosi anni di pace, gli Officianti si affrettarono a legare strettamente Miriam con le spesse funi.La ragazza sobbalzò quando le ruvide corde le affondarono nelle carni dei polsi e delle caviglie ma, mordendosi l’interno delle guance, represse il gemito di dolore e si limitò a fissare con distacco l’Anziano Sacerdote intento nel suo salmodiare. Gli Officianti si allontanarono da lei andando a riprendere il posto che loro competeva.Miriam si guardò lentamente attorno, facendo vagare lo sguardo sui familiari volti dei presenti. Pur conoscendo perfettamente ognuno di loro, le sembravano altrettanti estranei.L’Anziano Sacerdote terminò la litania concludendola con la frase di rito, poi fece un passo indietro.In silenzio, la folla alle sue spalle si voltò come un unico organismo ed iniziò a percorrere lo scosceso sentiero che l’avrebbe riportata al sicuro nel villaggio. Quella notte le strade sarebbero state deserte, la gente rintanata nelle case avrebbe sprangato saldamente le porte e le finestre in attesa di sentire il lontano e straziante urlo che avrebbe decretato la fine dell’ennesima fanciulla.L’Anziano Sacerdote, primo a giungere davanti all’altare, fu l’ultimo a voltarsi, dopo uno sguardo finale a Miriam ed alle funi che la legavano.La ragazza fisso la schiena ingobbita allontanarsi alla luce insicura delle torce rette dagli Officianti, poi fu sola, in attesa della luna che, di li a poco, avrebbe fatto capolino da dietro le cime della montagna incombente.La ragazza sollevò il capo ed aspirò profondamente l’aria tiepida della notte.Il profumo intenso e muschiato della foresta distante pochi passi le riempì le narici ed i polmoni, infondendole una stranissima calma. Aveva sempre amato quell’odore ricco, ma mai come quella sera ne era tanto consapevole.Il tempo scorreva lentamente e la costrizione delle funi iniziava a diventare dolorosa. Leggeri crampi iniziavano a farle tremare le gambe, e le braccia tese sopra la testa le rendevano difficoltoso il respiro.Eppure era calma, perfettamente calma, come se al suo posto vi fosse un’altra donna, distante mille miglia da lei. Nemmeno l’idea dell’incubo che l’attendeva riusciva ad intaccare la pace che la stava pervadendo.Quando la luna sorse ed illuminò l’Altare lei quasi non se ne accorse, tanto era distante la sua mente. Le ci volle qualche minuto per notare la differenza di luminosità, quella pallida luce che trasformava ogni singola ombra in una pozza di buio profondo e stagliava netta ogni superficie che accarezzava.Tentò di scrutare nel folto della foresta ma li vi era solo l’oscurità da vedere, accompagnata dalle forme assurde che la mente creava per compensare l’assoluta mancanza di immagini. – Arriverà presto.- si disse in un basso mormorio, mentre un brivido le attraversava il corpo. L’aria fresca proveniente dalla foresta si insinuò sotto la leggera veste, sontuosamente ricamata, di cui l’avevano paludata, stuzzicando la pelle leggermente sudata.Miriam si lasciò sfuggire un leggero gridolino quando un alito di vento riuscì ad infilarsi nel suo colletto, sfiorandole con gentilezza i seni.Sorpresa, sentì i capezzoli inturgidirsi e la famigliare sensazione di calore nel centro della sua femminilità.Sbarrò gli occhi e si morse le labbra. Non era possibile! Stava per morire di una morte atroce ed il suo corpo e la sua mente reagivano alla carezza del vento con un’insana eccitazione.Miriam si morse nuovamente il labbro inferiore ed inspirò violentemente dal naso.Stava per esalare il respiro ma si immobilizzò, tutti i sensi improvvisamente all’erta.C’era un nuovo odore nell’aria, qualcosa di sconosciuto ed allo stesso tempo famigliare che le fece fremere le narici come ad un cane.Esalò lentamente l’aria trattenuta nei polmoni poi prese ad annusare con estrema attenzione.Non si stava sbagliando. Un nuovo odore le solleticava l’olfatto, un odore di selvatico, di foresta e di sangue. Per un istante ripensò al suo Guerriero, l’uomo che l’aveva privata della verginità che spettava alla Bestia. Ma l’odore che sentiva era molto più intenso ed allo stesso tempo più morbido.Un odore animale, caldo, e privo di quel sentore di morte che accompagnava il viandante.Eppure doveva venire per forza dall’essere che l’avrebbe privata della vita. – E giunto!- mormorò. Chiudendo con forza gli occhi per un istante.Quando li riaprì, altri due occhi luminescenti ricambiarono il suo sguardo, spiccando nel buio al limitare della linea degli alberi. Un attimo dopo altri due si unirono ai primi, poi altri ancora, mentre un basso ringhio si alzava dal folto. – Lupi!- sussultò Miriam, stupendosi immediatamente dall’improvvisa paura che le aveva attanagliato i visceri. Forse alla fine il suo istinto di sopravvivenza stava prendendo il sopravvento, riportandola alla crudele realtà di quanto stava per accaderle. Cercò di divincolarsi dalle funi che la trattenevano, con l’unico risultato di stringere ancor di più i nodi. – No! Non i lupi!- bisbigliò, sull’orlo del terrore. Un altro brivido le scosse le carni, mentre le creature avanzavano guardinghe fuori dagli alberi.Lei li fissò ad occhi sbarrati mentre le si avvicinavano di soppiatto.L’animale più grosso, probabilmente il capobranco, avanzò di qualche passo ancora, annusando nella sua direzione e preparandosi a saltare.Miriam chiuse gli occhi con forza, rifiutando di guardare la morte in faccia. “Niente Bestia!” si disse “Da tempo immemorabile sacrifichiamo stupidamente giovani fanciulle vergini ad un branco di lupi affamati!”Sentì l’inizio di una risata isterica crescerle nel petto, subito stroncata da un altro ringhio sordo, molto più vicino di prima.Riaprì gli occhi e si ritrovo a fissare il grosso lupo, ormai a meno di due metri da lei. – Vattene, stupida bestia!- gridò Miriam all’improvviso, dibattendosi nelle corde che le serravano le membra, riuscendo a spaventare il lupo e se stessa.L’animale si ritrasse di un metro abbondante, rannicchiandosi e caricandosi come una molla, pronto a balzarle alla gola.Il tempo sembrò rallentare. Miriam vide gli artigli dell’animale scavare solchi paralleli nel terreno mentre le zampe possenti spingevano in avanti il corpo muscoloso. Distinse nettamente i muscoli dell’animale attraverso la pelliccia ed il luccicare della bava sulle sue zanne. Stava mirando al collo della preda, una morte brutale ma rapida.Miriam, paralizzata dal terrore, non ebbe il tempo di reagire se non per un futile stridio.Sentì l’alito puzzolente del lupo ad un palmo dal suo viso, poi una massa enorme si frappose tra lei e l’animale.Un ruggito bestiale, seguito da un sordo uggiolio di dolore, la riportò bruscamente alla realtà.Rumore di ossa spezzate ed il sordo tonfo di un corpo che sbatteva a terra con forza inaudita.La massa enorme si spostò leggermente in avanti e Miriam poté vederne i contorni. La ragazza spalancò gli occhi ed aprì la bocca in un’espressione di incredulità totale.La Bestia esisteva davvero!La Bestia incombeva nella radura e con la sua presenza sembrava riempirla completamente. Alta quasi quanto le colonne che sovrastavano Miriam di almeno un metro, spalle larghissime, braccia possenti, il torace enorme e le gambe, simili a quelle dei lupi, sembravano robuste quanto tronchi d’albero, la Bestia rimaneva immobile fronteggiando il branco minaccioso.Gli animali la fissarono per qualche istante poi partirono all’attacco, decisi a vendicare il loro capo ed eliminare l’essere che si frapponeva tra loro e la loro preda.La Bestia mulinò le braccia, colpendo con un pugno simile ad un maglio il primo dei lupi che l’aveva raggiunta. L’animale si spezzò letteralmente in due, piegandosi ad un angolo assurdo e ricadendo da una parte, morto prima ancora di toccare terra. Il secondo lupo fu afferrato con una mano enorme alla gola e subito un atroce rumore di ossa maciullate si sollevò sulla foresta. Un terzo lupo si ritrovò a fissare impotente i suoi stessi intestini rovesciarsi fuori dall’addome, squarciato con un colpo unico dagli artigli della Bestia, poi tutto fu finito, il resto del branco si eclissò nella foresta lasciandosi dietro i compagni massacrati ed acuti guaiti.La Bestia scosse il lupo che ancora stringeva in pugno lanciando un secondo terribile ruggito. Infine scagliò da una parte il corpo privo di vita e sbuffò sonoramente, quasi con disgusto.Miriam aveva seguito il rapido susseguirsi degli eventi con il fiato sospeso, gli occhi spalancati ed il cuore palpitante. Solo quando la Bestia si voltò lentamente verso di lei lasciò andare il respiro, stupita dalla sensazione di esaltazione che provava.Tentò di riprendere il controllo del suo corpo, del suo respiro, ma le fu impossibile. Sentiva il petto sollevarsi ad abbassarsi privo di controllo al ritmo del suo respiro, il cuore batterle furiosamente nel petto ed il sangue scorrerle in ogni singola vena. Con immenso stupore sentì il famigliare calore liquido invaderle l’inguine. “Mi sono eccitata!” pensò stupidamente, rendendosi conto della verità di quella affermazione. Si era eccitata alla vista dei quel massacro.No. Non alla vista del massacro. Si era eccitata alla vista della Bestia che combatteva per lei, per difendere l’offerta che le era stata fatta.La Bestia avanzò lentamente verso di lei, fissandola con attenzione con la testa reclinata da una parte e le orecchie diritte.La ragazza respirò profondamente dalle narici e lasciò che l’odore muschiato dell’essere le entrasse a fondo nei polmoni. Una nuova ondata di calore le dilagò dal ventre, spargendosi nel resto del corpo fin quasi a toglierle le forze. Un raggio di luna colpì sul muso l’essere, permettendole per la prima volta di vederlo bene.Non somigliava a nulla che Miriam avesse mai visto, ne dal vero ne dai pesanti libri che a volte era riuscita a leggere di nascosto.Occhi ferini in cui sembrava danzassero le fiamme dell’inferno la fissarono, mentre due orecchie aguzze da lupo continuavano a muoversi avanti ed indietro come a tenere sotto controllo l’ambiente circostante; la fronte ampia e spaziosa, il naso simile a quello di un orso su un muso tozzo e sporgente simile a quello di un leone, dotato si zanne lunghissime ed affilate. Una folta criniera copriva la testa ed il collo, stemperandosi dolcemente sul petto larghissimo. Il corpo, coperto di un pelo nero e setoso, sembrava scolpito nel tronco nodoso di un albero. Le braccia lunghissime, finivano con due mani dotate di lunghi ed aguzzi artigli che, sotto gli occhi esterrefatti di Miriam, rientrarono lentamente nelle dita, come quelli di un gatto.La Bestia si appressò ed un nuovo brivido scosse la ragazza, che sentì un rivolo di umori scorrere lungo l’interno delle cosce frementi.L’essere appressò la faccia a quella della ragazza e l’annusò attentamente, poi si spostò al collo, sfiorandolo con i lunghi baffi da gatto. Scese lungo il busto, soffermandosi all’altezza dei seni, indugiando con attenzione sui capezzoli eretti sotto la stoffa sottile. Poi, appoggiando gli arti anteriori a terra, discese lungo il ventre fino a fermarsi all’altezza dell’inguine, lasciato oscenamente indifeso dalle gambe tenute divaricate dalle funi.La Bestia emise una specie di uggiolio stupito e sollevò la testa di scatto, fissando per un attimo Miriam negli occhi. Poi il muso tornò ad infilarsi tra le sue gambe, aspirando rumorosamente dal naso.Con estrema lentezza la belva si spinse in avanti, sfiorando col grugno la stoffa, spingendo ancora fino a sfiorare le carni tumefatte nascoste sotto di essa. Infine pressò con forza il naso sul sesso di Miriam ed aspirò con energia.La ragazza, al colmo dell’eccitazione, emise un rantolo e si abbandonò appesa alle funi. Nel fondo della sua mente pensò, stupita ed incredula, che mentre la belva respirava il suo afrore più intimo lei aveva provato l’orgasmo più forte della sua vita.La Bestia grugnì sommessamente ed un lungo tremito le scosse le spalle e la schiena, mentre Miriam, con un movimento quasi involontario spinse in avanti il pube, schiacciandolo contro il muso peloso.L’essere continuò ad annusare per qualche istante con foga sempre maggiore, poi di scatto si ritrasse, ergendosi nuovamente in tutta la sua altezza. Allargò le braccia immense e, mentre gli artigli scattavano nuovamente fuori dalle dita, ruggì alle stelle con quanto fiato aveva in gola.La ragazza sollevò lo sguardo ad incrociare gli occhi dell’essere mostruoso e quello che vide la fece sobbalzare e rabbrividire violentemente. In quelle fornaci ardenti aveva visto chiaramente il desiderio della bestia.Senza saper resistere, i suoi occhi si abbassarono lentamente, soffermandosi sul petto possente, sfiorando il ventre piatto e muscoloso ricoperto di pelo fino a raggiungere l’inguine della belva.La ragazza ristette senza respirare alla vista del pene immenso che svettava già turgido in mezzo alle cosce muscolose. Lungo quasi quanto l’avambraccio della ragazza, ed altrettanto spesso, era fittamente ricoperto da grosse vene in rilievo ed il glande enfiato sembrava un pugno chiuso, nodoso e duro quanto il legno.Sentì nuovi umori inondarle la vagina, debordando sconciamente lungo le cosce, fino a trasformare la stoffa che la ricopriva in uno straccio umido ed appiccicoso.La Bestia allungò la mano artigliata verso di lei, sfiorando quasi con dolcezza la camicetta all’altezza del seno. Poi, con un gesto tanto rapido da risultare indistinto, afferrò la stoffa e tirò con forza immane.Le cuciture cedettero quasi all’istante, ma nonostante ciò le carni di Miriam vennero escoriate dal rapido movimento. La giovane mugolò appena, troppo rapita dal palo di carne che le svettava davanti per sentire veramente dolore anche quando, un secondo più tardi, la belva ripeté l’operazione con la gonna che, ben più robusta della camicetta, le lasciò due ampi segni rossi sui fianchi. Si limitò a mugolare sommessamente, senza distogliere lo sguardo dal pinnacolo di carne che le ballonzolava davanti.La bestia avanzò di un passo e la punta paonazza del membro sfiorò la morbida pelle del ventre di Miriam, che per tutta risposta cercò inutilmente di spingersi ancora più in avanti, di entrare maggiormente in contatto con quella verga pulsante.La bestia si abbassò sulle zampe possenti ed il pene striscio lungo il corpo di Miriam, strappandole un gemito di eccitazione quando si fermò con la punta direttamente sulla sua clitoride.Sbuffando come un mantice, con un lento movimento del bacino la Bestia struscio la punta della mazza sulle grandi labbra di Miriam già dischiuse e pronte poi, con un unico possente colpo di reni, sprofondò nella morbida carne della ragazza, sollevandola letteralmente da terra. Le corde che la trattenevano si tesero, conficcandosi nelle sue carni già martoriate, un infima goccia di dolore nel mare di piacere che la giovane provò.Fu la sua eccitazione ed il precedente orgasmo a salvarla dall’essere sventrata. I suoi tessuti, fortemente lubrificati, lasciarono scivolare l’olisbo al loro interno, adattandosi elasticamente ad esso senza nessun attrito.Miriam sentì distintamente ogni singolo centimetro del palo di carne entrare in lei, ogni singola vena pulsante strisciare lungo le pareti del suo canale e la punta palpitante del membro farsi strada dentro di lei fino al suo anfratto più profondo.Uniti in quel selvaggio connubio, lei e la Bestia urlarono il loro piacere all’unisono.Il mostro si ritirò lentamente da lei, per riaffondare nel suo ventre subito dopo, sballottandola come un burattino attaccato ai fili di un invisibile burattinaio.Miriam non riusciva nemmeno a respirare, tanta era la forza dei colpi che la squassavano, ma nonostante ciò avrebbe preferito morire asfissiata purché la Bestia non interrompesse il suo furioso andirivieni nel suo corpo.I movimenti della belva si fecero più rapidi, più concitati, mentre l’immane corpo si tendeva contro le carni della giovane. Miriam lo sentì, se possibile, ingrossarsi ancor di più dentro di se, sentì il glande pulsare infuocato ed infine la belva, dopo un ultimo micidiale affondo che rischiò di strappare le membra alla ragazza, si immobilizzò nell’orgasmo.Miriam, a bocca spalancata e con gli occhi sbarrati, sentì i getti prepotenti della Bestia allagarle il ventre, espandersi dentro di lei come un fiume in piena che abbia rotto gli argini, colare lungo lo stretto canale ingolfato dal membro pulsante e debordare dal suo corpo lungo l’interno delle cosce, andandosi a mischiare agli umori prodotti da lei stessa.Fu questo a scatenare l’ultimo e più terribile orgasmo nella giovane, alla quale sembrò di esser colpita da un fulmine. I capelli le si rizzarono sulla nuca, il cuore parve fermarsi e nel ventre le dilagò un fiume cocente di piacere, che le paralizzò le membra e le fece esalare il respiro a lungo trattenuto come fosse l’ultimo della sua vita.Con un ultimo sussulto, il mostro finì di scaricarsi dentro di lei e barcollò all’indietro, mentre la ragazza, priva di conoscenza, giacque mollemente appesa alle funi che la trattenevano.La Bestia, con una basso mugolio, estrasse il pene da quelle carni tumefatte ed osservò per un istante, rapita, il rivolo di sperma misto a sangue che ne ruscellò fuori. Fece un passo indietro, poi gettò la testa indietro ed ululò. Un lungo e terribile ululato che mai gola di lupo avrebbe potuto emettere.Infine, riabbassata la testa, tornò a fissare la giovane inerte, mentre una singola lacrima solitaria scorse lungo il muso ferino.Con estrema dolcezza, si appressò alla ragazza inerme e con un rapido colpo di artigli recise le funi che la legavano. La sorresse tra le braccia immani e, dopo un ultimo basso ruggito, si precipitò nella foresta, scomparendo in un istante.Miriam batté le palpebre tentando di mettere a fuoco il posto che la circondava. Si sollevò lentamente su un gomito, guardandosi in giro spaesata. Una nebbia fitta le invadeva la mente, impedendole di ricordare dove si trovasse.Abbassò lo sguardo sulle pelli non conciate che la ricoprivano, poi si osservò attentamente i polsi solcati da profonde escoriazioni. Furono quelle a diradare la nebbia ed a farle tornare alla memoria quanto le era accaduto: il rito, i lupi, la Bestia… l’osceno atto sessuale consumato. Poi ricordi confusi di una folle corsa nella foresta, semincosciente, stretta nelle braccia del mostro mentre le fronde degli alberi le colpivano il corpo nudo. Infine il nero dell’oblio. La stanchezza, la tensione e gli avvenimenti l’avevano fatta piombare in un sonno profondo, una specie di coma dal quale era riemersa solo in quel momento.Riportò l’attenzione all’ambiente circostante, una specie di ampia stanza, molto simile ad una grotta, con un’unica apertura sulla parete più stretta, attraverso la quale si insinuava all’interno la luce di un sole appena sorto. Miriam riconobbe poco distante dal suo giaciglio le ceneri di un piccolo fuoco, una specie di brocca ottenuta da una zucca svuotata colma d’acqua limpida e, dal lato opposto, un altro giaciglio, anch’esso coperto di pellicce gettate alla rinfusa.Dove si trovava? Che fine aveva fatto la Bestia?Forse nella folle corsa la belva l’aveva abbandonata e qualche anima caritatevole le aveva prestato soccorso?Oppure avevano incrociato un guerriero, come il suo guerriero, disposto e capace di affrontare il mostro per liberarla?Miriam sentì il cuore sobbalzarle nel petto ed una profonda sensazione di perdita e smarrimento pervaderla. Ristette un momento in cerca di una spiegazione a quella strana reazione, poi scostò di scatto le pelli e balzò in piedi, sgomenta. Era terrorizzata non dalla Bestia, ma dalla sua assenza.Completamente nuda, avanzò lentamente verso l’entrata della grotta. Ne partiva uno stretto e corto tunnel che ben presto la condusse all’esterno, in una piccola radura aperta sul fianco della montagna.Un sole mattutino fece capolino tra le fronde degli alberi. Miriam avanzò nella radura, calpestando a piedi nudi l’erba ancora coperta di rugiada. Poco distante, lungo la linea degli alberi, un ruscello gorgogliava tranquillo.La giovane si guardò attorno. Era da sola.D’istinto, si avvicinò all’acqua, godendo della piacevole sensazione dell’erba umida contro i piedi nudi.Si inginocchiò su una pietra che sporgeva sul piccolo ruscello, poi affondò le mani nella fresca corrente, ritraendole piene d’acqua che portò alle labbra.Bevve a sazietà poi, quasi senza rendersene conto, iniziò a lavarsi.L’acqua era fredda e la fece rabbrividire ma Miriam continuò imperterrita le sue abluzioni, detergendosi con attenzione il corpo. Passò delicatamente le mani fra le gambe, leggermente preoccupata per le tracce di sangue che le macchiavano le cosce. Con grande attenzione premette sulla vagina, poi insinuò lentamente un dito all’interno del vestibolo in cerca di lesioni, ritraendole quasi subito, rassicurata dalla totale assenza di dolore. Se non fosse stato per il sangue e per la netta sensazione di aver avuto un rapporto sessuale, già sperimentata quella prima ed unica volta con il viandante, sarebbe stata dispostissima ad affermare di aver sognato tutto. Si bagnò leggermente i capelli e li pettinò alla meglio con le dita.Poi, soddisfatta, si rialzò in piedi, stirando le membra ancora irrigidite dal sonno.Infine si voltò ed osservò il fianco della montagna.- Dei del cielo!- bisbigliò, sgranando gli occhi. Al di sopra dell’entrata della grotta si sollevavano i ruderi ancora poderosi di un antico castello. Tempo e vegetazione ne avevano fatto scempio, ma ancora si intuivano le mura fortificate, le merlature, i torrioni e i camminamenti di ronda. Quella che doveva essere stata la strada d’accesso principale, quasi completamente in rovina, tagliava diagonalmente l’intera facciata fino a raggiungere il cancello d’ingresso, ora schiantato, a metà altezza delle mura.Dubitava che qualcuno sospettasse l’esistenza di una simile costruzione e si chiese chi mai l’avesse potuta edificare.Ammirò ancora per qualche istante l’imponente castello in rovina e riportò lo sguardo alla radura.Non appena si fu voltata, si immobilizzò immediatamente. Dal lato opposto della radura, illuminata da un singolo raggio di sole filtrato tra gli alberi, la Bestia la stava fissando appoggiata con una mano ad un albero, nell’atto di scavalcare un masso.Nell’altra mano, stringeva un qualcosa di peloso, evidentemente un preda che aveva catturato.I due si guardarono per un lunghissimo istante, poi la Bestia terminò il passo ed avanzò lenta ma decisa nella radura, diretta verso Miriam.La ragazza non mosse un muscolo, indecisa sul da farsi e certa che un suo qualsiasi tentativo di fuga sarebbe stato vanificato immediatamente.“Fuga?” pensò pigramente. “Perché mai dovrei fuggire?” si chiese, mentre la Bestia la raggiungeva. Se quel mostro non l’aveva uccisa la notte precedente, non l’avrebbe di certo fatto proprio quella mattina.Infatti l’essere, con il suo aspetto mostruoso, raggiunta Miriam tese il braccio con cui reggeva l’animale che aveva catturato, un bel coniglio paffuto, e glielo porse quasi con gentilezza.Lei fissò per un istante il piccolo corpo esanime, poi i suoi occhi risalirono lungo il braccio del mostro fino a raggiungerne la faccia e poi gli occhi. In essi non brillava più la luce rossastra e sinistra della sera prima, Miriam si avvide che pur se bestiali in essi vi era un’espressione di infinita tristezza.La Bestia grugnì sommessamente, tornando a scuotere il coniglio all’indirizzo di Miriam, che allungò le mani ed accettò l’offerta. L’essere tornò a grugnire sommessamente e fece per voltarsi.Rapidissima, Miriam le afferrò una mano e la trattenne nella sua.L’essere fu scosso da un brivido profondo e per un attimo gli artigli saettarono al di fuori dalle dita, rientrandosi immediatamente, mentre la testa si girava di scatto ed un lampo feroce attraversava lo sguardo della belva. – Grazie.- disse la ragazza, pur sapendo che ben difficilmente l’essere avrebbe potuto capire quanto lei stava dicendo. – Grazie per non avermi uccisa e grazie per questo.- ripeté la giovane, facendosi coraggio, indicando con un leggero cenno della testa il coniglio che stringeva in mano.La Bestia la fissò per un istante poi lentamente ritrasse la mano e a testa china si avviò nella grotta.Miriam rimase un attimo indecisa sul da farsi poi lo seguì.Quando lo raggiunse, questi era accoccolato accanto ai resti del piccolo fuoco, intento a spezzare ramoscelli con le mani enormi, ammucchiandoli accuratamente a formare una piccola pira. Da sotto il giaciglio estrasse una pietra focaia ed un acciarino ed in men che non si dica un piccolo fuocherello scoppiettava allegro nella grotta, illuminandone i contorni.La Bestia tese la mano verso il coniglio e Miriam si affretto a porgerglielo.Gli artigli dell’essere saettarono alla luce delle fiamme e la bestiola fu sventrata con consumata perizia, poi scuoiata, infilzata rapidamente su un bastoncino ed infine posta sulla viva fiamma.Qualche minuto più tardi, il profumo invitante del coniglio in cottura invadeva la grotta e solo in quel momento Miriam si rese conto di quanta fame avesse.Mentre mangiava, Miriam si guardò attorno. Quella che all’inizio le era sembrata una grotta, alla luce delle fiamme si rivelava essere un’ampia stanza chiaramente scavata da mano umana. Sul fondo della stessa spiccava una stretta porta che, sebbene parzialmente marcita e sfatta, sembrava ancora estremamente robusta, rinforzata com’era da ampie strisce di metallo saldate assieme da grosse borchie.Masticando con gusto la tenera carne del coniglio, Miriam arrivò alla conclusione che molto probabilmente si trovavano in un accesso secondario al grande castello soprastante, eletto a dimora dalla Bestia. Il pensiero le ricordò improvvisamente l’essere mostruoso davanti al quale stava consumando il pasto e si affrettò a voltare la testa al suo indirizzo. La Bestia, che la stava fissando con attenzione e trasporto, distolse lo sguardo riportandolo sulle fiamme, ma non prima che Miriam potesse rendersi conto che erano i suoi seni che avevano fino a quell’istante accentrato l’attenzione del mostro.La ragazza abbassò lo sguardo: aveva completamente dimenticato di essere nuda e, seduta a gambe incrociate sul basso giaciglio di pelli, di esporre quindi allo sguardo indagatore della bestia il suo corpo e la sua femminilità.Allungò d’istinto una mano per coprirsi, poi si immobilizzò a mezz’aria.La bestia l’aveva già vista nuda, l’aveva già toccata, era stato dentro di lei ed aveva deposto il suo seme nel suo ventre. Il coprirsi dopo quanto era accaduto era a dir poco assurdo.Il pensiero ritornò immediatamente all’infinito piacere che la Bestia le aveva donato e la mano che era scattata a coprire la nudità dei seni improvvisamente corse a sfiorare un capezzolo, soffermandosi per un attimo a stuzzicarlo con la punta di un’unghia. Improvviso come il lampo, un brivido profondo pervase la giovane, che inghiottì con difficoltà il boccone, emettendo un lieve gemito.La bestia sollevò di scatto la testa con espressione incuriosita.Miriam fissò lo sguardo negli occhi dell’essere poi, come la sera prima, li abbassò lentamente lungo il corpo massiccio fino a raggiungerne l’inguine, incollandoli all’organo sessuale del mostro che, pendulo, giaceva abbandonato sui grossi testicoli tra le cosce muscoloseUn nuovo brivido, ben più forte di prima, scosse le membra della ragazza, tanto da costringerla a gettare da un lato la coscia di coniglio per poter appoggiare una mano sul giaciglio alle sue spalle a mo’ di sostegno.Il mostro si mosse leggermente ed il movimento fece ballonzolare leggermente i genitali della Bestia. Miriam, alla vista di quell’organo ancora molle ma già enorme, inspirò bruscamente dalle narici e dalla bocca socchiusa, emettendo un sibilo. Senza poterselo impedire, Miriam allargò leggermente le gambe mentre la mano abbandonava il capezzolo per scendere rapida lungo il ventre piatto, fermandosi a coprire la vagina. Un dito si insinuò nel riccioluto pelo pubico a cercare il suo punto più sensibile.Stupendo se stessa, Miriam si rese conto che il solo trovarsi vicino a quell’essere ferino, nuda, alla sua mercé, riaccendeva dentro di lei quell’insana eccitazione che l’aveva pervasa con sempre maggiore insistenza fin dal giorno in cui si era congiunta con il viandante, e che era culminata la sera prima nel terribile orgasmo che aveva provato.La ragazza riportò lo sguardo sul volto della Bestia, che a sua volta la stava fissando come solo un predatore che fissa la preda può fare. Le orecchie puntute abbassate lungo la testa, la bocca leggermente aperta, le labbra ritratte sulle zanne affilate, il naso fremente a saggiare gli odori, i muscoli frementi sotto il folto pelo che andava rizzandosi sul dorso mentre un sordo brontolio si levava dal petto possente.Una strana esaltazione invase la mente di Miriam, che rispondendo ad un istinto sconosciuto e bestiale, sciolse le gambe allungandole davanti a se, poi flesse leggermente le ginocchia, esponendosi completamente.L’essere si chinò in avanti e, procedendo a quattro zampe, si avvicinò alla giovane con movenze feline. Il muso allungato, con lentezza esasperante, si infilò tra le cosce della ragazza fin quasi a sfiorarle la vagina con il naso. Come aveva fatto la sera precedente, la belva annusò ripetutamente e con forza l’afrore segreto della giovane. Il sordo brontolio si tramutò in una specie di ringhio sommesso.Al contatto del fiato bollente del mostro, il ventre di Miriam si contrasse mentre un fiotto di umori le inondava la femminilità. Le dita della ragazza corsero rapidissime a divaricare le grandi labbra che luccicarono unte alle fiamme morenti del piccolo fuoco.Le fauci della belva si divaricarono, lasciando uscire una lingua spessa e larga come quella di un cane.L’organo si avvicinò lentamente al frutto maturo che aveva davanti, poi vi aderì completamente, vibrando.Miriam rovesciò la testa all’indietro e gorgogliò il suo piacere mentre la lingua rasposa della belva iniziava un lento andirivieni sul suo inguine. Il respiro della ragazza si fece più rapido, le gambe iniziarono a tremarle e le sembrò all’improvviso che un falò le si fosse acceso nel ventre.La lingua della bestia spinse leggermente ed affondò in lei, questa volta strappandole un vero e proprio grido. Miriam crollò all’indietro, abbattendosi sulla schiena sopra le pelli. Le sue mani corsero ad afferrare la testa del mostro, attirandola e spingendola contro il pube. Dalla gola del mostro si alzò un ringhio basso, mentre la sua lingua saettava rapida lungo le grandi labbra e nel vestibolo della ragazza, che prese ad agitare il bacino contro quel muso zannuto.La giovane affondò le dita nella folta criniera della belva, tirando con forza il folto e lungo pelo, poi inarcò la schiena, puntando nuca e talloni al suolo fino a sollevare il resto del corpo in un arco di muscoli, ossa e tendini tesi. Con un ruggito finale molto simile a quello emesso dal mostro la sera prima, Miriam raggiunse l’orgasmo poi si accasciò ansimante sul giaciglio.Le sue mani lasciarono andare la criniera della Bestia, ma non si staccarono dalla sua testa. Carezzarono lentamente i contorni di quel muso ferino, scesero lentamente lungo il collo e raggiunsero i possenti muscoli del petto, soffermandosi a saggiarne la potenza. Attirata la belva sopra di se, continuarono il loro vagare sui fianchi e sul ventre, quasi a sincerarsi dell’effettiva esistenza di quel corpo immane. Le dita affusolate della giovane rallentarono il loro febbrile movimento quando raggiunsero il basso ventre del mostro. Con delicatezza e trepidazione percorsero gli ultimi centimetri ed infine raggiunsero il loro obbiettivo, serrandosi con ferma delicatezza sull’asta già turgida, strappando un grugnito alla belva.Era il puro istinto a guidare le movenze di Miriam, e l’istinto le dettò di muovere le mani in un lento massaggio.La Bestia rabbrividì nel profondo, mentre il membro si ingrossava rapidamente tra le mani della giovane, che continuò a masturbarlo con sempre maggiore foga.Infine la ragazza non resisté più, afferrò saldamente l’asta con una mano, mentre con l’altra divaricò le carni palpitanti del suo ventre. Infine guidò il membro verso l’apertura, pregustando bramosa l’attimo in cui sarebbe affondato nuovamente in lei.L’affondo non tardò. Non appena la Bestia sentì che il glande enfio aveva superato l’imboccatura della vagina, mosse in avanti il bacino. A differenza della sera precedente, il movimento fu lento, quasi metodico, e Miriam ebbe la possibilità di assaporare pienamente l’enorme fallo che la dilatava. Bastò questo a scatenarle un nuovo possente orgasmo, che la fece ringhiare nuovamente. La belva si assestò completamente dentro di lei, poi si sfilò con altrettanta lentezza.A Miriam sembrava di ricevere un palo rovente nel ventre, il piacere la stava facendo impazzire ed al nuovo affondo del mostro tornò ad ululare con tutta la forza del suo giovane corpo.Un ulteriore affondo le fece esplodere nel cervello le fiamme dell’inferno. Il suo corpo si tese di scatto con forza devastante, tanto da riuscire a far barcollare la belva che la sovrastava.Il mostro dovette indietreggiare di un passo per non cadere nelle braci del fuoco morente e facendo ciò si sfilò dal corpo teso della ragazza.Miriam ruggì di disappunto e si abbatté sulle pelli, poi fissò il mostro quasi con rabbia, che si tramutò subito in comprensione. Le zampe posteriori della Bestia non erano strutturate per congiungersi con una donna in quel modo.Colta da improvvisa ispirazione, la ragazza rotolò su se stessa mettendosi a quattro zampe. Innumerevoli volte aveva assistito alla monta dei cavalli e delle vacche, quindi sapeva perfettamente quale postura sarebbe risultata più consona al mostro.La belva l’osservò impassibile, poi un lampo le balenò nello sguardo quando Miriam, alzati glutei, appoggiò il petto al giaciglio, offrendosi completamente a lui. In un unico balzo il mostro le fu dietro. Il glande sbatté contro le natiche della ragazza, poi il mostro lo indirizzò sulla giusta via.Quando sprofondò nuovamente nel suo corpo, a Miriam sembrò di venire aperta in due. Evidentemente la posizione permetteva una penetrazione più agevole ma anche più profonda.La ragazza non si lamentò, ma anzi tentò di rilassare al massimo i muscoli affinché non ostacolassero la penetrazione. Fu quando il ventre peloso del mostro si appoggiò alle sue natiche che la giovane provò un altro orgasmo. L’intero membro giaceva dentro di lei, fino alla radice, e solo quell’idea sembrava provocarle piacere.La Bestia riprese a muoversi con lenti movimenti, scuotendo ritmicamente l’intero corpo della giovane ed accompagnando ogni singolo affondo con un sordo grugnito al quale, ben presto, fece da contrappunto il mugolio di Miriam, che riprese quasi subito ad agitarsi indiavolata, rimontando rapidamente la china del piacere.Nell’arco di pochi minuti la giovane raggiunse nuovamente l’apice del piacere. Quando l’orgasmo la travolse, le sue membra iniziarono a scuotersi prive di controllo e tanto bruschi furono i suoi movimenti, che il pene della Bestia sgusciò nuovamente fuori dalla sua guaina andando ad incunearsi fra le natiche marmoree della giovane. Il glande per qualche secondo rimase appoggiato all’ano della ragazza che, appena si rese conto di quella mostruosa presenza, si ritrasse impaurita, voltandosi a mezzo per osservare La Bestia che la sovrastava.Vedendo l’essere ansimante incombere alle sue spalle, con gli occhi fiammeggianti nei quali leggeva desiderio puro, Miriam provò un tuffo al cuore. Il glande paonazzo continuava a rimanere appoggiato al suo ano, massaggiandolo lentamente spinto dai possenti respiri della Bestia. Miriam deglutì, mentre lo stimolo, assolutamente nuovo per lei, spingeva un leggero brivido attraverso le sue carni frementi. All’improvviso provò la perversa volontà di donarsi completamente a quel mostro, anche nel più abbietto dei modi.Sapeva perfettamente cos’era la sodomia, innumerevoli volte l’aveva sentita indicare come una pratica abbietta e bestiale, degna di essere punita con le pene più atroci. Ma in quel momento, ben poco rimaneva della ragazza timorata e pudica che da bambina era stata preparata, assieme a molte compagne, ad essere una delle possibili Spose di Primavera. Ben poco di più abbietto e bestiale poteva esserci dal donare il proprio corpo ad un mostro, e Miriam l’aveva già fatto. Sentiva dentro di se la spinta a concedersi al mostro anche in quel modo, quasi a voler sancire la sua completa traviazione, il suo donarsi completamente a quell’essere.Alla ragazza sembrò di osservarsi stando al di fuori del suo stesso corpo. La mano che si protrasse ad afferrare il membro incombente era la sua, ma sembrava che qualcun altro ne avesse il controllo. Le natiche che l’altra mano divaricò erano anch’esse sue, ma sembravano remote quanto le stelle del cielo.La Bestia emise uno stranissimo verso, molto simile al gemito di piacere che il Guerriero che l’aveva deflorata aveva emesso al culmine del piacere, molto simile al sommesso guaire di un cucciolo di cane.Miriam sentì l’enorme punta del glande, viscida dei suoi stessi umori, posizionarsi sul suo stretto pertugio. Indugiò qualche istante nel perverso massaggio, poi la guidò nuovamente verso la vagina, raccogliendone gli abbondanti umori che ne colavano. Ripeté l’operazione alcune volte, finché ritenne di aver sufficientemente lubrificato l’anello bruno. La ragazza strinse i denti, rinnovò la presa sulla rigida asta e ne riappoggiò la punta sull’ano. Tratto un profondo respiro, quindi iniziò a spingere lentamente all’indietro.Un dolore acuto le dilagò dallo sfintere lungo i visceri, ma non desisté dalla sua azione, continuando a spingere con forza costante, incurante della Bestia che, alle sue spalle, continuava a guaire sommessamente.Sentì distintamente la grossa punta dilatarle i muscoli, insinuandosi nelle sue carni. Le sembrava di essere spaccata in due ed il dolore le fece lacrimare gli occhi. Stringendo i denti fino a farli scricchiolare, Miriam, rinculò di scatto, costringendo la cappella ad attraversare l’ano. Quando lo sfintere tormentato si richiuse al di sotto del glande, la ragazza lanciò un grido e, lasciata l’asta, strinse le pelli sulle quali giaceva fino a farsi sbiancare le nocche.Ristette per qualche istante, boccheggiando, un mare di fuoco che le invadeva gli intestini ed un sordo pulsare della testa a ritmo con il cuore.Eppure, in quel mare di dolore che stava provando, un singola goccia di perverso piacere iniziò a espandersi.Con gli occhi stretti, i pugni serrati, la ragazza ricominciò a spingere verso quel palo di carne che la stava squarciando, sprofondandolo dentro di se.Improvvisamente, le mani della Bestia si appoggiarono delicatamente sui suoi fianchi, costringendola a fermarsi. La ragazza si voltò e fissò negli occhi l’essere che incombeva sopra di lei.Osservò quegli occhi stupiti che la fissavano, sprofondando nel loro bagliore infernale, sentendo dentro di se l’improvvisa necessità di perdervisi dentro. La Bestia la guardò per qualche istante con un espressione che lasciò Miriam completamente sbalordita: nell’abisso di desiderio carnale, di pura forza bruta e ferocia, brillava una piccola scintilla di tenerezza.Dal petto dell’essere provenne un sordo brontolio, poi le mani artigliate la costrinsero a rimanere ferma mentre il bacino della Bestia si ritirava lentamente, sfilando dalle sue carni martoriate il randello di carne che vi era infilato.Fu la volta di Miriam di guaire disperata, non voleva che quella sordida penetrazione avesse fine. Ma la Bestia, toltasi quasi completamente dal suo corpo, si fermò per invertire nuovamente la marcia un secondo più tardi, riemergendosi dentro di lei e strappandole un nuovo mugolio di dolore.L’essere bestiale ripeté l’operazione più volte e ben presto Miriam si rese conto che ad ogni affondo, penetrava un po’ di più dei suoi visceri.L’immenso dolore che aveva provato all’inizio si attenuò lentamente, lasciando il posto ad un sordo pulsare di tutto il corpo mentre la primitiva goccia di piacere diventava un piccolo ruscello, poi un impetuoso torrente. Miriam mugolò per l’ennesima volta, ma non più per la sofferenza. Lasciò andare le pelli che aveva stretto fino a quel momento e portò le mani sulle natiche, rimanendo appoggiata a terra con la parte superiore del busto ed il volto. Si afferrò con le dita la morbida carne dei glutei e la divaricò al massimo, esponendosi completamente.La Bestia, alle sue spalle, sbuffò sonoramente, stringendole con forza i fianchi e ritraendosi da lei quasi del tutto. Poi spinse nuovamente con forza, sprofondando in lei come uno stiletto rovente in un pane di burro.Miriam strabuzzò gli occhi a quell’ultimo affondo, spalancò la bocca e, quando il ventre peloso del mostro si abbatté sulle sue natiche, urlò il suo piacere con quanto fiato aveva in gola.La Bestia lasciò la presa sui suoi fianchi ed appoggiò le mani ai lati delle sue spalle, quasi distendendosi sopra di lei. Muovendo solo la parte finale della schiena e del bacino, come Miriam aveva visto fare dai cavalli, iniziò a stantuffarla con forza. Alla giovane sembrò che nel cervello e nell’intestino le si fosse acceso un sole, il piacere immediato che la investì fu talmente potente da farle quasi perdere la ragione, il possente membro che la penetrava sembrava piacere puro che le si riversasse nel corpo.La Bestia abbassò la testa accanto al suo volto. La giovane poté distinguere chiaramente ogni singola vibrissa fremente, ogni singolo dente luccicante ed il fiato rovente e muschiato dell’essere che la stava sodomizzando con furia bestiale. Sebbene scossa dalle potenti spinte quanto una bambola di pezza, Miriam riuscì a lasciare la presa sulle natiche. Infilò le mani sotto al ventre con l’intenzione di stimolare la fornace che le pulsava tra le gambe ma, quando le sue dita raggiunsero il loro obbiettivo, vennero in contatto con i grossi testicoli dell’essere che, penduli, continuavano ad urtare contro la sua vagina. L’improvviso desiderio di carezzare quel sacco peloso e bollente la fece desistere dall’intento precedente ed indirizzare le dita verso la nuova meta.Afferrò con delicatezza quella sacca enfia, iniziando a carezzarla con delicatezza e costanza.La Bestia guaì con forza, scossa da un brivido che le fece vibrare le possenti braccia.Miriam non interruppe le sue carezze, conscia del piacere che stava regalando all’essere con il quale si stava congiungendo, anzi, intensificò la sua opera con l’intenzione ferrea di restituire almeno in parte tutto il piacere che le era stato donato in quelle poche ore.Era tanto impegnata nel suo compito, da non rendersi più conto di dove fosse o di cosa stesse accadendo attorno e dentro di lei. Era tanto impegnata a massaggiare quella parte di corpo massiccio da non rendersi conto dell’onda di marea che stava lentamente crescendo nelle sue viscere e nel corpo bestiale che la sovrastava. Non se ne rese conto finché non sentì il contrarsi del massiccio scroto, in perfetta armonia con il contrarsi del suo stesso ventre. Solo a quel punto percepì l’orgasmo incombente che stava afferrando entrambi, lei e la Bestia. Strinse entrambe le mani attorno ai testicoli del mostro che si inarcò all’indietro, ruggendo talmente forte da far dolere i timpani alla giovane. Ma quella piccola goccia di dolore fu travolta dal mare di piacere che d’improvviso esplose nel ventre di Miriam assieme al getto di seme che le inondò le viscere scaturendo del membro della Bestia completamente piantato in esse.Sentì le pareti del suo intestino, colpite dal getto prepotente, contrarsi attorno all’asta che le dilatava, stringerla in una morsa ferrea, quasi a risucchiare da essa fino all’ultima stilla di piacere del mostro.Con un ultimo sobbalzo, la Bestia si accasciò sulla sua schiena, schiacciandola e affondando, se possibile, ancora di più in lei.Miriam lasciò lo scroto pulsante, districò le braccia da sotto il suo stesso corpo, fece forza sulle pelli per sorreggere la massa che le premeva sulle spalle e, d’improvviso, sentì un brivido bestiale scuoterle le membra. Come aveva fatto la Bestia poco prima, Miriam gettò indietro la testa, respirò a fondo ed infine lasciò scaturire dal profondo della gola un ruggito talmente simile a quello del mostro da risultare quasi indistinguibile.Le forze l’abbandonarono di colpo, spegnendo la sua mente come la fiamma di una candela sulla quale fosse stato soffiato con forza estrema. La ragazza si abbatté sulle pelli come colpita da un maglio e ristette priva di conoscenza, parzialmente sommersa dal corpo immane della Bestia.Miriam socchiuse gli occhi e si stiracchiò voluttuosamente, strusciando i capezzoli contro la pelliccia sulla quale aveva dormito. Poi rotolò sulla schiena e ripeté l’operazione, quasi massaggiandosi contro quel vello al tempo stesso setoso e ruvido.Aspirò profondamente, beandosi del ricco aroma che permeava l’antro della Bestia. Un aroma caldo, muschiato, di cibo cotto sulla viva fiamma, di sangue caldo che scorre nelle vene, di energia vitale, il profumo intenso che caratterizzava la Bestia, la sua folta pelliccia e, sopra tutto, di sesso.Non l’odore rancido che aveva percepito da bambina passando davanti alla sordida casa di piacere del villaggio, ma un odore ricco e profondo, dolce. Quello che aveva sempre abbinato a quelle poche ore trascorse in compagnia del guerriero.Si sollevò leggermente, guardandosi attorno, ma questa volta la sua solitudine non la spaventò minimamente. Aveva notato immediatamente, non appena uscita dal sonno, che la Bestia era nuovamente sparita. Non aveva sentito il suo respiro profondo, ne la presenza fisica accanto a lei, ma a differenza di poche ore prima, era assolutamente certa che l’essere misterioso non fosse lontano.Le sembrava quasi di percepirlo al di la della parete di roccia.Miriam si mise guardinga in ginocchio e poi in piedi aspettandosi, dopo quanto accadutole quella notte e poche ore prima, di provare dolore in ogni singolo punto del corpo. Invece, stupefatta, si rese conto di sentirsi infinitamente bene, piena di energia e di salute, le membra salde e forti, i muscoli guizzanti sotto la pelle serica, il cuore pulsante e regolare nel petto. Non si era mai sentita tanto bene in vita sua e le sembrava addirittura di sentir scorrere dentro di se una nuova energia, fino ad allora mai provata.Fece scorrere le mani lungo il corpo, godendo del contatto della sua stessa pelle, fino a raggiungere le natiche. Insinuò un dito nel solco, saggiando con delicatezza l’ano che poche ore prima aveva subito la prima, devastante penetrazione. Anche in quel caso nessun dolore, in compenso il semplice tocco delle sue stesse dita la fece rabbrividire, provocandole un nuovo spasimo di voluttà nel ventre.Le ritrasse di scatto, sorpresa ed impaurita dalle sue stesse reazioni, poi a lunghe falcate elastiche corse fuori dalla grotta, inoltrandosi sull’erba della radura.Come aveva supposto, la Bestia non era molto distante. Se ne stava seduta su un masso esposto al sole a pochi metri dal ruscello, con la pelliccia umida e gocciolante d’acqua. Nel momento preciso in cui Miriam la raggiunse, la belva sollevò lentamente la testa, fissandola intensamente.La ragazza percorse gli ultimi metri che la separavano dal mostro sempre più lentamente, fino a fermarsi a pochi centimetri da esso. Sollevò lentamente la mano destra e, con attenzione, fece scorrere un dito lungo la mascella dell’essere, che rabbrividì al contatto. Le vibrisse si agitarono convulsamente ma Miriam non ritrasse le dita, continuando la sua esplorazione con infinita dolcezza. Le dita percorse l’intero muso della Bestia, soffermandosi a sfiorare i lunghi canini che spuntavano dalla bocca, l’umida setosità del naso, le lunghe ciglia, quasi umane che coronavano le palpebre. Infine la ragazza sollevò entrambe le braccia, allacciandole dietro il possente collo della Bestia, abbracciandola con forza ed affondando il viso nel morbido vello della sua criniera.L’essere, che fino a quell’istante era rimasto perfettamente immobile, sollevò a sua volta le braccia enormi e muscolose, cingendo la giovane attorno alla vita e stringendola a se.Stupita, Miriam sentì sollevarsi dall’ampio petto dell’essere un sordo brontolio, perfettamente identico a quello di un gatto che fa le fusa, ma infinitamente più potente. Conquistata da quel suono profondo, si strinse ancora più forte al corpo massiccio della belva, quasi a voler diventare un tutt’uno con esso.Rimasero così per lunghi minuti, finché il sole scomparve oltre le chiome degli alberi, immergendoli nell’ombra di velluto della foresta.Una leggera brezza si sollevò dal folto degli alberi e la ragazza rabbrividì.La Bestia sciolse il suo abbraccio, allontanandola da se per un istante, poi senza sforzo apparente, la sollevò tra le braccia, si rimise in piedi e si diresse alla caverna.All’interno, depose Miriam con infinita delicatezza sulle pelli accanto al focolare e come aveva fatto qualche ora prima, riaccese il fuoco attentamente osservato dalla giovane, avvolta nelle pelli.Infine, accertatosi che il fuoco ardesse vivamente, si rimise diritto, osservò per un attimo la giovane e le fece cenno di attenderlo li, al caldo, accanto al fuoco.La ragazza osservò la poderosa schiena chinarsi per infilarsi nello stretto passaggio e scomparire nel crepuscolo.Nemmeno mezz’ora dopo, la Bestia fece ritorno, recando tra le zampe quello che Miriam considerò un gallo Cedrone ed alcuni tuberi.Rapido come la stessa mattina, l’essere preparò la preda per la cottura, sventrandola con un rapido guizzo degli artigli e togliendole rapidamente le piume con gesti secchi della mano, infine infilò i tuberi sotto la cenere e si diresse al suo giaciglio. – No!- esclamò Miriam, sobbalzando al suono della sua stessa voce. La Bestia si immobilizzò e si voltò rapidamente verso di lei. – Accanto a me, ti prego.- Disse la giovane, spostandosi leggermente da una parte e scostando le pellicce che la ricoprivano.- Siedi accanto a me.-L’essere la fissò esitante, ma quando Miriam allungò una mano verso di lui si decise e, con passo esitante, raggiunse la ragazza, accucciandosi al suo fianco.La giovane si rannicchiò contro il corpo massiccio, appoggiando la testa sul petto dell’essere, godendosi il calore che proveniva dal fuoco e, forse più forte ancora, dal corpo della Bestia.Rimasero così ad attendere che la carne fosse cotta, poi mangiarono in silenzio, ma continuando a restare l’uno accanto all’altra.Miriam leccò il grasso che le imbrattava la punta delle dita e gettò l’ultimo osso nelle fiamme. Per tutto il tempo aveva osservato la Bestia mentre mangiava, le zanne affilate dall’aspetto micidiale che tritavano implacabili le ossa e le carni saporite del Gallo Cedrone. Neppure per un momento le passo per la mente che quelle zanne avrebbero potuto affondare nelle sue carni, facendone scempio. Era semplicemente affascinata dal quell’essere misterioso che, secondo la lunga tradizione, avrebbe dovuto essere il suo carnefice come lo era stato per innumerevoli ragazze prima di lei.Per la prima volta da quando era sbucato a salvarla dal branco di lupi, si chiese cosa mai gli aveva impedito di farle fare la stessa fine. Quale atto, quale forza superiore aveva decretato che anziché sbranarla si congiungesse con lei. Rivide la scena con l’occhio della mente, il divampare della lotta, l’avvicinarsi della Bestia, il sonoro annusare. Non riusciva a capacitarsi, per quanto si sforzasse.Scosse la testa esasperata da quei futili pensieri e si stiracchiò accanto al mostro, sbadigliando voluttuosamente. Sollevò lo sguardo sul muso della belva, che la stava osservando con attenzione.Miriam gli sorrise di rimando e rimase stupefatta quando le sottili labbra del mostro si ritrassero leggermente, scoprendo le zanne in quello che, per chiunque, sarebbe stato un pericoloso atteggiamento aggressivo ma che agli occhi della giovane sembrò in tutto e per tutto un tentativo di rispondere al sorriso.Con delicatezza la belva la fece distendere sulle pellicce, ricoprendola con cura, poi fece per alzarsi.La ragazza gli prese una mano e la trattenne tra le sue. – Rimani qui, accanto a me.- Gli disse sommessamente, guardandolo negli occhi.Il mostro uggiolò sommessamente, osservò il corpo disteso di Miriam, infine sollevò la pelliccia che la ricopriva e si distese accanto a lei.La ragazza cinse il torace del mostro con un braccio, rannicchiandosi contro di lui, col volto placidamente appoggiato nell’incavo della sua spalla.Un minuto più tardi dormiva, mentre l’essere la fissava alla luce sempre più fioca del fuoco morente.Miriam si rigirò nel sonno, appoggiando una mano sul petto villoso della Bestia. Le dita affusolate della giovane si intrufolarono tra il pelo folto, raspando leggermente con le unghie. I polpastrelli entrarono in contatto con un capezzolo e ristettero a giocarci per qualche istante, mentre si risvegliava lentamente. La ragazza sospirò e rimase ad ascoltare il rombo profondo del respiro della belva ed il battere lento del suo cuore. Fuori dalla grotta, il leggero fruscio di un animale notturno ed il grido lontano di una civetta.La ragazza fu improvvisamente sveglia: come era possibile che percepisse tanto chiaramente i rumori? Ad occhi chiusi, analizzò con cura quanto sentiva. Il leggero stormire delle foglie degli alberi, lo strisciare di piccoli animali nel sottobosco, il costante gorgoglio del ruscello nella radura. La sera prima il silenzio le era parso assoluto, ora invece percepiva nettamente mille piccoli suoni.Miriam scostò la pelliccia che la ricopriva e si sollevò lentamente a sedere, gli occhi sbarrati nel buio, tendendo l’orecchio e chiedendosi stupita cosa le stesse accadendo. Improvvisamente si rese conto che l’antro le appariva alla vista debolmente illuminato da una debole luce rossastra. Sbatté rapidamente le palpebre, sempre più sorpresa. Pensò che forse la luce delle stelle e della luna piena riuscisse a filtrare attraverso lo stretto passaggio, e quando voltò la testa da quella parte si avvide che effettivamente un bagliore proveniva dall’esterno. Eppure c’era qualcosa che non andava, nel suo ragionamento. La luce della luna era bianca, i riverberi che percepiva rossi.Si voltò verso il braciere, sorridendo a se stessa. Di certo erano le braci morenti a creare quell’effettoMa quando guardò tra le pietre, non scorse nessun tizzone rovente, solo un mucchietto di ceneri prive di calore.Perplessa, Miriam abbassò lo sguardo sulla Bestia. Sorprendentemente il corpo massiccio e profondamente addormentato pulsava di luce propria. Una luce rossa e sfumata.La giovane guardò le sue stesse membra e sobbalzò incredula. Lo stesso strano effetto proveniva anche dal suo corpo. Rimase ad occhi spalancati a fissarsi una mano, che spiccava nel buio come una brace, pulsando di luce propria al ritmo del suo battito cardiaco. La comprensione la colpì come un maglio: stava percependo il calore dei loro corpi sotto forma di immagine.Scosse la testa sgomenta. Non era possibile.Cosa le stava accadendo? Mai in vita sua era stata capace di vedere nel buio, ne tantomeno era stata capace di percepire visivamente il calore.Il cuore prese a batterle con furia, rombandole nelle orecchie. Per un attimo fu sull’orlo del panico, ma con il passare dei secondi le sembrò che tutto ciò con costituisse una minaccia. Sondò in profondità nella sua mente e le sembrò che una voce interna le dicesse che quanto le stava accadendo era una cosa buona.Il battito del cuore ritornò in pochi istanti calmo e regolare, mentre una sensazione di profondo benessere le invadeva, senza apparente ragione alcuna, le membra.Nuovamente calma, Miriam riportò l’attenzione sulla Bestia, che continuava il suo pacifico sonno.Ne osservò i lineamenti bestiali rilassati e placidi. D’improvviso una sensazione di calore le sbocciò nel petto, sorprendendola per l’ennesima volta. Si accostò con la mente a quel calore che le nasceva dentro, osservandolo con attenzione, riconoscendolo per quello che era: amore.Fu sorpresa di non essere sorpresa da quella calda sensazione. Forse perché si era resa conto di averla provata fin dal primo istante, da quando quell’essere dall’aspetto diabolico era spuntato dalla foresta per frapporsi tra lei ed i lupi. Solo ora si rendeva conto di averlo amato fin da quei concitati istanti.Sorrise nel buio alla Bestia addormentata e si chinò su di essa fino a sfiorare il muso con le labbra. Con improvviso trasporto, socchiuse gli occhi e posò un bacio leggero sulla larga mascella irta di denti acuminati.Il lieve tocco strappò un brivido al mostro i cui occhi si spalancarono repentinamente fissando Miriam in volto, guardinghi.Prima che la Bestia potesse reagire, Miriam ne scavalcò il corpo e le fu sopra, sedendosi leggera sul ventre muscoloso, le mani appoggiate alle sue spalle ad impedirgli di muoversi.La Bestia emise un sordo ringhio ammonitore, ma Miriam non vi badò. Il suo inguine nudo appoggiato al pelo setoso del mostro le aveva inviato al cervello un improvvisa scossa.La ragazza sentì improvviso e prepotente il riaccendersi del liquido fuoco nel ventre ed iniziò a strusciare la sua femminilità contro la pelliccia.Con un mugolio, si chinò nuovamente sul muso bestiale, coprendolo di mille piccoli baci, mentre nel ventre la voglia cresceva a dismisura.Spalle a terra, la bestia rimase perfettamente immobile, travolta, sorpresa e interdetta da quell’improvviso assalto. La ragazza discese lungo il petto possente, baciandone la morbida pelliccia, poi fu sul ventre con le mani frenetiche che ricercavano rapide il membro dell’essere.Miriam si avventò sul pene ancora molle come un naufrago può gettarsi sulla fune che costituisce la salvezza, massaggiandolo con insistenza ed ottenendone immediatamente un guizzo.Miriam continuò a discendere baciando ogni singolo centimetro del ventre muscoloso ed infine il suo viso raggiunse le mani che avevano continuato a manipolare il palo di carne.La ragazza non ebbe nessuna esitazione, senza soluzione di continuità, guidata puramente dall’istinto, baciò con trasporto l’asta che andava ergendosi tra le cosce massicce della Bestia.Raggiuntane la punta, le labbra di Miriam si aprirono e si richiusero dolcemente su glande.Risucchiando nella bocca la punta di quel membro, Miriam ripensò a quante volte aveva sentito parlare di quella pratica abbietta. Le sembrava che in essa di abbietto non vi fosse assolutamente nulla.Sentì il glande ingrossarsi contro il suo palato, il membro irrigidirsi e crescere tra le sue mani fino a trasformarsi in una sbarra ignea. Si applicò con trasporto ed amore a sollecitare quella carne tumescente, gioendo ad ogni singolo mugolio e guaito che riusciva a strappare alla Bestia in tal modo.Ma ben presto non poté più proseguire, il suo ventre palpitante reclamava di essere nuovamente invaso da quel palo di carne.Dopo un ultimo bacio, Miriam liberò il membro dalle sue labbra e scavalcò nuovamente La Bestia. Aiutandosi con le mani, guidò il membro tra le sue cosce, puntandolo al vestibolo, infine vi si lasciò cadere sopra con un rantolo, sentendosi immediatamente riempire a dismisura.La sola penetrazione riuscì a portarla ad un immediato ed intensissimo orgasmo che però non le impedì di iniziare una lenta cavalcata.Le mani del mostro si appoggiarono delicatamente sui suoi seni, massaggiandoli e stuzzicando i capezzoli. La Bestia la fissava estatica mentre lei la dominava, affondandosi nel ventre il pene massiccio.Le bastarono pochi minuti di quel lento andirivieni per raggiungere nuovamente l’apice del piacere e per accasciarsi boccheggiante sul petto della belva.L’essere rimase immobile, quasi volesse lasciare a lei l’iniziativa, e Miriam qualche istante più tardi riprese a muoversi, stimolando entrambi. Accosciata sul ventre del mostro, con le mani appoggiate al suo petto, la ragazza gettò la testa all’indietro e ululò il suo piacere al mondo, sfregando con forza la vagina sul pube della Bestia, i lunghi capelli neri scomposti e spettinati a formare una criniera fin troppo simile a quella del mostro.Il suo bacino danzò rapido lungo il membro, le morbide mucose interne serrate attorno ad esso, quasi a volerlo compenetrare.Miriam sgroppò come un cavallo brado, persa nel mare di piacere che l’invadeva sentendo il membro gonfiarsi e pulsare dentro il suo corpo, e fissò la Bestia negli occhi, leggendovi il piacere che il suo trattamento le stava donando, percependo con chiarezza che anche per lui stava giungendo l’attimo cruciale.Un improvvisa ispirazione la prese, rendendole impossibile resistere. Si mosse per qualche istante ancora, poi, quando sentì il massiccio corpo che si tendeva sotto di lei, con un movimento rapidissimo estrasse dal ventre il pene vibrante, gettandovisi sopra famelica. Spalancò nuovamente le labbra, come aveva fatto pochi minuti prima, e le richiuse sul glande paonazzo, iniziando a stimolarlo con impegno aiutandosi con la lingua e le mani. L’effetto fu immediato. Uno spesso e torrido zampillo di seme scaturì dalla punta enfiata, colpendole il palato e riempiedole la bocca. Per nulla al mondo sarebbe stata disposta ad interrompere quanto stava facendo quindi ingollò rapidamente il fiotto, giusto in tempo per riceverne un secondo ed un terzo. Lo sperma bollente le discese nella gola come un elisir sublime, facendola avvampare in un nuovo, finale e devastante orgasmo. La ragazza mantenne le labbra incollate a quel palo di carne finché non ottenne anche l’ultima stilla di nettare, che inghiottì convulsamente mentre un tremore possente iniziava a scuoterle le membra. Il magma rovente che le era disceso nella gola le divampò nello stomaco, innondandole il petto e il ventre, defluendo devastante nelle membra. La ragazza scattò sulle ginocchia, allargando le braccia in una parodia della crocifissione di cui era stata oggetto. Ruggì con forza bestiale mentre il mondo attorno a lei si squiotava in simbiosi col suo corpo. Uno schianto tremendo venne dalla massiccia porta alle sue spalle, che si abbatté a terra sollevando una nuvola di polvere. Rocce caddero dalle pareti e l’intera montagna sembrò suotersi nelle sue stesse radici.Il terribile ruggito scaturito dalle labbra di Miriam si attenuò lentamente ed infine le braccia della ragazza le ricaddero lungo i fianchi. I suoi occhi velati da spesse lacrime, si posarono sul corpo teso della Bestia, che sembrava in preda a convulsioni mortali. Miriam boccheggiò inorridita dallo spettacolo. L’essere sembrava in preda ad atroci dolori e lei nulla poteva fare per recarle aiuto. Le sembrava di avere le membra intrise di piombo ed il solo respirare le risultava difficile. Con sgomento vide il folto pelo della Bestia agitarsi, raggrinzirsi e cadere, le lunghe zampe posteriori distendersi tra atroci scricchiolii, il muso bestiale ritrarsi e le lunghe zanne rimpicciolirsi.Con gli occhi spalancati dallo stupore, Miriam osservò la rapida metamorfosi della Bestia fino alla fine, quando sulle pelli sparse a terra accanto al focolare giacque inerme il corpo esausto di una uomo.La ragazza si trascino dolorante verso quel corpo, crollando accanto ad esso.Gli occhi dell’uomo si aprirono e la fissarono sfocati.La ragazza allungò una mano a carezzare quella che era stata una lunga e morbida criniera, or sostituita da folti capelli fulvi. Il volto era quasi del tutto umano, fatta eccezione per gli occhi, che con la loro pupilla verticale sembravano tuttora quelli di un gatto, ed i denti, ancora troppo lunghi ed aguzzi per essere quelli di un semplice uomo.Dal torace, non più enorme ma comunque massiccio, un ampio triangolo di pelliccia scendeva fino all’inguine villoso. Le braccia muscolose terminavano in mani umane, ma dalle unghie insolitamente robuste e lunghe, assolutamente identiche a lunghi artigli. Infine le gambe avevano perso il loro aspetto canino e risultavano essere in tutto e per tutto quelle di un uomo, sebbene insolitamente robuste e muscolose.L’uomo la mise infine a fuoco e le sorrise con infinita tenerezza. – Qual è il tuo nome?- le chiese, e la sua voce era quella di un uomo, bassa, roca e possente. – Miriam.- Rispose semplicemente la ragazza, incapace di comprendere appieno quanto era accaduto. – Miriam…- ripeté lui, gustando quasi con voluttà quel semplice nome. – Miriam, mia liberatrice.- Disse, allungando una mano a carezzarle con dolcezza una guancia. – Cosa… chi sei tu?- chiese la ragazza sconcertata. – Io sono ciò che per tempo immemorabile è rimasto rinchiuso nella bestia.- Rispose semplicemente l’uomo.Miriam spaziò con lo sguardo sulla foresta, poi lo abbassò sulla piccola radura che qualche decina di metri sotto ai suoi piedi, verdeggiava d’erba fresca con il suo ruscello gorgogliante.Dalle mura dell’antico castello, non più in rovina, poteva spaziare con lo sguardo fino al limitare degli alberi, fino al fiume distante che luccicava nel sole mattutino, con le minuscole case del suo villaggio sparse lungo le sponde. – Capisci ora?- le chiese dolcemente Malcom, cingendole la vita con le forti braccia, posandole un leggero bacio alla base del collo.Miriam annuì. Si, ora capiva. L’antica e dimenticata profezia era stata compiuta, la maledizione spezzata.Ed era stata lei, donandosi alla Bestia, a spezzarla.Distrattamente, giocherellò con un artiglio sulla folta pelliccia, del tutto simile a quella di Malcom, che le era spuntata tra i seni e che, ricoprendole parzialmente il ventre, si congiungeva a quella del pube.Era sta lei a spezzare la maledizione, donando il suo corpo alla Bestia, donandole parte della sua umanità, diventando parzialmente Bestia a sua volta. In cambio aveva ottenuto quel castello e le ricchezze che esso conteneva. Ma, i gioielli, l’oro, le gemme… tutto ciò la lasciava indifferente.Di una cosa sola le importava.Si voltò verso Malcom e gli cinse il collo con le braccia, avvicinando il volto a quello di lui. Le bocce si cercarono e si trovarono, unendosi in un bacio, il desiderio reciproco si manifestò con l’ergersi del membro di lui e il calore liquido del ventre di lei. Ciò che veramente le importava era la lunghissima vita che l’aspettava assieme alla Bestia-Uomo che ormai amava.
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