Come al solito, a quell’ora il treno era affollato. Chiusura di uffici, ritorno dallo shopping. Mille ragioni, d’accordo, ma la conclusione è che non sempre trovi posto a sedere. Ormai era da diverso tempo che facevo quel viaggio, e lo trovavo sempre più noioso e pesante. Sei anni, per l’esattezza. Ero stato fortunato, avevo conseguito il ‘diploma’ col massimo dei voti, avevo inviato il mio curriculum a una banca, mi avevano chiamato, sottoposto a colloquio e test, assunto! Spesso pensavo che, forse, quella che avevo ritenuto una fortuna, era stata la ragione di tutto il resto. Venti anni, un discreto stipendio, mi sentivo ‘vincitore’. Quando la commessa della profumeria di fronte alla banca venne per versare l’incasso del giorno precedente, le detti un’attenta occhiata. Era veramente pregevole. Le sorrisi. Insomma, il giorno del mio ventunesimo anno, senza ascoltare genitori, parenti e amici che mi consigliavano di non affrettarmi, Vanessa ed io ci siamo sposati. Esattamente due anni dopo ci siamo separati. Lei è andata in un’altra città, io sono sempre nella stessa Filiale, e sembra che apprezzino il mio lavoro (sono al ‘borsino’). In effetti mi vogliono bene, tutti si sono dichiarati dispiaciuti dell’infortunio coniugale, hanno anche detto che sono stato precipitoso. OK, tutto bene, ma quello che è stato è stato. I miei mi hanno suggerito di farmi trasferire nella piccola città dove loro vivono, e dove c’è una nostra Agenzia. Io sono rimasto qui. Pendolare, single, tutto solo nella piccola ma pur accogliente casetta. E sono passati altri due anni. Ne ho venticinque. Donne? Piccole avventure, spesso squallide. Le definisco scopate di manutenzione. Il piacere (più o meno) d’un momento, il necessario svuotamento delle seminali e via… alla prossima volta. Tutto questo andavo rimuginando. Il treno rallentava, stavamo per arrivare a destinazione. La donna che sedeva di fronte a me, si alzò, tirò giù dalla reticella buste del supermercato, pacchi e pacchetti, e cercò di sistemarseli per poter scendere. Alla mia stessa stazione. Poteva avere, all’incirca, l’età di mia madre, sui cinquanta. Vestita senza particolare eleganza. Un viso abbastanza piacevole… “Posso aiutarla?” Mi guardò con un lieve sorriso sulle labbra. “Magari… grazie… mi sono caricata troppo… non ho pensato al treno… non so come portarli… eppure sono riuscita a salire da sola…” “Non si preoccupi, dia a me.” Presi le buste più voluminose, due per mano, e le dissi di precedermi per scendere. Fermata del treno. Discesa dei viaggiatori. Eravamo ben carichi. La donna era alquanto preoccupata, lo si leggeva nel suo volto. “L’autobus adesso sarà affollatissimo, speriamo che riesca a salirci, con tutta questa roba. Mi sono fatta prendere la mano nel fare shopping…” “Ma non ci pensi neppure all’autobus, è impresa impossibile.” Mi guardò, sgomenta. “Non si preoccupi, ho l’auto al parcheggio, fuori, sul piazzale. Le dò un passaggio.” “Non vorrei portarla fuori dal suo itinerario.” “Non ho nulla da fare.” “Farà tardi, sua moglie sarà in pensiero.” “Divorziato… solo…!” Alzò le spalle. Sistemammo i pacchi e le buste nel portabagagli, allacciammo le cinture di sicurezza, ci avviammo. Mi indicò dove abitava. Circa un chilometro dopo l’ultima fermata del bus, oltre il capolinea. Mi chiesi come avrebbe potuto fare quel percorso con tutta quella roba. Mi sorrise con riconoscenza. “Le sono veramente grato, signor….” “Carlo, Carlo Romei.” Mi tese la mano. “Sono Lisa Perri.” “Fa spesso questo viaggio?” “Almeno una volta alla settimana, quando ho il giorno libero a scuola. Insegno alla media, lettere.” “E chi l’aspetta a casa?” Sorrise quasi divertita. “Mi aspetta la casa, sono single, più esattamente zitella!” Era una casetta graziosa, con graziose aiuole. Fermai dinanzi al cancello, l’aiutai a portare gli involucri in casa. “Entri, signor Carlo, almeno un caffè, una bibita… O ha fretta?” “Nessuna fretta. Ma non mi chiami ‘signor’ Carlo….” Stavo per dirle che avrei potuto essere suo figlio. Ma le avrei ricordato l’età, la zitellagine. Mi trattenni a tempo. “Entri, si accomodi. Io, di solito, passo la maggior parte del tempo in tinello… venga… lei è veramente un caro ragazzo!” Sorrisi. “Merito di Baden-Powell.” “E chi è?” “Come? Non lo sa? E’ il fondatore dei Boys Scout. Io lo sono stato, ed ho sempre osservato la regola che ogni giorno bisogna fare una buona azione.” Aveva ancora un sacchetto in mano, si voltò dicendo che andava a preparare il buon caffè. Inciampò nel tappeto, stava per cadere. Le ero dietro, mi precipitai a sorreggerla, fu istintivo abbracciarla, per non farle perdere l’equilibrio. Le mani afferrarono… il suo petto. Era tondo, florido, e abbastanza sodo. Lei, invece di allontanare la mia presa, poggiò la rotondità delle sue natiche sulla mia patta, e si mosse, come per sistemarsi meglio. La strinsi a me, sempre avvinghiato alle sue tette, e sentii, inaspettatamente, improvvisamente, una forte eccitazione, e la piacevolezza del contatto del mio sesso col suo sedere. Certo che lei lo notò, perché esitava ad allontanarsi. Le sussurrai nell’orecchio che prevedevo un caffè veramente squisito. Mi guardò sorridendo e si staccò lentamente, si voltò… “Venga qui, Lisa!” Lasciò cadere il sacchetto, venne a rifugiarsi tra le mie braccia, con la testa sulla mia spalla, le mani dietro la schiena. Le mie, erano subito scese all’attraente sfericità delle sue natiche, e mi mossi perché il mio pisello, ormai ben duro, trovasse posto tra le sue gambe. Le allargò un po’, si strinse a me, e dava l’impressione che volesse accoglierlo, sistemarlo bene vicino al suo sesso. Sembrò la cosa più naturale portare la mia mano sul suo vestito, davanti, e strofinarla sulla protuberanza del suo grembo. Si premette ad essa, alzò il volto. La baciai. Era una donna non giovanissima, dell’età di mia madre, ma mi stavo comportando con lei come un adolescente arrapato. (In quanto ad essere arrapato, lo ero!). Infilai la mano sotto il vestito. Ora solo le leggere mutandine mi separavano dalla sua pelle. Percepii il crespo dei suoi peli, la fenditura della sua vulva. Introdussi il pollice nelle mutandine, andai a titillarle il clitoride. Anche il medio si dava da fare. Respirava forte, la sua bocca sul mio orecchio. “Per favore, Carlo, non qui, nel tinello…..” Stavo perdendo la testa, travolto dall’eccitazione. La sollevai sulle mie braccia e mi avviai verso quella che presumevo essere la sua camera da letto. Lo era. La deposi sul letto. Non dovevo che sfilarle le mutandine. Cosa che feci immediatamente, aiutandomi con le due mani. Alzò il bacino per facilitarmi. Era li, col suo sesso rosa, incorniciato di peli neri, che sembrava palpitare. Faci cadere a terra i miei pantaloni, il boxer, tolsi tutto, anche le scarpe. Non mi rimaneva che portare la mia fremente verga tra le sue gambe e farla scivolare lentamente nel caldo umido di quell’apertura incantevole. Non fu facile come credevo. Era molto stretta. Esercitai una leggera ma decisa pressione, i suoi talloni erano sulle mie cosce. Entrai un po’ in lei, la guardai. Sorrideva, beata. Il volto di una donna che non avrei notato tra mille. Ora ero affondato in lei! Comodamente, nel suo corpo morbido. “Luisa, non posso spiegarti questa travolgente attrazione, come tutto sia accaduto così in fretta. Ma mi sembra di averlo fatto sempre, con te. Mi sento più a mio agio di quando ero con la mia ex…” “Carlo, non sono mai stata sposata ed ho avuto pochissimi uomini nella mia vita. Non so neanche io spiegarmi come sia stata attratta da te in tal modo, ma sento che tu puoi fare qualsiasi cosa di me. Iniziai a pompare lentamente nel suo splendido grembo. Oddio, era veramente eccezionale, meraviglioso, fantastico. I suoi muscoli vaginali stringevano deliziosamente il mio fallo, lo serravano. Guizzare in lei era come immergersi in un calore umido e accogliente. Pigiavo il più possibile, sentivo che ad ogni spinta il mio glande toccava il collo dell’utero e ne veniva piacevolmente titillato. Questo faceva sempre più aumentare il mio piacere e mi stava portando verso l’acme della voluttà. Luisa respirava profondamente, sobbalzava, sembrava quasi rantolare, ogni tanto si fermava un istante, stringeva forte nella vagina il mio fallo, si rilassava, riprendeva a sussultare, a gemere. Quando scaricai in lei la testimonianza del mio godimento, con insistenti spinte dei reni, strinse forte le sue gambe, intorno a me, e mi tirò su di lei. Mi abbracciò stretto, appassionatamente. “Grazie, Carlo, sei stato meraviglioso… grazie…!” Aveva gli occhi lucidi, un’espressione estatica nel volto, un po’ sudata, ancora affannata. Nessuna donna mi aveva rivolto tali parole, con questo tono, con questo slancio, piacere… e il mio ego di maschio si inorgoglì nel sentire come e quanto avessi fatto felice una donna scopandola. La mia ex sembrava quasi che mi facesse un favore permettendomi di penetrarla, e non vedeva l’ora che scivolassi fuori da lei, e mi mettessi di lato. Che differenza! Lisa mi tratteneva in lei, e si muoveva squisitamente mungendo bramosamente il mio fallo che andava rapidamente riprendendo vigore. Non mi era mai capitato prima, un così veloce ritorno del desiderio, dell’erezione. Mi abbracciò e rotolò con me. Ero supino, senza essere uscito da lei. Si mise a cavalcioni, sulle mie cosce. Cominciò a spogliarsi completamente. Il vestito, il reggiseno. Spuntarono fuori un paio di floride tettone, ancora ben sostenute. Invitanti. Allungai le mani. Le afferrai, le carezzai, strinsi i capezzoli turgido. Lei, intanto, aveva cominciato a muoversi, su e giù, avanti e dietro… La mia ex, solo una volta s’era seduta in quel modo, col fallo nella sua vagina. Eravamo in luna di miele, e lei aveva alzato il gomito! Lisa si era abbassata. Le sue mani sul mio torace, si sorreggeva, e il suo bacino si muoveva sempre più in fretta, seguitando a stringere il mio fallo. Sentivo che entrava e usciva da lei. Si immergeva nella sua splendida foresta dei peli che erano tra le sue gambe. Il seno ballonzolava, i capezzoli si strofinavano al mio petto Ci volle un po’ di tempo, volutamente, prima che io raggiungessi il mio secondo godimento. Quando Lisa si accorse che stavo per esplodere nuovamente in lei, si fermò un momento, stringendo le gambe. Voglio tutto dentro me, Carlo, non deve sfuggirmene nemmeno una goccia!” Rimase seduta su me, le gambe serrate, per diversi minuti. Il mio fallo andava ammorbidendosi, ma lei lo stringeva decisamente in sé. Era ‘suo’, solo ‘suo’, tutto ‘suo’! Le carezzai le cosce. “Splendida, Lisa… ma perché non ci siamo incontrati da tempo?” “L’essenziale è che ci siamo incontrati, e… che possiamo incontrarci ancora…” Mi guardò, con espressione ansiosa. Annuii, senza parlare. Lasciai la sua casa due ore più tardi, dopo un’altra travolgente esperienza. Sono due anni che ci frequentiamo, almeno due volte la settimana. Proprio ieri abbiamo ‘festeggiato’, a modo nostro, i due anni dal primo incontro. Era sdraiata su me, gioiosa, estatica, ansante, deliziosamente spossata. Mi guardò con occhi appassionati e teneri, come sapeva fare lei. “Che sia benedetto Baden Powell, Carlo, e l’essere tu stato nello scoutismo!!!”
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