PROLOGO "C’è un annuncio che sembra fatto apposta per te" dice il ragazzo alla donna. "Cosa?", chiede lei, cominciando a spogliarsi. Il ragazzo legge, mentre lei gli si sdraia vicino sul letto: " – Scrittore cerca signora dalla bella voce, per letture private, anche a distanza, contro eventuale piccolo compenso. Scrivere ecc. ecc. – Cosa ne pensi?" "Perché dovrebbe interessarmi?" "Beh, hai una bellissima voce. E quanto a bisogno di soldi…" "Hmmm… eventuale piccolo compenso… non sembra molto allettante. Poi, è strano… chissà cosa vuole davvero?" "Beh, a rispondere non ci si perde niente. Potrebbero essere dei racconti erotici. Li potresti leggere a me, mentre ti scopo. Lo trovo eccitante." "Basta che non voglia scoparmi lui, mentre glieli leggo. A questa eventualità non ci hai pensato?" "Senti, non voglio mica obbligarti" protesta il ragazzo, posando il giornale sul comodino. Un’occhiata all’orologio: "Dài, facciamo presto, tra un quarto d’ora me ne devo andare." Lei apre le gambe, il ragazzo le viene sopra. Fanno l’amore in fretta, prima che tornino a casa da scuola i figli della donna. IL PRIMO RACCONTO"Ho una sorpresa per te" dice la donna, sorridendo con aria misteriosa. Il ragazzo la guarda, senza parlare. "Ti ricordi" riprende "l’annuncio che mi hai fatto vedere un paio di settimane fa?" e al suo cenno d’assenso, continua "beh, gli ho scritto, dicendo che potevo essere interessata. Ho lasciato il numero di telefono. Qualche giorno dopo mi ha chiamato. Sembrava imbarazzato, molto timido. Mi ha proposto di mandarmi del primo materiale, un racconto breve, anche per saggiare la mia voce. Mi ha detto che cercava un timbro di voce particolare. L’idea era che registrassi il suo racconto su una cassetta e glielo rimandassi; lui, poi, mi avrebbe mandato dei soldi, sempre per lettera, senza vederci. Io però non mi sono fidata. Gli ho detto che non avevo un registratore col microfono, che non potevo mica comprarlo per lui. Questa gli sembrava una difficoltà insormontabile, stava lì al telefono e non diceva niente. Ho dovuto proporgli io di registrarlo a casa sua. Ci ha pensato un po’, non sembrava entusiasta. Poi, ha detto che se andava bene per me… ha proposto un appuntamento, per ieri sera . Ci siamo prima visti in un bar; non mi fidavo tanto da andare diretta in casa di uno sconosciuto. Lì abbiamo parlato un po’; ha detto che la mia voce era proprio quella giusta per lui. Gli ho chiesto che mi mostrasse il suo racconto, ma non ha voluto; sembrava che si vergognasse. Abbiamo concordato la questione dei soldi. Mi dà 50.000 lire a lato di cassetta o per racconto, se è più breve." "Non è tanto, ma equivale ad un pomeriggio di straordinario. " interloquisce il ragazzo "Vedi che non era una cattiva idea?" "Alla fine " riprende a raccontare la donna "siamo andati a casa sua. Non so, sembra che viva da solo, ma nella casa c’erano dei segni di presenze: fotografie di donne, di bambine; qualche giocattolo, libri di scuola. Non gli ho chiesto niente, chiaro. Insomma, mi ha fatto sedere in poltrona. Ha acceso una lampada alogena che illuminava solo il posto dove stavo io; il resto della stanza era al buio. Mi ha dato un paio di fogli, ha acceso il registratore, si è andato a sedere in un divano, nella penombra. Ho dovuto registrare così all’impronta, senza aver letto prima il testo. Comunque, è andata abbastanza bene." "E allora?" "Allora, ecco qui" dice la donna, mostrandogli una cassetta "la mia prima lettura." "Ma, la cassetta non serviva allo scrittore?" si stupisce il ragazzo. "Certo, ma lui ha una doppia piastra di registrazione. Gli ho chiesto di fare due cassette." Gli strizza l’occhio "Una per noi, anche se questo non gliel’ho detto" conclude con una risata argentina. "La sentiamo? E’ erotica?" chiede il ragazzo eccitato. "Certo che la sentiamo. E’ quanto di più porco abbia mai anche lontanamente immaginato." Inserisce la cassetta nel registratore, si dispone a quattro zampe sul letto, offrendogli la visione dei suoi apprezzabili quarti posteriori. "Dai, scopami." ordina decisa, improvvisamente padrona. Il ragazzo è già in erezione. La monta da dietro. Quando la voce armoniosa della donna, resa appena metallica dal registratore, riempie la stanza, il suo membro è già dentro di lei : IL RITORNOFrançois torna a casa dopo il lavoro, alle due di pomeriggio di un giorno di agosto. La famiglia è in vacanza da qualche giorno e da lui si è installata Conquette; Conquette, con i suoi occhioni innamorati, le ciglia lunghe che sembrano finte, le unghie laccate di rosso; Conquette, con la bocca larga da succhiacazzi, il piccolo culo rotondo e perfetto, la figa stretta e profumata. La sera prima hanno provato, concordato il rituale del ritorno a casa; scendendo dalla macchina, François sa che anni di fantasie e desideri stanno per avverarsi; in ascensore pensa alla donna che lo aspetta dietro la porta, la immagina già eccitata e bagnata e sente l’uccello rizzarglisi nella patta dei pantaloni. François suona il campanello e Conquette apre immediatamente, come se fosse già stata lì ad attenderlo. E’ splendida nel completino da sesso che si è preparata il giorno prima seguendo le istruzioni di lui: una vestaglietta leggera, intagliata all’altezza del seno per fare uscire le tettine piccole e sode, l’apertura triangolare in corrispondenza del pube da cui si affaccia timidamente un bel ciuffo di peli neri e, sul retro, un cerchio da cui prorompe la soffice rotondità del culo. François chiude la porta, lascia cadere la borsa, bacia Conquette sulla bocca. Sente i denti contro i suoi denti, le labbra contro le proprie, la lingua che gli si insinua e lo fruga in bocca, mentre le sue mani corrono sul vestito leggero e indugiano sulle parti già scoperte del corpo della donna. Poi, tenendo a freno l’eccitazione che gli suggerirebbe di tirare fuori il cazzo già duro e scoparla lì nell’ingresso, François si china a baciare le tette, prima l’una, poi l’altra, indugiando con la lingua e i denti sui capezzoli duri e dritti. poi si inginocchia, mentre lei spinge il bacino contro la sua faccia, affonda il viso nel pelo pubico, bacia la figa calda e palpitante, inspira per assaporare il profumo del sesso che sente umido sotto la lingua. "Ti sei toccata stamattina?" "Due volte" risponde lei "pensando a quello che avremmo fatto oggi". "Sei la mia troia" le dice, sapendo che per Conquette questo è il complimento più gratificante; e infatti lei si spinge ancora di più contro di lui, quasi a farsi penetrare dalla lingua avida. Ma la parte più agognata del saluto di benvenuto deve ancora arrivare. Conquette si ritrae, si gira, si piega leggermente in avanti, in modo che il suo culo sia all’altezza del viso di lui, che rimane inginocchiato in venerazione. "Baciami il buco del culo, stronzo" gli ordina. François allarga le chiappe quanto possibile con le mani, sosta un attimo in muta ammirazione della perfetta rotondità del culo, poi punta il buco strettissimo in cui da mesi sogna invano di penetrare, vi appoggia le labbra, vi schiocca un bacio sonoro, lo lecca estasiato. Ed ecco che Conquette gli scoreggia in bocca; con la coda dell’occhio vede il buchino adorabilmente raggrinzito che si apre e si richiude in un soffio, mentre le sue orecchie sono estasiate dal suono dolcemente modulato della scoreggia e le nari aspirano il delizioso profumo che si sparge per l’aria. Conquette, che è riuscita nel difficile intento di scoreggiare a comando, è soddisfatta e dolcemente gli chiede: "Ti è piaciuto, stronzo?" François è al colmo della felicità e dell’eccitazione: "Cara, ti amo" riesce a dire, mentre si rialza tenendo un dito nel buco del culo dell’amata. Si baciano; Conquette sente gli effluvii più intimi del suo corpo sulla bocca, sulle labbra di lui, che le sfiorano il viso. Gli apre la patta dei pantaloni, ne trae fuori un cazzo durissimo, gli stringe con tutta la forza la cappella, lo tira verso la cucina, sempre con un dito conficcato nel culo. Si siedono vicini davanti alla tavola già apparecchiata, iniziano a mangiare allacciati, toccandosi, strofinandosi, baciandosi, lei sempre con la mano stretta a pugno sulla cappella, ma senza menarglielo per non farlo venire. Si scambiano oscenità come se fossero le parole più dolci dell’amore: "Stronzo, pezzo di merda, coglione" sono le espressioni preferite di Conquette; e lui replica:"Troia, puttana, bagascia rotta in culo". Si amano come due ragazzini. Poi François chiede: "Fammi sentire il sapore della tua figa". Conquette sorride, sbocconcella un pezzo di pane, allarga le gambe, si passa il pane più volte dall’alto in basso per tutto lo spacco della figa, perché si imbeva bene dei suoi umori, lo mette lei stessa in bocca al suo uomo che lo riceve come un profano sacramento del dio d’amore. "Sei amara" le dice. "E’ l’amore che è amaro" risponde lei con un sorriso velato di tristezza. "Ma adesso senti l’altro buco". Prende un grissino già imburrato, si appoggia sullo schienale della sedia, con un dito si apre leggermente il buco del culo e vi introduce il grissino, che, ben lubrificato, scivola nell’ano senza apparente difficoltà. Lentamente, ma sicuramente, almeno dieci centimetri di grissino scompaiono nel culo di Conquette, che poi inizia con la mano un movimento di su e giù, quasi a simulare un’inculata, e geme leggermente di piacere. François intuisce che la donna non ha resistito all’eccitazione e ha cominciato a farsi un ditalino; si abbassa sotto il suo ventre, volge la testa verso l’alto, riesce ad abbracciare con lo sguardo le dita di Conquette che si muovono sicure e veloci in mezzo alla figa e sul grilletto e nel contempo il grissino che entra ed esce dal buco del culo. "Riesci a scoreggiare adesso?" le chiede. Conquette interrompe per un attimo il movimento, si irrigidisce, si concentra, scoreggia sonoramente. A François sembra che il cazzo gli stia per scoppiare, tanto è eccitato. Ora Conquette si estrae dal culo il grissino su cui ha appena scoreggiato, si abbassa su di lui, glielo infila in bocca, lo dà da mangiare al suo uomo che è quasi in trance. François si riscuote. "Adesso devo scoparti" "Anch’io" conviene Conquette che ha interrotto il ditalino. Lui si risiede, lei gli si accovaccia in braccio, lo stringe, allarga le gambe, si cala sul cazzo in erezione, se lo conficca nella figa e inizia a muoversi in su e in giù, prima lentamente, poi a un ritmo sempre più veloce. François le morde le tette e si concentra sulle sensazioni che dalla cappella iniziano a raggiungergli il cervello. E’ una scopata velocissima "Sto per venire" le dice. "Anch’io" risponde Conquette accelerando il ritmo. "Non ho mai avuto un benvenuto come questo" "Perché non sei mai stato così amato". Conquette geme negli spasimi del piacere, François sente la sua sborra straripare nella figa accogliente della donna. Si slacciano l’una dall’altro, si ricompongono, si baciano leggermente. "Ciao, come stai, come è andato il lavoro?…" Sono stesi sul letto, ancora uniti insieme, il ragazzo stretto alla schiena di lei. La donna ha un rivoletto di sperma che le scivola freddo giù per la coscia. Allunga un braccio, spegne il registratore ormai silenzioso. "Dio che porcata" geme il ragazzo al clic del meccanismo che si arresta. "Non ho letto bene?" chiede lei sorridendo, slacciatasi dal suo abbraccio. "Tu hai letto bene. E’ quello che hai letto che non mi piace." "Ah non ti piace? Non si sarebbe detto mentre mi scopavi. Non te l’ho mai sentito così grosso…" Lui tace. La donna continua: "Non è grande letteratura, è vero; è porco, ma è eccitante… Del resto, c’era da aspettarsi che non mi avrebbe fatto leggere i sonetti di Petrarca." "Già, c’era da aspettarselo" annuisce il ragazzo. "E com’è finita, con lo scrittore?" "Niente, ho preso i soldi, ho salutato e me ne sono andata. Ci vediamo la prossima settimana per un’altra lettura." "Ah, pensi di farlo ancora?" "Perché, cosa c’è di male? Il bello è che mi ci hai mandato tu…" Poi, in fretta: "Senti, ne riparliamo; ora vestiti e vai, che stanno per tornare i miei figli." IL SECONDO RACCONTONel pomeriggio di primavera, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, strepita clamorosamente le sue ovvie verità dagli altoparlanti dello stereo. Dalle finestre semichiuse, il ritmo del rap italiano si perde sui tetti d’ardesia del centro antico. Sul letto in penombra, la donna tamburella il ritmo della canzone sulla schiena del ragazzo, steso accanto a lei, la faccia sul cuscino, in preda ad un’evidente spossatezza postcoitale. "Allo scrittore piacciono i cantautori" dice improvvisamente la donna. "Quel porco" interrompe il ragazzo. "Ieri mi ha fatto sentire una canzone di De Gregori, prima della lettura. Sai, quella che fa: ‘E vieniti a sedere / vieniti a riposare / su questa poltroncina a forma di cuore…’ " La donna intona piano il motivo, lottando contro il vibrare del basso, il rullare della batteria di Lorenzo. Il ragazzo la guarda senza parlare, scruta il corpo nudo di lei, aperto senza imbarazzo davanti ai suoi occhi. "Già" continua lei " tu ascolti solo musica da discoteca. Invece, è una canzone molto bella, molto dolce; io non la conoscevo. E anche lui, sai, sembra una persona dolce…" "Fa’ attenzione, quando ci vai" dice il ragazzo senza simpatia. "Vuoi sentire il secondo racconto?" chiede la donna. E senza attendere la risposta, si alza e presa una cassetta dal comodino, la inserisce nel registratore. "Scopiamo?" lo invita, con il dito sul tasto del "play". "Lo abbiamo appena fatto. Non sono mica Mandrake" si lamenta il ragazzo. Lei sorride: "Vedrai che dopo aver sentito il racconto, ti sarà tornato duro" e avvia la registrazione. NERINO Era sempre stata una delle fantasie erotiche di Conquette quella di farsi scopare da due uomini contemporaneamente; ma in fondo non aveva mai pensato di realizzarla veramente, almeno fino a quando non aveva incontrato e si era innamorata di François. Ora aveva due uomini che la veneravano e la desideravano contemporaneamente, poiché, oltre a François, Conquette, che non sapeva rinunciare alla sua giusta razione di cazzo, continuava a farsi scopare dal suo partner abituale, Nerino; perché non provare qualcosa di nuovo e farlo in tre? In quell’agosto della nostra storia, Conquette si era stabilita da François, ma ogni settimana tornava a casa per un giorno a salutare i genitori e non perdeva occasione per farsi portare al cinema da Nerino a Novara e concludere la serata con una scopatina, visto che, in materia di uccelli, Conquette aveva sempre praticato il principio: "meglio prenderne di più che di meno". Certo Nerino, che non era particolarmente audace sessualmente, non avrebbe acconsentito a scoparsi quella che considerava la sua donna in contemporanea con un altro; ma la fervida mente di Conquette, vivace quasi quanto la sua figa, non ebbe difficoltà a escogitare un piano che le avrebbe permesso di realizzare la propria fantasia di un incontro a tre. Quel sabato, dunque, invece di andare in treno a Novara da sola, si fece accompagnare in macchina da un François incuriosito, ma ancora all’oscuro di tutto. Durante il viaggio, Conquette manifestò l’eccitazione che le derivava dalle sue grandi aspettative per la giornata masturbandosi due volte a fianco di François che guidava; all’Autogrill di Vercelli, trascinatolo in un gabinetto, per andare parzialmente in pari, gli fece un pompino dei suoi, saziando così per un po’ la sua inestinguibile sete di sborra. Arrivati a B. , Conquette aspettò che gli occhiuti genitori uscissero per una delle loro rare serate fuori casa, poi fece entrare François e lo sistemò nello sgabuzzino che dava sulla sua stanza, dicendogli di aspettare il suo rientro insieme con Nerino; cosa che lui, che si era portato da leggere un ponderoso tomo di storia medievale, fece di buon grado. Era ormai sera quando François sentì arrivare Conquette e Nerino; mise via il libro e si preparò a osservare gli avvenimenti da uno spiraglio della porta. Vide i due che cominciavano a toccarsi sul divano, le carezze di Nerino farsi sempre più audaci ed insistenti, i pochi vestiti leggeri di Conquette scivolare a terra, il corpo nudo della sua donna percorso con delicatezza dalle mani, poi dalla lingua di Nerino. Notò che Conquette si sistemava in modo da offrirgli soprattutto la visione del suo culo divino, che l’altro accarezzava quasi con timidezza e capì che lei aveva deciso di offrirgli lo spettacolo quanto mai eccitante e sottilmente perverso di una sua scopata con un altro uomo. Ma non era tutto qui. Conquette disse a Nerino: "Oggi voglio che tu faccia l’amore bendato. Così potrai immaginare di farlo con chissà chi, di scopare con le tue fantasie; sarà incredibilmente arrapante, vedrai, ti verrà duro come un sasso. Non toglierti la benda finché non mi avrai sborrato dentro." L’inconsapevole Nerino non ebbe nulla a ridire, si fece bendare con un fazzoletto e si sistemò su una poltrona, mentre Conquette, inginocchiata ai suoi piedi si gustava un piccolo aperitivo succhiandogli il cazzo già duro e nel contempo, sapendosi osservata da François, dimenava lascivamente il culo. Poi, rialzatasi, mentre Nerino, bendato e immobile, aspettava gli eventi, fece segno a François di entrare e di inginocchiarsi a guardare: allargò le gambe e con la massima naturalezza si sedette in grembo a Nerino, ma volgendogli la schiena, facendosi penetrare dal suo cazzo lungo e sottile in un colpo solo. Conquette iniziò a scoparsi da sola, impalandosi con un agile movimento di su e giù sull’uccello duro di Nerino; intanto, con una mano attirava verso di sè la testa di François, finché non fu a pochi centimetri dal suo sesso fremente, quasi per offrirgli un primissimo piano, da film a luci rosse, della penetrazione che stava subendo. Si aperse con le dita le labbra della figa, si accarezzò il grilletto, infilò il dito stillante di umori profumati nella bocca di François, che osservava estasiato il ritmico andirivieni del cazzo, la figa che si sollevava fino quasi a scoprire e liberare la cappella turgida e rossa, per poi ripiombare verso il basso e inghiottire l’uccello fino alla base, fino a sfiorare i coglioni gonfi di sborra; e ogni alzarsi e abbassarsi del bacino di Conquette era accompagnato da un gemito di piacere, mentre anche il respiro di Nerino si faceva sempre più affannato e ansimante. Incapace di contenere l’eccitazione che lo pervadeva alla vista di quella appassionata scopata, François si aprì la patta dei pantaloni ed estrasse un cazzo notevolmente più grosso di quello di Nerino, disponendosi a farsi una sega. Ma Conquette, che, pur nella passione della chiavata, era sempre presente a se stessa, gli fece segno di no con la testa, e disse, a voce alta: "Hai un cazzo meraviglioso; come mi piacerebbe sentirmelo contemporaneamente in bocca, oltre che nella figa!" Nerino interpretò quella dichiarazione come se fosse destinata a lui e mugolò di compiacimento, ma François aveva ben capito la vera intenzione di Conquette; si alzò in piedi e dardeggiò il cazzo ormai al massimo dell’erezione nella docile bocca spalancata di Conquette, che prese a succhiarglielo con trasporto, anche se silenziosamente per non tradirsi. Così, ogni volta che Conquette si rialzava, il cazzo di Nerino le si sfilava dalla figa e quello di François le penetrava fino in gola; e ogni volta che si riabbassava, il cazzo di François le usciva dalla bocca e doveva trattenergli la cappella con le labbra, mentre l’uccello dell’altro le tornava ad ingolfarsi per intero nella figa. Così, con ammirevole passione e indivisibile amore Conquette scopava i suoi due uomini, distribuiva loro imparzialmente e allo stesso momento il piacere dei suoi umidi orifizi e si godeva l’andirivieni dentro di sé di due cazzi duri. Poi Nerino, ormai travolto dalle ondate di piacere, prese a boccheggiare e François, che per la sua posizione poteva vederlo in faccia, al contrario di Conquette che gli volgeva la schiena, comprese che tra poco avrebbe raggiunto l’orgasmo. Bisognava accelerare i tempi, doveva per forza sborrare prima dell’altro per allontanarsi senza essere visto. Afferrò con le mani la nuca di Conquette e la obbligò, muovendole la testa avanti e indietro, ad affrettare il ritmo del pompino, nel contempo entrando sempre più in fondo nella sua gola, per sentire la cappella strusciare e schiantarsi contro il morbido palato della donna. Conquette era senza fiato, represse a fatica un conato di vomito quando il cazzo entrò per intero nella sua bocca, ma continuò stoicamente a succhiare, mentre accentuava i movimenti del bacino e si predisponeva lei pure a godere. Dopo mezzo minuto di quel trattamento François sentì l’orgasmo arrivare, con una scossa che dai coglioni gli arrivava alla cima dei capelli; per quella volta, però, aveva deciso di non offrirle da bere. All’ultimo momento, con uno strattone all’indietro, si sottrasse alle voraci labbra da pompinara di Conquette e le spruzzò la sborra in faccia, un primo schizzo su una guancia, un secondo sull’altra, poi il terzo, l’ultimo, il più poderoso, quasi un interminabile fiume di sborra, sulle labbra socchiuse di una Conquette, che in pieno orgasmo, lo guardava muta con aria di stupefazione e terrore. François lasciò velocemente la stanza senza neanche il tempo di reinfilarsi l’uccello nei pantaloni e chiudendo la porta vide con la coda dell’occhio Nerino, che aveva ormai sborrato nella figa di Conquette, levarsi la benda e la donna, ancora impietrita, fissare la porta che si chiudeva con una muta implorazione di aiuto negli occhioni spalancati. Corse alla macchina mise in moto e si avviò verso l’autostrada, chiedendosi come Conquette avrebbe mai potuto giustificare davanti a Nerino, che era ben conscio di averla chiavata nella figa, gli schizzi di sborra che ne imbellettavano il faccino innocente. Ma sapeva che l’inventiva di Conquette era inesauribile e non si preoccupò più del dovuto. Il giorno dopo, puntualmente, Conquette ritornò a Genova, più dolce, sorridente e innamorata di prima. Non se l’era presa per il piccolo scherzo che la gelosia gli aveva consigliato. Gli raccontò che, riacquistata la lucidità, era riuscita con prontezza incredibile a raccogliere con le dita tutta la sborra che lui le aveva spruzzato sul viso e inghiottirla senza lasciarne la minima traccia prima che l’inconsapevole Nerino riuscisse a guardarla in faccia; che l’attimo di panico e poi il sollievo di essere riuscita a tirarsi fuori di impaccio le avevano reso ancora più bella ed eccitante quella scopata in tre; e che la sua sborra non aveva mai avuto un gusto così delizioso come quel giorno. Anche Nerino era rimasto soddisfatto e le aveva confessato di non aver mai sentito, in sette anni di chiavate, la sua figa contrarsi con tanta elastica passione intorno all’ uccello di lui. Risero a lungo. Per riappacificarsi, fecero il bagno insieme, coronandolo con un perfetto 69 nella vasca; poi, come dolce vendetta, lei gli pisciò in faccia e si fece leccare la figa. Godettero meravigliosamente e in armonia. L’agosto era ancora lungo. La donna blocca il registratore con un sospiro, come se avesse appena goduto insieme a Conquette. Il ragazzo si è tirato a sedere sul letto. Le chiede: "Ma non ti senti imbarazzata, a leggere queste cose davanti ad uno sconosciuto? E lui cosa fa, mentre tu leggi?" "Mah, se ne sta lì sul divano, al buio. Non lo vedo quasi, l’unica luce nella stanza è puntata sui fogli." "Forse si masturba, si fa una sega" interviene il ragazzo, improvvisamente sguaiato. "L’ho pensato anch’io. Ma non è così." "Come fai a dirlo?" "Ieri, quando ho smesso di leggere, si è alzato per spegnere il registratore. Forse la mia poltrona era un po’ scostata, forse sono io che mi sono spostata inavvertitamente; o forse lui ha voluto sfiorarmi. Insomma, passando si è strusciato contro di me, il suo inguine contro la mia faccia. Veloce, come per sbaglio; ma abbastanza per farmi sentire il suo cazzo duro sotto i pantaloni. Se si fosse fatto una sega, non ce l’avrebbe più avuto duro, no?" conclude ridendo la donna. Il ragazzo la guarda stupefatto: "Ti ha toccato? Ti ha fatto sentire il cazzo?" "Ma dai, è stato un caso; sarà stata colpa mia." " E tu, cos’hai provato? Ti ha fatto schifo?" "No, nient’affatto." "E allora cosa hai provato?" insiste il ragazzo. "Se vuoi saperlo, mi è venuta voglia di prenderglielo in bocca." "Sei una troia." conclude sconsolato il ragazzo. Gli occhi della donna brillano all’improvviso di una luce dura e fiera. La sua voce ora è tagliente: "Sono una troia, forse. E a te, non fa piacere stare insieme ad una troia?" Il ragazzo abbassa gli occhi, fa cenno di sì senza parlare. Lei si stringe addosso al suo corpo liscio, quasi glabro, gli arruffa i capelli: "non litighiamo, dài. Per farmi perdonare, ti faccio un pompino. A te invece che a lui." "E io?" "Leccami la figa, scemo" ride lei. "Ma mentre ti succhio, voglio risentire la storia di Nerino." Il ragazzo obbedisce, rimette in moto il registratore. Poi le affonda la testa tra le cosce, le cerca con la lingua la fessura bagnata. " Era sempre stata una delle fantasie erotiche di Conquette quella di farsi scopare da due uomini contemporaneamente; ma in fondo non aveva mai pensato di realizzarla veramente, almeno fino a quando …"
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