Gli impiegati, come ormai era quasi abitudine, arrivarono alla spicciolata. Il capo non era ferreo sugli orari: consentiva una certa tolleranza sull’entrata a patto che ognuno facesse le sue brave otto ore di lavoro. Quelli che avevano l’abitudine di comprare il giornale si sprofondarono subito nella lettura delle notizie più importanti: il capo, questo lo tollerava un po’ meno; ecco perché si affrettavano tutti a scorrere i titoli principali prima che lui arrivasse. L’importante, comunque, era che non ci fossero ritardi ed errori nel lavoro. – Ehi, avete visto che macello sull’autostrada per Palermo? Uno stronzo di autista di un bus turistico si è addormentato ed ha fatto filotto al casello. Otto macchine ha fracassato. Sembra che ci siano due morti ed un paio di feriti che stanno più di là che di qua. — Cazzi suoi e del suo padrone, così impara a non rispettare i riposi agli autisti. Quegli stronzi li fanno guidare anche per venti ore filate.- Ma no, – intervenne una procace moretta che per leggere il giornale si era chinata sulla schiena di una collega spalmandole una tetta sulla spalla – non si è addormentato: dice che non hanno funzionato i freni. Eppure il pullman era nuovo: aveva fatto appena quarantamila chilometri. — E allora sono cazzi della compagnia d’assicurazione. Ve lo immaginate che guerra tra i periti? A proposito, con che compagnia era assicurato? Spero che noi non c’entriamo niente. Proprio non mi andrebbe di ripassare un periodo come quello di quest’inverno, con quel cazzo di bus scolastico finito nel burrone. Madonna santa che casino! Ve lo ricordate? — E chi se lo scorda. Per poco la Direzione Generale non ci faceva chiudere l’agenzia mandandoci tutti a spasso. — E allora avrei fatto passare un brutto quarto d’ora al posteriore di Angelica. Era lei che doveva tenere le pratiche in ordine a quel tempo; e invece le teneva come un mazzo di carte da ramino mischiato. Non ci si capiva un’amata minchia. — E dai, – lo rimproverò scherzando un collega – ci sono delle signore presenti. Non parlare di certi argomenti. — Perché? Senno’ gli viene voglia? — Non ti preoccupare, che non ci viene voglia – ribatté ridendo la Vallescura, evidentemente abituata a quel genere di battute pesanti – anche perché lo sappiamo tutte che lui straparla soltanto. È una vita che promette anche al mio posteriore di fargli passare un brutto quarto d’ora; ma stiamo ancora aspettando. Chissà, forse gli ci vuole un invito scritto. – Nessuno aveva fatto caso alla porta chiusa della stanza del capo. Presi dal commento delle notizie e dalle battute salaci, a nessuno era venuto in mente che il capo poteva già essere arrivato in agenzia.Improvvisamente, un crepitio negli altoparlanti dell’impianto interfonico mise tutti in allarme. – Scusate se vi disturbo, – la voce del direttore dell’agenzia tuonò, nell’ampia sala comune, con un marcato accento ironico che non sfuggì a nessuno – Vorrei che la Signora Concetta, appena comoda, mi portasse la pratica completa della ditta Bagheria Viaggi. Voglio controllare che sia tutto in ordine, prima che scoppi un altro maledetto casino. — Ma che minchia! Non sarà mica della Bagheria quello stronzo d’autista che è andato a sbattere? Possibile che tutti i peggiori clienti li abbiamo noi? -La signora Concetta, una bella biondina di poco meno di quarant’anni, dai lineamenti fini e delicati, molto curata nell’abbigliamento di taglio classico, stava seduta alla sua scrivania: il volto esangue e le mani serrate ai braccioli della poltroncina. – Ehi, Cettina, che hai? Ti senti male? Il capo vuole la pratica della Bagheria Viaggi. Se non ti senti bene, gliela porto io, ma non facciamolo incazzare, che già mi sembra sulla buona strada. -La donna, scuotendo la testa, si sollevò a fatica dalla poltroncina; i colleghi avevano tutte le ragioni per preoccuparsi della sua salute. La signora Concetta, infatti, sposata da poco più di un anno, era in avanzato stato di gravidanza. Avevano voluto fare le cose in fretta, lei ed il marito, un impiegato di banca più grande di lei di un paio d’anni. Si erano conosciuti tardi, quando, ormai, quasi pensavano che il loro destino fosse quello di rimanere single. Invece il caso volle che, per motivi di lavoro, si conoscessero, si apprezzassero vicendevolmente ed in poco tempo decidessero di sposarsi. L’età, non più giovanissima, li aveva consigliati di fare in fretta a mettere in cantiere il primo figlio. Roberto si era dato parecchio da fare, aiutato, se mai ce ne fosse stato bisogno, da un’insospettata e sorprendentemente piacevole carica erotica della moglie che aveva collaborato, con evidente piacere ed entusiasmo, ai suoi quotidiani sforzi. Ben presto le loro fatiche avevano dato il giusto frutto, anzi, molto di più di quanto avessero sperato: l’ecografia, infatti, aveva rivelato che la signora portava in seno una coppia di gemelli. “Ihi, quanta grazia” – aveva commentato con entusiasmo Roberto quando il ginecologo comunicò loro la notizia. Quella stessa notte, nel loro letto, avevano fatto all’amore in modo ancor più appassionato. Roberto non smetteva di succhiare i capezzoli della moglie sostenendo che tra poco, con due bocche da sfamare, per lui non ci sarebbe stato più modo di assaporare quelle delizie. Cettina era al settimo cielo. Aveva temuto, nelle condizioni in cui si sarebbe trovata da lì a poco tempo, che non sarebbe più piaciuta al marito; il pancione sarebbe diventato enorme, solcato da mille piccole smagliature; i seni, già normalmente grossi, sarebbero diventati come palloni; già ora le areole erano ingrandite e scurite, ed i capezzoli, specialmente quando lui glieli stuzzicava, diventavano grossi come pollici di un adulto. Completamente nuda, supina sul letto, con le cosce spalancate, Concetta assaporava le carezze ed i baci del marito. Una mano, perennemente poggiata sulla fica, le solleticava il clitoride facendola gemere di piacere; la bocca dell’uomo, invece, passava da un capezzolo all’altro succhiandoli e martoriandoli con piccoli morsi non sempre delicati. A Concetta, questa lieve forma di sadismo del marito non dispiaceva per niente: un pizzico di dolore, appena accennato, contribuiva a scatenare i suoi istinti più animaleschi.Da qualche tempo ormai, per fare all’amore, proprio a causa del pancione di Cettina, avevano adottato la posizione a cucchiaio: l’uno alle spalle dell’altra che, di fianco e con le gambe flesse, lasciava completamente libera la vagina per la penetrazione senza dover subire il peso dell’uomo. Quella posizione, però, lasciava libero l’accesso anche ad un altro canale del piacere, e Roberto, al quale il culo sodo e carnoso della moglie piaceva da impazzire, ogni tanto faceva finta di sbagliarsi a prendere la mira, e puntava la sua asta fremente direttamente sul secondo canale provocando uno scherzoso ma fermo richiamo della moglie: – Che fai, Roby, sei tanto vecchio che non sai più trovare la strada di casa e sbagli portone? – Roberto capiva che non era aria e si rassegnava ad indirizzare l’asta verso la parte giusta rinviando ad un’altra occasione, l’agognato trofeo dell’ultima verginità di Cettina.La donna stava ancora assaporando il ricordo delle carezze che il marito le aveva fatto quella stessa mattina, quando la voce gracchiante del capo l’aveva riportata alla realtà; e che brutta realtà!La pratica Bagheria Viaggi. A quella richiesta, Concetta aveva sentito il sangue defluirle dalle vene. Poco meno di due mesi prima, il signor Foti, proprietario della Bagheria Viaggi, il più grosso cliente dell’agenzia di assicurazione con i suoi otto pullman, dodici tassì e quindici autovetture a noleggio, si era presentato in agenzia pochi minuti dopo l’orario di chiusura; in ufficio era rimasta soltanto la signora Concetta, segretaria e braccio destro del direttore, nonché responsabile della contabilità dell’agenzia, visto che lei era l’unica ragioniera presente tra i tanti diplomati impiegati nell’agenzia.Il signor Foti doveva assolutamente pagare l’assicurazione per tre nuovi pullman che, consegnati finalmente quella mattina stessa, dal giorno seguente avrebbero dovuto cominciare a guadagnarsi il pane, come diceva lui.Concetta si sgolò nel tentativo di spiegargli che doveva tornare il giorno seguente. Tentò di fargli capire che ormai i terminali erano spenti; che non c’erano più i collegamenti con la direzione generale; che avevano già fatto il versamento alla cassa continua della banca, e che quindi lei non poteva né riscuotere il premio delle polizze, né tantomeno rilasciare i relativi tagliandi. Al Foti, di tutti tutte quelle chiacchiere non gliene poteva fregare di meno: lui sapeva solo che da lì a qualche ora, prima dell’alba, i tre pullman dovevano già essere in strada per un viaggio organizzato da oltre un mese; trovasse lei la soluzione per farli partire perfettamente in regola, se voleva che la Bagheria Viaggi e tutti i suoi dipendenti, che non erano pochi, sottolineò significativamente l’uomo, continuassero a servirsi di quella Agenzia di assicurazione.A Concetta, dopo quella poco velata minaccia, non rimase altro che riscuotere i circa cinquemila euri del premio di assicurazione e rilasciare tre tagliandi provvisori, ripromettendosi, la mattina successiva, di regolarizzare immediatamente la pratica.Prima di chiudere l’agenzia, mise i soldi nella borsa assicurandosi che fosse ben chiusa: non si fidava a lasciarli in ufficio: e se fossero venuti i ladri proprio quella notte? Tenendo ben stretta la borsa sotto il braccio, Concetta s’incamminò verso casa con un solo pensiero fisso nella testa: arrivare presto in ufficio, la mattina dopo, per depositare tutti quei soldi che le bruciavano nella borsa.Come si sa, però, l’uomo propone ed il fato dispone. Proprio quel giorno erano cominciati i saldi di fine stagione ed a Cettina, tornando a casa, capitò di passare di fronte ad una vetrina di abbigliamento premaman e primissima infanzia, in cui aveva visto alcuni abiti per lei ed altri indumenti per i nascituri, su cui aveva lasciato gli occhi rimpiangendo di non poterseli permettere: quegli stessi abiti, adesso, erano in vendita a metà prezzo. A Concetta, quei cinquemila euri che teneva chiusi nella borsetta pesavano come macigni, ma, quel che è peggio, è che le davano, in qualche modo, l’illusoria sensazione di essere ricca. La tentazione era fortissima: si era ormai talmente ingrossata che in pratica non aveva più niente da indossare; un’occasione come quella, quando le sarebbe capitata nuovamente?Le ci volle poco a pensare che, anche se avesse regolato il pagamento delle polizze del Foti alla fine del mese, appena preso lo stipendio, non sarebbe successo niente: in quattro anni che la Bagheria Viaggi era assicurata da loro, non avevano denunciato neanche un incidente: i suoi autisti erano tutti bravi e prudenti; mica volevano cominciare a fare danni proprio adesso, e con i pullman nuovi.Così la bella mammina, mettendo a tacere ogni scrupolo, entrò nel negozio ed acquistò quei capi di abbigliamento che le erano indispensabili e forse anche qualcuno cui avrebbe potuto benissimo rinunciare.Alla fine del mese, però, non ce la fece a rimettere a posto le cose: era arrivato il mutuo di casa; la rata della nuova camera per i bambini che suo marito aveva voluto assolutamente acquistare, le bollette di luce, gas e telefono, insomma, una serie di circostanze per le quali il ripianamento dei conti del Foti fu rimandato al mese successivo. Durante tutto il mese era stata attenta a risparmiare ogni centesimo; ovviamente non aveva speso tutto quello che Foti aveva versato, ed era sicura, quindi, che appena ritirato lo stipendio, avrebbe sanato la questione: ancora pochi, pochissimi giorni. Adesso, invece….Ostentando una sicurezza che non si sognava neanche lontanamente di possedere, Concetta alzatasi a fatica dalla sua poltroncina, si avviò verso la stanza adibita ad archivio. Le pratiche della Bagheria Viaggi occupavano un intero ripiano della grossa scaffalatura metallica. Prelevò l’ultimo faldone, quello dell’anno corrente, lo aprì e tolse le pratiche incomplete relative agli ultimi tre pullman acquistati dalla Bagheria Viaggi. La sua speranza era che nell’incidente non fosse coinvolto uno dei tre veicoli nuovi; gli altri, ne era certissima, erano tutti perfettamente in regola, almeno dal punto di vista assicurativo. Con il faldone sottobraccio si avviò, con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte, verso l’ufficio del capo.Quello che accadde nella stanza del Direttore dell’Agenzia lo seppero, poi, soltanto un paio di persone, che però non ne fecero mai parola con nessuno. Concetta, dopo poco più di un quarto d’ora, uscì in lacrime dall’ufficio e, senza alzare lo sguardo su alcuno dei suoi colleghi, prese la borsa, il leggero soprabito ed uscì precipitosamente sbattendosi la porta alle spalle.Tutti gli impiegati, per qualche istante, rimasero attoniti e sorpresi da quel comportamento, poi, come se un direttore d’orchestra avesse dato il via, cominciarono, tutti insieme, a blaterare esternando ognuno le immancabili ipotesi ed illazioni.- Ma che minchia è successo? Mi sbaglio o stava piangendo? — No, non piangeva: singhiozzava, addirittura. Ma che le ha fatto quello stronzo? – – Ma che vuoi che le abbia fatto? Ti sei scordata che la ragioniera è la sua cocca prediletta? Forse si è sentita male ed è corsa all’ospedale. — E che ci va da sola in ospedale: se si sentiva male, qualcuno doveva accompagnarla. — Speriamo che non sia per qualche cosa che riguarda le assicurazioni della Bagheria. – Rifletté ad alta voce la morettina che seguitava a strusciare le tette sulle spalle della giovane collega – se c’è un casino anche in quella pratica, questa è la volta che possiamo dire addio al nostro lavoro; quegli stronzi della direzione generale se la sono legata al dito, e stavolta ci faranno chiudere davvero. -Il discorso, buttato lì tanto per ipotizzare qualcosa, trovò invece terreno fertile: tutti più o meno ad alta voce, cominciarono a riflettere sul fatto che la ragioniera era entrata dal capo con la pratica della Bagheria, e che l’incidente della sera prima, come era emerso da una più attenta lettura degli articoli dei giornali, era stato causato proprio da uno degli autobus di quella ditta.- Ma come minchia è possibile che ci siano problemi con la Bagheria? Quello è un cliente importante e se ne occupa direttamente Concettina; e lei, casini non ne fa, state certi. -L’altoparlante dell’interfonico gracchiò di nuovo, interrompendo tutte le chiacchiere: – Petroselli e Vallescura, qui. Immediatamente. -Petroselli, l’uomo che aveva il “minchia” come intercalare fisso nei suoi discorsi e Vallescura, la moretta che amava strusciare le tette sulle spalle delle colleghe, ammutolirono di colpo. Quando il direttore convocava i due capi area contemporaneamente, c’erano grane in vista, ed anche pesanti.- Accomodatevi! – intimò il direttore dell’agenzia ai due Capi Area appena si fermarono davanti alla sua enorme scrivania. Abbiamo un grosso problema da risolvere; più grosso di quello dello scuolabus di quest’inverno. -I due si accomodarono nelle ampie poltrone di pelle scambiandosi reciproche occhiate molto preoccupate.- Petroselli, almeno tu hai fatto quello che ti ho detto in quell’occasione? -Il Capo Area capì immediatamente che il Direttore alludeva agli ordini impartiti in occasione dell’incidente del pulmino scolastico:- E che minchia! Scusi, mi è scappato; certo che l’ho fatto. Controllo io stesso che ogni dieci giorni, sul protocollo interno restino liberi almeno due numeri. Anita è una ragazzetta precisa e non c’è quasi bisogno che io glielo ricordi: lo fa da sola. — Benissimo; e lei, Vallescura, – continuò rivolgendosi alla procace moretta – si è lasciata ogni mese, qualche polizza progressiva in bianco da allora? — Certo! Adesso ne abbiamo diverse, pronte per essere riempite con qualsiasi data da Natale in qua. Ma cosa è successo, se posso chiederlo? — Niente che vi riguardi, ormai, visto che avete fatto come vi avevo ordinato. – poi, porgendole un foglio di carta proseguì – queste sono le targhe di tre pullman della Bagheria Viaggi che devono risultare assicurati con noi da circa due mesi. Il primo è quello più importante e deve assolutamente risultare assicurato due mesi fa; gli altri possono risultare in regola anche da qualche giorno più tardi. Tra poco arriverà la signora Concetta con i contanti per coprire le polizze. Ci penserà lei a far slittare le causali di versamento in modo che risulti tutto a posto. Mi raccomando: usate i numeri progressivi di polizza giusti con le date dei relativi protocolli d’uscita. Fate le cose a puntino e non ve ne pentirete. Sapete che vi conosco talmente bene che so che gradirete moltissimo il premio sorpresa che ho in serbo per voi più tardi. Domande? -Ambedue negarono con un semplice gesto della testa; sapevano benissimo cosa dovevano fare per mettere a posto il casino che avevano intuito; per quanto riguarda la sorpresa, poi, era talmente tanta la conoscenza reciproca e la fiducia che nutrivano per il capo che, di qualunque cosa si trattasse, gli credevano ad occhi chiusi e se lui diceva che sarebbe stata una cosa gradita, erano certi che sarebbe stata una cosa veramente molto gradita.- Benissimo; allora mettetevi al lavoro ed evitate di fare chiacchiere e soprattutto che ne facciano quei quacquaracquà che stanno là fuori. Ci vediamo più tardi: dopo la chiusura dell’agenzia. -Il capo non amava le discussioni; se e quando lo avesse ritenuto opportuno, sarebbero stati messi al corrente di tutto. Per ora non restava che eseguire a puntino le direttive. Ambedue uscirono in silenzio dalla stanza; alle ovvie richieste d’informazioni da parte dei colleghi risposero in modo vago tranquillizzandoli ed invitandoli a cominciare finalmente a lavorare.La mattinata passò, per tutti, velocissima. Poco prima della pausa pranzo tornò la signora Concetta. Si era un poco ripresa rispetto a come era uscita precipitosamente la mattina, ma i lineamenti tirati denunciavano ancora una notevole tensione e preoccupazione. Portava con se un pacco; non molto pesante, stando a come lo maneggiava, ma abbastanza voluminoso. Lo depositò a fianco della sua scrivania dove si sedette e, senza dare alcuna spiegazione, cominciò a lavorare come una forsennata. Le sue dita volavano letteralmente sulla tastiera del computer. Ogni tanto consultava il piccolo fascicolo dei versamenti presso la cassa continua della banca; di volta in volta ne stracciava uno dopo averlo sostituito con un nuovo modello.. Petroselli e Vallescura pensavano di aver capito cosa era successo: il Foti, per risparmiare qualche migliaio di euri, non aveva assicurato i nuovi pullman, e adesso, toccava a loro mescolare le carte in modo che non succedesse un quarantotto. Da esperti funzionari, infatti, avevano intuito quello che stava facendo Concetta: modificava le registrazioni delle causali di versamento facendole slittare in avanti nel tempo in modo da poter inserire, alle date fornite dal Petroselli stesso, quelle delle assicurazioni ai tre nuovi autobus della Bagheria. Avevano quasi indovinato: quasi!Certamente, in Direzione Generale, qualcosa di tutta quella manovra non avrebbe quadrato; non avrebbero mai rintracciato, per esempio, la nota con cui si comunicava l’accensione delle polizze per i tre pullman, ma questo, alla lunga, sarebbe stato imputato al cronico disservizio postale che aveva smarrito le lettere o non le aveva recapitate: non sarebbe stata certo quella la prima volta. La cosa importante era che numeri progressivi di polizza e relative date di emissione coincidessero e si intercalassero con tutte le altre pratiche.Gli impiegati tornarono dal pranzo e ripresero a lavorare in un clima strano, surreale. I locali, di solito pieni del normale chiacchiericcio degli uffici, erano stranamente silenziosi; tutti si scambiavano occhiate furtive come in attesa di una catastrofe che prima o poi doveva arrivare. La catastrofe, però, non arrivò, almeno per quasi tutti gli impiegati. Alle sedici e trenta, la ragioniera, che non era neanche uscita per la pausa pranzo, finì il suo lavoro: stampò il tabulato delle operazioni compiute ed entrò, senza bussare, nella stanza del capo.Alle cinque e mezzo in punto furono spenti i terminali, sgomberate le scrivanie da ogni incartamento e chiusa la porta dell’archivio. Alle diciassette e quaranta, gli uffici erano completamente deserti tranne che per i due capi area che, seduti in silenzio, ognuno alla propria scrivania, aspettavano di essere convocati dal capo per la “gradita sorpresa” promessa.Concetta, da quando era entrata dal Direttore, verso le diciassette, non si era più vista; nessuno, però, se ne era meravigliato più di tanto: capitava spesso che rimanessero chiusi nel grosso ufficio ben oltre il normale orario di chiusura. Qualcuno, in tempi passati, aveva anche malignato su quell’abitudine, ma, non trovando altri riscontri, le chiacchiere erano finite lì.* Petroselli, Vallescura, per favore, chiudete a chiave il portone d’ingresso e poi venite da me. – La voce del capo, diffusa improvvisamente dall’interfono, fece sobbalzare i due che si affrettarono ad eseguire l’inconsueto ordine – Per favore, venendo qui, portate anche il pacco che sta accanto alla scrivania di Tina. -Mancò poco che ai due, entrando, non prendesse un colpo: Concetta stava in piedi, in mezzo alla stanza, dando loro le spalle; il fatto strabiliante è che, a parte un paio di pendenti di perle e brillanti alle orecchie ed una collana di perle al collo, evidente parure con gli orecchini, per il resto era completamente nuda e con le braccia incrociate sulla testa.Il particolare della parure degli orecchini e del filo di perle fu notato inizialmente soltanto dalla Vallescura che glieli aveva invidiati fin da quando glieli aveva visti indosso, per la prima volta, il giorno del suo matrimonio.Per essere una trentanovenne in avanzato stato di gravidanza, la donna si manteneva ancora piuttosto bene. I fianchi, certamente, non erano più ben delineati come prima: si notava l’ingrossamento dovuto alla gravidanza, ma le natiche e le cosce, seppur lievemente ingrassate, erano ancora lisce e belle sode. Anche nel suo stato, era un bocconcino che faceva sognare; ed i due nuovi arrivati, ognuno per le personali tendenze, non poterono fare a meno di sbrigliare la propria fantasia.- Avanti, accomodatevi qui, sulle poltrone e non fate caso all’abbigliamento della signora Concetta. -I due ubbidirono e sedettero sulle stesse poltrone su cui si erano accomodati poche ore prima, dando le spalle alla collega. Erano, nel contempo, imbarazzati dallo spettacolo che la donna stava offrendo di se stessa ed eccitati dal pensiero di ciò che quella situazione poteva significare.- Logicamente vi starete chiedendo perché Concetta vi stia accogliendo abbigliata in questo modo: il mistero sarà presto svelato e ve lo chiarirà lei stessa: vero Concettina? -La donna, vedendo che i due colleghi si stavano voltando verso la sua parte, serrò vergognosa gli occhi senza dare alcuna risposta, ma questo gesto di pudore fu un errore: le impedì di vedere il capo alzarsi con calma dalla sua poltrona con un lungo righello in mano.Il colpo improvviso, violento, ricevuto sulle natiche impreparate ed indifese, inflitto proprio con quel righello, la fece piombare nella atroce realtà del guaio in cui si era cacciata.- Vero che adesso spieghi ai tuoi colleghi, per filo e per segno, perché stai qui, in queste condizioni ed anche cosa li preghi di fare per salvarti dal casino in cui ti sei cacciata rischiando di trascinare anche tutti noi nello stesso disastro? -Trattenendo a stento i singhiozzi la donna annuì, badando bene, però, di mantenere le braccia ben serrate al disopra della testa. Aveva già ricevuto due dolorosi ceffoni sulle mammelle quando, poco prima che entrassero i due colleghi, aveva accennato ad abbassarle per coprire, almeno con le braccia, le sue intimità.Un altro violento colpo sulla giuntura tra cosce e natiche accompagnò l’esortazione del capo.- Avanti, allora: sputa il rospo. -Concetta, tra le lacrime, si decise a raccontare nuovamente tutto quello che aveva già confessato quella mattina: raccontò di quella sera in cui il Foti era giunto tardi per assicurare i nuovi pullman; dei vestiti a saldo; del perché non avesse sistemato tutto alla fine del primo mese; di come il capo, quella mattina, le avesse anticipato i soldi per sistemare la pratica.- E basta così? Non devi aggiungere altro? -Un altro colpo, ancor più violento dei precedenti, si stampò sulle sue natiche già doloranti incitandola a proseguire con la parte del discorso, per lei, più scabrosa.- So bene, – riprese la donna con la voce interrotta dai singhiozzi – che dovrei essere denunciata per furto; che con il mio comportamento ho rischiato di far chiudere l’agenzia lasciando tutti voi senza lavoro; che per colpa mia tre autobus hanno viaggiato per due mesi senza assicurazione con tutti i rischi del caso. Ringrazio il Direttore per avermi concesso l’opportunità sia di rimettere tutto a posto, che di chiedere il vostro perdono. – poi, dopo un attimo di pausa continuò, più titubante di prima – So di non meritarlo per il grandissimo rischio che vi ho fatto correre, ma spero che se mi punirete come merito, poi sarà più facile per voi dimenticare questa brutta storia senza denunciarmi. -Vallescura e Petroselli si guardarono allibiti: non sapevano cosa pensare; se credere o no alle parole appena udite, specialmente a quelle pronunciate alla fine del discorso. I loro cervelli viaggiavano a mille, senza avere il coraggio di soffermarsi a valutare le favolose possibilità che le parole della collega stavano offrendo loro. Troppo bello per essere vero: l’occasione, presentata spontaneamente su un piatto d’argento, di esaudire i loro sogni più sfrenati e segreti. – Dalle vostre espressioni, immagino già quale sarà la vostra risposta, ma per sicurezza voglio farvi ugualmente la domanda: volete che io denunci la signora Concetta per furto, truffa, malversazione e quant’altro gli avvocati vorranno inserire nella denuncia, oppure accogliamo, tutti e tre insieme, la sua richiesta di essere punita, immediatamente, purché mettiamo una pietra sopra a quel che è successo?- Il Direttore si era nuovamente accomodato alla scrivania. Ormai era più che certo di avere in pugno la situazione. Certamente quel bocconcino di Concetta, anche se sformata dalla gravidanza, avrebbe voluto papparselo da solo, in tutta intimità, a modo suo, ma aveva bisogno di quei due per tenere a freno le chiacchiere che, in ogni modo, ci sarebbero state in agenzia: il rischio era troppo grosso; meglio dividere il piatto che rischiare qualche dolorosa grana. – E’ ovvio che il suo avervi voluto ricevere completamente nuda, – proseguì a beneficio soprattutto di Concetta, prima che gli altri avessero il tempo di profferire parola, – sta proprio ad indicare la sua forte speranza che voi decidiate di concederle il nostro perdono punendola. In questo caso, naturalmente, ognuno di noi sarà libero di agire a modo suo, come meglio gli aggraderà, senza che lei si rifiuti di fare o farsi fare qualsiasi cosa ci venga in mente. Allora? -A Vallescura già brillavano gli occhi per l’eccitazione. Sadica con tendenze lesbiche fin dalla prima infanzia, anche se, ogni tanto, non le dispiaceva farsi impalare da qualche grosso randello, aveva già lasciata libera la sua immaginazione sognando di fare a quella stronza tutto quello che non si era mai potuta permettere di fare alle sue occasionali compagne. Petroselli, d’altro canto, era noto come uno cui piaceva fare giochini particolari, per cui neanche lui si sognava di perdere una simile occasione. Bastò che i due si scambiassero un semplice sguardo per dare la risposta univoca.- Visto che dobbiamo essere tutti d’accordo – disse la Vallescura molto scaltramente guardando fisso negli occhi il direttore – lasciamo l’ultima parola a lei. Io, da parte mia, sono talmente incazzata per il rischio che ci sta facendo correre, che non ci penserei due volte a denunciarla, ma poi, a ben pensarci, cosa le accadrebbe? La condannerebbero a un paio d’anni che, con le attenuanti diventerebbe uno; dopo qualche mese uscirebbe per buona condotta, mentre tutti noi staremmo ancora girando per trovare un altro posto di lavoro. No: forse sarebbe meglio farle capire a modo nostro che certe cose non si fanno; per questo, ci rimettiamo a lei. Se vuole denunciarla, a noi sta bene, se vuole che la puniamo e poi la perdoniamo, a noi sta anche meglio. Decida lei. — No, – ribatté molto perfidamente il direttore, ormai sicuro del fatto suo – visto che siamo tutti d’accordo, sia in un caso che nell’altro, a questo punto è meglio che a decidere sia l’interessata stessa. Allora, Concetta, cosa scegli? Vuoi che ti denunciamo o preferisci essere punita lasciandoti fare tutto quello che vorremo per, diciamo, le prossime tre ore? In quest’ultimo caso, – aggiunse per essere sicuro che la scelta della donna fosse quella che lui voleva, – ti garantisco che quando uscirai da questa stanza, non ci saranno i carabinieri ad aspettarti, ma potrai tornartene a casa, tranquillamente, come se tutta questa brutta faccenda non fosse mai accaduta e nessuno ne parlerà mai più. Ti è tutto chiaro? -Concetta non sapeva se tirare un sospiro di sollievo o maledirsi per aver accettato di farsi punire per lo sbaglio commesso. Sapeva bene che tutte quelle domande non erano altro che una perfida messinscena. Quella stessa mattina, appena poche ore prima, uscendo dallo studio dell’Agente, già sapeva che sarebbe stata punita; glielo aveva detto lui a chiare note: < Io cercherò di rimettere a posto il casino che hai combinato, ma tu non credere che la passerai liscia. Ti darò una di quelle punizioni che te la ricorderai per tutta la vita e se ti ribelli ti mando in galera. Chiaro? > Adesso la pantomima: perfidamente lui stava manovrando per far apparire che era lei stessa che chiedeva di essere punita. Tre ore: certo, le prossime tre ore sarebbero state brutte, ma, alla fine, tutto si sarebbe risolto per il meglio; tre ore passano presto.Con il semplice annuire della testa indicò che il discorso era stato molto chiaro. Durante la giornata, non aveva fatto altro che ripensare alle parole del capo ed alla situazione in cui si era cacciata; si era arrovellata il cervello per cercare qualche via d’uscita, ma non aveva travata nessuna alternativa alla punizione corporale promessa dall’agente. Poco prima della chiusura dell’ufficio aveva capito di non avere scampo e che doveva rassegnarsi: per quell’unico errore commesso, non poteva mandare a rotoli tutta la sua vita; non poteva rischiare di far nascere i suoi bambini in galera; non poteva rischiare di vederseli togliere; di perdere suo marito. – Scelgo di essere punita – si decise a dire, con un filo di voce, immaginando già che il bruciore che aveva provato, sulle natiche, qualche istante prima, sarebbe stata poca cosa al paragone di quanto avrebbe dovuto sopportare di lì a poco. Pur non avendo mai partecipato attivamente al “club delle chiacchiere”, così lei definiva i momenti in cui quasi tutti i suoi colleghi si riunivano per sparlare di tutto e di tutti, le erano giunte all’orecchio notizie sulle tendenze e gli orientamenti sessuali dei tre che ora stavano morbosamente scrutando la sua nudità, e, se era vera anche soltanto la metà di quanto si vociferava, le prossime ore, per lei, sarebbero state veramente brutte.- Questa mattina, – spiegò il direttore sdraiandosi ancora più comodamente sulla sua poltrona, – quando la signora mi ha pregato di non denunciarla proponendo, in cambio, di essere punita per il casino che ha combinato, ho ritenuto opportuno farle acquistare degli oggetti che, conoscendovi, sapevo si sarebbero rivelati molto utili qualora voi aveste deciso di accettare la sua proposta. Avanti, – le ordinò indicando il pacco – mostragli cosa hai comprato per farti punire come hai richiesto. Ah, forse è anche il caso che spieghi bene l’uso di ogni oggetto così come te lo hanno spiegato in negozio. -Concetta, già aveva patito le pene dell’inferno nel subire i commenti e gli sguardi ironici del commesso del sexy shop che, mentre glieli consegnava, si era divertito ad illustrare dettagliatamente quegli articoli molto particolari che il capo aveva già ordinato telefonicamente. Adesso, al solo pensiero di dover ripetere quelle spiegazioni, la donna si sentì sprofondare per la vergogna.Con le mani tremanti, lacerò la carta dell’imballo sparpagliando, sulla scrivania, diverse scatole. Prese la prima che le capitò tra le mani e l’aprì. Quattro paia di manette caddero sul tavolo mentre la donna spiegava che potevano essere usate per legarla ed immobilizzarla come preferivano. Aprì un’altra scatola e ne trasse una specie di grossa racchetta da tennis tavolo.Gli occhi di Vallescura si accesero d’entusiasmo alla vista dell’attrezzo, ma perfida com’era, volle verificare fino a che punto Concetta era disposta ad umiliarsi.- E adesso che dovremmo fare? Una bella partita a ping – pong? Credevo che stessimo qui per tutt’altra cosa. -Concetta capì che quella strega si voleva divertire ancor di più alle sue spalle, ma non poté fare altro che correggere il falso equivoco.- No, nessuna partita: se vorrete, potrete usare questa per sculacciarmi. — Vuoi dire che potremo farti un bel culo rosso fuoco? – chiese la Vallescura impadronendosi immediatamente della racchetta.- Ma certo, – rispose per lei il direttore – il culo, le cosce ed anche le belle tette, se vi va; ma non solo questo, anche molto altro, vero Concettina? Avanti, continua far vedere che begli oggettini hai acquistato per farti punire. -Con la morte nel cuore Concetta prese un’altra scatola; sapeva già cosa conteneva: un fallo in lattice di dimensioni equine. Era rimasta sbigottita quando il commesso aveva prelevato quell’oggetto dalla vetrina. Mai e poi mai avrebbe immaginato che potessero esistere arnesi del genere. Nella sua mente si fece strada, all’improvviso, l’immagine di lei, distesa a cosce larghe, mentre quell’orrendo mostro squarciava crudelmente la sua povera vagina. Senza rendersene conto le sue gambe si serrarono in un senso di istintiva protezione. Il commesso, che evidentemente non era nuovo a quelle reazioni istintive, aveva chiaramente compreso il suo stato d’animo e ci aveva scherzato sopra in modo perfido assicurandola che dopo averlo usato un po’ di volte, non solo ci avrebbe fatto l’abitudine, ma che non avrebbe più potuto farne a meno. Adesso stava lì, nuda, di fronte alle persone che sicuramente glielo avrebbero fatto provare, offrendolo quasi come fosse il massimo della dimostrazione della sua remissività.- Non credo che per questo, – disse appoggiando il fallo sulla scrivania – ci sia bisogno di dare molte spiegazioni; se posso, però, vorrei pregarvi di non spingermelo troppo dentro; sapete, le mie condizioni, i bambini … – – Stai tranquilla, – disse Petroselli precedendo d’un soffio la Vallescura che aveva allungato una mano per impadronirsi anche di quell’attrezzo, – sappiamo bene che sei incinta. Vedrai, che lo useremo in modo da non farti correre il minimo pericolo. – Poi, con uno strano luccichio negli occhi aggiunse: – Faremo in modo da far combaciare le tue necessità con il nostro piacere. -Concetta si chiese cosa mai avesse voluto intendere con quella frase; stava per chiedere spiegazioni quando pensò che era meglio non sapere, non sarebbe servito ad altro che a preoccuparsi di più e in anticipo; tanto, le avrebbero sicuramente fatto qualsiasi cosa avessero voluto. Lei non era in condizioni di poter rifiutare alcunché.La scatola successiva, che aprì, era di forma rotonda, somigliava ad una torta. Sul coperchio c’era una scritta alquanto pretenziosa: < Il cervello si nutre con le perle della saggezza; il corpo si appaga con le “perle del piacere” >.Le “perle del piacere” non erano altro che una serie di palline di gomma ordinate in ordine crescente, dalla più piccola, di un centimetro di diametro, alla più grande, grossa come il pugno di una mano e collegate tra loro da segmenti, anch’esso di gomma leggermente flessibile.Il commesso, anche in questo caso, si era dilungato nelle spiegazioni, evidentemente eccitato dall’imbarazzo che queste provocavano nella cliente. – Se lo lasci dire, signora: questa è stata un’ottima scelta. Vedrà quanto apprezzerà le sensazioni che questo semplice oggetto saprà regalarle. Potrà usarlo indifferentemente in tutte e due le entrate, ma di solito, voi signore, preferite usarlo nell’entrata posteriore; è proprio lì che si sentono maggiormente i suoi piacevoli effetti. La sua struttura semi rigida, le permetterà di infilarlo e sfilarlo, infilarlo e sfilarlo provocando un piacevolissimo massaggio anale. — Vedo che non ti sei fatta mancare niente, – la sfotté Vallescura saggiando la consistenza delle palline più grosse stringendole tra le dita, – vuoi proprio godere da tutte le parti: stai tranquilla che ce la metteremo tutta per accontentarti. Ma ce la facevate voi così porcellina la nostra brava ragioniera? Credevo di essere l’unica, in quest’ufficio, ad apprezzare cose del genere, ed invece…a vederla sembrava così pura e innocente. -Concetta, dentro di se, aveva ingenuamente sperato che quell’oggetto, che per lei non aveva alcun significato se non quello di cose sporche e perverse, venisse ignorato dai colleghi. Le parole della donna, invece, le fecero capire che avrebbe dovuto, molto probabilmente sperimentare anche quello. Con la morte nel cuore, continuò la sua umiliante presentazione. Aveva lasciato, per ultima, la scatola più grossa. Quando il commesso le aveva mostrato e spiegato con dovizia di particolari il contenuto, si era sentita morire dall’imbarazzo e dalla vergogna. E non tanto per l’oggetto in sé, quanto per gli accessori ed il loro utilizzo. – Questo, mia cara signora, è il kit più completo per clisteri che sia mai stato posto in commercio: sentirà che divertimento. – aveva concluso l’uomo rimettendo tutti gli oggetti in ordine nella scatola.Con il volto in fiamme, posò sul tavolo una grossa sacca di plastica con annesso tubo e rubinetto e una serie di cannule dalle forme più svariate ma accomunate tutte da un unico denominatore: uno spessore enorme: la targhetta posta sulla più fina garantiva, come le aveva fatto notare il commesso, che misurava circa due pollici di diametro; a conti fatti, quasi cinque centimetri. Un grosso imbuto terminante con un tubo flessibile di circa un paio di metri fu deposto accanto alla sacca.- E questo che minchia è? – Chiese Petroselli scoppiando in una sonora risata, – Che dobbiamo travasare il vino? -Concetta, che aveva ardentemente sperato di non dover dare spiegazioni, si sentì sprofondare dalla vergogna. – Ecco – spiegò con un evidente tremolio nella voce – il tubo si infila … dove sapete e poi con questa brocca – proseguì mostrando una brocca da circa un paio di litri, – si versa il liquido nell’imbuto tenuto in alto. — La cosa che non ho capito, tesoruccio mio – la schernì Vallescura con un ghigno beffardo sul volto – è dove va infilato il tubo. -Il volto di Concetta divenne rosso porpora. Guardò il Capo, con gli occhi imploranti, quasi a chiedergli misericordia, ma non ottenne altro che un tacito invito a dare la spiegazione richiesta.- Il tubo va infilato nel … nel culo. — Così, semplicemente? – insistette Vallescura impietosamente. Era evidente che conosceva perfettamente quel particolare modo di somministrare i clisteri.- Sì, così com’è. – rispose rassegnata Concetta che stava finalmente intuendo che mostrarsi pudica e reticente non faceva altro che invogliare gli altri ad umiliarla sempre di più, – Si può infilare soltanto il tubo, oppure collegarlo ad una delle cannule. Il commesso ha detto che sono fatte apposta. — Bene, molto bene, – si compiacque Petroselli mentre sbirciava all’interno della scatola – che altre delizie ti sei procurata? — Ci sono ancora queste cannule particolari – proseguì Concetta estraendo due oggetti che depose accanto alle altre cannule, – questa, che sembra un catetere con due rigonfiamenti, quando è infilata … nel culo, – specificò guardando risentita la Vallescura, – si gonfia con questa peretta e i due rigonfiamenti, uno dentro e l’altro fuori dell’ano e impediscono al liquido di uscire; anche quest’altra, – proseguì mostrando un piccolo fallo di lattice, – serve ad impedire che esca del liquido, ma lo fa gonfiandosi completamente. In negozio mi hanno detto che si utilizza anche senza clistere, per dilatare l’ano. Ecco, ho finito. — Non direi proprio, bella mia, dobbiamo ancora cominciare. – Vallescura giocherellava con la racchetta che aveva in mano, evidentemente impaziente di dare il via alle danze. – Allora, – proseguì rivolgendosi agli altri due, – come vogliamo procedere? Il tempo scorre. — Sei impaziente, eh? Sì, anch’io non vedo l’ora di farmi fare un bel bocchino da questa pudica verginella, tanto per cominciare. — E va bene – intervenne il Direttore anche lui voglioso di divertirsi con la sua ragioniera – allora cominciamo a soddisfare il primo desiderio del nostro Petroselli. Hai sentito cosa vuole? Forza, datti da fare. – Il comando era stato dato in modo brusco, che non ammetteva tentennamenti. Concetta, dal canto suo, cominciò a sperare che la serata si svolgesse tutta su quella linea: un paio di bocchini; forse una leccata di fica; qualche colpo di racchetta e le tre ore sarebbero volate via.Quanto si sbagliava!Petroselli, si sdraiò sulla poltrona mentre Concetta, obbedendo all’ordine del direttore, gli si inginocchiò tra le gambe. La patta dei pantaloni era gonfia e mostrava l’evidentissima eccitazione dell’uomo.Timidamente, denunciando tutto l’imbarazzo che provava, la donna slacciò i pantaloni e con grande sorpresa vide che quasi metà del membro del collega fuoriusciva dall’elastico degli slip. “accidenti a lui, – pensò, – ma quanto ce l’ha lungo? È anche grosso; farò una fatica del diavolo a prenderlo in bocca.”- Che è? Sei rimasta impressionata dal bambino? – scherzò Petroselli, palesemente orgoglioso della sorpresa suscitata -. Su, comincia a leccarlo e a dargli un sacco di baci; può darsi che lo vedrai crescere ancora di più. -La Vellescura si era avvicinata ai due; anche lei era chiaramente interessata all’articolo che Concetta stava liberando definitivamente dagli slip. – Però, mica ti ci facevo così ben messo. Quasi quasi, la invidio questa stronzetta. — Non ti preoccupare, Vallescura, appena avrò finito di far divertire la nostra Concetta, se vuoi, farò divertire anche te: ce n’è per tutte e due. -Concetta che, tranne quando facevano all’amore, non parlava di sesso neanche con il marito, non provò neanche ad immaginare cosa avesse voluto intendere il collega con quella frase: lei era già troppo impegnata a cercare il coraggio di toccare con la mano quel mostro che le pulsava davanti agli occhi; altro che prenderlo in bocca.- Ehi, ma non sai neanche apprezzare la grazia di dio che ti si presenta davanti? Sei proprio una gran bigotta. Avanti, deciditi! Prendiglielo in bocca e fallo divertire, altrimenti comincio a divertirmi io. Se continui così, altro che tre ore: dovrai stare a nostra disposizione tutta la nottata-La Vallescura fremeva per l’impazienza, e non sopportava di vedere il tempo trascorrere così inutilmente. Il Direttore, a quel punto, si rese conto che la sua segretaria non avrebbe mai fornito, volontariamente, quel divertimento che si era aspettato. Accennando alla racchetta che Vallescura aveva ancora tra le mani, decise di cambiare il metodo d’approccio.- Credo che la nostra collega non si sia ben resa conto della situazione; io direi di darle una svegliata; anche la mia pazienza sta terminando, e mi sto pentendo dell’occasione che le ho offerto per evitare la galera. -La racchetta piombò all’improvviso, con lo schiocco di una porta chiusa per un forte colpo di vento, sul culo proteso della povera Concetta mandandola a sbattere con la faccia sul cazzo rigonfio di Petroselli.- Oh, finalmente ti sei decisa a toccarlo con la bocca. Ti ci voleva proprio quell’incoraggiamento. Adesso che lo hai ingoiato fino in fondo, muoviti, e di corsa, se non vuoi che la nostra amica continui ad incoraggiarti a modo suo. -Il dolore causato dal tremendo colpo impiegò qualche attimo a raggiungere il cervello della donna, ma quando giunse, in tutta la sua devastante crudezza, le rivelò, in un istante, la cruda realtà della sua situazione. Soltanto in quell’attimo comprese appieno che non avrebbe dovuto fare o farsi fare soltanto cose sconce, come quella che stava per fare a Petroselli; quei tre erano dei veri sadici e avrebbero preteso da lei tutto il dolore e tutte le umiliazioni che avrebbero potuto infliggerle.Aprì la bocca e, con gli occhi serrati per il disgusto, riprese tra le labbra quel grosso pezzo di carne. Già la sola cappella le riempiva la bocca, ma tentò ugualmente di fare del suo meglio. Cominciò a muovere la testa come le aveva insegnato Roberto; con lui, però, era tutt’altra cosa. Era un atto d’amore tra due persone che si volevano bene e cercavano di darsi reciprocamente tutto il piacere possibile. Adesso invece, Concetta si sentiva ne più ne meno che un oggetto; una di quelle bambole gonfiabili che non aveva mai visto ma di cui aveva sentito parlare.Per qualche attimo nella stanza non si udì altro rumore che il respiro affannoso di Concetta che, impacciata dal suo pancione, faticava a stare china sul membro del collega. Vallescura, sempre con la racchetta in mano, fissava le grosse tette pendule di Concetta che oscillavano seguendo i suoi movimenti. Il direttore, invece, sembrava più interessato al culo della sua dipendente che a tutto il resto: lo fissava con intensità, ammirando le due natiche carnose che si aprivano leggermente ogni volta che la donna si piegava per ingoiare una piccola parte di quel randello che le invadeva la bocca.- Avevo pensato di farmi fare un servizietto anch’io, appena finito con te, – disse il Direttore rivolto a Petroselli, – come aperitivo non sarebbe stato male, ma se è questo il risultato, allora ci rinuncio. Non mi sembra che ti stia trattando con lo stesso entusiasmo e la stessa riconoscenza che merita una persona che la sta salvando dalla galera. — Ha proprio ragione, Capo. Questa è un’indecenza di bocchino. E che minchia; è dai tempi del ginnasio che non me ne fanno uno così schifoso. -Concetta si sentì morire dalla vergogna e dall’imbarazzo. Sapeva che quelle frasi ironiche erano dette apposta per umiliarla, per farla sentire una nullità, ma in fin dei conti, che pretendevano? Che si sottomettesse alle loro porche voglie anche con entusiasmo? – Voi maschietti pensate solo ai vostri piaceri – intervenne Vallescura con un sorriso stampato sul volto che contrastava nettamente con le parole dette – e non pensate mai a chi si dà da fare per voi. Siete proprio dei grandi egoisti. Quanto volete scommettere che se io mi occupo un po’ di lei, la qualità del servizietto migliorerà di molto? -Senza attendere la scontata risposta, Vallescura prese un paio di manette dal tavolo con cui le imprigionò i polsi dietro la schiena, poi cominciò a stampare nuovamente la racchetta sulle carnose natiche della collega con colpi non violenti come i precedenti, ma continui e metodici.I colpi, come immaginava la Capo Area, produssero contemporaneamente diversi effetti: Concetta, improvvisamente sbilanciata in avanti, si ritrovò con la bocca spalancata a contatto del pube dell’uomo e la gola completamente invasa dall’enorme randello; Petroselli, comprendendo le intenzioni della collega, afferrò la testa di Concetta imprimendole il classico movimento avanti e indietro, penetrandola sempre più profondamente, fregandosene dei conati di vomito che il suo membro le stava provocando e dei tentativi di grida che la donna emetteva ogni volta che la racchetta si abbatteva sulle sue natiche.- Oh, adesso sì che ci siamo – sospirò soddisfatto Petroselli. – dai, continua a stimolarla, che poi ti ricambierò il favore. Dai che ci siamo! -Infatti, dopo pochissimi altri colpi, Petroselli godè nella bocca di Concetta soffocandola con lunghi fiotti di sperma. – Vai in bagno e datti una rinfrescata. – le ordinò il direttore appena costatò che aveva ripreso a respirare normalmente. – Voglio che sia bella arzilla mentre mi fai lo stesso servizio. -Con la morte nel cuore Concetta si prese quell’insperato attimo di pausa, paventando, in cuor suo, la prosecuzione di quell’esperienza traumatica.- Grazie cara, – disse Petroselli guardando negli occhi la Vallescura, – è stata una cosa fantastica: era meraviglioso come spalancava la bocca ogni volta che le sbattevi quella racchetta sul culo, ma credo che in quanto a soddisfazione, anche tu ti sei presa la tua parte. — Sì, – confessò la donna – mi sono divertita molto a mandarle il culo in fiamme. Ha visto, capo, come si appiattivano bene le sue chiappe ogni volta che la colpivo? Un vero spettacolo. — Allora, spero che non ti dispiacerà continuare a divertirti mentre sarà occupata col mio attrezzo; – rispose annuendo il capo dell’agenzia – non sarà come quello di Petroselli, ma, insomma, anche il mio fa bene la sua parte. — Non mi dispiacerà affatto – si precipitò a rassicurarlo la Vallescura – specialmente se mi permette di prendermi un’anteprima. – e, senza attendere l’immancabile assenso, si affrettò a slacciare i pantaloni dell’Agente, mettendo a nudo un randello, già bene in tiro, che aveva ben poco da invidiare a quello del collega. — Ma chi se la sarebbe mai immaginata tutta questa grazia di dio in quest’ufficio? Certo che siete stati proprio cattivi a tenere nascoste per tanto tempo queste meraviglie. — Ehi, Vallescura, che minchia fai? Mi metti le corna? Non avevi detto che volevi sollazzarti con il mio? Capisco che il capo è sempre il capo, ma insomma… vuol dire, allora, – concluse Pertoselli facendo finta di essere arrabbiato – che prenderò il posto tuo e ti incoraggerò mentre fai il servizietto al nostro direttore come tu hai fatto con Concetta. – – Questa sì che è una bella idea – approvò il direttore anticipando la protesta di Vallescura – un bocchino con incoraggiamento è una cosa che non si può assolutamente rifiutare. -La donna, a quelle parole, quasi si pentì dell’impulso che l’aveva a gettarsi tra le gambe del capo. Quel porco di Petroselli sicuramente ne avrebbe approfittato per divertirsi pesantemente alle sue spalle, anzi, per meglio dire, sul suo culo; ma ormai il danno era fatto: non poteva mica tirarsi indietro.- Ehi! Io non ho bisogno di incoraggiamenti; – tentò di protestare guardando di malocchio il collega – non sono stata mica io a fare casino con i soldi. Quindi niente racchetta! – concluse inginocchiandosi tra le gambe spalancate del capo mantenendo ben stretta la racchetta in una mano.- E chi te la toglie la tua racchetta; tienitela stretta. Credo che al capo piacerà di più quest’altro tipo di incoraggiamento: vero? -Vallescura, impegnata ormai a cercare di prendere in bocca tutto il grosso armamentario del principale, non poté vedere che tipo di “incoraggiamento” avesse scelto il collega, ma, dalle pulsazioni del cazzo che aveva in bocca, temette che il suo piacere sarebbe stato inversamente proporzionale a quello del capo; decise quindi, di darsi da fare facendo in modo da farlo godere il più presto possibile. Chinò la testa ingoiando gran parte di quel grosso randello di carne finché sentì salirle in gola conati di vomito. Sapeva bene che questo agli uomini piaceva molto.Alle sue spalle, intanto, Petroseli si stava preparando per darle l’incoraggiamento promesso. Era stato parecchio indeciso tra il grosso fallo artificiale e le “perle del piacere”; alla fine aveva optato per quest’ultime: in fin dei conti, erano lì per divertirsi sulla pelle di Concetta, era lei che doveva essere punita, non la Vallescura. Proprio mentre la donna rialzava la testa per prendere fiato, il perfido collega iniziò ad infilarle nell’ano la lunga collana ben lubrificata. La Capo Area, attenta a tutte le chiacchiere di corridoio, sapeva che il collega aveva una particolare propensione per i culetti femminili, non fu, quindi, colta di sorpresa dal corpo estraneo che lentamente si faceva strada nel suo intestino, anzi, il ritmico allargarsi e stringersi dell’ano attorno alle palline di plastica iniziò subito a procurarle una sorta di perverso piacere, diverso e nettamente maggiore di quello che provava quando, nelle serate di solitudine, utilizzava un analogo strumento di solitario piacere.Mancò poco che Concetta, rientrando, la trovasse ancora china sul cazzo del capo e con le perle del piacere ben piantate nell’ano. Vallescura si era data da fare; la stimolazione anale delle perle del piacere, contrariamente a quanto aveva sperato Petroselli, si era rivelata oltremodo eccitante e piacevole. Quando Petroselli, nella sua opera di introduzione, si era fermato pensando di essere arrivato al massimo diametro delle perle che poteva impunemente introdurre nell’ano della collega, lei stessa aveva cominciato, con il corpo, un movimento tipo pendolo, con il risultato che, avanzando, si ritrovava il randello del capo piantato fino in fondo alla gola, mentre, indietreggiando, accoglieva nel suo ano, con un fremito di piacere misto a dolore, le palline più grandi; quelle stesse che il collega non aveva avuto il coraggio di infilarle dentro. Questo andirivieni durò a lungo: Vallescura spingeva la sua testa sul cazzo del capo con un gusto quasi masochistico; le piaceva quella sensazione di fastidio nella gola che le impediva di respirare; godeva nel sentire le pulsazioni di quel grosso membro gonfiarle l’esofago provocandole l’istinto, subito represso, di sottrarsi a quella specie di tortura. Resisteva fino al suo limite, finché sentiva i polmoni bruciare, poi, con gli occhi pieni di lacrime, si ritraeva lentamente riprendendo fiato. A quel punto cominciava l’altro godimento: le perle del piacere, saldamente sorrette da Petroselli, si facevano nuovamente strada nel suo buchetto, dilatandolo sempre di più, facendola fremere nel momento in cui le sfere più grosse la dilatavano fino a farla quasi urlare per il piacevole dolore prima di scomparire nel suo intestino.Vennero tutti e due, lei ed il capo, quasi contemporaneamente; lui grugnendo ed ansimando come un maiale in calore, mentre lei si dibatteva come una forsennata per riprendere fiato: l’uomo, nel momento del massimo piacere, le aveva bloccato la testa inondandole la gola con lunghi, interminabili fiotti di sperma.- Oh, finalmente la nostra amica ha deciso di tornare tra noi, – disse l’agente notando Concetta ferma, in attesa di ordini, sulla porta del bagno. – se ogni volta che ti mandiamo a ripulirti, ci impieghi così tanto tempo, passerai la nottata qui. Forse non hai capito bene, ma le tre ore di cui abbiamo parlato prima, non comprendono le pause che ti prendi per andare in giro o al bagno: sono tre ore che devi passare qui, a nostra disposizione.– Ho capito. – rispose con un filo di voce Concetta. Anche quella speranza di ridurre, in qualche modo, i tempi in cui doveva sottostare alle angherie dei suoi aguzzini era svanita. Tre ore piene di sculacciate, bocchini e chissà cos’altro.- Sai, mentre eri fuori per la lunga pausa che ti sei presa, – intervenne Petroselli prendendo sia la brocca che la grossa sacca per clisteri – ci è venuto in mente un bel giochetto. Vogliamo verificare quanto impiegherai a far venire il capo mentre ti godi un salutare clistere. Prima lo fai godere, prima chiudiamo i rubinetti dell’acqua. Forza, riempi di acqua ben calda sia la brocca che la sacca, fino all’orlo mi raccomando, poi torna qui senza prenderti altre pause. Vai! — Non pensavo che avessi una mente tanto perfida – scherzò Vallescura appena Concetta fu uscita dalla stanza – Non so cosa ne pensi lui, ma credo di averlo svuotato per bene pochi minuti fa. — E si, mi hai mandato quasi in riserva. – concordò il capo sorridendo al ricordo delle sensazioni fantastiche che la donna gli aveva fatto provare pochi minuti prima- Sei stata fantastica; ma l’idea dell’amico Petroselli non è niente male. Sento già smuoversi qualcosa al pensiero di quanta acqua dovrà sorbirsi prima di riuscire a farmi godere di nuovo. -Carmela impiegò poco tempo per fare quanto le era stato ordinato. Al suo rientro, trovò i colleghi pronti ed impazienti di prendersi cura di lei.Con il cuore stretto in una morsa di paura e di vergogna, la donna, che ancora non riusciva ad abituarsi alla sua nudità di fronte ai colleghi, depose sul tavolo la brocca fumante, continuando a tenere in mano la sacca che, riempita, aveva assunto la forma e le dimensioni di un pallone da pallacanestro.Immediatamente, Petroselli si precipitò a prelevare l’appendiabiti a colonna che giaceva inutilizzato all’angolo della grossa sala. Lo avvicinò alla poltrona del capo e vi appese la sacca ricolma d’acqua. – Allora, Cettina, visto che ci hai fornito due sistemi per trasformarti in una damigiana più grossa di quanto gia sei, ti lasciamo la scelta: con quale vuoi farti riempire? Con l’imbuto o con la sacca? Per noi fa lo stesso. – Concetta si guardò intorno smarrita. Il volto le era diventato color porpora. Un conto era fare un paio di bocchini, un altro era farsi violare il corpo nella sua più segreta intimità. Fu tentata di pregarli, di scongiurarli, ma il sorriso soddisfatto che lesse sui loro volti la dissuase: niente li avrebbe convinti a rinunciare alla punizione che lei stessa aveva richiesto. Lo sguardo della Vallescura era forse il peggiore. Da lei Concetta si era aspettata un minimo di solidarietà femminile, invece, la collega si era rivelata la più accanita, la più determinata nel procurarle umiliazioni e sofferenze. Proprio lei, infatti, la fece decidere sul primo mezzo che avrebbero dovuto usare per farle il temuto clistere: Vallescura, con un perfido ghigno sul volto, giocherellava con il tubo attaccato all’imbuto: sorreggendolo quasi a metà della lunghezza, lo faceva oscillare come un serpente. Quella analogia scatenò in Concetta l’ancestrale repulsione per i rettili. Nel cervello le si formò l’immagine di una donna appisolata, nuda sul letto con una grossa serpe che, strisciandole sulle gambe, le si insinuava tra le cosce fino a scomparire lentamente nelle pieghe della vagina. Con un brivido di ribrezzo, Concetta indicò la sua scelta: si sarebbe fatta riempire con il metodo classico della sacca con le cannule. Petroselli manifestò subito le sua soddisfazione per la scelta assumendosi l’incarico di “gran cerimoniere”. Evidentemente molto pratico di quei giochini, suggerì al gran capo di sedersi a terra, sulla folta moquette, con le gambe larghe e la schiena comodamente poggiata ad una poltrona. A Cettina, invece, fu ordinato di inginocchiarsi tra le gambe del capo e di cominciare a darsi da fare. Il grosso pancione impediva a Concetta di chinarsi per prendere in bocca il membro che già dava segni di notevole risveglio, fu così costretta, suo malgrado, ad allargare le cosce. Era cosciente che, appena chinata, avrebbe messo oscenamente in mostra le sue parti più intime, ma non poteva fare altrimenti.. Ora il disegno di Petroselli era ben evidente: per imboccare l’asta dell’Agente, la donna si era dovuta prostrare carponi ed a quel punto il suo bel posteriore era in posizione e pronto a ricevere tutto quello che gli altri due avrebbero voluto infilarvi. Vallescura guardò, con soddisfazione, le natiche allargate della collega pregustando il piacere di dilatare lo scuro buchetto con una cannula talmente grossa che l’avrebbe fatta strillare per il dolore nel momento in cui gliel’avrebbe infilata dentro, fino in fondo. Si precipitò verso la scrivania sulla quale erano rimaste appoggiate le cannule in dotazione alla sacca, ma arrivò con un attimo di ritardo: Petroselli si era già impossessato di quella più grande che ora le mostrava con un ghigno di soddisfazione. – Complimenti, – gli disse con un sorriso agro dolce – hai scelto proprio quella che avrei voluto usare io. — Puoi tranquillamente prenderne un’altra, – rispose serafico l’uomo – magari quella più lunga. — No, a ben pensarci, è meglio che scelga un’altra cosa. Visto che un bel clistere non è degno di tale nome se non è trattenuto almeno cinque minuti, io credo che la nostra cara amica meriti di goderselo fino in fondo trattenendolo per almeno dieci minuti dal momento in cui chiuderemo il rubinetto. Non sei d’accordo? — Io posso anche essere d’accordo, ma non capisco che minchia c’entra col fatto che tu scelga un’altra cosa. — Perché, bello mio, io l’aiuterò a non perdersi nemmeno una goccia di liquido tappandole quel grosso buco con questo splendido vibratore gonfiabile. Tutto chiaro? – Concetta non dovette girare la testa per vedere quale strumento la collega avesse deciso di usare come tappo per il suo povero culetto; aveva bene impresse nella mente forma e dimensione del vibratore gonfiabile che lei stessa aveva portato.Con la morte nel cuore, Concetta si chinò sull’inguine del capo e cominciò freneticamente a darsi da fare sperando di riuscire a farlo venire in fretta.Petroselli, dopo aver abbondantemente lubrificato la cannula prescelta, una specie di tronchetto dai contorni ondulati, lungo buoni trenta centimetri e spesso almeno quattro, avvicinò due dita della mano, cariche di vaselina al buco pulsante cha da tanto tempo sognava di violare. Una spinta e le due dita scomparvero nell’ano della povera donna che, con un grugnito, espresse lo scarso gradimento per l’intrusione. L’uomo si godette a fondo quella manovra; più volte, con la scusa di lubrificarla per bene, tolse le dita reinserendole cariche di vaselina, poi, constatato che Tina si stava abituando e non grugniva più come le prime volte, decise di dare il via alla punizione. Appoggiò la punta della cannula all’orifizio e lentamente, ma con estrema decisione, la infilò, spingendogliela dentro fino in fondo. Un urlo, appena soffocato dal grosso randello di carne che le riempiva la bocca, dimostrò a tutti che Concetta, stava perdendo la sua ultima verginità. Tentò in tutti i modi di reagire, di sottrarsi da quella situazione scotendo il corpo, tentando i rialzarsi, ma fu tutto inutile. Qualche sonora sculacciata ed il lavoro preparatorio di Petroselli si rivelarono ottimi dissuasori ad ogni suo tentativo di ribellione. Il capo la teneva per i capelli impedendole di rialzarsi mentre il collega la impalava senza alcuna pietà. La grossa cannula, spinta con ritmo dall’uomo, provocava un avanzamento del corpo di Carmela che la costringeva ad ingoiare sempre più a fondo l’uccello del capo. A quel punto Concetta capì che se non voleva rischiare di soffocare, doveva sottomettersi, senza troppo reagire, alle violenze cui i colleghi si stavano divertendo a sottoporla. Il tremendo bruciore all’ano che aveva provato durante la brutale introduzione stava scemando, smise quindi di agitarsi rassegnandosi alla sua sorte. Il capo, capendo che la donna era stata finalmente domata, cominciò a scoparla letteralmente in bocca sollevando il bacino mentre le teneva ferma la testa. Vallescura ed il Capo si guardarono in faccia soddisfatti alla reazione che ebbe Cettina appena sentì l’acqua cominciare ad inondarle l’intestino: se prima pompava con sufficiente impegno, adesso il bocchino era diventato addirittura frenetico: la testa di Tina saliva e scendeva come il pistone di un motore. Concetta si sentiva pervadere sempre di più dalla disperazione. Si stava impegnando al massimo per far raggiungere l’orgasmo al capo: ne era perfettamente consapevole. Sapeva, per quel poco di esperienza fatta con il marito, che stava facendo tutto per bene; succhiava, leccava, ingoiava quel mostro fino a schiacciare il naso nei peli pubici dell’uomo; eppure non c’erano segni di cedimento; non avvertiva le classiche pulsazioni del membro che indicavano l’avvicinarsi del godimento. Non sapeva più cosa fare. L’acqua ormai le premeva nell’intestino quasi più dei bambini che portava in grembo. I primi crampi cominciarono ad arrivare: crudeli come stilettate. Ad ogni crampo il suo corpo era percorso da un brivido di dolore.- Ho, finalmente ha finito di sorbirsi la sacca. – annunciò Vallescura agitando il grosso fallo artificiale che era impaziente di infilare nel culo della donna per impedirle di svuotarsi prima del previsto.- Bhè, se vogliamo, non ha impiegato neanche tanto. – commentò Petroselli ammiccando furbescamente verso i due complici – questa sacca contiene non più di tre litri: anche considerando che il foro della cannula è parecchio grosso, lei non deve aver opposto molta resistenza, altrimenti avrebbe impiegato più tempo a prenderla tutta. Si vede che ha ancora parecchio budello da riempire. D’altronde, non mi sembra che il Capo se ne sia venuto, quindi, non ci resta che continuare a riempirla: che ne dite? — E che aspettiamo? – approvò Vallescura avventandosi sulla brocca che era rimasta poggiata sul tavolo. – Concetta si sentì svenire nell’ascoltare i piani dei suoi aguzzini. Con uno sforzo sovrumano riuscì a liberare la testa dalla stretta del Capo.- Oddio, ma non mi fate andare in bagno prima di farmi l’altro? Sto scoppiando! Vi prego. — I patti non erano questi; ricordi?: acqua finché non riesci a far venire il Capo; quindi zitta e continua con quella schifezza di bocchino. E se non vuoi che l’acqua ti esca dalle orecchie, cerca di impegnarti di più — Però questa volta cambiamo cannula, – annunciò Vallescura mostrando al collega l’altra grossa cannula acquistata da Concetta: quella gonfiabile – tu sfili quella ed io infilo quest’altra. -L’Agente, intanto, aveva nuovamente afferrato i capelli di Tina e l’aveva costretta a riprendere il suo lavoro: grosse lacrime le rigavano il volto sconvolto dalla fatica e dalla stanchezza.Vallescura si chinò sul culo di Concetta: non aveva bisogno di allargarle le natiche; la posizione prona le manteneva larghe a sufficienza per mettere bene in mostra l’anello rettale serrato attorno alla cannula del clistere. – Se non vuoi prenderne tante da farti rompere la racchetta sul culo, ti consiglio di non farti uscire neanche una goccia d’acqua ora che Petroselli ti toglie la cannula – e, dandole un violentissimo sculaccione, aggiunse – ci siamo capiti? -Concetta aveva capito; altro che se aveva capito. Quell’arpia sarebbe stata capacissima di picchiarla fino a farle sanguinare le natiche. Grugnendo, con in bocca quell’asta che non dava alcun cenno di cedimento, si preparò a stringere le natiche appena avesse avvertito l’uscita della cannula.Concetta tentò in tutti i modi di evitare quella nuova, terribile sodomizzazione, ma fu tutto inutile: i suoi colleghi avevano lavorato come una squadra collaudata e ben affiatata.Vallescura, immaginando che Tina avrebbe sgroppato come una cavalla selvaggia per impedirle di infilarle nel culo la grossa cannula gonfiabile, si era messa a cavalcioni sulla schiena della collega, serrandole i fianchi con le cosce, mentre il capo continuava a tenerla bloccata tirandola per i capelli. L’altro Capo Area le aveva afferrato un seno a piene mani e lo strizzava ferocemente ogni volta che Concetta dava una sgroppata. Fu una lotta impari che finì come doveva finire. La spuntò Vallescura che, puntata la cannula sul buchetto serrato, la impugnò a due mani e la spinse con tutte le sue forze finché non riuscì ad infilarla fino al rubinetto.Petroselli non lasciò passare un attimo di tempo: appena vide scomparire l’attrezzo nell’ano della povera Concettina, si affrettò a riempire di nuovo liquido la sacca.A quel punto, il capo area, non avendo altro da fare, si portò alle spalle della Vallescura che era china sul posteriore di Concetta, intenta giocherellare con la pompetta, gonfiando e sgonfiando la cannula nel culo della donna, provocandole brividi di dolore ad ogni gonfiata.- Minchia, ragazzi. Si poteva anche immaginare che stavi bene qui dietro, – disse Petroselli dando un’affettuosa pacca sul culo della Vallescura – ma vista così, chinata, devo dire che sei proprio uno schianto. — Te ne accorgi solo adesso? — No, ma adesso sta proprio nella posizione giusta: te lo consumerei a forza di baci. — E che aspetti, allora? Fallo! -In un attimo, le gonne della Capo Area le furono sollevate sulla schiena e le minuscole mutandine calate a mezza coscia. – Minchia, sei una vera delizia. – disse Petroselli cominciando a stampare una lunga serie di baci sulla pelle vellutata della collega. – Che favola di culo che ti ritrovi… sapessi quello che ti ci farei. — Lo vede Capo – disse Vallescura rivolgendosi ironicamente all’Agente – che il nostro amico è soltanto un quacquaracquà come tanti altri. Parla, straparla e promette, ma dei fatti, neanche l’ombra si vede. -Petroselli capì l’antifona. Aveva già il cazzo nuovamente in tiro; lo sfilò dalla patta dei pantaloni e senza tanti complimenti lo puntò sullo scuro forellino della collega che, a dirla in tutta onestà, non aspettava altro. Forse, più che l’impegno di Tina, fu proprio questo giochetto tra i due che eccitò il capo al punto da fargli raggiungere finalmente il secondo orgasmo. Petroselli, infatti, con una decisa spinta, aveva piantato il cazzo tra le natiche della collega e la pompava in modo selvaggio mentre la Vallescura, per niente infastidita da quella inculata forsennata, aveva impugnato la cannula facendo la stessa cosa nel culo di Cettina..Fu un attimo veramente bestiale che eccitò oltre misura tutti quanti, compresa Concetta che, pur riuscendo in qualche modo a gridare tutto il suo dolore, sentì montare, dentro di se, una prepotente eccitazione per tutto quanto stava accadendo; a lei e intorno a lei. Sembrò che si fossero dati appuntamento; nel giro di pochi attimi goderono tutti e quattro: il Capo inondando la gola di Concetta; Vallescura che, eccitata da quello che accadeva al suo posteriore e dall’inculata barbara cui stava sottoponendo Concetta, gridò a tutti il suo orgasmo spingendo la cannula fino a far entrare, nell’anello rettale, anche le dita che la tenevano stretta. Concetta, nell’attimo dell’atroce dolore in cui si ritrovò nel culo, oltre alla grossa cannula anche le dita della collega, si rese conto che aveva chiesto di essere punita proprio sperando di essere sottoposta a quel trattamento: lo accettò e godette come non le era mai capitato ancora nella vita. Buon ultimo arrivò Petroselli, che per fare un vero e proprio clistere di sperma alla collega, dovette sorreggerla per i fianchi, per impedirle di cadere esausta a terra, prima del tempo. Per qualche minuto sembrò che il tempo si fosse fermato: i quattro corpi erano accasciati a terra, uno sull’altro, senza dare alcun cenno di vita. La prima a scuotersi fu Concetta che, abbandonata dall’eccitazione e sfiancata dall’orgasmo provato, sentiva dentro di se di nuovo insorgere i crampi. La cannula gonfia che aveva nel culo le faceva ancora un male cane, ma le risparmiava, anche, l’ultima umiliazione di farsela addosso lì, per terra, davanti a tutti. Con fatica si alzò dirigendosi verso il bagno.- Ehi, dove vuoi andare? Devi aspettare che ci vada prima io. – la Vallescura si era rialzata quasi insieme a lei stringendosi le natiche con una mano – tu non ti perdi niente: hai il tappo. Io mi perdo il clistere di sborra che mi ha fatto il tuo amico. Mamma mia quanta ne fa. Mi ha riempita; non finiva mai di venire. Si vede che il mio culetto proprio gli piace. – concluse ridendo mentre si chiudeva la porta del bagno alle spalle. Concetta, con le lacrime agli occhi, aspettando che la collega uscisse dal bagno, ripensò a quello che le era accaduto: mai e poi mai avrebbe immaginato di godere per quello che le avevano fatto. Per distrarsi dal dolore al ventre e nel culo, cercò di analizzare le sensazioni provate nell’arco della serata e, con sgomento, si rese conto che tutto aveva contribuito a farla eccitare. Non aveva saputo o voluto riconoscerne i segnali ma lei era stata eccitata durante tutto il giorno. Fin dal mattino, quando il Capo l’aveva posta davanti alla scelta: prigione o punizione corporale, lei aveva sperato e non temuto che le accadesse proprio quel che era poi successo. Dovette riconoscere con se stessa che all’uscita dal Sexi shop, aveva le mutandine bagnate per l’eccitazione e non, come si era detta, per una delle tante piccole perdite d’urina che la gravidanza le provocava. Aveva sognato di essere lei al posto della Vallescura, quando, guardando di nascosto da dietro la porta del bagno socchiusa, aveva visto Petroselli infilarle nel culo le palline del piacere e anche quando, qualche minuto prima, l’aveva impalata con quel randello che lei aveva avuto soltanto in bocca. Adesso, era tutto finito. I due uomini avevano goduto due volte in un paio d’ore; di certo per il suo culo o la sua fica non c’era più speranza. Non avrebbe mai più potuto sperimentare il piacere che aveva provato la Vallescura mentre Petroselli la inculava. Con sgomento si accorse che questi pensieri la stavano eccitando di nuovo: ma cosa stava diventando? Una ninfomane? Cosa l’avevano fatta diventare? Una puttana da strada?La porta del bagno si aprì, lasciando uscire una Vallescura rinfrescata e di nuovo in forma.- Vai; il cesso è tutto tuo. Adesso puoi anche trasformarti in fontana. — Se mi levi questo coso, forse faccio prima, altrimenti poi dite che perdo tempo. — Ma sei matta? Così mi fai una doccia di cacca. Levatelo da sola. E sbrigati. Ci devi ancora qualche minuto di divertimento, prima di meritarti l’assoluzione. -Stranamente Petroselli si mosse a compassione. – Lasciala stare. Per me, l’assoluzione se l’è ampiamente meritata – le disse con una certa aria di rimprovero – Aspetta; ti aiuto io. – concluse alzandosi ed entrando nel bagno assieme alla collega.- Stai attento agli schizzi: è piena come un uovo. – Vallescura voleva per forza avere l’ultima parola. Appena chiusa la porta del bagno, Concetta ringraziò il collega per aver preso le sue difese. – Lascia stare; non è niente. Quella è una viziosa sadica. Su, inchinati in avanti; fammi sgonfiare quel pallone che tieni dentro. -Concetta si avvicinò al bordo della vasca, ormai priva di ogni inutile pudore, e si chinò appoggiandosi con le braccia flesse: era chinata in avanti offrendo il sontuoso culo alle cure del collega. – Certo che anche tu hai un culo da sogno, lasciatelo dire – commentò mentre sgonfiava la grossa cannula. – mi stai facendo eccitare di nuovo. — Davvero ti piace? — Minchia se mi piace. Se fossimo in un altro momento non ci penserei due volte ad infilartelo dentro. — E allora fallo, dai, prima che ci ripensi e mi venga la paura. — Ma … adesso? Prima che … – Petroselli non riusciva a credere alle sue orecchie: era sempre stato il suo sogno inculare una donna ridotta ad otre da un lungo clistere.- Si, dai, preferisco il tuo tappo a quello che mi ha infilato quella stronza. -Concetta tremava per lo sforzo di trattenere l’acqua mentre il collega si preparava a penetrarla. Petroselli era talmente eccitato che il cazzo gli era cresciuto ancora di più di quanto già non lo fosse normalmente. Puntò l’enorme cappella sul buchetto tremante e, con un colpo di reni, vinse la resistenza dei muscoli serrati di Concetta entrandole dentro per oltre la metà della lunghezza.Sicuramente il grido che lanciò la donna fu udito nell’altra stanza, ma nessuno dei due se ne curò. L’acqua si muoveva come il mare in burrasca nell’intestino di Concetta, rendendo sempre più impellente il suo bisogno di svuotarsi, eppure, con sgomento, avvertì montare, di nuovo dentro di se, una fortissima eccitazione. Petroselli, letteralmente infoiato da quel buco stretto, che si serrava ritmicamente sul suo membro, cominciò a pompare come un ossesso. Fu una corsa contro il tempo: Concetta godette per prima, ma dovette attendere un bel po’ prima di ricevere, anche lei, il clistere di sperma mentre gridava che non avrebbe potuto trattenersi un attimo di più. Con il cazzo ancora piantato nel culo della donna, Petroselli si accostò alla tazza del cesso e ce la vece accucciare sopra alla rovescia: faccia al muro; poi si sfilò dando finalmente la stura alle Cascate delle Marmore.Quando tornarono nell’altra stanza, anche se gli altri si erano accorti di qualcosa non lo dettero a vedere, anche perché, la Vallescura, completamente nuda tra le braccia del Capo, si stava facendo bellamente masturbare.- Allora, Concetta, ti è servita la punizione? – chiese il capo continuando a manipolare la fica della Capo Area.- Si, ragazzi; mi è servita. Ho capito tante cose e ho fatto una solenne promessa a me stessa. — Ah, si? E quale? – Chiese languidamente Vallescura mentre si carezzava le tette.- Che appena rimessa dal parto, combinerò tanti di quei casini, in ufficio, che mi dovrete perdonare così almeno una volta al mese: parola di Cettina. Sperando che il racconto sia piaciuto, specialmente a Roberto, il marito di Concetta, ringrazio in anticipo coloro che vorranno contattarmi per critiche, commenti e suggerimenti.Doctorbas
Aggiungi ai Preferiti