Capitolo 4 – Palpata da un mio amico con la scusa delle fotografie…Da lì iniziò un perverso gioco: lei mi dominava rifiutandosi a me e io approfittavo dei suoi sensi di colpa per farle fare quello che volevo.La prima volta che mi fece vedere le tette e mi permise di masturbarmi mentre la ammiravo a seno scoperto in piedi sopra uno sgabello.Lucia abitava al primo piano di una casa che si affacciava su un viale molto trafficato. Era sera. Buio fuori e stanza illuminata con finestra senza tende che si affaccia proprio sul viale. Da quella posizione Lucia era in mostra non solo per i miei occhi ma anche per tutti quelli che saranno passati davanti alla finestra in quei minuti. Chissà, magari qualcuno più attento e sensibile a certe prelibatezze se ne era accorto e si era fermato ad osservare anche lui la scena me ignaro.Iniziai a chiederle insistentemente di mettere sempre la gonna e le scarpe coi tacchi a spillo con calze e reggicalze e non mi fu difficile ottenerlo.Lucia aveva un bel corpo e, praticando danza classica, anche un bel portamento e lei ne era a conoscenza. Le piacevano i complimenti e quindi accettò di soddisfare i miei desideri di buon grado. Stava cominciando a scoprire che gli uomini erano sensibili alla sua naturale e istintiva carica erotica e il gusto dell’esibizionismo e della provocazione iniziava a prendere un sapore estremamente gradevole e gratificante.Poco alla volta iniziò ad esprimere un gusto assai raffinato anche per la biancheria intima, cominciando a comprare i primi perizomi rigorosamente di pizzo e i primi reggiseni a balconcino.Nel frattempo io iniziai a fare pressione per poterla fotografare in pose discinte.Cominciai a collezionare decine e decine di fotografie.Vestita, svestita, solo con l’intimo e le scarpe. In piedi, seduta, sdraiata. Gambe giù, gambe su, gambe accavallate.Iniziarono i primi adescamenti sui mezzi pubblici. Io stavo in disparte fingendomi estraneo e distratto ed invece osservavo gli uomini che le sbirciavano sotto la gonna per scoprire ciò che Lucia abilmente lasciava solo intravedere.Io ero il suo personal trainer. Provavamo tutti i comportamenti, tutte le pose, i movimenti, gli sguardi. Io fingevo di essere il maiale di turno e lei inscenava spogliarelli e balletti o recitava la parte della fanciulla oggetto di attenzione e seduzione nei luoghi che la nostra fantasia ci suggeriva. Ormai era evidente che a Lucia piaceva tantissimo esibirsi e sentirsi desiderata ma i suoi tabù impedivano alle nostre fantasie di realizzarsi. Si trattava di iniziare un graduale lavoro che l’avrebbe delicatamente spinta a lasciarsi andare tra le braccia di un altro. Un giorno il mio amico di lunga data Piero mi scatenò la fantasia dando una pacca sul sedere a Lucia. Stavamo entrando in casa di Lucia tutti e tre dopo un giro in moto. Lucia stava varcando la soglia di casa e Piero che era subito dietro di lei le lanciò la pacca. La mia fantasia lavorò a lungo su quella scena. Ero sempre a caccia di occasioni per esibire Lucia e chiederle di fare un passo in più rispetto alle volte precedenti. Alla fine ecco cosa escogitai. Un giorno confidai a Piero che con Lucia andava tutto bene tranne che sul piano sessuale. Gli raccontai che Lucia voleva arrivare vergine sino al matrimonio e che io non riuscivo a farla cedere in nessun modo. Non so dove trovai la faccia tosta fatto sta che gli chiesi collaborazione per aiutarmi a “scaldarla” cercando di far leva sul suo punto debole ovvero sul suo quasi smodato bisogno di complimenti. Era una naturale conseguenza della disistima di sé. Noi abbiamo bisogno di essere stimati e se non ne abbiamo per noi stessi andiamo a cercarla all’esterno.Cominciammo a vederci in tre avendo istruito Piero sulle attenzioni che doveva riservare a Lucia e avendo dato disposizioni a Lucia su come doveva vestirsi e come desideravo dovesse comportarsi con Piero. Le argomentazioni per ottenere la sua sottomissione erano il cambio per le cattiverie che lei aveva commesso nei miei confronti.La primissima volta che ho raccontato all’inizio, fu sfruttata a mio vantaggio: “tu ti metti in minigonna in cambio di un lavoro meno faticoso in cassa anziché al banco, su richiesta di uno sporcaccione che poi ti si appoggia pure contro il sedere? allora pretendo che tu adesso lo faccia anche quando lo dico io”.Poi si aggiunse la scusa del “tu non vuoi fare l’amore fino al matrimonio e mi lasci a becco asciutto? allora in cambio ti vesti come dico io e soddisfi il mio desiderio di farti guardare le cosce dal primo vecchio maiale che incontriamo”.Più passava il tempo e più Lucia mi forniva spunti per ricattarla.Così avevo spesso l’opportunità di chiederle e ottenere la realizzazione di un mio desiderio in cambio del perdono per la nuova marachella.Quando ci vedevamo in tre Lucia doveva rigorosamente indossare gonna, calze, reggicalze e reggiseno a balconcino (o in alternativa guêpière), scarpe coi tacchi, anelli, bracciali, orecchini, rossetto rosso e profumo.Cercavo anche di farle bere un goccetto di whisky prima degli incontri nella speranza che ciò la spingesse più facilmente oltre i suoi tabù.Inizialmente fu solo un gioco di sguardi ed esibizioni. Il primo contatto fisico fu in occasione di una gita alla casa di montagna di Piero. Con Piero avevamo progettato di fare delle foto sexy a Lucia. La scusa per la gita era la necessità di accogliere due mobilieri che dovevano consegnare un armadio. Espletata questa veloce incombenza iniziammo a fare qualche foto nello chalet. Lucia si sedette sul divano accavallando sensualmente le gambe e lasciandosi fotografare sia da me che da Piero. Facemmo anche qualche scatto con Lucia seduta in braccio a me. Poi Lucia si cambiò e andammo a proseguire il servizio fotografico in un vecchio castello mezzo diroccato ma isolato e molto suggestivo quindi ideale per il nostro gioco. Usando i soliti ricattini le chiesi di spingersi ancora oltre i suoi limiti consolidati. Ormai avevamo già fatto parecchie foto da soli e parecchie volte aveva mostrato le gambe a maiali guardoni e accettato palpate da sconosciuti più intraprendenti. Ora si trattava solo di unire le due cose e fare le foto mentre veniva guardata e toccata da un mio caro amico col quale ormai anche lei era in confidenza.La giornata in Val d’Aosta fu eccitantissima.Capitolo 5 – Il primo servizio fotografico con un vecchio maialeGli incontri a tre col mio amico proseguirono per un anno. Facemmo ancora delle foto in cui Lucia stava in braccio a Piero che la toccava sul seno, sulle gambe, sul sedere scoprendola tutta e offrendo il suo corpo all’obiettivo.Ma la più grande occasione Lucia me la diede quando mi tradì con un suo collega d’ufficio, tra l’altro destinato a diventare un mio carissimo amico.Iniziò a raccontarmi con entusiasmo di un suo collega coetaneo che le esprimeva espliciti complimenti. Era evidente quale fosse lo scopo di tale comportamento seduttivo. Io osservai l’evolversi della vicenda. Fino a che una sera dopo essere uscita a cena con lui mi telefonò in lacrime implorandomi il perdono per averlo limonato in macchina dopo cena. Io scoppiai a ridere divertito dal fatto che durante tutto il corteggiamento lei aveva negato l’evidenza e soprattutto compiaciuto al pensiero della contropartita che avrei potuto chiedere.Iniziai a girare per negozi di biancheria intima nella speranza di trovarne uno gestito da un maiale.Nel frattempo iniziò l’estenuante trattativa con Lucia per raggiungere l’accordo sul tipo di “punizione” da infliggerle. Io chiedevo e lei ribassava. Lei offriva e io rialzavo. Giorni di trattative e martellamenti.Nel frattempo avevo finalmente trovato un negozio di biancheria femminile condotto da un uomo; era il marito della proprietaria che nella mezza giornata di apertura del lunedì dava il cambio alla moglie.Fui fortunato a passare davanti alle vetrine proprio al momento giusto.Sbirciai dentro come mio solito e notai con gioia, dietro al bancone, una unica presenza e maschile.Era un uomo sulla cinquantina e aveva pure la faccia da maiale.Entrai e dissi che volevo regalare un reggicalze alla mia ragazza; spiegai, inoltre, che lei, seppur bella, era molto timida e introversa e che avevo cercato di convincerla a indossare della biancheria osé ma, essendo testarda, non avevo ottenuto nulla.Gli mostrai una sua foto, l’unica in cui non portava il reggicalze, che la ritraeva seduta sulla macchina con le gambe interamente scoperte e accavallate provocatoriamente.”Ecco vede questa foto? guardi come è carina. Si immagini come starebbe bene col reggicalze; sarebbe molto sexy ed attraente, ma lei non è convinta, crede di essere brutta e sostiene che col reggicalze sarebbe ridicola”Il calzaio prese la foto in mano e la fissò a lungo.”Caspita, invece è molto bella, ha proprio due belle gambe!””Infatti, è quello che le dico sempre, ma lei non mi crede, sostiene che, siccome sono innamorato, la vedo bellissima anche se non è vero. Come tutte le donne è vanitosa però è timida e per di più testarda, così non crede mai a quello che le dico; si figuri che eravamo ad un pranzo di matrimonio, le ho chiesto per un’ora di farsi fotografare con le gambe scoperte senza riuscirvi, poi è intervenuto un tizio che le ha detto spudoratamente che con quel vestito era proprio sexy e, zac, ha subito scoperto le gambe””Eh, le donne sono tutte testarde, si figuri che mia moglie, deve vedere che bella donna, è anni che vende biancheria e, nonostante le mie insistenze, ancora si rifiuta di portare il reggicalze sostenendo che è scomodo””Quindi” ripresi io “capirà la mia situazione; ho pensato che se trovassi qualcuno disposto ad aiutarmi a convincerla magari si deciderebbe””Guardi ho capito tutto; ogni lunedì pomeriggio sono qui da solo, venga settimana prossima che ci penso io””Veramente? caspita la ringrazio; ecco, quello che serve è che lei le faccia un sacco di complimenti per fare leva sulla sua vanità e le faccia capire che è sexy ed attraente””Potrebbe entrare con lei nel camerino mentre prova il reggicalze e dirle qualcosa sul suo corpo, a questo punto non potrebbe più dire che solo io la trovo eccitante””Sì, sì, non si preoccupi; lei la porti qui che al resto ci penso io. La attendo lunedi, va bene?””D’accordo, ci vediamo settimana prossima e grazie ancora”Era fatta: già mi pregustavo il piccante pomeriggio che ci attendeva.Con Lucia arrivammo a un punto d’accordo. Accettò di andare a provare il reggicalze in quel negozio e di farsi vedere da lui senza vestiti nel camerino. Accettò anche di farsi toccare senza rifiutarsi se le mani fossero finite su parti intime.Il lunedì successivo ci presentammo nel negozio.Lucia era in jeans, ma aveva le mutandine col filo e il reggiseno a balconcino di pizzo; nello zainetto si era portata le scarpe coi tacchi alti e un paio di calze velate nuove.Entrammo; il calzaio squadrò Lucia da capo a piedi e ci salutò.”L’altro giorno ho visto un reggicalze in vetrina e volevo regalarlo alla mia ragazza; è possibile provarlo?””Certamente! le faccio vedere qualche modello. Ecco, io le suggerirei questo di pizzo, che su di lei sarebbe molto sexy””Ma, non saprei””Lo provi e vedrà che le starà benissimo, il camerino è qui, venga”Aprì la porta del camerino, indusse Lucia ad entrare e richiuse la porta alle sue spalle.Mi avvicinai al calzaio e bisbigliai “Ha visto?””Caspita è proprio bella””Beh non stia qui ad aspettare, vada dentro a vedere se ha bisogno di una mano”Contemporaneamente Lucia chiamò dal camerino dicendo “Come si fa ad allacciare questo coso? chi è che mi viene ad aiutare?”Il calzaio indugiò davanti alla porta”Vada, vada senza problemi”Aprì la porta e si bloccò imbarazzato. Lucia era di spalle e senza pantaloni, così la prima cosa che il calzaio si trovò davanti fu il suo sedere.Lucia stava tentando di chiudere i ganci del reggicalze.”Aspetti che le faccio vedere come si fa”; il calzaio si chinò e la aiutò; le sue mani toccarono le gambe di Lucia.Rialzandosi le diede una pacca sul sedere e disse “Ecco, guardi come le sta bene”Lucia si guardava allo specchio ruotando il corpo da un lato all’altro; il calzaio le stava dietro e la guardava voglioso.Le mise una mano sul fianco e disse “e pensare che un mio collega è andato sino in Germania a cercare una modella per il catalogo della sua collezione di biancheria intima e invece lei sarebbe stata perfetta”Parlando la mano scese sul gluteo.”Lei dovrebbe fare la modella, ha proprio le misure giuste”Lucia oppose “Ma figuriamoci, sono troppo prosperosa per fare la modella, non mi prenderebbe nessuno. Guardi qui”; così dicendo sollevò la maglietta sino al collo e scoprì il suo procace seno adornato dal reggiseno a balconcino; i capezzoli grossi e turdigi facevano capolino dal pizzo.Il calzaio che aveva ancora la mano sul sedere di Lucia e glielo palpava con gusto esclamò “Caspita, ma non sa che le modelle che posano per i cataloghi di biancheria intima devono avere il seno proprio come il suo?” e intanto portò l’altra mano sul seno tastandolo vogliosamente.”Si faccia vedere meglio” e le tolse la maglietta lasciandola, oltre che col reggicalze, solo in reggiseno e slip.Lucia si guardava allo specchio osservandosi da varie angolazioni mentre il calzaio continuava a toccarle un po’ i glutei e un po’ i seni; si volse di profilo e si soffermò fissando attraverso lo specchio la mani del calzaio che la toccavano; “Ma veramente mi trova attraente?”Intervenni “Certo che sei proprio particolare! ma se fossi brutta credi che ti direbbe certe cose e ti dedicherebbe tutto questo tempo? Glielo dica anche lei””Signorina, mi creda, lei ha un corpo stupendo, come può pensare di essere brutta? e poi questa biancheria le dona tantissimo””Guardi che gambe che si ritrova” disse inginocchiandosi e prendendole una coscia con entrambe le mani. Appoggiò la bocca sulla calza e la strusciò sino al gancio del reggicalze.”Ho un’idea, mi sono portato dietro la macchina fotografica; se il signore ce lo permette ti scatto qualche foto così poi ti puoi vedere per bene e deciderai con calma se comprare o no il reggicalze. Che ne dice?””La trovo un’ottima idea””Uffa, no, non ne ho voglia””Suvvia, signorina, ascolti il suo fidanzato, lo fa per il suo bene; oggigiorno quasi tutte le ragazze portano il reggicalze e le garantisco che non sono tante quelle che se lo possono permettere. A volte si vedono in giro delle ragazze in minigonna con le gambe storte e lei che invece le ha belle dritte e anche sode”, le mani scivolavano lungo le cosce palpandole voluttuosamente, “le vuole nascondere”Intanto avevo preparato la macchina fotografica; il calzaio si era alzato e allontanato da Lucia.”Ecco, sono pronto. Lucia mettiti lì e guarda verso di me”; scattai la prima foto”Ora girati di profilo e metti una mano sulla sua spalla””Ah vuole farle una foto con me? bravo, bravo””Sì, le vada più vicino e la abbracci”Il calzaio le cinse la vita “Così?”, “No quella mano la porti più in basso””Così?” la mano era quasi sul sedere “No ancora più giù””Ah, qua sopra” le mise la mano sul sedere toccandolo a fondo”Ecco, fermi così, guardatevi negli occhi” scattai un’altra fotoScattai un intero rullino mentre Lucia in camerino vestita solo con la biancheria intima e le scarpe col tacco a spillo veniva toccata, abbracciata, palpata dal negoziante. L’ultima foto ritraeva Lucia di spalle rispetto all’obiettivo, chinata in avanti e il negoziante che con una mano le teneva le natiche divaricate e il filo del perizoma discosto e con un dito dell’altra mano infilato nel buco del sedere.Fu mostruosamente eccitante.Capitolo 6 – Il primo membro estraneoCol negoziante che Lucia aveva ribattezzato “Il calzaio” ci vedemmo ancora un paio volte. Lo convinsi (e non ci volle molto a dire il vero!) a farci visita pomeridiana a casa di mia madre per tentare di sbloccare Lucia con la scusa della biancheria intima. Già, perché nel frattempo gli avevo rifilato la stessa storia che avevo raccontato a Piero.Al secondo incontro portò con sé della biancheria intima che facemmo indossare a Lucia chiedendole di sfilare per noi. Ci furono anche un po’ di palpate ma niente di nuovo.Nel frattempo (è da chiarire che gli incontri con terze persone avevano una frequenza dell’ordine di uno a stagione) iniziò un periodo di separazione che durò più di sette mesi. Lei era stata assunta dalla RAI per fare la traduttrice all’eurovisione. Dovette stare due mesi sulle dolomiti a seguire il campionato del mondo di sci. Ebbi in mano una carta potentissima. Lei era contenta di fare quel lavoro anche se voleva dire non vedersi. Io proprio per quella ragione ero contrario. La feci sentire in colpa e ottenni la sua accondiscendenza.Nella troupe di stanza sulle dolomiti c’era Beniamino, un cinquantenne che le aveva fatto dei complimenti e delle proposte.La convinsi ad adescarlo. Uscì con lui qualche sera. Un pomeriggio dopo aver sciato insieme si fece fare i massaggi su gambe e glutei. Inscenò uno strip-tease per preparasi al massaggio che lentamente si trasformò in una serie di palpeggiamenti. Ad un certo punto Beniamino si sdraiò sul letto di fianco a lei iniziando a strusciarsi contro il suo sedere e a baciarle la schiena. Le sfilò il reggiseno e le palpò le tette. Come sempre Lucia, terminata la seduta, mi telefonò per descrivermi l’accaduto nei minimi dettagli.Nei giorni successivi lui iniziò a chiederle insistentemente di farle ancora un massaggio.Dopo qualche tempo uscirono di nuovo a cena e lui la fece bere. Durante il ritorno in albergo lei, avendo ceduto alle mie insistenze in merito, aspettò che Beniamino tornasse sull’argomento e si dichiarò disponibile ad un nuovo massaggio. A Beniamino non parve vero. Fermò l’auto nella prima piazzola che trovò lungo la strada e iniziò a palpare Lucia. Prima molto delicatamente sulle tempie e poi sempre più carnalmente sulle tette e sulle gambe. Le divaricò i due lembi del kilt rosso e respirando rumorosamente a conferma del suo libidinoso eccitamento le palpeggiò a lungo le cosce gustandosi sotto le mani la morbida velatura delle calze, misurando la microscopica dimensione delle mutandine, infilando la mano sotto di esse e accarezzando la morbida e rada peluria pubica. Infilò una mano sotto al bacino girando intorno ai fianchi lungo i nastri del reggicalze e assaporò l’abbondanza dei sui sodi glutei eccitandosi sempre di più.Poi abbassò i sedili. si girò verso di lei e toccandola vogliosamente tentò di limonarla passandole la lingua sulla faccia e tentando di divaricarle le labbra per infilarle la lingua in bocca. Tanto fece che Lucia cedette e aprì la bocca lasciandosi limonare da porca: bocca spalancata e la lingua di un cinquantenne che le roteava dentro.Le slacciò il kilt, le sfilò il maglioncino e il reggiseno lasciando Lucia con la sola biancheria intima da porca. La palpeggiò vogliosamente ancora da tutte le parti, si aprì i pantaloni, si sfilò l’uccello, si buttò addosso a Lucia e le appoggiò l’uccello sulle mutandine. Limonandola e palpandola dalle caviglie al collo, senza trascurare nessun pezzetto di carne e di biancheria, iniziò a sfregarle contro l’uccello muovendosi ritmicamente avanti e indietro. Ad un certo punto, scostandosi leggermente da lei e continuando a limonarla volgarmente, le prese una mano e gliela mise sull’uccello. Poi, serrandole il polso la obbligò a masturbarlo finché non venne inondandole di sperma il ventre.La rabbia nei miei confronti per averla obbligata a fare una cosa simile e soprattutto per averla obbligata a raccontarmi tutto per filo e per segno mi danno la certezza della verità del racconto. Ormai la strada era aperta.Capitolo 7 – Mio zio fa un clistere a LuciaDopo i mondiali di sci fu la volta dei mondiali calcio. Prima a Roma e poi a Firenze.Per le mie fantasie erotiche a tre fu il periodo d’oro.A Roma incontrò un suo vecchio amico che le aveva già da tempo fatto capire l’interesse sessuale che nutriva per lei.Lucia uscì a cena con lui e insieme decisero di trascorrere la notte insieme in albergo.Io fui aggiornato telefonicamente sugli sviluppi della serata e la mattina successiva ebbi un resoconto dettagliato degli avvenimenti successivi il loro rientro.Questa volta io non avevo preteso nulla. L’avventura era stata una sua scelta libera. Quindi era un tradimento. E il prezzo da pagare fu: hai preso in mano l’uccello di chi volevi tu? ora devi prendere in mano l’uccello di chi voglio io. Hai goduto con chi volevi tu? ora devi godere con chi voglio io.Ma la rabbia per averla messa tra le braccia del suo collega era troppo forte. Lucia si rifiutò categoricamente e a me non rimase che mettermi in paziente attesa di tempi migliori.In quel periodo era da un po’ che non andavo a fare visita ai miei zii, così andai a trovarli una sera dopo aver riaccompagnato a casa Lucia. Quando arrivai mia zia stava riassettando la cucina e mio zio, seduto sulla sua poltrona con un plaid sulle ginocchia, stava guardando la televisione. I miei zii erano un po’ in rotta in quel periodo. In effetti non era difficile essere in rotta con mio zio col carattere maschilista e autoritario che si ritrovava. Anche se, devo dire, quand’ero piccolino mi meritavo le “nespole” che mi rifilava.Per chi non lo sapesse, la nespola è un colpo che si tira con la nocca del dito medio direttamente sulla zucca.Insomma, fatto sta che mia zia se ne restava in cucina brontolando con me per sfogarsi. Quando andai in salotto a salutare mio zio (che nel frattempo non si era mosso di un millimetro dalla sua poltrona) mia zia mi disse che si scusava ma che preferiva restare in cucina a finire i suoi lavori.Mio zio, naturalmente, si stava guardando playboy di mezzanotte. Era sempre stato un porco ed ora, ormai sessantacinquenne era inevitabilmente diventato un vecchio porco. Fu in quel momento che ebbi l’illuminazione. Pensando che era diventato un vecchio porco mi resi conto che era il soggetto ideale per la realizzazione delle mie fantasie. Faccia da maiale, con pochi capelli, peloso il giusto e pancia.Ottenere il consenso di mio zio ad aiutarmi a “disinibire” Lucia fu un gioco da ragazzi. Non aspettava altro.Con Lucia fu diverso e ben più difficile.Innanzi tutto dovetti aspettare che si estinguesse il rancore nei miei riguardi.Poi cominciai delicatamente a sondare il terreno e quando, finalmente, non ottenni più dei rifiuti secchi, iniziai cominciai un martellamento costante facendo come sempre leva sui suoi sensi di colpa: erano mesi che me stavo buono senza tormentarla con le mie richieste e quindi un premio lo meritavo. Inoltre c’era sempre un conto in sospeso: la notte passata in albergo col suo amico.Eravamo sotto Pasqua e, come tutti gli anni, la mamma aveva organizzato il pranzo con gli zii, ma poiché loro erano già impegnati dovemmo rimandare alla settimana successiva.Fuori dal periodo quaresimale finiva anche il periodo di astinenza al quale Lucia tutti gli anni mi sottoponeva. Non aveva alcuna scusa per tirarsi indietro, gliele avevo smontate una ad una. Con le spalle al muro Lucia acconsentì, finalmente dopo mesi, di avere un incontro “piccante” con mio zio con la promessa di accogliere le sue iniziative, di qualunque natura fossero.Era l’ultima domenica di aprile, sui Navigli c’era il mercatino dell’antiquariato e mia mamma e mia zia avevano deciso di approfittare dell’occasione per stare un poco sole a fare quattro chiacchiere tra donne.Avremmo avuto la possibilità di restare soli in casa io e Lucia con mio zio Carlo per un intero pomeriggio.Mio zio aveva in altre occasioni abbondantemente allungato gli occhi sulle gambe di Lucia e si era anche lanciato in commenti, seppur molto discreti, sul suo abbigliamento “elegante”. E i discorsi fatti quando ero andato a trovarlo tempo addietro mi davano certezza che qualcosa di piccante sarebbe accaduto. Ma non potevo immaginare che quello sarebbe stato il giorno più eccitante della mia vita.Quando Lucia suonò il citofono io e lo zio stavamo giocando col computer in camera mia.In realtà con la scusa dei giochi gli stavo facendo vedere delle foto porno. Era da un po’ che mi divertivo a cercare foto su Internet che poi con un software di fotoritocco manipolavo sostituendo il viso di Lucia a quello della ragazza ritratta.Era il mio modo di dare forma più concreta alle mie fantasie di vedere Lucia tra le braccia di un vecchio porco.Non sembrerà vero ma la cosa più difficile fu trovare le foto adatte. Nonostante tutto il materiale disponibile in rete, trovare belle foto di belle ragazze giovani oggetto di attenzione da parte di uomini anziani era veramente impresa ardua. O la ragazza non era sufficientemente giovane o l’uomo non era sufficientemente anziano.E se l’età era quella giusta alla ragazza mancava sempre qualcosa: non aveva le misure di Lucia, alta snella e prosperosa, o non indossava biancheria intima raffinata o non era adeguatamente depilata o lo scenario era disgustoso.Insomma foto sul tema che potessero dirsi veramente di qualità erano rarissime.Io ero riuscito a trovarne tre che mi piacevano. Ritraevano una ragazza giovane che si faceva fare un clistere da un uomo anziano. Tra le centinaia di foto che avevo scattato a Lucia trovai quelle adatte ed operai la sostituzione. Il risultato non fu perfetto, era evidente la manipolazione, ma proprio questo particolare sottolineava che quella non era la realtà ma un mio desiderio. Il solo mostrarla a mio zio mi turbava facendomi tremare le mani.Ormai il quadro che lui aveva di suo nipote e della sua fidanzatina era chiarissimo. Il suo carattere forte e quarant’anni di differenza gli davano quell’autorità e quell’autorevolezza necessari a condurre il gioco e a spingere Lucia a sottomettersi alla sua volontà.Anche a lui era chiara la carica erotica di Lucia contemporaneamente scatenata e tenuta a freno dall’educazione repressiva della madre. E, soprattutto, ora sapeva anche che suo nipote era pronto a servirgliela su un piatto d’argento.Mio zio mi stupì mostrandomi una competenza in fatto di clisteri che non conoscevo. Mi disse il nome scientifico di tutti gli strumenti atti allo scopo presenti nella foto e mi chiese se in casa mia avevo un enteroclisma. Io dopo essermi fatto spiegare cosa fosse risposi, nella mia beata ignoranza “Ah, il clistere” e dissi che sicuramente ne avevamo uno. Era costituito da un contenitore di plastica dal quale partiva un tubo di gomma che terminava con un beccuccio di plastica lungo circa 20cm, largo circa quanto un mignolo e dotato di rubinetto.Il campanello interruppe la conversazione.Sentimmo Lucia suonare alla porta e poi salutare mamma e zia che si prodigarono in complimenti sulla sua eleganza.Entrambi ascoltammo in silenzio l’inconfondibile tocchettio dei tacchi a spillo avvicinarsi alla porta di camera mia e quando si spalancò mostrandoci finalmente Lucia restammo senza fiato.Calzava un paio di scarpe classiche nere col tacco a spillo e la punta in metallo. Le gambe erano velate da un paio di calze color carne che io immaginavo sostenute da uno dei suoi splendidi reggicalze di pizzo. Indossava un kilt rosso lungo appena sopra al ginocchio e una camicetta di pizzo trasparente color panna coperta da una giacca nera. A tracolla una borsetta nera, in testa un cappello nero a tesa larga con la veletta di pizzo raccolta sulla tesa, alle mani un paio di guantini di raso senza dita, al collo una collana di perle abbinata a due braccialetti entrambi al polso destro, smalto rosso sulle unghie e rossetto dello stesso colore abbinato ad un filo di trucco leggerissimo intorno agli occhi.Il viso angelico e infantile di Lucia la facevano sembrare una bambina che gioca a fare l’adulta indossando il vestito della festa rubato nell’armadio della mamma.Ci sorrise compiaciuta dei nostri sguardi di approvazione e compiacimento. Appoggiò la borsetta sul letto e si sfilò il cappello mostrando i suoi lunghi capelli ricci e castani raccolti a chignon con qualche boccolo che, scappato dal legame dell’acconciatura, scendeva delicatamente lungo il viso sino al collo.Durante questo movimento la giacca si aprì leggermente e il cuore, che già palpitava abbondantemente, dovette sostenere un colpo più forte. Attraverso la trasparenza della camicia notai del pizzo nero che le cingeva la vita. Le avevo regalato tempo addietro una guêpière che lei si era sempre rifiutata di indossare perché, pur molto elegante e raffinata, era senza coppe e quindi adatta solo da abbinare ad un vestito da sera elegantissimo. Quella non era certo una serata nè, tanto meno, elegantissima ma Lucia oggi la indossava! Anche quello era un segnale che presagiva l’intenzione di Lucia di espiare le sue presunte colpe assecondando i miei desideri.Ormai dalla radiografia di quei pochi secondi sapevo tutto del suo abbigliamento ad esclusione delle mutandine.Però potevo sperare fossero proprio quelle coordinate con la guêpière: un perizoma minimalista costituito da un minuscolo triangolo di pizzo e da qualche centimetro di morbido filo di cotone ornato nella parte posteriore da una piccola farfallina anch’essa di pizzo nero.La scelta dell’abbigliamento rispecchiava esattamente l’animo di Lucia: suora fuori e troia dentro. Guardare Lucia così vestita era come osservare il palcoscenico di un teatro prima dell’inizio dello spettacolo. Gli spettatori più esperti sanno intuire dai movimenti che si intravedono dietro al sipario che lo spettacolo sta per cominciare. E giacca e gonna di Lucia fungevano da sipario. Fintanto che la giacca era abbottonata l’apparenza era sobria e l’unico particolare un tantino stravagante era il cappello con la veletta.Ma sarebbe bastato che Lucia si sbottonasse la giacca e coi suoi movimenti avrebbe lentamente messo in mostra le sue meraviglie. Lucia poteva così decidere se far vedere, cosa far vedere e a chi far vedere.Mio zio era un intenditore e tutto questo lo aveva già capito. Si trattava solo di attendere un po’ di intimità gustandosi qualche sbirciatina nel frattempo concessa da Lucia per poi prendere in mano le redini e diventare lui il regista del gioco.Lucia si avvicinò a noi, appoggiò una mano sulla mia spalla, l’altra sulla spalla di mio zio, si chinò a schiena dritta, mi porse la guancia per farsi dare il bacetto di benvenuto e poi fece altrettanto con mio zio che la fissò estasiato.Facemmo qualche chiacchiera in attesa del pranzo e poi ci riunimmo tutti in sala intorno al tavolo.Io non stavo nella pelle. Vedevo mio zio lanciare profonde occhiate verso Lucia. Lei conversava un po’ con tutti. Mia madre e mia zia nemmeno notavano la trama parallela che si stava dipanando. Lucia non era mai ferma ma, seguendo il ritmo della conversazione cambiava accavallatura e si spostava sulla sedia offrendo ad ogni movimento un piccolo spiraglio attraverso il quale lo sguardo penetrante di mio zio carpiva piccole istantanee del suo corpo.In attesa del caffè Lucia si era tirata indietro sfilando le gambe da sotto la tovaglia per accavallarle di fianco in direzione di mio zio.Approfittando del fatto che mia madre e mia zia si erano alzate per sparecchiare mio zio iniziò una conversazione a due con Lucia raccontandole una barzelletta. Lucia rideva e muoveva le gambe scoprendole sempre di più. Mio zio la fissava insistentemente.Io mi godevo inebetito la scena.Mia madre e mia zia tornarono con già indosso i cappotti. “Maurizio, fammi una cortesia. Prepara tu il caffè che è già tardi e noi dobbiamo trovarci tra poco al mercatino con le nostre amiche””Certo mamma, non ti preoccupare. Ci penso io. Andate pure tranquillamente”
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